LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1722-2016 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 10, presso lo studio dell’avvocato CATERINA SIDOTI, rappresentato e difeso dall’avvocato COSIMO SORRENTI;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1069/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 15/07/2015 R.G.N. 966/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/01/2022 dal Consigliere Dott.ssa PONTERIO CARLA.
RILEVATO
che:
1. Con decreto ingiuntivo emesso su ricorso di M.G., Poste Italiane s.p.a. è stata condannata al pagamento, in favore del primo, proprio dipendente, della somma di Euro 111.613,08, a titolo di differenze retributive rivendicate in base alla sentenza, irrevocabile, che aveva riconosciuto il diritto del lavoratore all’inquadramento, a far data dall’1.12.1995, nell’Area Quadri di 2 livello.
2. Il Tribunale di Messina ha respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da Poste Italiane s.p.a..
3. La Corte d’appello di Messina ha parzialmente accolto l’appello della società datoriale, ha revocato il decreto ingiuntivo e quantificato il credito del lavoratore in misura pari ad Euro 65.445,20, oltre accessori.
4. La Corte territoriale, premesso che la sentenza, passata in giudicato, con cui era stato riconosciuto il diritto al superiore inquadramento, recava una statuizione di condanna generica, ha proceduto alla determinazione delle differenze retributive; a tal fine, ha computato solo gli emolumenti aventi carattere fisso e continuativo, con esclusione di quelli eventuali, correlati alla effettiva prestazione lavorativa, come il compenso per lavoro straordinario, festività e ferie non godute, una tantum, premio obiettivo e missioni. Ha liquidato le differenze retributive utilizzando il conteggio depositato dalla società datoriale, redatto in base alle tabelle della contrattazione collettiva e limitato alle voci fisse e continuative.
5. Avverso tale sentenza M.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria. Poste Italiane s.p.a. non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
6. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 2099 c.c., nonché degli artt. 54,55,56,57,58,59,60,61,62,65,67,68,69,70 dei contratti collettivi di lavoro Poste Italiane nelle parti riferite al trattamento economico, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
7. Si censura la decisione d’appello per l’improprio richiamo ai principi affermati in tema di rapporto di pubblico impiego, mentre la fattispecie in esame trova la propria disciplina nei contratti collettivi applicati da Poste Italiane s.p.a.. Tali contratti prevedono la struttura della retribuzione come “fissa” e “variabile” e consentono l’attribuzione al ricorrente degli emolumenti reclamati, che hanno natura retributiva, in quanto corrispettivi di prestazioni obbligatorie e caratterizzati da continuità, in linea peraltro con l’art. 36 Cost. quanto alla proporzionalità della retribuzione alla qualità e quantità del lavoro prestato.
8. Il ricorso è fondato.
9. Nel rapporto di lavoro privatistico, ove sia stato riconosciuto il diritto ad un inquadramento superiore, spettano al lavoratore le corrispondenti differenze retributive, da calcolare secondo le tabelle del contratto collettivo applicabile riferite al livello superiore riconosciuto e in relazione a tutte le voci corrisposte nel periodo di riferimento (eccetto quelle esclusivamente correlate al livello inferiore prima posseduto), in conformità all’art. 36 Cost. che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro.
10. Un regime differente opera nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, in cui, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore, spettando al medesimo unicamente il trattamento previsto per la qualifica superiore limitatamente al “periodo di effettiva prestazione” (v. Cass. n. 813 del 2020; n. 20976 del 2011).
Numero di raccolta generale 6226/2022 11. Neppure può invocarsi l’ulteriore criterio utilizzato dalla giurisprudenza, nell’ambito del lavoro privatistico, nei casi in cui la retribuzione sia adottata quale parametro ai fini del calcolo del risarcimento spettante al lavoratore. Come accade in ipotesi di licenziamento dichiarato illegittimo, in cui la retribuzione globale di fatto è calcolata comprendendo, oltre alla retribuzione base, ogni compenso di carattere fisso e continuativo che si ricolleghi alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento, con esclusione degli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali, per i quali non vi è prova della certa percezione (v. Cass. n. 1833 del 2007; v. anche Cass. n. 15066 del 2015; n. 15966 del 2009).
12. Nel caso in esame, il diritto alle differenze retributive, derivanti dal riconoscimento della categoria contrattuale superiore, non può essere limitato agli emolumenti aventi carattere fisso e continuativo, né a quelli correlati alla effettiva prestazione lavorativa resa, ma deve includere tutte le voci retributive già riconosciute al dipendente e parametrate ad un inquadramento poi rivelatosi non corrispondente al contenuto delle mansioni svolte.
13. La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio appena richiamato, deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie, oltre che alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022