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Addebito della separazione, non occorre la flagranza dell'amplesso

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.12190 del 08/05/2023

Per l'addebito della separazione, non è necessaria la prova di infedeltà o di un rapporto sessuale esplicito, ma basta la dimostrazione di affettuosità pubblica sintomatica di un rapporto amoroso, intimo, fisico.

Lo ha ribadito la Cassazione, sezione I civile, con l’ordinanza n. 12190 dell’8 maggio 2023. 

Nel caso di specie, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respingeva la domanda di addebito formulata dal marito e lo condannava al pagamento di un assegno di mantenimento per la moglie e i figli. Tuttavia, la Corte d'Appello di Napoli accoglieva parzialmente l'appello del marito riguardo alla sussistenza dei presupposti per l'addebitabilità della separazione alla moglie.

In particolare venivano dedotti tre fatti a sostegno della domanda:

  • seduzione di un collega del marito attraverso lo scambio di messaggi inequivoci sui social network;
  • una nuova relazione a distanza;
  • una precedente relazione con un uomo, con il quale la moglie era stata sorpresa in auto nel parcheggio di un supermercato.

La Corte ricordava che ai fini dell'addebito non occorre la prova dell'infedeltà e la flagranza dell'amplesso ma delle sole effusioni affettuose compatibili con il luogo pubblico e allo stesso tempo sintomatiche di un rapporto amoroso, intimo, fisico. 

L’intimità del rapporto era stata dimostrata attraverso i toni usati dalla moglie in un messaggio all'uomo nel parcheggio del supermercato.

La Cassazione ha inoltre precisato che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.

Nella vicenda in esame, la Corte d'Appello ha valutato l'impatto dell'incontro amoroso sulla disgregazione del vincolo coniugale, attribuendo valore probatorio al messaggio inviato dalla moglie all'uomo. Inoltre, il giudice ha inferito il carattere offensivo della dignità e dell'onore del marito dal messaggio, interpretando la reazione dell'uomo, che era fuggito alla vista del marito, come una dimostrazione inequivocabile dell'intimità tra i due.

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Cassazione civile sez. I, 08/05/2023, (ud. 09/06/2022, dep. 08/05/2023), n.12190

Fatti e ragioni della decisione

Con sentenza del 2 maggio 2019 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dopo avere pronunziato sentenza parziale di separazione tra O.E.I. e F.C., respingeva la domanda di addebito formulata dal primo e condannava l' O. al pagamento di un assegno di mantenimento per la moglie ed i quattro figli gemelli, nati il (Omissis), alla complessiva somma di Euro 1000.00 mensili. La Corte di appello di Napoli, per quel che qui ancora rileva, nell'accogliere parzialmente l'appello principale proposto dall' O. in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'addebitabilità della separazione alla F. e nel dichiarare assorbito l'appello incidentale condizionato proposto da quest'ultima, osservava che rispetto ai tre fatti dedotti dal ricorrente a sostegno della domanda -seduzione di un collega del marito mediante scambio di messaggi inequivoci sui vari social networks, nuova relazione a distanza con F.M., ultima relazione risalente all'ottobre 2013 con il Signor N.R., conosciuto tempo prima quando la F. era stata colta in flagranza con lo stesso in macchina nel parcheggio di un supermercato- i primi due, relativi a frequentazioni telematiche, erano collegati a prove documentali che la F. aveva contestato con riferimento anche al contenuto amoroso della corrispondenza oltre che alla rilevanza causale ai fini della crisi coniugale, senza che invece l' O. avesse controbiettato tali deduzioni accolte dal Tribunale in ordine alla inidoneità probatoria dei documenti prodotti, tanto sul piano formale e processuale, quanto sul piano della veridicità del loro contenuto in termini di vera e propria infedeltà coniugale. Peraltro, aggiungeva la Corte di appello, l'allegazione dei tradimenti virtuali non era stata adeguatamente definita in rapporto temporale con la scelta di riconciliazione di cui aveva riferito lo stesso O..

Discorso diverso andava fatto, secondo la Corte di appello, rispetto alla relazione adulterina che l'appellante prospettava come decisiva per la separazione richiesta nel febbraio 2014 in seguito all'episodio occorso nell'ottobre 2013 in un'area di parcheggio in cui la F. era stata colta con il Signor N.R.

Benché il Tribunale si fosse limitato a ritenere non contestato l'episodio ma non dimostrativo dell'infedeltà della F., il ragionamento del primo giudice secondo la Corte di appello era logicamente debole, non richiedendosi ai fini dell'addebito la prova dell'infedeltà e la flagranza dell'amplesso ma delle sole effusioni affettuose compatibili con il luogo pubblico e allo stesso tempo sintomatiche di un rapporto amoroso, intimo, fisico. Circostanze, queste ultime, che la Corte di appello desumeva dai toni usati dalla F. in un messaggio indirizzato all'uomo, costituente prova del rapporto molto confidenziale e della consapevolezza da parte dell'uomo di essere in fallo rispetto al marito della F.. Ragion per cui l'appello sul punto spiegato dall' O. era fondato, dovendosi ritenere assorbito l'appello incidentale condizionato proposto dalla F..

La F. proponeva quindi ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe affidato a tre motivi, al quale resisteva l' O. con controricorso.

La causa veniva posta in decisione all'udienza camerale del 9.6.2022.

La ricorrente con la prima parte del primo motivo deduce la violazione degli artt. 112,329 e 346 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 La Corte di appello di Napoli avrebbe accolto la domanda di addebito della separazione proposta dall' O. sulla base dell'incontro avvenuto nel parcheggio di un supermercato tra la ricorrente e N.R., senza avvedersi del fatto che tale episodio, sul quale già il Tribunale di Napoli aveva escluso potesse radicarsi la pronunzia di addebito, era dotato di autonomia rispetto agli altri fatti pure contestati dall' O., sicché non avendo sul punto il suddetto contestato quanto affermato dal Tribunale in ordine all'assenza di prova circa il tradimento, la Corte di appello avrebbe "deciso oltre i limiti di quanto devolutole, in violazione delle regole del processo e con compressione delle prerogative difensive dell'appellata".

il vizio di ultra petizione dedotto dalla ricorrente è infondato.

Giova ricordare che il vizio di "ultra" od "extra" petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese ed eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l'esatta natura dell'azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall'iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l'efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all'obbligo sotteso all'esatta applicazione della legge -cfr. Cass. n. 20932-2019-.

Si è pure chiarito che il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del "petitum" e della "causa petendi", sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di "ultra" o "extra" petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell'azione ("petitum" o "causa petendi"), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ("petitum" immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ("petitum" mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori -cfr. Cass. n. 8048/2019-.

Orbene, nel caso di specie deve escludersi la ricorrenza del vizio anzidetto, avendo l' O. inequivocabilmente prospettato nel primo motivo di appello l'erroneità della decisione di primo grado nella parte in cui aveva, fra l'altro, escluso la valenza di causa di addebito con riferimento alla relazione ritenuta dal ricorrente adulterina intrattenuta dalla moglie con N.R., specificamente richiamata nell'atto di appello, come non ha mancato di osservare il giudice di appello (cfr.pag.3 rigo 6 e ss. sent. impugnata).

La circostanza che la Corte abbia poi escluso la rilevanza causale dei primi due episodi non consente di inferire che l' O. si fosse limitato a contestare l'esistenza dei due fatti che avrebbero integrato relazioni sentimentali e virtuali, avendo costui parimenti prospettato la rilevanza causale del dedotto tradimento intercorso fra la moglie ed il signor N.R. sul menage familiare.

Tanto è sufficiente per escludere il prospettato vizio di extra petizione, essendosi il giudice di appello mantenuto all'interno del perimetro della causa petendi - accertamento dei tradimenti della moglie- e del petitum - pronuncia di addebito della separazione -.

Con il secondo motivo si prospetta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell'art. 2712 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 La Corte di appello di Napoli avrebbe, da un lato, affermato che l'incontro con il Signor N.R. aveva integrato una relazione denotante l'infedeltà ancorché l'esistenza di effusioni affettuose fra la ricorrente ed il Signor N.R. fosse stata dalla stessa contestata e non risultasse provata dall' O.. Parimenti erroneo sarebbe il richiamo operato dalla Corte di appello al messaggio relativo alla chat privata di Facebook avendo lo stesso giudice, in sintonia con quanto ritenuto dal Tribunale, affermato che i messaggi anzidetti erano privi di efficacia probatoria.

Il motivo è inammissibile.

Giova ricordare che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione -cfr. Cass. n. 6774/2022-.

Ora, la Corte di appello ha per un verso valutato l'incidenza dell'incontro amoroso sulla disgregazione del vincolo coniugale con un'attività che si sottrae al controllo di legittimità e, per altro verso, attribuito valore probatorio al messaggio inoltrato dalla F. all'uomo del parcheggio, desumendone la prova dell'affettività ed intimità della relazione.

Ora, è vero che la stessa Corte aveva in precedenza effettivamente escluso che il materiale documentale concernente chat e social fornito dall' O. potesse fornire elementi a sostegno degli addebiti di infedeltà mossi dal ricorrente alla moglie con riguardo alle frequentazioni telematiche, in quanto a detta della stessa Corte era onere dell' O. confutare le deduzioni del Tribunale in ordine alla inidoneità probatoria dei documenti prodotti, sia sul piano formale e rocessuale che su quello della veridicità del loro contenuto in termini di vera e propria infedeltà.

Ma tale ragionamento la Corte non riguardò affatto il messaggio che la Corte ha valutato con riguardo all'incontestato episodio del parcheggio del supermercato, incontestabilmente dalla stessa indirizzato all'uomo del parcheggio.

In altri termini, il giudice di appello, preso atto della valutazione del Tribunale in ordine alla non contestazione dell'episodio relativo all'incontro della F. con un uomo all'interno di un parcheggio, ha desunto il carattere offensivo della dignità e dell'onore dell'altro coniuge dal messaggio inviato dalla stessa F. al medesimo soggetto che fu coinvolto in quell'incontro, riproducendone il contenuto ed inferendo dal contenuto dello stesso che la reazione manifestata dall'uomo, fuggito alla vista del marito della F., fosse inequivocabilmente dimostrativa dell'atteggiamento di intimità tenuto dai due nel corso dell'incontro, appunto lesivo dell'onore e della dignità dell' O..

Sulla base di tali considerazioni la Corte di appello ha qualificato tale episodio come antecedente causale della separazione, anche per la sequenza temporale limitata intercorsa fra l'episodio stesso e la proposizione del ricorso per separazione.

La valutazione resa dalla Corte di appello si sottrae dunque alle censure espresse dalla ricorrente sotto il profilo della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. che non risultano, nel caso di specie, in alcun modo vulnerati dall'attività valutativa del giudice dell'impugnazione, ancorata ad un elemento documentale che la stessa Corte ha ritenuto essere idoneo a suffragare l'ipotesi di addebito prospettata dall' O..

Con il terzo motivo si deduce la violazione della Cost., artt. 111, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp.att. c.p.c. La Corte di appello, invece di esaminare l'appello incidentale condizionato in ordine alla questione dell'addebito della separazione, l'avrebbe ritenuto assorbito senza alcuna motivazione sul punto.

Tale censura è infondata, dovendosi soltanto correggere la motivazione della sentenza impugnata laddove ha dichiarato assorbito l'esame dell'appello incidentale condizionato della F. che è stato invero lo stesso giudice dell'impugnazione ad esaminare e disattendere implicitamente nell'aver riconosciuto ai fini della pronunzia di addebito della separazione efficacia causale al fatto relativo all'incontro con il signor N.R.

Il ricorso va quindi rigettato.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore del controricorrente in Euro 2.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2023.

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