LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11103/2015 R.G. proposto d:a Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– parte ricorrente –
contro
F.S., notaio in ***** (CE), rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Antonio Caiafa di Roma, come da procura notarile in atti, presso la quale è ivi el. dom.ta in Via A.Fusco 104;
– parte controricorrente –
avverso sentenza Commissione Tributaria Regionale Campania n. 10337/15/14 del 28/11/2014;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16.2.2022 dal Consigliere Giacomo Maria Stalla.
FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE p. 1. L’Agenzia delle Entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione e sanzioni notificato al notaio F.S. in recupero dell’imposta proporzionale di registro ed ipocatastale, imposta già dal notaio autoliquidata in misura fissa. Ciò in relazione all’atto rep. ***** (permuta di cosa presente con cosa futura) con il quale la parte venditrice trasferiva alla società acquirente la proprietà di un fabbricato a fronte dell’attribuzione corrispettiva di porzioni immobiliari costituenti una determinata percentuale della volumetria realizzata sull’area rinveniente dall’abbattimento del fabbricato stesso. Le parti pattuivano che il trasferimento della proprietà del fabbricato “rimanesse sospeso” sino al verificarsi della condizione sospensiva costituita “dall’accertamento, a mezzo di apposito verbale di collaudo e consegna, dell’avvenuta realizzazione del rustico”.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
– la condizione così apposta aveva natura potestativa, e non meramente potestativa, atteso che, come evincibile anche dalle altre clausole del contratto aventi effetto risolutivo e correlate al comportamento ed alla tempistica di soggetti terzi (quali gli enti pubblici preposti al rilascio delle autorizzazioni di legge), la volontà delle parti era proprio quella di condizionare sospensivamente il trasferimento della proprietà alla realizzazione del rustico;
– questa volontà non integrava una condizione arbitraria o meramente potestativa, dipendendo da rilevanti valutazioni di economicità, e neppure celava intenti elusivi o simulatori;
– dunque corretta era stata l’autoliquidazione del notaio, non essendo qui applicabile il disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3.
Resiste con controricorso la F..
p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3.
Per non avere la commissione tributaria regionale considerato che la condizione in oggetto aveva natura meramente potestativa dal lato dell’acquirente, con conseguente imposizione proporzionale, non fissa, ex art. 27, comma 3 cit.; là dove la condizione meramente potestativa in capo al venditore rendeva applicabile l’imposta in misura fissa in quanto ingenerante la nullità dell’atto ex art. 1455 c.c..
Nel caso in esame, in particolare, “la condizione apposta al contratto rientra pienamente nella nozione di condizione meramente potestativa, e ciò in quanto la realizzazione o meno del bene futuro, alla quale le parti hanno condizionato la esecutività del contratto, rappresenta l’oggetto stesso della controprestazione dell’acquirente e dipende puramente e semplicemente (in mancanza di altre ragionevoli giustificazioni) dalla volontà di dare o meno esecuzione alle obbligazioni assunte”.
p. 2.2 Il motivo è infondato.
In base all’art. 27 cit., (comma 3), “Non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volonta dell’acquirente o del creditore”; (comma 4), “4. Gli atti sottoposti a condizione sospensiva che ne fa dipendere gli effetti dalla mera volonta del venditore o dell’obbligato sono soggetti all’imposta in misura fissa”.
Si è in proposito stabilito (Cass. n. 30143/19, confermativa di Cass. n. 18239/14 ed altre) che: “La condizione è “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa” quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato.”
Nel caso in esame il giudice di merito – al quale competeva l’interpretazione del negozio di permuta all’esito di una valutazione che risulta insindacabile in sede di legittimità, in quanto sufficientemente motivata e rispondente ai criteri ermeneutici legali – ha argomentato il proprio convincimento in ordine al fatto che la condizione sospensiva costituita dalla realizzazione del rustico e dalla relativa certificazione attraverso apposito verbale di collaudo e di consegna, non fosse meramente potestativa. E ciò perché la realizzazione (o non-realizzazione) dell’evento in questione, in assenza del quale non si verificava, per volontà delle parti, l’effetto traslativo della proprietà del fabbricato portatore della volumetria edificabile, non rispondeva a mero arbitrio della società costruttrice bensì ad una serie articolata e complessa di valutazioni di tipo economico e di convenienza idonee a realizzare, anche nel concorso di fattori estrinseci, il primario interesse anche della stessa società. Il che doveva desumersi, come appunto affermato dal giudice di merito, sia in ragione della inerenza di queste valutazioni alla causa contrattuale ed alle prestazioni fondamentali di entrambe le parti del rapporto obbligatorio, sia in considerazione di altre clausole contrattuali (come la n. 6) che attribuivano effetto risolutorio ad altri eventi sottoposti a rigoroso scadenzario ed in parte demandati anche a soggetti terzi, quali gli enti pubblici investiti della pratica edilizia.
Si tratta, come detto, di una valutazione qui non rivedibile, e tale da far escludere la denunciata violazione normativa, dal momento che – in presenza di una condizione sospensiva non meramente potestativa perché non dettata da assoluta ed arbitraria discrezionalità – la norma invocata dall’Agenzia delle Entrate (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3), non si rendeva applicabile, con conseguente esclusione della imposizione in misura proporzionale fin visto l’avveramento della condizione.
Ne segue il rigetto del ricorso, con la condanna dell’agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 3.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 16 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022