Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.6157 del 24/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7434-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

MONTE UNIPERSONALE S.R.L. (già MONTE S.R.L.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO SANTARELLI, 52, presso DIEGO COLONNA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO COLONNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4763/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/12/2015 R.G.N. 154/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/12/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronunzia del Tribunale di Napoli con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dalla “S.R.L. Monte” avverso l’ordinanza ingiunzione, emessa dall’Agenzia delle Entrate, con cui era stata irrogata, a fronte dell’accertato impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, la sanzione amministrativa di Euro 51.578,00 D.L. n. 12 del 2002, ex art. 3, comma 3, conv. in L. n. 73 del 2002 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, conv. in L. n. 248 del 2006), sul presupposto della maturata prescrizione quinquennale ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28, essendo stata la violazione contestata in data 6 marzo 2003 e l’ordinanza notificata nel dicembre del 2008;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un motivo;

la “S.R.L. Monte unipersonale”, già “S.R.L. Monte”, ha resistito con controricorso e ha depositato memoria, contenente richiesta di attribuzione delle spese e competenze del giudizio in favore del procuratore anticipatario;

il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo la ricorrente – denunciando violazione e falsa applicazione del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, commi 3 e 5, conv. in L. 23 aprile 2002, n. 73, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 bis, conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, e della L. n. 689 del 1981, art. 28, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice di appello abbia ritenuto applicabile alla fattispecie la L. n. 689 del 1981, art. 28, ai sensi del quale “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”, e non il D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 5, vigente “ratione temporis”, il quale, prescrivendo, tra l’altro, che “Si applicano le disposizioni del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ad eccezione dell’art. 16, comma 2”, opera (come anche confermato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7 bis, secondo cui “L’adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui al D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2002, n. 73, relativi alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore del presente decreto, resta di competenza dell’Agenzia delle entrate ed è soggetta alle disposizioni del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ad eccezione dell’art. 16, comma 2”) un rinvio anche al predetto D.Lgs., art. 20, ove è previsto, tra l’altro, che “1. L’atto di contestazione di cui all’art. 16, ovvero l’atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. (…) 3. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni (…)”.

Ritenuto che:

il motivo va rigettato, sulla scorta del precedente – dal quale questa Corte non ha motivo di discostarsi – costituito da Cass. 9 novembre 2020, n. 25035, secondo cui, con riguardo alla questione del rispetto del termine per l’esercizio del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni in materia di lavoro, la disciplina in tema di decadenza di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, comma 1, non può prevalere sulla regolamentazione del diverso istituto della prescrizione, avente funzioni e finalità diverse rispetto alla decadenza stessa;

la naturale implicazione è che, in tale ambito, si applica il termine di prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28, del resto non escluso dal rinvio operato dal D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 5, al D.Lgs. n. 472 del 1997, predetto art. 20, comma 1, il quale, come detto, contempla, al comma 3, solo un termine di prescrizione per la riscossione della sanzione già irrogata;

le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge, da distrarsi a favore del difensore Alessandro Colonna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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