Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.9 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20630/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura dello Stato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 che la rappresenta e difende;

– ricorrente e controricorrente di ricorso successivo –

contro

B.M. e B.P.G., quali soci della cessata ABITARE dei F.LLI. B.M. e B.P.G. snc, rappresentatà e difesa dall’Avv. Danilo Lombardi, con domicilio eletto in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A, presso lo studio dell’Avv. Alessio Petretti, nonché dell’Avv. Giacomo Chiuchini con domicilio eletto in Roma, via Corso Trieste, n. 185, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Vansace;

– controricorrente e ricorrenti successivi –

– avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, sez. di Firenze n. 1603/05/14 depositata il 30 giugno 2014.

– provvedimento di diniego dall’Agenzia elle Entrate;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 novembre 2021 dal Consigliere Dott.ssa Mele Maria Elena;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Basile Tommaso, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso B. e l’assorbimento del ricorso dell’Agenzia delle entrate.

FATTI DI CAUSA

B.M. e B.P.G., in qualità di soci della società Abitare dei F.lli B.M. e B.P.G. snc, impugnavano l’avviso di liquidazione di imposta INVIM straordinaria relativa ad un immobile, contestando la determinazione del valore ad esso attribuito mediante l’applicazione delle tariffe di estimo D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 52, comma 2, in quanto non corrispondenti all’effettivo valore del bene. La Commissione tributaria di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso con sentenza confermata dalla Commissione tributaria centrale, sezione di Firenze.

Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Con il primo motivo, lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nn. 3 e 4, e dell’art. 132, disp. att. c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 essendo la sentenza impugnata nulla per mancanza di motivazione.

Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 3, del D.L. n. 16 del 1993, art. 2, conv. in L. n. 75 del 1993 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 avendo la CTC erroneamente ritenuto applicabile le rendite previste dal D.Lgs. n. 568 del 1993 ad una fattispecie anteriore alla sua entrata in vigore.

I contribuenti hanno resistito con controricorso.

Nelle more del presente giudizio, in data 30 maggio 2019, i contribuenti presentavano in via telematica domanda di definizione agevolata della controversia tributaria ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, conv. in L. n. 136 del 2018, con versamento del dovuto a tale titolo.

Con nota in data 29 gennaio 2020 l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Arezzo, notificava ai contribuenti atto di diniego di definizione agevolata ritenendo che, nella specie, la controversia tributaria avesse ad oggetto un atto di natura non già impositiva, ma meramente liquidatoria.

I contribuenti hanno presentato ricorso avverso il provvedimento di diniego ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, sulla base di un unico articolato motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’errata applicazione del citato D.L. n. 119 del 2018, art. 6 così come interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della stessa Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 6/E del 1 aprile 2019. Contrariamente a quanto affermato dall’Amministrazione, secondo i ricorrenti la lite era definibile in via agevolata, perché relativa ad un avviso di liquidazione che, indipendentemente dal nomen, aveva natura sostanziale di atto impositivo, avendo ad oggetto i presupposti dell’imposizione, la quantificazione della base imponibile, con riguardo alla individuazione del valore dell’immobile, nonché la determinazione della maggiore imposta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso dei contribuenti avverso il diniego di definizione agevolata è fondato.

Il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 1, stabilisce che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia”.

Ai sensi del comma 6, inoltre, “La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019”.

Nel caso di specie sussistevano tutti i presupposti di legge per la definizione, trattandosi di lite pendente attribuita alla giurisdizione del giudice tributario, e nella quale è parte l’agenzia delle entrate. Inoltre, indipendentemente dal nomen utilizzato, la lite aveva ad oggetto proprio un atto impositivo, e non di mera liquidazione.

Secondo il costante indirizzo di legittimità – formatosi sulla disposizione condonistica di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, analogamente strutturata – ciò che rileva ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo e della conseguente inclusione della relativa controversia nell’ambito applicativo del condono, è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso. Pertanto, ò con specifico riferimento agli avvisi di liquidazione dell’imposta INVIM straordinaria, la definizione dell’atto come “avviso di liquidazione” non vale ad escludere la sua natura di atto impositivo, quando esso sia destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente, una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, essendo sufficiente che la sua contestazione da parte del contribuente sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sui presupposti e sui contenuti dell’obbligazione tributaria (Cass. nn. 5158/14; 20731/10; 13136/16 ed altre).

Questa impostazione, incentrata su un criterio di effettività, è stata recepita anche dalla stessa Amministrazione finanziaria con la Circolare 6/E del 1 aprile 2019, dove si legge (p. 2.3.4): “con riferimento agli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro, delle imposte ipotecarie e catastali e dell’imposta di successione, si osserva che tali atti non presuppongono, di norma, operazioni di rettifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti. Occorre tuttavia evidenziare che, ai fini della definizione, rileva la natura sostanziale dell’atto impugnato, che prescinde dal “nomen iuris” utilizzato nella specie. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione con riferimento all’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, volto a far valere “per la prima volta nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione” (Cass. 6 ottobre 2010, n. 20731). In questo caso, infatti, l’avviso di liquidazione assume natura di atto impositivo, in quanto destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione”.

Tale orientamento è stato di recente ribadito da questa Corte, la quale ha affermato che “In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di liquidazione delle imposte proporzionale di registro, ipotecaria e catastale dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, conv. dalla L. n. 136 del 2018, laddove tale atto si riveli espressione di una finalità sostanzialmente impositiva, in quanto suscettibile di esprimere, nei confronti del contribuente, una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione” (Cass., Sez. 5, n. 20683 del 20/07/2021, Rv. 661935 – 01).

Ancora in tema di condono fiscale, la S.C. ha affermato che, “ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo, e della conseguente inclusione della relativa controversia nell’ambito applicativo della L. n. 289 del 2002, art. 16, rileva la sua effettiva funzione a prescindere dalla sua qualificazione formale, sicché, con specifico riferimento agli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro, non può escludersene la natura di atto impositivo quando essi siano destinati ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, potendosi considerare sufficiente, a tal fine, che la contestazione del contribuente sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sui presupposti e sui contenuti dell’obbligazione tributaria” (Sez. 5, n. 13136 del 24/06/2016, Rv. 640137 – 01).

La necessità di considerare la natura sostanziale dell’atto è stata da ultimo riconosciuta dalle Sezioni unite di questa Corte che, intervenendo a risolvere un contrasto sorto proprio in ordine alla individuazione dell’ambito operativo del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, hanno affermato che anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del citato D.L. n. 119 del 2018, art. 6, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. (Sez. Un, n. 18298 del 25/06/2021, Rv. 661547 – 01).

Nell’affermare tale principio, la decisione richiamata ha evidenziato come, benché in tali ipotesi la cartella sia emessa all’esito di un controllo cartolare, essa non si risolve in un mero atto di riscossione, ma costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene informato della pretesa fatta valere dall’amministrazione nei suoi confronti, sicché “impone per la prima volta al contribuente una prestazione determinata ne/l’an e nel quantum”.

Nel caso di specie, l’avviso di liquidazione impugnato non è stato preceduto – per stessa ammissione dell’Ufficio – da alcun atto di accertamento e la liquidazione è seguita, come risulta dal ricorso, “alla valutazione, in applicazione della L. n. 154 del 1988, di un immobile soggetto ad Invim straordinaria in lire 1.453.050.000, tenuto altresì conto delle tariffe d’estimo di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2”. Pertanto, l’atto impugnato esprimeva senz’altro una finalità sostanzialmente impositiva in quanto rideterminava il valore dell’immobile basando su di esso il maggior prelievo.

Ne segue, in definitiva, l’annullamento del diniego e l’affermazione della definibilità della presente lite D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6.

Considerato che l’Agenzia delle entrate non ha opposto altre ragioni di rifiuto e che, in particolare, non è stato contestato che i contribuenti abbiano tempestivamente versato quanto dovuto ai sensi di legge, il presente giudizio dovrà essere dichiarato estinto. Quanto alle spese di lite, se ne dispone la compensazione integrale stante la particolarità del caso e l’esito estintivo della lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso avverso il diniego di condono. Dichiara conseguentemente estinto il giudizio.

Compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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