LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1100/2021 R.G. proposto da:
NEEMIAS S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.
A.V.D., rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio Verga, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
AUTOSTRADA PEDEMONTANA LOMBARDA S.P.A., in persona del dirigente generale p.t. S.G., rappresentata e difesa dagli Avv. Sergio Fidanzia e Angelo Gigliola, con domicilio eletto in Roma, piazzale delle Belle Arti, n. 6;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Milano depositata il 6 aprile 2020.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 gennaio 2022 dal Consigliere Guido Mercolino.
RILEVATO
che la Neemias S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, illustrati anche con memoria, avverso l’ordinanza del 6 aprile 2020, con cui la Corte d’appello di Milano ha accolto l’opposizione alla stima da essa proposta nei confronti della Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.a., liquidando in Euro 4.576,00 l’indennità dovuta per l’occupazione temporanea, disposta con decreto del 7 giugno 2010, di un’area della superficie di mq. 70 di un fondo sito in ***** e riportato in Catasto al foglio *****, particella *****;
che l’APL ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione degli artt. 112,115,194,213 e 702-bis c.p.c., rilevando che, nell’escludere che l’occupazione avesse precluso l’accesso alla parte residua del fondo, la Corte d’appello ha fatto propria una valutazione espressa dal c.t.u. sulla base di documenti acquisiti di propria iniziativa, senza che le parti avessero allegato la possibilità di ovviare all’inconveniente mediante la realizzazione di un nuovo accesso, già autorizzata dalla Provincia di *****;
che il motivo è infondato nella parte riguardante l’acquisizione, ad opera del c.t.u., dell’autorizzazione allo spostamento dell’accesso del fondo;
che, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., il c.t.u. può infatti acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, ancorché risultante da documenti non prodotti dalle parti, a condizione che non si tratti di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse, ma di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati (cfr. Cass., Sez. II, 30/07/2021, n. 21926; 21/08/2012, n. 14577; Cass., Sez. lav., 20/08/2013, n. 19816);
che nella specie, come si evince dall’ordinanza impugnata, l’acquisizione della predetta autorizzazione, ottenuta dal Comune di *****, dante causa dell’attrice, prima dell’acquisto dell’immobile da parte di quest’ultima, ed ancora efficace alla data dell’occupazione da parte dell’APL, trova giustificazione nel carattere parziale dell’occupazione e nella necessità di verificare il pregiudizio concretamente arrecato all’utilizzazione dell’area rimasta in possesso della ricorrente, del quale la stessa aveva chiesto il ristoro proprio in relazione all’asserita preclusione dell’accesso;
che, come precisato dalla Corte territoriale, la ricorrente aveva infatti prodotto una planimetria dalla quale risultava che il fondo confinava per un intero lato con la strada provinciale, e che l’occupazione aveva riguardato soltanto un terzo della relativa lunghezza, lasciando liberi i restanti due terzi, potenzialmente idonei a consentire l’accesso all’area non occupata;
che la censura risulta invece inconferente nella parte riguardante l’affermazione contenuta nella relazione del c.t.u., secondo cui, a seguito dell’occupazione del fondo, il Comune di ***** avrebbe sospeso il permesso rilasciato alla società ricorrente per la costruzione di un fabbricato ad uso commerciale;
che la Corte di merito ha infatti rilevato, conformemente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che il Comune si era limitato a differire al momento della restituzione dell’area occupata il termine per il pagamento degli oneri di urbanizzazione, ma ha ritenuto la circostanza ininfluente ai fini della prova della preclusione dell’accesso al fondo;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto non provato che l’unico accesso carraio del fondo fosse quello rimasto precluso dall’occupazione, nonostante la mancata contestazione di tale circostanza da parte della resistente;
che il motivo è infondato;
che, a sostegno della mancata contestazione dell’unicità dell’accesso al fondo, la ricorrente riporta testualmente un passo del ricorso introduttivo del giudizio, dal quale non si desume affatto la predetta circostanza, risultando soltanto che l’occupazione aveva interessato la porzione di terreno da cui si accedeva all’immobile, e non anche l’impossibilità di realizzare un accesso alternativo;
che l’operatività del principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere probatorio, postula invece che la parte dalla quale è invocato abbia per prima ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di provvedere ad una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione (cfr. Cass., Sez. II, 29/09/2020, n. 20525; Cass., Sez. III, 17/02/2016, n. 3023);
che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 32 e 33, osservando che, ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto delle caratteristiche attuali del fondo, ma ha valorizzato caratteristiche meramente potenziali, avendo ritenuto che l’accesso carraio potesse essere spostato altrove, nonostante l’avvenuta dimostrazione che l’occupazione aveva privato essa ricorrente della possibilità di disporre dell’intero fondo;
che il motivo è infondato;
che l’ordinanza impugnata non merita infatti censura nella parte in cui ha ritenuto che l’occupazione parziale del fondo, avente peraltro carattere meramente temporaneo, non avesse privato l’immobile dell’accesso carraio, indispensabile per l’avvio dei lavori autorizzati con il rilascio del permesso di costruire, dal momento che l’accesso avrebbe potuto essere spostato nella parte opposta del fondo, conformemente all’autorizzazione precedentemente ottenuta dal dante causa dell’attrice;
che è pur vero che, come ripetutamente affermato da questa Corte in tema di occupazione parziale, ai fini della determinazione della relativa indennità occorre tener conto anche del deprezzamento subito dalle aree residue del fondo che, pur essendo rimaste nella disponibilità giuridica del proprietario, siano per il medesimo divenute inaccessibili a causa della realizzazione dell’opera pubblica, e quindi, di fatto, non utilizzabili (cfr. Cass., Sez. I, 18/09/ 2003, n. 13745; 4/06/1981, n. 3603);
che nella specie, tuttavia, la predetta inutilizzabilità è stata esclusa proprio in virtù delle caratteristiche oggettive ed attuali del fondo, costituite dalla accertata adiacenza alla strada provinciale, confinante con lo stesso per i due terzi della sua lunghezza, e dalla possibilità di realizzare un accesso alternativo a quello temporaneamente precluso dall’occupazione, sulla base dell’autorizzazione precedentemente rilasciata dalla Provincia ed ancora efficace;
che, nel censurare il predetto apprezzamento, la ricorrente mira in realtà a sollecitare, attraverso la deduzione del vizio di violazione di legge, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, nonché la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le relative anomalie sono ancora deducibili con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, da parte del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/ 2017, n. 19547);
che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022