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Nuova famiglia? Sì alla revisione dell’assegno divorzile

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11155 del 27/04/2023

In sede di revisione ex art. 9 della Legge n. 898 del 1970 dell'assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione, deve essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell'obbligato in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge.

È quanto stabilito dalla Cassazione, sezione I civile, con l’ordinanza n. 11155 del 27 aprile 2023.

In particolare occorre ricordare che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario.

La Corte ha sottolineato la necessità di un equilibrio tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale derivanti dalla formazione di una nuova famiglia e gli obblighi pregressi di solidarietà post-coniugale verso l'ex coniuge.

Nel caso di specie, la Corte di aveva erroneamente affermato che l'ex coniuge non era obbligato a mantenere i figli della nuova moglie in assenza di "vincoli giuridici", senza valutare le possibili esigenze di mantenimento della nuova moglie e senza considerare le regole di solidarietà in vigore, come previsto dagli articoli 143 e seguenti del codice civile, anche per coloro che non sono legati da legami di sangue con l'obbligato, se gli altri soggetti responsabili del sostegno alimentare non sono in grado di farlo. 

Assegno di divorzio, revisione, circostanze sopravvenute, costituzione di nuova famiglia, rilevanza

In sede di revisione ex l.898 del 1970, art. 9 dell'assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione, deve essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell'obbligato in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge, considerando che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, il tutto sempre nell'ottica del necessario bilanciamento, rispetto al soggetto obbligato al versamento dell'assegno divorzile, tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale nascenti dalla costituzione del nuovo nucleo famigliare ed i pregressi doveri di solidarietà post-coniugale verso l'ex coniuge.

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 11155 del 27/04/2023

FATTI DI CAUSA

La Corte d'appello dell'Aquila, con decreto n. cronol. 374-2020, pubblicato il 28/5/2020, ha respinto il reclamo di C.C. avverso decreto del Tribunale di Pescara che aveva respinto un ricorso del medesimo, ex l.898 del 1970, art. 9, volto ad ottenere, nei confronti di B., la revisione delle condizioni economiche di divorzio (statuite con sentenza del 2003), in punto di revoca o riduzione dell'assegno divorzile, già riconosciuto nella misura di Euro 560,00 mensili attuali in favore dell'ex moglie.

I giudici del reclamo, in particolare, hanno rilevato la mancata dimostrazione da parte del C. di fatti sopravvenuti, considerato che era "verosimile" che la B. (la quale aveva allegato di avere abbandonato, in costanza di matrimonio, il suo lavoro di psicologa, su richiesta del marito, per dedicarsi alla cura della casa e di non essere successivamente riuscita, in ragione dell'età, dopo il divorzio, nel 2003, all'età di 47 anni, a reinserirsi nel mercato del lavoro), disoccupata, avesse "incontrato difficoltà non facilmente superabili nel reinserirsi nella professione di psicologa" e che fosse stata costretta "nel tempo" ad indebitarsi con il fratello ed ad alienare tutti gli immobili di proprietà per ripianare quel debito, mentre il C. disponeva di un reddito da pensione di Euro 1.800,00 mensili, nonché del reddito, di Euro 600,00, della seconda moglie e del canone, di Euro 850,00 mensili, ricavato dalla locazione di immobile di proprietà, cosicché, detratte le spese (per canone di locazione dell'appartamento in cui abita con il nuovo nucleo familiare, per ratei dei mutui, per assegno divorzile dovuto all'ex coniuge, non essendo invece lo stesso tenuto a provvedere al mantenimento dei figli della seconda moglie, nati da precedente relazione della medesima, "rispetto ai quali non ha vincoli giuridici"), aveva un reddito sufficiente per il sostentamento della famiglia.

Avverso la suddetta pronuncia, C.C. propone ricorso per cassazione, notificato il 29/12/2020, affidato ad un motivo, nei confronti di B. (che resiste con controricorso, notificato l'8/2/2021).

Ragioni della decisione

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la nullità del decreto per omessa, illogica o apparente motivazione, in violazione dell'art. 132 c.p.c. e della Cost., art. 111, deducendo che la Corte d'appello abbia omesso di considerare adeguatamente le circostanze sopravvenute allegate, in ordine al nuovo nucleo famigliare costituito dal medesimo ricorrente nel 2018 con la seconda moglie e con i due figli di questa, nati da una precedente relazione sentimentale della stessa e riconosciuti solo dalla stessa (uno minorenne ed altra maggiorenne ma non autosufficiente economicamente), con conseguente sensibile riduzione del reddito personale (considerato che attualmente l'assegno divorzile per la ex moglie ammonta ad Euro 705,20 mensili), stante la necessità di contribuire al sostentamento degli stessi (percependo la seconda moglie solo un reddito di Euro 600,00 mensili), nonché in ordine alla vendita da parte della ex moglie, nel 2011 e nel 2013, di due immobili di proprietà, dalle cui alienazioni ella aveva ricavato Euro 250.000,00, a fronte delle quali la B. non aveva dimostrato né di avere trasferito ad altri la provvista ricavata dalle suddette vendite immobiliari né di essere in uno stato di incolpevole disoccupazione (anche considerato che la "ipoacusia percettiva bilaterale", in base alla quale le era stata riconosciuta una invalidità al 50%, non comportava una riduzione totale della capacità lavorativa); il ricorrente deduce poi essere stato concordato dai coniugi, al momento del divorzio, che, pur essendo la B. già, all'epoca, iscritta nelle liste di collocamento, l'obbligo, a carico dell'ex coniuge, di corresponsione dell'assegno divorzile sarebbe venuto meno nel momento in cui ella avesse disposto di un reddito adeguato, riconoscendo quindi, la medesima, di potere ancora lavorare.

2. L'unica censura è fondata.

La Corte d'appello ha preso in considerazione i fatti allegati dalle parti (la costituzione di una nuova famiglia da parte del ricorrente, i rispettivi redditi degli ex coniugi, le vendite di immobili di proprietà da parte della ex moglie, lo stato di disoccupazione di quest'ultima) non ravvisando la sopravvenienza di circostanze idonee a giustificare la revisione dell'assegno divorzile fissato nel 2003.

Ora, deve rilevarsi che si tratta di procedimento in camera di consiglio, regolato dalle disposizioni del rito camerale e agli artt. 737 e seguenti c.p.c. con riguardo anche alle garanzie del contraddittorio ed all'obbligo della motivazione del decreto emesso a definizione.

Al riguardo, questa Corte (Cass.2776-2004) ha rilevato che "la motivazione del decreto che conclude il procedimento camerale è necessaria, ai sensi dell'art. 737 c.p.c. e della Cost., art. 111, affinché possano essere individuati il "thema decidendum" e le ragioni della decisione, ma può essere sommaria e, qualora il decreto sia inserito nel processo verbale d'udienza - come consente l'art. 135 c.p.c. -, può desumersi dal complesso di quanto è stato verbalizzato, sotto la direzione del giudice, e dal dispositivo che conclude il verbale stesso ".

Tuttavia la motivazione, pur sommaria (essenzialmente nell'esposizione dei fatti di causa e dello svolgimento del procedimento), deve sempre consentire di comprendere chiaramente le ragioni fondanti la decisione.

Invero, ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. 6758/2022; Cass. 13977/2019; Cass.S.U. 22232/2016).

Nella specie, il provvedimento impugnato non consente di far conoscere il "fondamento della decisione", non indicando la fonte del raggiunto convincimento circa l'assenza di giustificati motivi sopravvenuti per la revisione delle condizioni economiche del divorzio, a prescindere dalle affermazioni della stessa parte resistente, B., la quale avrebbe dedotto di avere dovuto vendere i suoi beni immobili per far fronte a debiti contratti con il fratello, e di non essere "più riuscita ad inserirsi nella professione, anche in considerazione dell'età", tanto da essere ancora iscritta (dalla separazione dal marito) nelle liste di disoccupazione.

Sulla base quindi soltanto di tali dichiarazioni, e senza indicare alcuna fonte di prova, la Corte territoriale ha ritenuto "verosimile" che la B. non sia più riuscita a trovare lavoro (sulla base dell'età - 47 anni - all'epoca del divorzio) e "verosimile" che la stessa abbia contratto debiti con il fratello, senza compiere alcun accertamento in ordine alla effettiva esistenza ed ammontare di tali debiti, alla effettiva e comprovata destinazione della intera, rilevante somma di Euro 250.000,00 al loro ripianamento.

Al riguardo, si deve poi rilevare che il giudizio di verosimiglianza si attaglia alla materia cautelare, fondata su valutazioni ancorate al fumus boni iuris del diritto azionato, non certo ai giudizi ordinari di cognizione che, come dice lo stesso termine "cognizione", si fondano su acquisizioni probatorie (prove in senso tecnico), costituenti materiale cognitivo idoneo a produrre un risultato di certezza.

Neppure è esente da critiche motivazionali la decisione impugnata in relazione alla questione circa le sopravvenute esigenze, allegate e dimostrate dal ricorrente C. ai fini della richiesta, quantomeno, di riduzione dell'assegno divorzile verso l'ex coniuge, di mantenimento del nuovo nucleo familiare con la seconda moglie ed i di lei figli, pur dovendo la costituzione della nuova famiglia essere valutata ai fini della determinazione dell'importo dell'assegno dovuto all'ex coniuge (Cass. 16789-2009). Su questo punto, la Corte si limita ad asserire, con affermazione del tutto apodittica, che il C. non sarebbe tenuto, in difetto di "vincoli giuridici", a mantenere i figli della nuova moglie, senza valutare le eventuali esigenze di mantenimento di quest'ultima e senza considerare le regole di solidarietà vigenti, ai sensi degli artt. 143 e ss. c.c., in ambito familiare, anche nei confronti dei soggetti non legati da vincoli di sangue con l'obbligato, se gli altri soggetti tenuti al "sostegno alimentare" (in senso Europeo) non hanno - ma sul punto manca qualsiasi accertamento - la possibilità di farlo.

Basti rilevare, a sostegno della tesi che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, che la Corte Costituzionale già con la sentenza n. 181 del 1988, nel dichiarare illegittimo, con riferimento alla Cost., art. 3, al d. leg. lgt. 722-45, art. 4, comma 1, nella parte in cui non comprendeva tra i familiari a carico del dipendente statale beneficiario di quota di aggiunta di famiglia anche il figlio nato da precedente matrimonio dell'altro coniuge, che ne sia affidatario, posto che, per i lavoratori dipendenti del settore privato, il D.P.R. n. 797-55 estendeva detti benefici anche ai figli del coniuge nati da precedente matrimonio, aveva ravvisato un'evidente disparità, non giustificata da alcuna diversità di condizioni oggettive o soggettive tra le due categorie di lavoratori, ai fini specifici indicati, affermando che "gli obblighi che incombono su entrambi i coniugi verso la famiglia ai sensi dell'art. 143 del vigente c.c. non possono non comprendere anche i figli nati dal precedente matrimonio di un coniuge (sciolto per divorzio), ove questi ne sia affidatario e sempreché l'altro genitore non provveda; condizioni, queste, la cui sussistenza dovrà essere accertata dall'amministrazione o dal giudice di merito, costituendo esse il presupposto di legge perché sorga il diritto a percepire l'aggiunta di famiglia". E la Corte di Giustizia si è pronunciata, in relazione al diritto di libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione e in tema di ambito e portata dei sussidi economici dello Stato per gli studi dei figli dei lavoratori, sulla necessità di assicurare che anche i figli del coniuge o del partner riconosciuto dallo Stato membro di accoglienza del lavoratore frontaliero possano essere considerati come figli dello stesso, laddove quest'ultimo provveda al loro mantenimento, al fine di poter beneficiare del diritto di percepire il sussidio (Corte Giustizia UE sez. II, 15/12/2016, n. 401).

In definitiva, in sede di revisione ex l.898 del 1970, art. 9 dell'assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione, deve essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell'obbligato in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge, considerando che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, il tutto sempre nell'ottica del necessario bilanciamento, rispetto al soggetto obbligato al versamento dell'assegno divorzile, tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale nascenti dalla costituzione del nuovo nucleo famigliare ed i pregressi doveri di solidarietà post-coniugale verso l'ex coniuge.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassato il decreto impugnato, con rinvio alla Corte d'appello dell'Aquila in diversa composizione, per nuovo esame. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2023.

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