LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17176-2021 proposto da:
Q.V.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO CARDOSO;
– ricorrente –
contro
R.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 04/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La vicenda riguarda l’applicabilità del rimedio previsto dall’art. 524 c.p.c., in favore dei creditore del chiamato, nell’ipotesi di perdita del diritto di accettare l’eredità per decadenza, a seguito di fissazione del termine ai sensi dell’art. 481 c.c. (la lite è stata promossa dalla R. nei confronti di Q.V.I., la quale aveva lasciato infruttuosamente decorrere il termine intimatole ai sensi dell’art. 481 c.c. e dell’art. 749 c.p.c.).
La Corte d’appello ha riconosciuto che i creditori del chiamato hanno il rimedio ex art. 524 c.c. anche in tale ipotesi e non solo nel caso di avvenuta rinuncia.
Tale unica ratio decidendi è censurata con i tre motivi di ricorso, con i quali si sostiene, da diverso profilo, l’inapplicabilità della tutela ex art. 524 c.c. nell’ipotesi di perdita del diritto di accettare ex art. 481 c.c.
R.M. resta intimata.
La causa è stata chiamata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1. La sentenza impugnata è in linea con la giurisprudenza della Corte: il rimedio previsto dall’art. 524 c.c. è utilizzabile dai creditori non solo in presenza di una rinuncia formale all’eredità da parte del chiamato, ma anche nel caso in cui quest’ultimo non dichiari di accettarla in seguito all’esperimento della cd. actio interrogatoria ex art. 481 c.c., essendo le due ipotesi assimilabili dal punto di vista del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori del chiamato (Cass. n. 33479/2021; n. 15664/2020; n. 7735/2007).
Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, ci sono le condizioni per dare atto della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2022
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