LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5514 del 2021 proposto da:
A.K., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico, 38 presso lo studio dell’Avvocato Marco Lanzilao, che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2282/2020 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 15/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. A.K., cittadino nigeriano, dell'***** – che nel racconto reso in fase amministrativa aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio paese temendo per la propria incolumità personale dopo aver subito più volte aggressioni e minacce da parte dello zio che alla morte del fratello, padre del richiedente, voleva impossessarsi del terreno lasciato al primo in eredità avvalendosi della setta criminale degli ***** cui egli apparteneva – ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’appello di Firenze, rigettando l’impugnazione proposta, ha confermato l’ordinanza del locale tribunale che aveva, a sua volta, disatteso l’opposizione del primo avverso il provvedimento della competente commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e dei gravi motivi legittimanti l’accesso alla protezione umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei relativi presupposti.
2. Il Ministero si è costituito tardivamente al dichiarato fine di una eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
3. Con il primo motivo il ricorrente fa valere, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per avere la Corte di merito ritenuto la non credibilità del dichiarante.
Il motivo è inammissibile perché “in materia di protezione internazionale, la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicché, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” (Cass. n. 11925 del 19/06/2020).
Si tratta di prospettiva di critica neppure presente nella proposta censura.
In ogni caso il ricorrente nell’impugnare la sentenza di appello manca di dedurre sulla risposta fornita dal primo giudice in rapporto alla sentenza impugnata ed al motivo d’appello proposto, di cui difetta in ricorso anche il contenuto.
4. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omesso/errato esame delle dichiarazioni del ricorrente alla commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della sua condizione personale ed omessa cooperazione istruttoria.
Il motivo è inammissibile per genericità quanto alla dedotta violazione di legge ex art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 23745 del 28/10/2020) e quanto al vizio di motivazione per mancata deduzione del fatto decisivo omesso nel raffronto tra provvedimento di primo grado, motivo di appello e risposta censurata;
5. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, il difetto di motivazione ed il travisamento dei fatti; omessa applicazione dell’art. 10 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 19 TUI, comma 1, modificato dal D.Lgs. n. 130 del 2020. Andava riconosciuta la protezione internazionale per forme del rifugio e della protezione sussidiaria e quella umanitaria in ragione delle condizioni politiche, sociali ed economiche della Nigeria, Paese di provenienza.
Il motivo è inammissibile perché, assertivo e generico, esso richiama i contenuti delle invocate protezioni senza riferimento alcuno alla posizione del richiedente.
Quanto alla dedotta violazione di legge, il motivo è in contrasto con l’art. 366 c.p.c., n. 4, non operando alcun raffronto tra le norme in applicazione ed i contenuti della sentenza impugnata (ex multis: Cass. SU n. 23745 del 28/10/2020).
E’ generico poi il richiamo al travisamento del fatto neppure definito nei suoi contenuti e comunque legittimante il rimedio revocatorio (art. 395 c.p.c., n. 4) ed altrimenti sindacabile in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, ove si ricolleghi ad una valutazione ed interpretazione degli atti del processo e del comportamento processuale delle parti, nella fattispecie non dedotti (Cass. n. 4893 del 14/03/2016).
Il vizio di motivazione è anch’esso denunciato in forma generica mancando di dedurre sul “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (ex multis: Cass. n. 13578 del 02/07/2020).
6. Con il quarto motivo il ricorrente deduce in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, l’omessa ed errata valutazione dei seri motivi di carattere umanitario e quindi della protezione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi; omessa applicazione art. 10 Cost.; omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economico-sociale del paese; omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza.
Il motivo è inammissibile per difetto di allegazione (Cass. n. 13573 del 02/07/2020; Cass. n. 27336 del 29/10/2018) e genericità mancando di dedurre su situazione vulnerabilità individuale fatta valere in primo grado, ivi non riscontrata, e quindi non correttamente vagliata in appello a fronte del motivo dedotto (vd. Cass. n. 13403 del 17/05/2019). Il motivo è inoltre assertivo richiamando principi generali senza avere riguardo alla loro applicazione nella fattispecie in esame.
7. Il ricorso è conclusivamente inammissibile.
Nulla sulle spese essendo l’amministrazione rimasta intimata.
Sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022