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Irap e impresa familiare, va valutato l'apporto del collaboratore

Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25670 del 04/09/2023

Il titolare di un’impresa familiare è soggetto all’Irap?

Affronta il tema la Sezione Tributaria della Cassazione  con l’ordinanza n. 25670 depositata il 4 settembre 2023.

Il caso di specie riguardava un promotore finanziario che, operando con la collaborazione del proprio coniuge, gestiva la sua attività in forma di impresa familiare.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR), accoglieva l'appello del contribuente, ritenendo che non ci fosse il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, in considerazione della peculiarità dell'attività svolta dal promotore finanziario - che per legge deve esercitarla in via esclusiva - di modo che l'apporto del collaboratore familiare restava relegato ad attività ancillari che non incidevano sull'incremento del fatturato aziendale.

L'Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione.

La Suprema Corte ricorda che l'IRAP non si riferisce direttamente al reddito o al patrimonio, ma all'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi. Pertanto, anche l'imprenditore familiare può essere soggetto passivo di IRAP ma i familiari che collaborano non lo sono, perché il loro contributo rappresenta quel quid pluris che ha la capacità di produrre una maggiore ricchezza (o valore aggiunto) rispetto a quella ottenibile solo dal lavoro personale del titolare.

Il giudice del merito deve quindi valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi.

Secondo i giudici di legittimità la CTR, escludendo senza alcuna investigazione specifica la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione - nonostante il fatto che la moglie del contribuente ricevesse compensi pari al 49% - non ha seguito i principi menzionati.

Di conseguenza, la Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando la sentenza della CTR.

IRAP,  impresa familiare, soggetto passivo, familiare, valutazione in concreto dell’apporto

L'IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, sicché ne è soggetto passivo pure l'imprenditore familiare ma non anche i familiari collaboratori atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed e', quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo".
Il giudice del merito deve quindi valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi.

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Cassazione civile, sez. trib., ordinanza 04/09/2023 (ud. 31/05/2023) n. 25670

Rilevato che:

L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale delle Lombardia, in accoglimento dell'appello proposto da B.C.A., ha accolto l'originario ricorso del contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso dell'IRAP versata per gli anni dal 2005 al 2013 (ad eccezione dell'istanza relativa al secondo acconto 2005 perché tardiva). Posto che il B. svolgeva attività di promotore finanziario avvalendosi della collaborazione del coniuge, in forma di impresa familiare, osservava la CTR che la circostanza che in favore della moglie fossero stati erogati compensi nella misura del 49% non implicava la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, in considerazione della peculiarità dell'attività svolta dal promotore finanziario - che per legge deve esercitarla in via esclusiva - di modo che l'apporto del collaboratore familiare restava relegato ad attività ancillari che non incidevano sull'incremento del fatturato aziendale.

Avverso la sentenza della CTR l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il contribuente è rimasto intimato.

Considerato che:

1. Preliminarmente va osservato che il ricorso è tempestivo, posto che i termini processuali nel periodo dal 9 marzo all'11 maggio 2020 sono rimasti sospesi a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid 19, come previsto dal D.L. n. 18 del 2020, artt. 83 e dal D.L. n. 23 del 2020, 36.

2. Con il primo motivo l'Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, lett. c), nonché dell'art. 2967 c.c., per avere la CTR erroneamente escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in presenza dell'effettivo e continuativo apporto fornito all'impresa familiare dalla moglie del contribuente, alla quale era attribuito un reddito di impresa nella misura del 49%, percentuale massima prevista dalla legge.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 230-bis c.c. e dell'art. 5t.u.i.r., per avere la CTR disatteso la presunzione legale (nonché l'attestazione dell'imprenditore in sede di dichiarazione) secondo cui la quota di partecipazione agli utili rispecchia la quantità e qualità di lavoro prestato nell'impresa familiare, senza che il contribuente avesse fornito alcuna prova di segno contrario.

3. I due motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono fondati.

Va premesso che "in tema di IRAP, la prestazione svolta dal promotore finanziario non è qualificabile automaticamente come attività di impresa, di per sé assoggettata ad imposta, ma, anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con sentenza n. 156 del 2001, richiede una valutazione complessiva, da parte del giudice di merito, degli elementi di fatto offerti dalla fattispecie concreta, poiché essa, a norma del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, può essere svolta "in qualità di dipendente, agente o mandatario" e, quindi, può assumere connotati variabili tra la figura del lavoro subordinato dipendente, esente da imposta, quella del lavoro autonomo, assoggettabile ad imposta solo in presenza di un'autonoma organizzazione, e quella dell'attività d'impresa, pacificamente sottoposta ad imposizione" (Cass. n. 22469 del 2019). La giurisprudenza di legittimità è poi ferma nel ritenere che "L'IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, sicché ne è soggetto passivo pure l'imprenditore familiare ma non anche i familiari collaboratori atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed e', quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo" (Cass. n. 12616 del 2016).

Il giudice del merito deve quindi valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi (cfr. Cass. n. 22469 del 2019, cit., che ha cassato la decisione di merito che - erroneamente presumendo l'apporto meramente esecutivo, quale quello di segretaria o affine, della collaborante ad impresa familiare, il cui titolare svolgeva attività di promotore finanziario - aveva escluso il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in presenza dell'effettivo e continuativo apporto fornito dalla moglie del contribuente, cui era attribuito un reddito d'impresa nella misura del 49%)". Nello stesso senso, v. Cass. n. 37622 del 2022.

Nel caso di specie, la CTR, escludendo - senza alcuna specifica indagine - la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in considerazione della peculiarità dell'attività svolta dal promotore finanziario nonostante la moglie del contribuente percepisse compensi nella misura del 49%, non si è uniformata ai principi sopra richiamati.

4. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per un nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2023.

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