LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 15081 – 2017 R.G. proposto da:
ERMARK s.r.l. in liquidazione, – p.i.v.a. ***** – in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù
di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato Rosario Achille Grasso, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Calabria, n. 56, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Bonarrigo;
– ricorrente –
contro
F.D., – c.f. ***** – rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’avvocato Paolo Chiarelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Giulio Cesare, n. 94, presso lo studio dell’avvocato Raffaele Cardilli;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 762 – 14.3/6.4.2017 della Corte d’Appello di Venezia, udita la relazione nella camera di consiglio del 3 dicembre 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto notificato il 24.6.2008 F.D. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia la “Ermark” s.r.l.
Esponeva che con preliminare in data 7.1.2004 la convenuta s.r.l. aveva promesso di vendergli ed egli attore aveva promesso di acquistare, per il complessivo prezzo di Euro 178.500,00, oltre i.v.a., un appartamento al secondo piano (poi in catasto al fol. *****) ed un garage al piano seminterrato (poi in catasto al fol. *****) ricompresi in un fabbricato in corso di costruzione in *****.
Esponeva che aveva versato, del prezzo pattuito, Euro 62.500,00, di cui Euro 10.500,00 a titolo di caparra, e che il residuo corrispettivo sarebbe stato da versare al rogito, per la cui stipulazione era stato previsto il termine di novanta giorni dal di del rilascio del certificato di abitabilità.
Esponeva che nonostante i reiterati solleciti ed il tempo trascorso la promittente venditrice non aveva inteso far luogo alla stipula del definitivo.
Chiedeva, tra l’altro, pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c. idonea a trasferirgli la proprietà degli immobili promessi in vendita, subordinando il versamento del saldo alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sull’immobile, e disporsi la riduzione del corrispettivo pattuito a motivo delle minori dimensioni e delle diverse caratteristiche dell’appartamento.
2. Si costituiva la “Ermark” s.r.l.
Eccepiva, pregiudizialmente, l’incompetenza del giudice adito in dipendenza della clausola compromissoria di cui all’art. 17 del preliminare, alla cui stregua qualsivoglia controversia relativa all’esecuzione ed alla interpretazione del contratto sarebbe stata da devolvere alla cognizione di un arbitro.
Deduceva, nel merito, che il preliminare era stato siglato “a corpo” e non “a misura”, sicché non era dovuta alcuna riduzione del corrispettivo; che il ritardo nella consegna era da ascrivere all’attore.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
3. Con sentenza n. 42/2016 il tribunale, respinta l’eccezione pregiudiziale di compromesso, siccome sollevata tardivamente, rigettava la domanda e condannava l’attore alle spese di lite.
4. Proponeva appello F.D..
Chiedeva, tra l’altro, dichiarare la nullità della statuizione di primo grado, giacché “a sorpresa”, e consentire, pur per il tramite delle debite allegazioni documentali, il contraddittorio sul punto posto ex officio dal tribunale a fondamento del primo dictum.
5. Resisteva la “Ermark” s.r.l.; esperiva appello incidentale in rapporto all’affermata tardività dell’eccezione di compromesso.
6. Con sentenza n. 762/2017 la Corte d’Appello di Venezia accoglieva il gravame principale, rigettava il gravame incidentale e, per l’effetto, dichiarava la nullità dell’impugnata sentenza, trasferiva all’appellante a norma dell’art. 2932 c.c. la proprietà dei cespiti promessi in vendita, nondimeno subordinando il pagamento del saldo del prezzo alla cancellazione da parte dell’appellata delle trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli e disponendo la riduzione del prezzo pattuito nella misura del 20% in dipendenza delle minori dimensioni e delle diverse caratteristiche dell’appartamento rispetto alle dimensioni e caratteristiche prefigurate in preliminare; condannava l’appellata alle spese del doppio grado.
Evidenziava la corte – in ordine al motivo di gravame con cui l’appellante principale aveva invocato la declaratoria di nullità, giacché “a sorpresa”, della prima statuizione – che senza dubbio il rilievo della mancata allegazione del permesso di costruire, che aveva indotto al rigetto della domanda ex art. 2932 c.c., era stato operato ex officio dal tribunale in sede di decisione, in difetto di qualsivoglia eccezione in tal senso da parte dell’iniziale convenuta ed in assenza di qualsivoglia contraddittorio sul punto.
Evidenziava altresì che, nonostante l’inapplicabilità ratione temporis dell’art. 101 c.p.c., comma 2, introdotto dalla L. n. 69 del 2009 a decorrere dal 4.7.2009, il primo dictum doveva tuttavia dichiararsi nullo in aderenza all’antecedente elaborazione giurisprudenziale.
Evidenziava quindi che doveva reputarsi ammissibile l’allegazione, operata dall’appellante principale con l’atto di gravame, del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Chioggia all’esito del procedimento in sanatoria promosso dalla “Ermark”.
Evidenziava inoltre che non ostava alla pronuncia ex art. 2932 c.c. la circostanza, addotta dall’appellata, per cui alla scadenza del termine di tre anni dal rilascio del permesso di costruire non era stato emesso il certificato di agibilità; che invero il rilascio del certificato di agibilità è previsto a tutela del compratore e non risponde ad un’esigenza urbanistica di carattere generale. Evidenziava poi che l’appartamento promesso in vendita era stato realizzato in maniera sensibilmente diversa da quanto previsto nelle planimetrie allegate al preliminare, siccome dotato di una minore superficie abitabile, di una minore superficie a terrazza e di due anziché di tre camere abitabili.
Evidenziava quindi che la differente consistenza dell’appartamento era di entità tale da giustificare la richiesta variazione in diminuzione del 20% del prezzo, ancorché la promessa vendita fosse stata siglata “a corpo”.
Evidenziava infine – in ordine all’appello incidentale – che l’eccezione di incompetenza ex art. 819 ter c.p.c., correlata alla clausola compromissoria contenuta nel preliminare e formulata dalla “Ermark” in prime cure in comparsa di risposta, era stata sollevata tardivamente, con susseguente decadenza, siccome l’appellata, originaria convenuta, si era costituita in primo grado alla prima udienza e non già venti giorni prima della medesima udienza.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Ermark” s.r.l. in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
F.D. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo di ricorso e rigettarsi gli ulteriori motivi con il favore delle spese.
8. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 2009, art. 58 e dell’art. 101 c.p.c., comma 2.
Deduce che la Corte di Venezia ha applicato erroneamente il nuovo testo dell’art. 101 c.p.c., comma 2.
Deduce che il giudizio ha avuto inizio nel 2008, antecedentemente al 4.7.2009, di di entrata in vigore del novello art. 101 c.p.c., comma 2.
Deduce che la pregressa elaborazione giurisprudenziale propendeva per la validità delle sentenze “a sorpresa”.
9. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3.
Deduce che la Corte di Venezia ha erroneamente reputato ammissibile la produzione, operata ex adverso con l’atto di appello, del permesso di costruire.
10. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e degli artt. 1418 e 2932 c.c.
Deduce che la Corte di Venezia non avrebbe potuto far luogo alla pronuncia ex art. 2932 c.c.
Deduce che sarebbe stato necessario acquisire i documenti tutti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile oggetto del preliminare.
11. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1538 c.c..
Deduce che la Corte di Venezia ha disposto la riduzione del prezzo in difetto di qualsivoglia prova, sulla scorta delle mere prospettazioni di controparte e benché la stessa controparte avesse domandato farsi luogo a c.t.u.
12. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 166 e 819 ter c.p.c.
Deduce che la Corte di Venezia ha errato a reputare tardiva l’eccezione di incompetenza correlata alla clausola compromissoria.
Deduce che la costituzione oltre il termine di venti giorni prima della prima udienza comporta unicamente la decadenza dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali e di chiamare terzi in causa.
13. Il primo motivo di ricorso è da rigettare.
14. E’ sufficiente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. il riferimento all’insegnamento di questa Corte, che già in epoca antecedente alla novella di cui alla L. n. 69 del 2009 opinava non solo per la configurabilità del “divieto” di pronuncia di sentenze “a sorpresa” ma anche per la nullità atta a scaturire dalla violazione dello stesso “divieto” sia relativamente alla decisione di questioni “di fatto” sia relativamente – come nella specie – alla decisione di questioni “miste di fatto e di diritto”.
Più esattamente, è sufficiente, per un verso, il riferimento all’insegnamento secondo cui nel sistema anteriore all’introduzione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (a norma del quale il giudice, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve assegnare alle parti, “a pena di nullità”, un termine “per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”), operata con la L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13, il dovere costituzionale di evitare sentenze cosiddette “a sorpresa” o della “terza via”, poiché adottate in violazione del principio della “parità delle armi”, aveva fondamento normativo nell’art. 183 c.p.c., che al comma 3 (oggi comma 4) faceva carico al giudice di indicare alle parti “le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”, in ordine, peraltro, alle sole questioni “di puro fatto” o “miste” e con esclusione, quindi, di quelle di “puro diritto” (cfr. Cass. (ord.) 27.11.2018, n. 30716; Cass. 7.11.2013, n. 25054).
Più esattamente, è sufficiente, per altro verso, il riferimento all’insegnamento secondo cui il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d’ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito, dando spazio alle consequenziali attività delle parti; infatti, ove lo stesso giudice decida in base a questione rilevata d’ufficio e non segnalata alle parti, si avrebbe violazione del diritto di difesa per mancato esercizio del contraddittorio, con conseguente nullità della emessa pronuncia (cfr. Cass. 9.6.2008, n. 15194; Cass. 10.8.2009, n. 18191; Cass. 27.4.2010, n. 10062).
15. Il secondo motivo di ricorso del pari è da rigettare.
16. Analogamente è sufficiente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale la parte che abbia subito una decisione “della terza via” è senz’altro legittimata alla formulazione di nuove allegazioni istruttorie con riferimento alla questione decisa, appunto, “a sorpresa”.
Più esattamente, è sufficiente il riferimento all’insegnamento secondo cui la mancata segnalazione, da parte del giudice, di una questione sollevata d’ufficio che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle stesse, private dell’esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione che ha condotto alla decisione solitaria (cfr. Cass. 13.7.2012, n. 11928; Cass. 16.2.2016, n. 2984).
17. In questi termini, contrariamente a quanto adduce la ricorrente (così ricorso, pag. 7), non vi era motivo che l’appellante – qui controricorrente – dimostrasse le ragioni per le quali non aveva potuto attendere alla produzione del “permesso a costruire dell’anno 2012” nel corso del giudizio di primo grado. Ne’ vi era necessità che la corte di merito motivasse “circa “l’indispensabilità” del detto documento” (così ricorso, pag. 7).
18. Il terzo motivo di ricorso parimenti è da rigettare.
19. E’ fuor di contestazione la regolarità urbanistica dell’immobile.
La corte di merito ha dato atto (cfr. pag. 10) che F.D. con l’atto di appello aveva allegato il permesso di costruire in sanatoria n. 206 del 20.9.2012 rilasciato dal Comune di Chioggia (cfr. altresì controricorso, pag. 9).
Cosicché nessun ostacolo si frapponeva alla pronuncia ex art. 2932 c.c.
Tanto, viepiù alla luce dell’insegnamento di questa Corte a tenor del quale unicamente in assenza della dichiarazione, nel contratto preliminare o in un atto successivamente prodotto in giudizio, degli estremi della concessione edilizia ed in mancanza di allegazione della domanda di concessione in sanatoria con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione, il giudice non può pronunciare la sentenza di trasferimento coattivo di diritti reali su edifici o loro parti, prevista dall’art. 2932 c.c. (cfr. Cass. (ord.) 22.1.2018, n. 1505, ove si spiega ulteriormente che la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, che richiede le predette dichiarazioni o allegazioni, a pena di nullità, per la stipulazione degli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (che non siano di servitù o di garanzia) relativi ad edifici o loro parti, indirettamente influisce anche sui presupposti necessari per la pronuncia della sentenza di cui all’art. 2932 c.c., che, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l’autonomia negoziale delle parti).
20. D’altra parte, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, il mancato rilascio del certificato di abitabilità può, al più, integrare gli estremi di un inadempimento del venditore (cfr. Cass. 13.8.2020, n. 17123), di cui è eventualmente il compratore legittimato a dolersene (si veda anche Cass. (ord.) 5.12.2017, n. 29090).
21. Il quarto motivo di ricorso è da respingere.
22. Va premesso che la corte distrettuale ha precisato che i riscontri operati in ordine alla reale consistenza dell’appartamento promesso in vendita dal consulente tecnico dell’appellante non erano stati specificamente contestati dall’appellata, che del tutto genericamente si era limitata ad addurre che le misurazioni operate ex adverso non erano veritiere.
23. Ebbene, siffatto rilievo non è stato con il motivo in disamina, al di là della generica prospettazione “in ogni caso contestate” (così ricorso, pagg. 8 – 9), censurato in maniera specifica e puntuale (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. 17.7.2007, n. 15952).
24. Ovviamente la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr. Cass. (ord.) 13.1.2020, n. 326).
25. Il quinto motivo di ricorso del pari è da respingere.
26. Si impongono le seguenti preliminari puntualizzazioni.
Ai sensi dell’art. 819 ter c.p.c., comma 1 “l’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta” (cfr. Cass. (ord.) 5.6.2019, n. 15300, secondo cui l’eccezione di compromesso ha carattere processuale ed integra una questione di competenza che non ha natura inderogabile, così da giustificarne il rilievo d’ufficio ex art. 38 c.p.c., comma 3, atteso che essa si fonda unicamente sulla volontà delle parti, le quali sono libere di scegliere se affidare o meno la controversia agli arbitri; Cass. (ord.) 6.11.2015, n. 22748).
Il testo dell’art. 167 c.p.c., comma 2 cui occorre far riferimento ratione temporis, è quello successivo alla novella di cui al D.Lgs. n. 35 del 2005 (convertito nella L. n. 80 del 2005): “(nella comparsa di risposta il convenuto) a pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio”.
27. In questo quadro può convenientemente richiamarsi l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte.
Ovvero l’insegnamento secondo cui, in applicazione dell’art. 38 c.p.c., comma 2, art. 166 c.p.c., art. 171 c.p.c., comma 2, e art. 167 c.p.c., comma 2 (quest’ultimo nel testo vigente a decorrere dal 22.6.1995 e fino all’entrata in vigore, in data 1.3.2006, delle modifiche introdotte con il D.L. 14 marzo 2005, n. 35 convertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80), l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile è formulata tempestivamente nella comparsa di costituzione, anche se essa è depositata con la costituzione del convenuto “fino alla prima udienza”, mentre, successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 35 del 2005 (e’ il caso di cui al presente ricorso), l’eccezione è tempestivamente proposta soltanto se contenuta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione (cfr. Cass. sez. un. 12.5.2008, n. 11657).
28. Su tale scorta, innegabilmente, l’eccezione (di incompetenza) di compromesso è stata dalla s.r.l. ricorrente, costituitasi in prime cure unicamente alla prima udienza (cfr. sentenza d’appello, pag. 14; trattasi di circostanza dalla ricorrente per nulla contestata), sollevata tardivamente.
29. In dipendenza del rigetto del ricorso la s.r.l. ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
30. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, “Ermark” s.r.l. in liquidazione, a rimborsare al controricorrente, F.D., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022