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Divorzio, coniuge che non si presenta all’udienza presidenziale va condannato alle spese

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.3051 del 01/02/2023

Nel processo di divorzio, se il coniuge ricorrente non compare all'udienza presidenziale, va condannato alle spese.

Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 3051 del 1° febbraio 2023.

La Suprema Corte in particolare ha precisato che la mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale determina l'inefficacia della domanda senza dar luogo quindi alla prosecuzione del giudizio.

La condanna alle spese è perciò coerente con la chiusura della fase giudiziale. L'obbligo del rimborso delle spese processuali, infatti, a prescindere dalla una espressa previsione normativa, trova la sua ragione giustificativa nel principio di causalità, in forza del quale è tenuto a sopportarne il carico chi vi abbia dato luogo con il proprio comportamento contra ius.

Ne consegue che, la parte evocata in giudizio che abbia svolto attività processuale, ha in ogni caso diritto al rimborso delle spese per l'attività svolta nei confronti della parte che le ha causate.

Processo di divorzio, udienza presidenziale, mancata comparizione del ricorrente, pagamento delle spese processuali

In tema di processo di divorzio, nel caso di mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale il giudice legittimamente regola le spese di causa in presenza di una attività difensionale svolta dal legale della parte intimata.

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 3051 del 01/02/2023 

Considerato che:

Con sentenza nr 3214/2020 la Corte di appello di Roma rigettava l'appello proposto da R.F. nei riguardi di G.C. avverso la pronuncia nr 10850 del 2019 del Tribunale di Roma con cui l'appellante era stato condannato al pagamento delle spese processuali.

La Corte distrettuale rilevava che nell'ipotesi della mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale la decisione più corretta in base alla L. n. 898 del 1970, art. 4 sarebbe stata una decisione di inefficacia con chiusura del giudizio già nella fase presidenziale, diversamente da quanto statuito dal Tribunale (il quale aveva concluso per l'improcedibilità della domanda, disposto l'audizione del coniuge convenuto, l'adozione dei provvedimenti presidenziali, la fissazione dei termini per la prosecuzione del giudizio con l'istaurazione della fase ordinaria avanti al Giudice istruttore).

Osservava, tuttavia, che, comunque, la pronuncia impugnata doveva essere confermata giacché, al di là dell'espressione tecnico-giuridica utilizzata, il primo Giudice aveva inteso pronunciare l'inefficacia del ricorso con conseguente revoca dei provvedimenti adottati in sede presidenziale e di conferma di quelli relativi alla separazione.

Con riguardo poi alla statuizione accessoria sulle spese la Corte di appello sottolineava che la condanna alle spese fa seguito ad ogni pronuncia idonea a definire il giudizio evidenziando che in assenza di una precisa previsione nella L. n. 898 del 1970, art. 4 si poteva richiamare l'istituto della rinuncia agli atti e/o all'azione ex art. 306 c.p.c. laddove stabilisce, che in difetto di un diverso accordo fra le parti, le spese del processo devono essere poste a carico del rinunciante.

Avverso tale sentenza R.F. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui resiste G.C. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ritenuto che:

Con un primo motivo si duole della violazione e della mancata applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 4 in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c..

Con un secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 306 c.p.c. e mancata applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 4 in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c.

Con un terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 4 in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello non correttamente compreso la portata della domanda diretta a contestare la condanna alle spese e non l'entità delle stesse.

I tre motivi che vanno esaminati congiuntamente perché logicamente connessi, devono essere disattesi.

La Corte di appello ha esattamente rilevato, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 7, nella formulazione risultante dalle modifiche di cui al D.L. n. 14 marzo 2005, n. 3, art. 2, conv., con modif., nella L. 14 maggio 2005, n. 80, che la mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale determina l'inefficacia della domanda senza dar luogo quindi alla prosecuzione del giudizio, come invece era avvenuto nel caso di specie.

Ha, tuttavia, ritenuto che la decisione assunta dal Tribunale in termini di improcedibilità doveva essere intesa nel senso dell'inefficacia, con conseguente revoca dei provvedimenti emessi in sede presidenziale e di conferma di quelli di separazione che, in difetto di modifica, restano efficaci.

In altri termini, la Corte di appello, pur dando atto che il giudizio avrebbe dovuto essere chiuso nella fase presidenziale con una pronuncia di inefficacia, ha rilevato che nella sostanza la decisione del primo giudice aveva privato di effetti il ricorso e tutti i provvedimenti che erano stati adottati nella fase presidenziale e confermato quelli adottati nell'ambito del giudizio di separazione.

E ciò diversamente da quanto accadeva prima dell'intervento normativo del maggio 2005 allorquando, nel caso di mancata comparizione della parte ricorrente all'udienza presidenziale di divorzio, era rimessa all'insindacabile discrezionalità del giudice valutare l'opportunità di provvedere alla fissazione di una nuova udienza per il tentativo di conciliazione, tenendo conto delle ragioni della mancata presentazione del ricorrente e della sua volontà di aderire o meno alla ricostituzione del consorzio familiare (Cass. 2 giugno 1978, n. 2757), non trovando applicazione - al procedimento di divorzio - il disposto dell'art. 707 c.p.c. secondo cui, nel procedimento di separazione personale dei coniugi, la mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale comporta la perdita di efficacia della domanda (Cass. 12 gennaio 1977, n. 124; Cass. 16 ottobre 1979, n. 2875; 2001 nr 11059).

Con riguardo alla pronuncia sulle spese, la Corte ha correttamente ritenuto che la condanna alle spese fosse coerente con la chiusura della fase giudiziale.

L'obbligo del rimborso delle spese processuali, a prescindere dalla una espressa previsione normativa, trova inoltre la sua ragione giustificativa nel principio di causalità, in forza del quale è tenuto a sopportarne il carico chi vi abbia dato luogo con il proprio comportamento contra ius (Cass. n. 6059 del 2017).

Ne consegue che, la parte evocata in giudizio che abbia svolto attività processuale, ha in ogni caso diritto al rimborso delle spese per l'attività svolta nei confronti della parte che le ha causate.

Privo di rilievo è il richiamo alla rinuncia agli atti del giudizio, non avendo la Corte d'Appello inteso equiparare la mancata comparizione del ricorrente alla rinuncia agli atti ma soltanto evidenziare che, in assenza di una espressa previsione normativa, il principio da applicare al caso concreto può ricavarsi dal complesso normativo sicché, in maniera del tutto condivisibile, la decisione qui impugnata ha fatto riferimento alla fattispecie regolata dall'art. 306 c.p.c., che prevede appunto in caso di mancato accordo fra le parti che l'obbligo di rifusione delle spese di lite ricada su colui che rinuncia agli atti o all'azione.

Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: In tema di processo di divorzio, nel caso di mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale il giudice legittimamente regola le spese di causa in presenza di una attività difensionale svolta dal legale della parte intimata.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessive Euro 3000,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge; si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2023.

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