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Coniuge superstite ha il diritto di abitazione su un solo immobile

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.7128 del 10/03/2023

Il diritto di abitazione del coniuge superstite non può estendersi a due o più residenze alternative, ossia due o più immobili a disposizione dei coniugi e utilizzati temporaneamente. La definizione di casa adibita a residenza familiare implica l'identificazione di un unico alloggio che rappresenti, se non l'unico, almeno il principale centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle abitudini familiari.

Lo ha stabilito la Cassazione, sezione II, con l'ordinanza n. 7128 del 10 marzo 2023.

Nel caso di specie, un marito, superstite del coniuge, aveva citato in giudizio i figli, chiedendo il riconoscimento del proprio diritto di abitazione, ai sensi dell'art. 540, comma 2, c.c., sulla villa di campagna o, in alternativa, sull'appartamento, entrambi di proprietà della moglie deceduta. Chiedeva inoltre la condanna dei convenuti al pagamento di 240.000 euro anticipati per lavori di manutenzione della villa.

I figli presentavano ricorso in Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli citati. Contestavano, in particolare, che il padre, dopo aver "rinunciato implicitamente" al diritto di abitazione sulla casa coniugale e aver acconsentito alla sua vendita, abbia richiesto, a due anni dall'apertura della successione, l'assegnazione della casa-vacanze in oggetto.

La Suprema Corte ha ribadito che il diritto di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., riguarda esclusivamente la "casa adibita a residenza familiare", ovvero l'immobile che soddisfa l'esigenza abitativa del coniuge superstite e mantiene il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. Pertanto, il diritto di abitazione mortis causa si applica solo all'immobile in cui i coniugi abitavano stabilmente prima della morte del de cuius e non può estendersi ad un ulteriore e diverso immobile.

Diritto di abitazione del coniuge superstite, oggetto, casa adibita a residenza familiare, residenze alternative, esclusione

Il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.

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Cassazione civile, sez. II, ordinanza 10/03/2023 n. 7128

FATTI DI CAUSA


1. B.G. e B.T.E.M. hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 2405-2016 del 25 ottobre 2016 resa dalla Corte d'Appello di Venezia, con cui è stato rigettato l'appello avanzato dai medesimi B.G. e B.T.E.M. contro la decisione di primo di grado del Tribunale di Verona pronunciata il 12 marzo 2014. L'intimato BI.GI. non ha svolto attività difensive.

2. BI.GI., coniuge superstite di F.A., aveva convenuto con citazione del 15 dicembre 2009 i figli B.G. e B.T.E.M., domandando l'accertamento del proprio diritto di abitazione, ex art. 540, comma 2, c.c., sulla villa di campagna sita in (Omissis), ovvero in alternativa sull'appartamento di via (Omissis), immobili entrambi di proprietà della signora F., con condanna dei convenuti al pagamento della somma di Euro 240.000,00, asseritamente anticipata per lavori di manutenzione della villa. Il Tribunale di Verona, con sentenza resa nelle forme dell'art. 281 sexies c.p.c., accertò il diritto di abitazione di BI.GI. sulla villa di (Omissis). Identica statuizione ha pronunciato la Corte d'Appello di Verona, affermando che i coniugi BI.GI. e F.A. avessero vissuto ripartendo la propria vita su due abitazioni, quella di (Omissis) e quella di (Omissis), nella quale ultima dimoravano anche oltre il periodo delle vacanze estive, ovvero almeno tre mesi l'anno. Di tal che, ad avviso della Corte di Venezia, l'immobile di (Omissis) sino al 2006 (epoca del decesso della F.) si era connotato come dimora abituale della famiglia, al pari dell'appartamento di (Omissis), rimanendo così soggetto al diritto di abitazione del coniuge superstite BI.GI.. Allo stesso tempo, la sentenza impugnata ha respinto la domanda subordinata di B.G. e B.T.E.M. volta ad accedere e frequentare liberamente la villa di (Omissis), non potendo limitarsi il diritto di abitazione del coniuge ex art. 1021 e 1022 c.c. per le esigenze di godimento dei nudi proprietari.

3. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza del suo primo motivo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., il presidente fissò inizialmente l'adunanza della camera di consiglio in data 15 giugno 2018.

4. Con ordinanza interlocutoria del 9 ottobre 2018, la Corte, tuttavia, rilevato che il ricorso per cassazione era stato notificato ai difensori di BI.GI. non nel domicilio eletto di (Omissis), indicato anche nella sentenza impugnata, ma in (Omissis), venne ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso a BI.GI. nel domicilio eletto di (Omissis), entro il termine di giorni novanta dalla comunicazione della stessa ordinanza.

In data 21 dicembre 2018, l'avvocato Isalberti per i ricorrenti depositò il ricorso passato per la notifica in rinnovazione il 30 novembre 2018, notifica tuttavia non andata a buon fine perché l'avvocato Elena Napoliello, difensore domiciliatario di BI.GI., con studio in (Omissis), come da certificazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia prodotta in pari data, risultava cancellata dall'albo sin dal 26 settembre 2016.

5. Su successiva proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente fissò l'adunanza della camera di consiglio in data 3 maggio 2019, in relazione alla quale i ricorrenti presentarono memoria invocando l'applicazione dell'art. 141, comma 4, c.p.c., con conseguente regolarità dell'originaria notificazione del ricorso eseguita, oltre che presso lo studio dell'avvocato Maurizio Voi in (Omissis), anche personalmente a BI.GI., presso la sua residenza in Viale della (Omissis).

6. Con ordinanza interlocutoria del 28 maggio 2019, la Corte revocò l'ordinanza del 9 ottobre 2018 e, ritenuto che comunque non ricorresse l'ipotesi prevista dall'art. 375, comma 1, numero 5, c.p.c., quanto al primo motivo del ricorso, rimise la causa alla pubblica udienza della sezione semplice, rinviando a nuovo ruolo.

Il ricorso è stato poi deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile a norma del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, art. 8, comma 8).

I ricorrenti hanno presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.In via pregiudiziale, vanno ribadite le ragioni che portarono alla revoca dell'ordinanza del 9 ottobre 2018, con cui era stata disposta, a norma dell'art. 291 c.p.c., la rinnovazione della notificazione del ricorso.

Invero, la cancellazione dall'albo professionale dell'avvocato costituito (circostanza che, con riguardo all'avvocato Elena Napoliello, i ricorrenti hanno comprovato con la certificazione prodotta il 21 dicembre 2018) determina la decadenza dall'ufficio e, facendo venir meno lo "ius postulandi", implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e ricevere atti processuali, nonché il venir meno dell'elezione di domicilio presso il medesimo, sicché le notificazioni necessarie e, in particolare, quelle delle impugnazioni, debbono essere effettuate alla parte personalmente (Cass. Sez. L, 21/09/2011, n. 19225; Cass. Sez. 1, 20/01/2006, n. 1180; Cass. Sez. Unite, 21/11/1996, n. 10284; arg. anche da Cass. Sez. Unite, 13/02/2017, n. 3702).

Risulta perciò regolare la notificazione del ricorso eseguita personalmente a BI.GI., presso la sua residenza in (Omissis).

La rinnovazione della notificazione del ricorso disposta con l'ordinanza del 9 ottobre 2018 risultava fondata sull'assunto - rivelatosi erroneo dopo che è stata comprovata con apposita certificazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia la cancellazione dell'avvocato domiciliatario Elena Napoliello - di porre rimedio ad una irritualità della iniziale notifica effettuata alla parte personalmente; quel provvedimento, seppur rimasto ineseguito, deve essere revocato, non potendo portare all'inammissibilità dell'impugnazione (arg. da Cass. Sez. 2, 12/05/2014, n. 10273).

2. Il primo motivo del ricorso di B.G. e B.T.E.M. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 2, 43,44,144,1021 e 1022 c.c., 31 bis disp. att. c.c., 113, comma 1, c.p.c. Si contesta che BI.GI., dopo aver "rinunziato implicitamente" al diritto di abitazione sulla casa coniugale di Verona, acconsentendo alla vendita della stessa, e a due anni dall'apertura della successione, abbia richiesto l'assegnazione ex art. 540, comma 2, c.c. della casa-vacanze di (Omissis).

Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 1, 665 e 2909 c.c., 324 c.p.c., in quanto BI.GI., coniuge superstite, avrebbe preteso il riconoscimento del diritto di abitazione sia sulla casa coniugale di (Omissis), sia sulla villa di (Omissis), trattandosi al più di scelta fra legati alternativi che spettava ai figli coeredi, ed avendo già due sentenze negato che sussistesse ancora il diritto di BI.GI. all'alloggio di (Omissis).

Il terzo motivo del ricorso di B.G. e B.T.E.M. allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 44,521,649 e 1146 c.c., 112 c.p.c., invocando gli effetti della rinunzia all'eredità compiuta da BI.GI. e del compossesso dei figli sull'immobile di (Omissis), con conseguente illegittimità del certificato di residenza ottenuto dal medesimo BI.GI..

Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 2, 720,1022, comma 2, 1021 e 1022 c.c., 113 c.p.c., evidenziando che la villa di (Omissis) è composta di quindici stanze, e quindi eccede i bisogni abitativi di BI.GI..

2.1. Il Pubblico Ministero, nelle sue conclusioni motivate, ha chiesto il rigetto del ricorso, con affermazione del principio di diritto secondo cui il diritto di abitazione riservato al coniuge ex art. 540, comma 2, c.c. può anche comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili utilizzati in modo abituale dai coniugi come sede della vita domestica.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato, e il suo accoglimento assorbe l'esame dei restanti tre motivi di censura, i quali perdono di immediata rilevanza decisoria.

La sentenza impugnata, nel dare soluzione alla questione di diritto oggetto di causa, non ha tenuto conto dell'orientamento di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 18/01/2023, n. 1444; Cass. Sez. 6 - 2, 22/06/2020, n. 12042; Cass. Sez. 2, 14/03/2012, n. 4088; Cass. Sez. 2, 27/02/1998, n. 2159), secondo il quale il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c. (il cui valore va, peraltro, detratto dall'asse prima di procedere alla divisione tra tutti i coeredi), ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", ossia l'immobile che in concreto è in grado di soddisfare l'esigenza abitativa di quello, conservando il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. L'oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide, quindi, con il solo immobile in cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi - dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare, e non può estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento.

Analogamente a quanto la stessa giurisprudenza afferma con riferimento alla nozione di casa familiare di cui all'art. 337-sexies c.c., è perciò da escludere che l'ambito del diritto di abitazione che spetta al coniuge superstite si estenda fino a comprendere due (o più) residenze alternative (come nella specie ritenuti la villa di (Omissis) e l'appartamento di (Omissis)), ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea o saltuaria (ad esempio per soggiorni, più o meno brevi, a scopo di vacanza), postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza (si vedano Cass. Sez. 1, 04/07/2011, n. 14553; Cass. Sez. 1, 16/07/1992, n. 8667).

3.1. Va pertanto enunciato il seguente principio:

il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.

4. Il primo motivo di ricorso viene quindi accolto, restando assorbiti gli ulteriori motivi. La sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione, che riesaminerà la causa uniformandosi al principio enunciato e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 27 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2023.

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