Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.6286 del 24/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30276/2017 R.G. proposto da:

G.S., (C.F. *****), rappresentato e difeso dall’Avv. ENRICO PAULETTI, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Crescenzio, 14;

– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, n. 164/03/2017, depositata in data 15 maggio 2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 gennaio 2022 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

RILEVATO

che:

1. Il contribuente G.S. ha impugnato due avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2008 e 2009 con i quali veniva accertato un maggior reddito d’impresa, con ripresa di maggiore IRPEF, IRAP e IVA, oltre sanzioni, per avere il contribuente omesso di dichiarare provvigioni percepite. Gli accertamenti facevano seguito a una verifica fiscale, conclusasi con un PVC, a seguito della quale si rilevava l’omessa dichiarazione di ricavi a titolo di provvigioni maturate nei confronti della preponente Karnak SA, società di diritto sammarinese avente ad oggetto la distribuzione di articoli di cartoleria, nei cui confronti erano state svolte anche indagini penali per avere tale società posto in essere costruzione di puro artificio volta ad evadere imposte dirette e indirette.

2. La C.T.P. di Perugia ha accolto il ricorso.

3. La C.T.R. dell’Umbria, con sentenza in data 15 maggio 2017, ha rigettato l’appello dell’Ufficio quanto alle imposte dirette, ritenendo che l’Amministrazione finanziaria non avesse fornito idonee presunzioni. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto inidonea, ai fini della determinazione della percentuale provvigionale nella misura del 19,17%, l’estrapolazione di dati contabili relativa al mese di gennaio 2008, in quanto campione a giudizio della C.T.R. non statisticamente rappresentativo, nonché rilevando l’erroneità dei dati di un allegato del PVC. Il giudice di appello ha, quindi, ritenuto la validità della documentazione contrattuale prodotta dal contribuente. E’, invece, stato accolto l’appello dell’Ufficio quanto alla ripresa IVA, ritenendo la C.T.R. imponibili ai fini IVA le provvigioni, non trattandosi di prestazioni di servizi connesse a uno scambio internazionale relativo a beni in importazione, ritenendo sussistere una stabile organizzazione in Italia della preponente.

4. Propongono ricorso per cassazione, l’Agenzia delle entrate, affidato a un unico motivo, cui resiste il contribuente con controricorso, sia il contribuente, affidato a tre motivi. Il contribuente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1.1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Ufficio censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, artt. 2727 e 2729 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il quadro indiziario addotto dall’Ufficio sia sprovvisto di pregnanza indiziaria. L’Ufficio ricorrente si richiama all’orientamento di questa Corte, secondo cui sarebbe sufficiente un solo elemento indiziario al fine della prova presuntiva dell’esistenza di maggiori ricavi, potendo tali elementi consistere anche nell’utilizzo di un documento (tabulato o prospetto contabile relativo al mese di gennaio 2008), in relazione al quale era stata accertata una determinata percentuale provvigionale sul fatturato complessivo. Deduce, ulteriormente, l’Ufficio che il quadro indiziario addotto nel giudizio di merito si nutriva anche della valutazione, conseguente alla produzione del suddetto documento, che la provvigione riconosciuta dalla preponente Karnak SA avvenisse in forme diverse da quelle indicate nel contratto inter partes, ossia sulle vendite realizzate su base mensile, così attribuendo rilevanza alla percezione di provvigioni in relazione a un singolo mese e alla sua estensibilità anche ad altri periodi in difformità dalla documentazione contrattuale prodotta dal contribuente.

1.2. Con il primo motivo del ricorso del contribuente si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 9 e 7, nella parte in cui la sentenza impugnata, pur avendo censurato la ricostruzione dei ricavi sotto il profilo reddituale, ha confermato la legittimità del recupero ai fini IVA. Evidenzia il ricorrente l’erroneità dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello in relazione alla sussistenza di un contratto di mandato tra ricorrente e preponente, osservando come non rilevi l’esterovestizione della società sammarinese, dovendosi verificare se l’intermediazione riguardasse importazioni e, conseguentemente, l’esistenza di un transito doganale nel territorio italiano derivante dall’introduzione di merci dalla ***** e lo stoccaggio della merce in conto deposito, all’atto dei quali matura il diritto alla provvigione del contribuente.

1.3. Con il secondo motivo del ricorso del contribuente si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nel fatto che il contribuente avesse ricevuto mandato da altra preponente, la Karkak Service SRL, poi denominata diversamente, società anch’essa di diritto sammarinese, laddove la diversa ricostruzione operata dal giudice del merito avrebbe obliterato le prove fornite dal ricorrente. Osserva, inoltre, come risulti del tutto irrilevante il riferimento, compiuto dal giudice di appello, alla sentenza del Tribunale di Rimini, in quanto relativa a periodi anteriori.

1.4. Con il terzo motivo del ricorso del contribuente si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 2 e 3, in relazione alla debenza delle sanzioni stante la sussistenza della buona fede e le obiettive condizioni di incertezza sulla portata applicativa della disciplina IVA. Osserva il ricorrente come su tale questione il giudice di appello non si sia pronunciato e che, nella specie, il contribuente si sarebbe conformato al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 71, nonché al D.M. 24 dicembre 1993, ritenendo che nella specie vi sarebbe stata importazione di merci e che ricorrerebbero nella specie obiettive condizioni di incertezza. In via di ulteriore subordine, il ricorrente ritiene che le sanzioni dovrebbero essere rideterminate a termini del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12, avendo a riferimento come sanzione più grave quella commessa ai fini IVA.

2. Va esaminato preliminarmente il ricorso del contribuente in quanto – benché entrambi i ricorsi siano stati notificati in pari data – si tratta del ricorso iscritto per primo e, quindi, costituisce ricorso principale, rispetto al quale il ricorso proposto dall’Ufficio (ricorso successivo) si converte in ricorso incidentale (Cass., Sez. III, 23 novembre 2021, n. 36057).

3. Il primo motivo del ricorso del contribuente, ricorso principale, sul quale il ricorrente ritorna diffusamente in memoria – è inammissibile, essendo stato accertato in fatto che, nel caso di specie, non ricorre l’ipotesi del transito doganale delle merci dalla ***** al territorio dello Stato, per cui non si verte in un caso di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, (servizi internazionali connessi agli scambi internazionali). Si evidenzia, peraltro, che questa Corte ha già ritenuto inammissibili analoghe censure attinenti ad altri agenti della “galassia Karnak”, ritenendo che – ove sia stata esclusa in fatto la circostanza che l’attività di intermediazione sia afferente ad operazioni internazionali – vi sia stato “un accertamento in fatto in ordine alla nazionalità delle stesse: accertamento che non può essere messo in discussione con la proposizione di censure di violazione di legge” (Cass., Sez. V, 3 luglio 2021, n. 18884; conf. Cass., Sez. V, 22 marzo 2019, nn. 8108, 8109; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21099).

4. Il secondo motivo del ricorso principale è ugualmente inammissibile sotto un duplice profilo, in primo luogo in quanto non è stato adeguatamente esposto il giudizio di decisività del fatto e, in secondo luogo, in quanto mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758). Il ricorrente si duole, difatti, dell’erronea scelta e valutazione del materiale probatorio, il cui apprezzamento è rimesso al giudice di merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8315), non rientrando nel suddetto motivo di censura la mancata valorizzazione delle prove di una delle parti.

5. Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile in relazione al secondo profilo denunciato, non essendovi traccia nella motivazione della sentenza né della specifica questione relativa all’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12. Il motivo e’, invece, fondato in relazione alla questione della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 2 e 3, in relazione alla sussistenza della buona fede e delle obiettive condizioni di incertezza sulla portata applicativa della disciplina IVA. Il ricorrente evidenzia di avere trattato la questione in primo grado e di averla riproposta in appello. Il giudice di appello ha operato un rigetto implicito della questione che, a giudizio di questa Corte, il contribuente ha correttamente censurato sotto il profilo della violazione di legge, essendovi una implicita statuizione di rigetto della questione proposta dal contribuente nella statuizione di accoglimento delle ragioni dell’Ufficio in relazione alla ripresa IVA. Il motivo va, pertanto, accolto per quanto indicato in motivazione, spettando al giudice del rinvio valutare in concreto la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza della disciplina IVA.

6. Il ricorso incidentale proposto dall’Ufficio è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento analitico-induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ancorché fondato su una presunzione semplice, non impedisce al giudice di basare il proprio convincimento su un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e gravità (Cass., Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24550; Cass., Sez. V, 29 novembre 2019, n. 31243; Cass., Sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 3276; Cass., Sez. V, 22 dicembre 2017, n. 30803; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2015, n. 8606). Si è anche osservato, in un precedente del tutto analogo al caso di specie (Cass. Sez. V, 17 marzo 2021, n. 7427), che la stessa contabilità non ufficiale, ancorché risultante da brogliacci o appunti personali o informali dell’imprenditore o, comunque, qualunque documento extracontabile costituisce valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge, con conseguente onere a carico del contribuente di fornire la prova contraria (conf. Cass., Sez. V, 24 settembre 2014, n. 20094; Cass., Sez. V, 16 novembre 2011, n. 24051; Cass., Sez. V, 27 marzo 2006, n. 6949). Ugualmente, la valutazione dell’elemento indiziario “forte” – nella prospettiva assunta dall’Ufficio – costituito dalla scheda contabile del mese di gennaio 2008, va valutato nel complesso degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio e delle valutazioni complessivamente eseguite (Cass., Sez. VI, 14 dicembre 2021, n. 39831; Cass., Sez. V, 4 dicembre 2020, n. 27814). Assume, pertanto rilievo – in conformità con le allegazioni del ricorrente – la valutazione operata dall’Ufficio, secondo cui tale documento fosse indicativo del fatto che la provvigione riconosciuta dalla preponente Karnak SA avvenisse in base alle vendite mensili, così superando di fatto le pattuizioni iniziali tra preponente e agente e configurandosi come elemento idoneo a ritenere che tale modalità di contabilizzazione delle provvigioni fosse estensibile anche al di là del mese in oggetto, salva comunque la prova contraria del contribuente.

7. Deve quindi ritenersi che, come già statuito da questa Corte in altro precedente del tutto analogo al caso di specie (Cass., Sez. VI, 7 dicembre 2016, n. 25247), non risulta effettuata una adeguata e complessiva valutazione di tutti gli elementi indiziari addotti dall’Ufficio a fondamento dell’accertamento eseguito nei confronti del contribuente e delle contrarie deduzioni addotte da quest’ultimo. Il ricorso dell’Ufficio va, pertanto, accolto, dovendosi procedere alla complessiva rivalutazione del quadro indiziario addotto dall’Ufficio. Le questioni dedotte dal controricorrente in memoria non rilevano in questa sede, in quanto attengono al merito dell’accertamento.

8. Il ricorso dell’Agenzia delle entrate va, pertanto, accolto, come anche il terzo motivo del ricorso del contribuente, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso principale e accoglie il terzo motivo;

accoglie il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. dell’Umbria, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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