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Proposta irrevocabile, gli elementi che deve contenere

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.9694 del 12/04/2023

La proposta irrevocabile di cui all’art. 1329 c.c. è un atto unilaterale che produce effetti vincolanti per solo proponente, il quale non può revocarla prima della scadenza del termine da lui fissato per l'accettazione.

Tale proposta deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, in modo da consentire la stipulazione del negozio nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni. 

È quanto ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 9694 del 12 aprile 2023.

La Corte aggiunge che qualora manchino alcuni degli elementi essenziali del contratto, la proposta irrevocabile assume un carattere di mero accordo preparatorio, destinato a inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto. In questo caso, la proposta avrà l'effetto di fissare solamente gli elementi già concordati tra le parti, senza vincolare il proponente nella sua irrevocabilità.

Proposta irrevocabile, elementi essenziali del contratto da concludere, mancanza, conseguenze

La proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.) - come la dichiarazione resa vincolante per una delle parti da un patto di opzione (art. 1331 c.c.) - deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, in modo da consentire la stipulazione del negozio nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, assumendo, in mancanza, carattere di mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto con l'effetto di fissarne solo gli elementi già concordati.

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Cassazione civile, sez. II, Ordinanza 12/04/2023 (ud. 22/03/2023), n. 9694

FATTI DI CAUSA

1. Il sig. G.S., in qualità di titolare dell'impresa individuale Agenzia Immobiliare G.S., conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna i fratelli R.M. e R.A., per sentirli condannare al pagamento di Euro20.160,00 a titolo di provvigione maturata per l'attività di mediazione svolta in loro favore e conclusasi con la vendita di un immobile di loro proprietà. I sigg.ri R. si costituivano contestando l'avversa pretesa, affermando che - pur essendo stata effettivamente svolta la prestazione di mediazione - essi avevano concordato con il G. la gratuità dell'attività svolta nei loro confronti, e che questi avrebbe preteso il compenso dalla sola parte acquirente. A sostegno dell'affermazione chiedevano e ottenevano la chiamata in causa della figlia del mediatore, sig.ra G.F., con la quale asserivano di aver trattato la mediazione e le condizioni della medesima, chiedendo in via subordinata di essere da lei risarciti nell'ipotesi di accoglimento delle domande attoree.

1.2. Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 922 del 28.03.2012, rigettava la domanda, ritenendo provata l'esistenza di un accordo avente ad oggetto la rinuncia a percepire il pagamento della provvigione da parte venditrice. La decisione del Tribunale era fondata soprattutto sulla testimonianza di un altro mediatore immobiliare: per circostanza pacifica, detto mediatore aveva concordato con gli odierni ricorrenti la gratuità della sua prestazione, il che fa escludere che gli stessi R. si siano poi rivolti ad altra agenzia (del G.S.) accettando una mediazione a pagamento. Testimonianza, peraltro, avvalorata dalla diffusione di tale prassi nell'ambito delle transazioni commerciali aventi ad oggetto compravendita di immobili concluse tramite intervento di un mediatore.

1.3. Avverso detta pronuncia hanno proposto appello principale il sig. G.S. e appello incidentale condizionato i fratelli R., riformulando nei confronti della sig.ra G.F. la medesima domanda risarcitoria.

2. Il giudice di seconde cure, ritenendo fondati due dei motivi di ricorso, e in virtù del principio della ragione più liquida, accoglieva il gravame e rigettava l'appello incidentale condizionato, sostenendo che:

- il Tribunale ha omesso di considerare che il 27.05.2005 i sigg.ri R. avevano sottoscritto il modulo contenente la proposta d'acquisto relativa all'immobile, successivamente compravenduto;

- tale proposta conteneva, tra le altre condizioni di acquisto, anche l'espressa pattuizione relativa al pagamento della provvigione in favore del sig. G. nella misura del 3%: poiché i venditori hanno sottoscritto la proposta d'acquisto senza apporre condizioni o postille, la clausola relativa alla corresponsione della provvigione vincolerebbe anche loro nella stessa misura, ché altrimenti neppure si sarebbe potuto ipotizzare il perfezionamento della proposta nei suoi termini essenziali. Non e', inoltre, plausibile, sotto un profilo presuntivo, che all'atto dell'accettazione della proposta di acquisto parte venditrice non abbia ritenuto opportuno aggiungere una clausola alla scrittura, ovvero predisporre un documento separato conforme agli accordi oralmente intercorsi con il sig. G. nell'aprile del 2005;

- trova, pertanto, applicazione l'art. 2722 c.c. in virtù del quale è inammissibile la prova testimoniale assunta in prime cure e posta a fondamento della decisione, in quanto riguardante patti contrari al contenuto del documento, stipulati anteriormente o contestualmente ad esso;

- la diversa interpretazione degli appellati della sottoscrizione da essi apposta - ossia che la clausola relativa alla corresponsione delle provvigioni non fosse per loro vincolante, fermo restando il contenuto impegnativo del resto dell'accordo (prezzo, termini di pagamento, data del preliminare, immissione nel possesso) - svuoterebbe di ogni contenuto e, quindi, di efficacia la stessa proposta d'acquisto;

- del resto, il diritto alla provvigione matura per il solo fatto della conclusione dell'affare quale conseguenza dell'intervento del mediatore e della relazione intercorsa tra le parti e a lui causalmente attribuibile, senza necessità di incarico formale (Cass. n. 25851-2014);

3. Avverso detta pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione i fratelli R., affidandolo a tre motivi.

Hanno resistito con controricorso le eredi del sig. G.S., deceduto il 14.01.2017, sigg.re G.F. e M.I., nonché la sig.ra G.F. in proprio.

Fissata in udienza pubblica, la causa è stata trattata in camera di consiglio, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito in L. n. 176 del 2020, non essendo stata formulata istanza di discussione orale.

Il PG si è espresso in favore dell'accoglimento dei primi due motivi di ricorso e dell'assorbimento del terzo.

In prossimità della camera di consiglio tutte le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché dell'art. 2722 cod civ. (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)). I ricorrenti denunciano, innanzitutto, violazione dei canoni ermeneutici, per avere la Corte di merito interpretato la proposta di acquisto in maniera contraria al significato letterale proprio delle espressioni utilizzate ed al significato delle stesse in relazione alle altre parti del documento finendo, così, per fornire un'interpretazione difforme dalle intenzioni delle parti. I ricorrenti evidenziano, difatti, che si tratta di proposta di acquisto irrevocabile inviata dal promissario acquirente (identificato come "il sottoscritto") ai proprietari dell'immobile (identificati come "venditori"), sig.ri R.M. e R.A., i quali sottoscrissero tale proposta accettandola senza modificarla. Inoltre, nella prospettazione dei ricorrenti, la struttura della proposta è costituita da un primo gruppo di clausole che rappresentano gli elementi tipici di una proposta di acquisto, inerenti all'immobile e alle modalità di acquisto; ed un secondo gruppo contenente elementi che si sostanziano in obbligazioni del solo proponente. La clausola relativa al riconoscimento della provvigione, riportata alla lett. D del documento in esame, rientrerebbe in questo secondo gruppo di clausole. Non essendovi alcun accordo scritto relativo alla provvigione, vincolante per i promittenti venditori nei confronti del mediatore, e correttamente interpretando la clausola D) come dichiarazione unilaterale del solo proponente, si deve ritenere ammissibile la prova testimoniale ai sensi dell'art. 1722 c.c..

2. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1322 e 1755 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)). I ricorrenti censurano la pronuncia impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non ha ritenuto plausibile che si potesse concludere, in forza del principio dell'autonomia contrattuale, un contratto di mediazione che prevedesse la gratuità ex uno latere. Il suddetto contratto, c.d. mediazione atipica o unilaterale, assai frequente nella pratica commerciale, si sostanzia nel contratto intercorso tra il mediatore ed una sola delle parti del futuro negozio, la quale incarica il primo di svolgere un'attività finalizzata alla ricerca di una persona interessata alla relativa conclusione a determinate condizioni. Tale pattuizione è ritenuta ammissibile e legittima dalla giurisprudenza di legittimità che, tra l'altro, ha evidenziato come l'art. 1755 c.c. stabilisca solo una presunzione di onerosità della prestazione del mediatore che le parti ben possono escludere.

3.1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente collegati, e sono entrambi fondati.

3.2. Preliminarmente, si deve escludere l'inammissibilità del ricorso per erronea vocatio in ius della ditta individuale GS di G.S., cancellata dal registro delle imprese in data 16.02.2017 a seguito del decesso del sig. G. avvenuto in data 14.01.2017, nonché per l'inesistenza di notifica nei confronti delle eredi di lui, M.I. e G.F., come chiesto nel controricorso proposto dalle eredi (p. 4 ss.).

Il ricorso per cassazione è stato difatti notificato a G.S., titolare della ditta individuale G.S., nel domicilio eletto nello studio di difensori avv. Stefano Borsari e Avv. Andrea Zanni, che lo avevano rappresentato e difeso dinanzi alla Corte d'appello di Bologna, senza che il decesso del loro assistito, avvenuto il 14 gennaio 2017, sia stato dichiarato nel corso del giudizio di gravame.

Trova, pertanto, applicazione nel caso di specie il principio di ultrattività del mandato, in virtù del quale: "La morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace (...); c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza "aliunde" di uno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. da parte del notificante" (Cass. SU n. 15295 del 04.07.2014; conf da: Cass. Sez. 3, n. 11193 del 06/04/2022 - Rv. 664507-01; Cass. Sez. 2, n. 20964 del 22/08/2018 - Rv. 650025-01).

Inconferente, altresì, il riferimento al principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento alla perdita della capacità a stare in giudizio di una società per sopravvenuta cancellazione dal registro delle imprese in pendenza di un processo (Cass. Sez. U, n. 6070 del 12.03. 2013: pp. 7-8 del controricorso), in quanto la pronuncia menzionata fa unicamente riferimento alla successione in impresa commerciale esercitata in forma societaria, laddove la G.S. di G.S. era impresa individuale.

D'altra parte, occorre aggiungere che le eredi del signor G.S., M.I. e G.F., rispettivamente coniuge superstite e figlia del de cuius, si sono costituite nel giudizio di cassazione con controricorso, esercitando quindi attività difensiva quali successori a titolo universale nel processo.

3.3. Tanto premesso, è utile precisare che l'interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità salvo che, come nel caso che ci occupa, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sia lamentata violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale previsti dall'art. 1362 e ss. c.c. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Il sindacato di legittimità, in effetti, può avere ad oggetto solamente l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati al fine di verificare se sia incorso in errori di diritto o in vizi di ragionamento (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 40972 del 2021; Cass. n. 23701 del 2016, in motiv.).

3.4. Chiarite le ragioni di ammissibilità dei primi due mezzi di ricorso in questa sede, occorre esaminare la provenienza della proposta negoziale di cui si discute, al fine di verificare la correttezza dell'argomentazione seguita dal giudice di seconde cure.

La proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.) - come la dichiarazione resa vincolante per una delle parti da un patto di opzione (art. 1331 c.c.) - deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, in modo da consentire la stipulazione del negozio nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, assumendo, in mancanza, carattere di mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto con l'effetto di fissarne solo gli elementi già concordati (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10777 del 29/10/1993 - Rv. 484128 - 01). Nel caso di specie, si è in presenza di una proposta irrevocabile, proveniente dal promissario acquirente e impegnativa solo per quest'ultimo fino a 15 giorni dopo la data di proposizione alla controparte; in essa erano presenti solo taluni degli elementi essenziali del contratto (p.e.: prezzo d'acquisto e modalità di pagamento), compresi i diversi obblighi posti a carico dell'una e dell'altra parte: a carico del compratore vi sono gli obblighi di corrispondere il prezzo indicato nel contratto, ma anche le provvigioni al mediatore (clausola D). A carico di parte venditrice sono attribuiti gli obblighi di mettere l'acquirente nel possesso degli immobili entro i termini specificati in allegato; nulla si dice, invece, a proposito dell'obbligo di corrispondere la provvigione al mediatore. Infine, a carico di entrambe le parti vi è l'obbligo di stipulare il contratto preliminare e, successivamente, quello definitivo entro data da stabilire nei termini indicati.

Poiché, con riferimento alla corresponsione della provvigione al sig. G., dalla clausola deriva la nascita di un obbligo a carico del solo promissario acquirente, ossia del "sottoscritto" proponente, l'eventuale obbligo dei promittenti venditori di corrispondere la provvigione al G. può essere rinvenuto soltanto nella legge (art. 1755 c.c.), ove non escluso in virtù di patto contrario che preveda la gratuità ex uno latere.

3.5. E' pur vero che, se il promittente alienante ha accettato una proposta irrevocabile proveniente dal promissario acquirente che contiene, tra le condizioni contrattuali per la stipulazione del contratto di compravendita, la corresponsione delle provvigioni al mediatore, è possibile che anche il promittente venditore sia vincolato al pagamento della provvigione al mediatore, anche se tale corresponsione non è stata specificamente indicata nell'accordo tra il promissario venditore e il promissario acquirente: l'utilizzo di un formulario di proposta irrevocabile su carta intestata del mediatore conferma, per lo meno, la rilevanza causale dell'intervento del sig. G. con riferimento alla futura conclusione dell'affare. Ciò, tuttavia, non consente di sostenere, come invece ha fatto la Corte d'Appello (p. 8, righi 16-24), la sussistenza di una vera e propria presunzione di onerosità dell'incarico anche per parte venditrice, tanto da richiedere il suo superamento mediante espressa postilla apposta alla scrittura ovvero mediante la predisposizione di separato atto, poiché il fatto noto (esistenza di un obbligo di corrispondere la provvigione) riguarda unicamente un soggetto diverso, ossia parte acquirente. E', invece, ammissibile la prova per testi ai fini del superamento della presunzione di onerosità del pagamento delle provvigioni; né a ciò osta l'art. 2722 c.c., posto che, rispetto all'obbligo di corrispondere la provvigione assunto nella scrittura da parte acquirente nei confronti del mediatore, parte alienante deve qualificarsi come terzo.

4. In definitiva, la sentenza merita di essere cassata e il giudizio rinviato alla medesima Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione, affinché verifichi se il pagamento della provvigione tra mediatore e promittenti alienanti sia stato escluso, e la presunzione di onerosità della mediazione prevista dall'art. 1755, comma 1, effettivamente superata.

5. Con il terzo motivo di ricorso condizionato si deduce violazione degli art. 1362 e 1363 c.c., nonché degli artt. 1398 e 1381 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)). I ricorrenti censurano la sentenza impugnata, condizionando il mezzo al rigetto dei primi due motivi di doglianza, nella parte in cui la Corte di merito ha rigettato la domanda di manleva volta ad ottenere la declaratoria di responsabilità di G.F., in relazione al suo ruolo di falsus procurator e/o di promittente il fatto del terzo nella vicenda per cui è causa. Al riguardo, i deducenti evidenziano che il giudice di merito avrebbe escluso la sussistenza di detta responsabilità sul falso ed erroneo presupposto dell'esistenza di un'obbligazione contrattuale assunta dai venditori circa il pagamento del compenso professionale.

5.1. Avendo accolto i primi due motivi del ricorso, il terzo resta assorbito.

6. - Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 22 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2023.

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