LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21165/2020 proposto da:
J.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Petrucci Ameriga, giusta procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 807/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 20/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2021 dal Consigliere Dott. Paola Vella.
RILEVATO
CHE:
1. Il cittadino ***** J.M.” nato a ***** (*****) il *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Potenza il diniego della protezione internazionale o umanitaria da parte della competente Commissione territoriale, allegando di essere fuggito dalla *****, dove lavorava presso una stazione di autobus ed era responsabile del garage, in quanto un tale di nome A. aveva cercato di impossessarsi con violenza dell’autostazione, e al termine di una violenta colluttazione con morti e feriti, egli si era finto morto e si era salvato, ma era stato successivamente minacciato e gli stessi colleghi lo avevano informato che erano tornati a cercarlo al lavoro, sicché, spaventato, aveva deciso di fuggire nel 2013, senza chiedere aiuto alla polizia che non si interessava di quanto capitasse alla società per cui lavorava (Union Road Employees).
1.1. La Corte d’appello di Potenza ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo scarsamente attendibile il racconto a causa di lacune, incongruenze e mancanza di riscontri; ha evidenziato la mancata invocazione dello status di rifugiato; ha escluso la protezione sussidiaria acquisendo C.O.I. aggiornate al settembre 2019 ed ha infine escluso la protezione umanitaria per la mancanza di vulnerabilità e l’esistenza in patria di una buona rete familiare, senza che risultasse compiuto un percorso di integrazione in Italia.
2. Il ricorrente ha impugnato la sentenza d’appello con due motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese.
CONSIDERATO
CHE:
2.1. Con il primo motivo – rubricato “diniego della protezione sussidiaria – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5” si lamenta confusamente la violazione di una lunga serie di norme (indicate a pag. 2-3 del ricorso), l’esistenza di una “motivazione apparente affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perplessa e obbiettivamente incomprensibile”, la mancanza di qualsiasi accertamento e la mancata pronuncia sui presupposti di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, lett. a) e b).
2.2. Il secondo mezzo, formulato analogamente con riguardo alla protezione umanitaria, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), allega la condizione di vulnerabilità derivante dall’inquinamento ambientale del ***** e dal diritto alla salute e all’alimentazione, che non sarebbero stati considerati ai fini della necessaria, ma omessa, valutazione comparativa.
3. In via preliminare si rileva che la “procura speciale” allegata al ricorso, rilasciata al difensore del ricorrente su foglio autonomo separato, pur potendosi intendere materialmente congiunto al ricorso stesso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, difetta del requisito di specialità, poiché non solo è priva di riferimenti idonei ad individuare il giudizio in esame – come la sentenza impugnata e la controparte processuale – ma contiene altresì, accanto ad un generico riferimento al “giudizio promosso dinanzi alla Suprema Corte di cassazione”, espressioni univocamente dirette ad attività proprie di altre fasi processuali, segnatamente ad incombenti processuali tipici dei gradi di merito.
3.1. In simili situazioni questa Corte ha più volte affermato l’inammissibilità del ricorso per invalidità della procura, rilevabile d’ufficio (Cass. 28146/2018, 4069/2020, 16040/2020, 905/2021; cfr. Cass. Sez. U, 15177/2021; conf. da ultimo, Cass. 31191/2021, in termini di inesistenza di analoga procura rilasciata in un giudizio in materia di protezione internazionale dello straniero).
4. Il superiore rilievo risulta assorbente rispetto all’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso, in quanto del tutto generici e contenenti una serie di affermazioni astratte, oltre che mancanti di autosufficienza sulle asserite allegazioni, deduzioni e contestazioni di merito, senza che sia stato allegato nemmeno in questa sede quali siano i concreti profili di vulnerabilità personale, le pregresse condizioni di vita e quelle attuali, avuto riguardo alla pretesa integrazione.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in difetto di difese del Ministero intimato.
6. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. Sez. U, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022