LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5051-2020 proposto da:
C.M., F.M., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore FI.MI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ORESTE VIA;
– ricorrenti –
contro
BANCO DI NAPOLI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2053/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 24/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza in questa sede impugnata, ha riformato integralmente la decisione di prime cure e ha dichiarato inefficace nei confronti degli appellanti il trust istituito. In particolare, ha rilevato che non fosse in contestazione tra le parti l’eventus damni, ovvero: l’anteriorità del credito vantato dalla Banca rispetto all’atto di costituzione del trust; la natura gratuita dell’atto; la ricorrenza dell’eventus damni, in quanto l’appellato aveva vincolato tutti i beni immobili di sua proprietà e non aveva allegato di possedere un patrimonio residuo sufficiente a coprire l’esposizione debitoria maturata dalla garantita; il mantenimento della posizione di fideiussore del Filato anche dopo la trasformazione della società garantita da s.n.c. a s.r.l.
2. In relazione all’elemento soggettivo dell’actio pauliana, in contestazione, la Corte territoriale ha ritenuto provata la consapevolezza dell’appellato di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie dell’appellante in quanto il predetto pregiudizio era conoscibile da parte del fideiussore sulla scorta dell’obbligo di informarsi dell’esposizione debitoria del garantito nei confronti della Banca assunto con specifica clausola contrattuale in sede di fideiussione.
3. Il ricorso, notificato da F.M., C.M. e Fi.Mi. il 28 gennaio 2020 al Banco di Napoli è affidato a un unico articolato motivo con il quale si lamenta “Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per come previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la Corte d’Appello debitamente considerato gli elementi sub a), b), c) e d) desumibile dalle prove documentali fornite nel primo grado di giudizio”. Parte intimata non ha svolto difese.
4. Il procedimento, portato in discussione all’adunanza del 20 aprile 2021, è stato rinviato a nuovo ruolo in attesa che sulla questione della procura alle liti, allegata in calce al ricorso, si pronunciassero le Sezioni Unite di questa Corte. Quindi è stato nuovamente fissato per l’odierna adunanza non partecipata.
RITENUTO
che:
1. A giudizio del collegio il ricorso si presta ad essere deciso a prescindere dalle problematiche inerenti alla validità della procura, sulla base delle più liquide questioni afferenti l’ammissibilità delle articolate censure, in relazione alla griglia valutativa azionabile innanzi al giudice di legittimità.
2. L’unico motivo di ricorso solleva invero critiche che si pongono al di fuori del paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, e che lo rendono inammissibile.
3. Le circostanze di fatto in tesi denunciate come non considerate ai fini della valutazione dell’elemento soggettivo di cui all’art. 2901 c.c., sarebbero:
a) l’indimostrata qualità di socio del fideiussore rispetto alla società garantita, che la Corte d’appello ha ritenuto irrilevante. Tale elemento, invece, sarebbe stato dirimente al fine di dimostrare la sussistenza del consilium fraudis in capo al fideiussore, nonché per la valutazione dell’agevole conoscibilità della situazione economica e debitoria della società garantita;
b) il fatto che il fideiussore fosse rimasto tale anche dopo la trasformazione della società garantita da s.n.c. a s.r.l.; tale circostanza non sarebbe stata dimostrata data l’impossibilità di rinvenire atti di conferma della fideiussione dopo la trasformazione;
c) il mancato invio di lettere di diffida e messa in mora al fideiussore; l’assenza di informazioni sulla posizione debitoria della società garantita dimostrerebbe che il trust è stato istituito dal fideiussore senza che egli conoscesse la situazione di dissesto finanziario della garantita;
d) l’insussistenza dell’obbligo di informazione del fideiussore; la Corte d’Appello avrebbe interpretato erroneamente la relativa clausola del contratto di fideiussione: con essa non sarebbe stato affatto imposto in capo al fideiussore un obbligo di informarsi relativamente all’esposizione debitoria della garantita, come ritenuto dalla Corte d’appello, ma piuttosto un obbligo in capo all’istituto di credito di non disattendere le eventuali richieste di informazioni eventualmente avanzate dal fideiussore.
4. Il motivo è inammissibile in quanto non integra il paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla nota Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 7/4/2014. Invero, i fatti dedotti dal ricorrente non solo risultano non decisivi ma, lungi dall’essere stati “omessi” dalla Corte territoriale, sono stati valutati ed espressamente ritenuti irrilevanti rispetto al giudizio. Essi si pongono, a ben vedere, quali valutazioni di fatti e di circostanze osservati e diversamente interpretati dal giudice del merito, come tali insindacabili in questa sede.
5. In particolare, l’iter motivazionale della sentenza impugnata prende le mosse da alcune circostanze non contestate tra le parti: l’anteriorità del credito vantato dalla Banca rispetto all’atto notarile di costituzione del trust; la natura gratuita dell’atto istitutivo del trust; la ricorrenza dell’eventus damni in quanto, mentre era pacifica l’allegazione della Banca secondo la quale con il trust il fideiussore aveva vincolato tutti i beni immobili di sua proprietà, il fideiussore non aveva allegato di possedere un patrimonio residuo sufficiente a coprire la notevole esposizione debitoria maturata dalla società garantita; nonché, il mantenimento della posizione di fideiussore anche dopo la trasformazione della società da s.n.c. a s.r.l.
6. Tanto premesso, la Corte d’Appello ha ritenuto di dover valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo della consapevolezza del fideiussore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore sulla base del principio di diritto, più volte ribadito da questa Corte, per cui in fattispecie analoghe alla conoscenza effettiva è equiparata l’agevole conoscibilità del predetto pregiudizio (cfr. Cass. n. 7262/2000, citata). In questa prospettiva, ha affermato che nel caso concreto, indipendentemente dalla indimostrata qualità di socio della società garantita in capo al fideiussore, il pregiudizio che l’atto istitutivo del trust avrebbe arrecato alle ragioni della banca creditrice, era facilmente conoscibile se solo il fideiussore rimasto tale anche dopo la trasformazione della società garantita da s.n.c. a s.r.l. in difetto di allegazioni di segno contrario prima di segregare i suoi beni immobili nel trust si fosse informato presso la banca dell’esposizione debitoria della società garantita, così adempiendo a un preciso obbligo contrattuale assunto nel momento in cui aveva prestato la fideiussione. Difatti, ha rilevato, nell’atto del 20/11/2001 con il quale l’appellato si era costituito fideiussore della società era prevista la specifica clausola contrattuale secondo la quale “il fideiussore avrà cura di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore e, in particolare, d’informarsi presso lo stesso dello svolgimento dei suoi rapporti con la banca. A richiesta del fideiussore la banca è comunque tenuta a comunicargli, relativamente alle obbligazioni garantite, l’entità dell’esposizione del debitore al momento della sua richiesta”. Talché, ha concluso che il fideiussore, sul quale incombeva uno specifico obbligo in tal senso, omettendo di richiedere informazioni sull’andamento dei rapporti bancari della società garantita e sull’entità della sua esposizione debitoria, si era colposamente esposto al rischio di un’azione revocatoria.
7. Quanto alla indimostrata qualità di socio (sub a) si legge nella sentenza impugnata “indipendentemente dall’indimostrata qualità di socio della società garantita in capo al fideiussore (…) il pregiudizio che l’atto istitutivo del trust avrebbe arrecato alle ragioni della banca creditrice, ove non conosciuto, fosse facilmente conoscibile (…)” (p. 5, sentenza impugnata). La circostanza, dunque, è stata valutata dal giudice di secondo grado, ancorché ritenuta irrilevante. E, infatti, essa non è assolutamente decisiva rispetto alla fattispecie per cui è causa poiché, anche là dove il fideiussore non fosse socio della società garantita, egli avrebbe comunque potuto conoscerne l’esposizione debitoria.
8. Quanto alla mancata dimostrazione del fatto che il fideiussore fosse rimasto tale anche successivamente alla trasformazione della società (sub b), si tratta, ancora una volta, di circostanza valutata e, comunque, non decisiva. Invero, la Corte distrettuale ha ritenuto correttamente che, in difetto di allegazioni di segno contrario, doveva ritenersi che il fideiussore avesse mantenuto la posizione di garanzia anche dopo la trasformazione intervenuta (p. 5, sentenza impugnata). Difatti, a fronte della prova del contratto di fideiussione tra le parti, spettava al fideiussore dimostrarne eventuali fatti modificativi o estintivi in seguito alla trasformazione della società.
9. Parimenti, è stato ritenuto irrilevante il mancato invio di lettere di diffida e messa in mora al fideiussore (sub c) poiché, secondo la clausola del contratto di fideiussione, egli avrebbe dovuto informarsi della situazione debitoria della garantita (p. 6, sentenza impugnata).
10. Infine, quanto alla dedotta insussistenza di tale obbligo informativo (sub d), in questa sede non è possibile accedere a una diversa interpretazione della clausola contrattuale o, in generale, del contratto di fideiussione stipulato inter partes, in mancanza di denuncia dei criteri ermeneutici applicati. Si tratta, invero, di un’attività valutativa riservata al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi che, nel caso di specie, non vengono censurati dal ricorrente il quale si limita a contrapporre la propria interpretazione a quella accolta dalla Corte d’Appello (v., ex plurimis, Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 995 del 20/1/2021; Sez. 1 -, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. L, Sentenza n. 17168 del 9/10/2012).
11. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla quanto alle spese, stante la mancata costituzione dell’intimato; va invece dichiarata la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo Unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta – sotto sez. terza civile, il 12 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022