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Nuova convivenza dell’ex, assegno di mantenimento è dovuto?

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.6253 del 08/03/2024

Se l'ex coniuge inizia una nuova convivenza conserva il diritto all'assegno di mantenimento?

Risponde alla domanda la Cassazione Civile, sez. I, con l'ordinanza del 8 marzo 2024, n. 6253.

Nel caso di specie una donna chiedeva un contributo di mantenimento di 700 euro mensili, nonostante la convivenza stabile con un nuovo compagno, situazione contestata dall'ex marito. La decisione del Tribunale, modificata successivamente in Appello, è stata infine oggetto di ricorso presso la Suprema Corte. La validità della prova fornita da un'attività investigativa e la testimonianza della figlia hanno avuto un ruolo decisivo nel constatare la stabile convivenza della donna, influenzando l'esito del ricorso.

Il punto chiave qui è la funzione compensativa dell'assegno di divorzio. La Corte ha chiarito che, anche in presenza di una nuova convivenza, l'ex coniuge economicamente più debole, se non ha mezzi adeguati e non può procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto all'assegno. Ma c'è un "ma" grande come una casa: è necessario dimostrare il contributo offerto alla vita familiare e professionale durante il matrimonio, oltre all'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale.

Nella vicenda in esame, la Corte ha evidenziato che la donna non aveva fornito prove sufficienti riguardo al suo contributo, sia in termini di sostegno familiare che di sacrifici personali e professionali. Di conseguenza, la sua richiesta di mantenimento è stata respinta.

In sintesi, la Cassazione stabilisce che, anche se l'ex coniuge inizia una nuova convivenza, il diritto all'assegno di mantenimento può persistere. Tuttavia, questo dipende dalla capacità di dimostrare un reale contributo alla vita coniugale precedente.

Assegno divorzile, componente assistenziale e compensativa, onere della prova, stabile convivenza di fatto

In tema di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l'ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell'attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell'assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge e l'assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 08/03/2024 (ud. 12/12/2023) n. 6253

FATTI DI CAUSA

1.Con ricorso depositato in data 15.6.2016, De.An. premettendo di aver contratto matrimonio con Pi.Fr. il 29.10.1977 e che i coniugi si erano separati consensualmente con decreto di omologa del 11.4.2013, chiedeva al Tribunale di Cagliari di pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio e di dichiarare l'insussistenza dei presupposti per la corresponsione in favore della Pi.Fr. dell'assegno divorzile, tenuto conto che, subito dopo la separazione, l'ex moglie era andata a convivere con altra persona. La Pi.Fr. si costituiva in giudizio, affinché fosse stabilito l'assegno divorzile nella misura di Euro 700,00 al mese, come concordato dai coniugi in sede di separazione consensuale, rimarcando che tale intesa era stata raggiunta a fronte della rinuncia alla residenza coniugale, di proprietà comune, a favore del De.An.; negava, inoltre, di convivere con altra persona.

2.Con sentenza n. 1471/2021, il Tribunale di Cagliari poneva a carico del De.An. l'obbligo di corrispondere, in favore della Pi.Fr., la somma mensile di Euro 300,00 a titolo di assegno divorzile.

3.La Corte d'appello di Cagliari, con sentenza n. 488 del 15 novembre 2022, pronunciando sull'appello proposto da De.An. avverso la citata sentenza, riteneva le risultanze istruttorie idonee a provare la stabile convivenza della Pi.Fr. con un nuovo compagno, nonché riteneva che la Pi.Fr. non avesse dedotto e provato alcunché circa la componente compensativa dell'assegno divorzile. Pertanto la Corte di merito, in riforma dell'impugnata sentenza, accoglieva l'appello del De.An., dichiarando non dovuto l'assegno divorzile all'ex moglie, e compensava per un terzo tra le parti le spese del giudizio, condannando la Pi.Fr. alla rifusione, in favore del De.An., della restante parte.

4.Avverso la citata sentenza, la Pi.Fr. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, resistito con controricorso dal De.An.

5. Il ricorso e stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente denuncia: a) con il primo motivo "Art. 360 n.3. Violazione o falsa applicazione delle seguenti norme di diritto: Art. 2729 c.c.", per avere la Corte Territoriale erroneamente dato valore di prova decisiva alle prove indiziarie offerte dalla difesa del De.An. al fine di dimostrare la asserita stabile convivenza, prendendo in esame le dichiarazioni della Pi.Fr. rese all'udienza presidenziale e quelle della figlia delle parti Stefania De.An., rese nella stessa sede al fine di dare conferma alla relazione investigativa, ritenuta prova presuntiva, ma neppure confermata dal firmatario; b) con il secondo motivo "Art. 360 n.3. Violazione o falsa applicazione dell'art. 5. legge n.898/70 co. 6 anche in relazione all'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione", per non avere la Corte d'appello considerato l'iter logico motivazionale del Giudice di primo grado, omettendo di esaminare i fatti e la documentazione offerta e mai contestata da parte avversa, al fine di riconoscere il diritto dell'odierna ricorrente a percepire l'assegno divorzile, quantomeno nella sua componente assistenziale e compensativa, in quanto ella avrebbe dato piena prova "del contributo offerto alla comunione familiare,……..e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge".

2. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

2.1. Secondo l'orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. 9054/2022).

2.2. In relazione alla censura espressa con il primo motivo, occorre rilevare che la Corte di merito ha fondato la prova presuntiva sulla relazione investigativa, il cui contenuto - confermato dal teste, anche se non da lui sottoscritta - è stato riprodotto nel provvedimento impugnato, sull'ammissione della stessa ricorrente di avere una relazione sentimentale, nonché sulla dettagliata dichiarazione della figlia della coppia, che aveva riferito di avere conoscenza della relazione di convivenza della madre con un nuovo compagno dall'anno della separazione.

L'accertamento di una stabile convivenza della donna con un altro uomo è stato, pertanto, effettuato sulla base di diversi elementi indiziari convergenti, tali da dare vita ad una valida prova per presunzioni, sicché non ricorre affatto il vizio di violazione di legge denunciato.

2.3. Ciò posto, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l'ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell'attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell'assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge e l'assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo (Cass. S.U. 32198/2021; Cass. 14256/2022; cfr. pure Cass. 3645/2023).

E' stato, dunque, precisato che la sussistenza della componente compensativa deve essere specificamente dedotta dalla parte che faccia valere il proprio diritto all'assegno, mentre la Corte d'appello ha affermato che l'odierna ricorrente non aveva provato nulla al riguardo. A fronte di detto assunto, con il secondo motivo la ricorrente, nel richiamare le deduzioni svolte nel giudizio d'appello, anche in ordine alla durata del matrimonio e alla cura delle figlie (pag. 7 e pag. 22 ricorso), in particolare rimarca il proprio contributo alla realizzazione del patrimonio familiare, consistito nell'acquisto della casa familiare, che, tuttavia, in base a quanto si legge nello stesso ricorso, è in comproprietà tra gli ex coniugi pur se abitata dall'ex marito (pag.7), e altresì consistito nell'aver ella prestato in passato attività di lavoro presso terzi (pag.23 ricorso), ossia di collaboratrice domestica, cessata per problemi di salute (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).

Orbene, le censure, nella parte in cui si risolvono nel tentativo di accreditare una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali, sono, nel caso di specie, inammissibili sia perché non sufficientemente specifiche in punto di decisività dei fatti il cui esame si denuncia omesso, sia perché in realtà sollecitano impropriamente il riesame del merito.

3. In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi dell'art.13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge.

Ai sensi dell'art.13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2024.

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