Interdizione, procedimento, morte dell'interdetto nelle more del giudizio di appello sulla sentenza di revoca dell'interdizione, effetti sulla sentenza di primo grado

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.7421 del 07/03/2022

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Interdizione, procedimento, morte dell'interdetto nelle more del giudizio di appello sulla sentenza di revoca dell'interdizione, effetti sulla sentenza di primo grado

La disposizione di cui all'art. 338 c.p.c., secondo cui l'estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto, è incompatibile con i procedimenti speciali di interdizione e di revoca dell'interdizione, quali processi volti a tutelare, in via giurisdizionale, lo status della persona e gli interessi pubblici afferenti; ne deriva che nel caso in cui l'interdetto muoia nelle more del giudizio di appello avverso la pronuncia che aveva revocato l'interdizione, la dichiarazione di estinzione del procedimento conseguente alla cessazione della materia del contendere travolge anche la sentenza di primo grado.


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Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.7421 del 07/03/2022

(Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente;  Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere)

 

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, con decreto depositato in data 21/2/2019, ha dichiarato “inammissibile” il ricorso in riassunzione proposto, dinnanzi a detta Corte territoriale, da S.M.V. avverso il decreto del Giudice tutelare presso il Tribunale di Lamezia Terme del *****, con il quale era stato revocato alla S. l’incarico di amministratore di sostegno a beneficio della madre, Si.Ro., con nomina di nuovo amministratore.

Era accaduto che il Tribunale di Lamezia Terme, originariamente adito dalla reclamante, avesse dichiarato “inammissibile” il reclamo, per “incompetenza del giudice adito”, in favore della Corte d’appello di Catanzaro, ai sensi della norma speciale dettata dall’art. 720 bis c.p.c., comma 2.

La Corte d’appello, dinanzi al quale era stato riassunto il giudizio, ha ritenuto che il giudice originariamente adito avesse dichiarato, in dispositivo, inammissibile il reclamo e che il riferimento, in motivazione, alla questione dell’incompetenza del giudice dell’impugnazione, fosse un mero “argomento motivazionale dell’epilogo in rito del giudizio”: di conseguenza, l’inammissibilità, chiudendo definitivamente il giudizio nel grado in cui si è sviluppato, precludeva un’eventuale prosecuzione, secondo il meccanismo della “translatio iudicii”, dinanzi ad altro giudice; né era possibile un’eventuale rimessione in termini ai fini della proposizione del reclamo, come richiesto in via subordinata.

Avverso la suddetta pronuncia, S.M.V. propone ricorso straordinario per cassazione, notificato a mezzo posta il 3-5/6/2019 (non vi sono in atti gli avvisi di ricevimento) affidato a due motivi, nei confronti di A.A., S.G. e S.R. (che non svolgono difese). La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, e art. 118 disp. att. c.p.c., in punto di interpretazione operata dalla Corte d’appello, ai fini dell’inammissibilità del reclamo proposto in riassunzione, sulla natura del provvedimento del giudice originariamente adito dalla reclamante, di inammissibilità “nel merito” del reclamo e non di declinatoria della competenza, decisione questa, oltre che immotivata, infondata, in quanto l’erronea individuazione del giudice che deve decidere sull’impugnazione configura una questione, non di inammissibilità del gravame, ma di competenza, con conseguente possibilità di attuazione del meccanismo di transiatio iudicii ai sensi dell’art. 50 c.p.c.; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 113, 720, 720 bis e 739 c.p.c., per avere la corte d’appello comunque erroneamente ritenuto applicabili le norme che aprono e chiudono l’istituto dell’amministrazione di sostegno e non quelle riguardanti la concreta gestione del patrimonio della beneficiaria, dovendo ritenersi, invece, che le doglianze in ordine alla revoca dell’amministratore di sostegno, provvedimento di natura ordinatoria ed amministrativa, vadano proposte dinanzi al Tribunale in composizione collegiale e non dinanzi alla corte d’appello.

2. In data 31/1/2022, la ricorrente ha comunicato che è deceduta l'*****, la beneficiaria dell’A.d.S., Si.Ro., chiedendo l’interruzione del giudizio e comunque deducendo, in memoria, di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio.

3. Premesso che la produzione del certificato di morte in questa sede deve ritenersi consentita, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (Cass. 23 maggio 2003, n. 9191), occorre rilevare che, nel procedimento relativo alla nomina dell’amministratore di sostegno, analogamente a quanto avviene nel giudizio d’interdizione (ex multis Cass.7239/2004; Cass. 24149/2016), la morte dell’amministrando determina la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno il potere-dovere del giudice di pronunciare sull’originario thema decidendum (Cass. 12737/2011) e, quindi, di emettere una decisione non più richiesta né necessaria, oltre al travolgimento della decisione impugnata, al pari di quella di primo grado (Cass. n. 368/2000; Cass. 16160/2002; Cass. 1205/2003; Cass. 7239/2004).

Al riguardo, va, infatti, richiamato il principio di diritto già espresso da questa Corte (Cass. 3570/2006), in ipotesi di morte dell’interdetto nel corso del giudizio di impugnazione, analoga a quella di morte dell’amministrando nella procedura per cui è causa: “la disposizione di cui all’art. 338 c.p.c., secondo cui l’estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto, è incompatibile con i procedimenti speciali di interdizione e di revoca dell’interdizione, quali processi volti a tutelare, in via giurisdizionale, lo “status” della persona e gli interessi pubblici afferenti; ne deriva che nel caso in cui l’interdetto muoia nelle more del giudizio di appello avverso la pronuncia che aveva revocato l’interdizione, la dichiarazione di estinzione del procedimento conseguente alla cessazione della materia del contendere travolge anche la sentenza di primo grado”; cfr. Cass. 1001/1989, ove si richiama un orientamento consolidato in punto di conseguente estinzione dell’intero procedimento, senza che ciò comporti il passaggio in giudicato della sentenza impugnata in quanto essa resta travolta e caducata, al pari della sentenza di primo grado, e Cass. 7239/2004).

In ordine alle spese processuali dell’intero giudizio, la natura della controversia e l’imprevedibilità dell’evento morte giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese per i gradi di merito; non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali del presente giudizio di legittimità, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

Non ricorrono, in ogni caso, i presupposti processuali per l’applicazione del meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17; invero esso è applicabile “solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità” (Cass. 20697/2021; cfr. Cass. 13636/2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere e integralmente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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