LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10354-2016 proposto da:
EFFE-TI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO n. 58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA LUISA MIAZZI, CARLO CESTER;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 115/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 16/04/2015 R.G.N. 450/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2021 dal Consigliere Dott.ssa MARCHESE GABRIELLA.
RILEVATO CHE:
1. con autonomi ricorsi, successivamente riuniti, la società EFFE-TI s.r.l. (di seguito, la società), T.P. e C.M. agivano nei confronti dell’INPS per l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro tra loro intercorso; C.M. domandava, altresì, l’accertamento di illegittimità del provvedimento di revoca della pensione; in via subordinata, la società, chiedeva la restituzione della contribuzione versata in relazione ai rapporti controversi.
2. la Corte di Appello di Brescia, provvedendo in sede di rinvio da Cass. n. 16493 del 2014, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava sussistente il rapporto di lavoro subordinato tra T.P. e la società indicata, limitatamente al periodo gennaio 1984-marzo 1991;
3. per quanto qui solo di rilievo, respingeva la domanda subordinata della società di restituzione dei contributi non dovuti. A tale riguardo, la Corte territoriale, in base al comando giudiziario della sentenza rescindente per cui l’azione od eccezione con la quale l’I.N.P.S. intenda far accertare la nullità, totale o parziale, della posizione previdenziale di un lavoratore, per inesistenza del rapporto di lavoro sottostante, è imprescrittibile, ai sensi dell’art. 1422 c.c., mentre è assoggettata a prescrizione decennale, ai sensi dell’art. 2946 c.c., l’azione di ripetizione dei contributi indebitamente versati, ha giudicato prescritta la domanda della società in ragione del fatto che il primo atto interruttivo della prescrizione, costituito dalla notifica del ricorso introduttivo del 3.4.2002, era intervenuto dopo il decennio, perché i contributi si riferivano a rapporti cessati, nel dicembre 1983 e nel luglio 1987;
4. avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la società, con due motivi, successivamente illustrato con memoria;
5. l’INPS ha depositato procura speciale.
CONSIDERATO CHE:
6. con il primo motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- è dedotta la violazione degli artt. 2935 e 2946 c.c.;
7. parte ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente individuato il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione. In particolare, per non aver considerato che, fino all’accertamento giudiziale di insussistenza del rapporto di lavoro sottostante, non sarebbe stato possibile, per la parte datoriale, esercitare l’azione di ripetizione;
8. il motivo è infondato;
9. come questa Corte ha, in più occasioni, affermato (Cass. n.10828 del 2015; Cass. n. 21026 del 2014; Cass. n. 3584 del 2012 e, più di recente, Cass. n. 22072 del 2018; Cass. n. 14193 del 2021), l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c., attribuisce rilevanza di “fatto impeditivo” della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941, prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento;
10. a tali principi, occorre assicurare continuità in questa sede, non offrendo gli argomenti difensivi, solo apparentemente contrari, valide ragioni per discostarsene;
11. ne consegue che la non conoscenza, da parte del datore di lavoro, della vera natura giuridica dei rapporti di lavoro in relazione ai quali abbia già versato, indebitamente, i contributi all’ente previdenziale e, quindi, in definitiva, l’ignoranza del fatto generatore del diritto alla restituzione delle somme, perché non dovute, costituisce impedimento soggettivo, non impeditivo all’esercizio dell’azione di ripetizione. Come tale, non idoneo ad incidere sulla decorrenza del termine di prescrizione;
12. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti;
13. parte ricorrente assume che la decisione avrebbe omesso di considerare il riconoscimento del debito da parte dell’INPS, posto che, nella memoria di costituzione di primo grado, l’Istituto confermava il diritto al rimborso dei contributi derivanti dall’accertamento di insussistenza dei rapporti;
14. a tacere dei limiti di ammissibilità dei rilievi, già solo perché riferiti ad un atto non trascritto in ricorso, le censure non considerano che, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto, ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9, alla disponibilità delle parti anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti l’entrata in vigore della nuova normativa e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria (Cfr. Cass. n. 9865 del 2019 e Cass. n. 21830 del 2014);
15. sulla base delle esposte argomentazioni, il ricorso va dunque rigettato;
16. nulla deve provvedersi in merito alle spese, in assenza di sostanziale attività difensiva da parte dell’INPS;
17. sussistono, invece, i presupposti processuali per la condanna della ricorrente al pagamento del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, ove dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022