Il locatore può optare per la cedolare secca anche quando l’immobile è affittato a una società per esigenze abitative del proprio personale.L'importante è che il locatore non agisca nell'esercizio di attività d'impresa o professionale.
La Sezione tributaria della Cassazione, con la sentenza n. 12079 del 7 maggio 2025, torna a pronunciarsi sulla possibilità di applicare la cedolare secca in caso di locazione a un imprenditore, confermando un orientamento già espresso nel 2024 (Cass. n. 12395).
La vicenda
Il contenzioso nasce da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente locatore, per gli anni 2015 e 2016. L'immobile, locato a una società con finalità abitative per l'amministratrice delegata e la sua famiglia, era stato assoggettato dal locatore al regime della cedolare secca. L'Agenzia contestava la legittimità di tale scelta, sostenendo che l'opzione fosse esclusa in presenza di un conduttore imprenditore.
La Commissione tributaria di primo grado aveva emesso due sentenze divergenti: una favorevole al contribuente per il 2016 e una contraria per il 2015. In appello, la Corte di giustizia tributaria della Toscana aveva invece accolto l’impugnazione dell’Agenzia per il 2016 e rigettato quella del contribuente per il 2015. A questo punto, il locatore proponeva ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte
La Cassazione ha accolto il ricorso, affermando con chiarezza che il proprietario di un immobile ad uso abitativo può optare per il regime della cedolare seccaanche quando l'inquilino è un imprenditore.
La condizione essenziale è che il locatore non svolga attività d'impresa o professionale. Questo vale anche quando l'immobile viene destinato ad abitazione dei dipendenti dell'impresa locataria.
Pertanto, la natura imprenditoriale del conduttore non rileva, purché l'immobile sia destinato ad uso abitativo e il locatore non svolga attività d'impresa o professionale. La Corte ha sottolineato che l'art. 3, comma 6, del D.Lgs. 23/2011 non può essere interpretato estensivamente fino a comprendere anche il profilo soggettivo del conduttore.
L’irrilevanza del conduttore imprenditore
La Cassazione ha ribadito che non può trarsi alcun argomento contrario nemmeno dall'art. 3, comma 6-bis del decreto legislativo, che si riferisce alle sublocazioni a studenti universitari. Quella disposizione, infatti, disciplina una fattispecie diversa e non incide sul principio già affermato.
In attesa di un ripensamento dell’Agenzia delle Entrate
Con questa sentenza, la Cassazione conferma una lettura più restrittiva dell’ambito soggettivo dell’esclusione dalla cedolare secca, limitandola al solo locatore.
Un orientamento che si pone in netto contrasto con quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate sin dalla circolare n. 12/E del 2016, secondo cui anche la natura del conduttore rileverebbe per escludere il regime agevolativo.
Alla luce della nuova sentenza, ci si chiede se non sia giunto il momento per l'Amministrazione finanziaria di rivedere ufficialmente la propria posizione, anche per evitare il moltiplicarsi del contenzioso su questo tema.
In tema di redditi da locazione, il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, ed in particolare per le esigenze abitative dei suoi dipendenti, atteso che l'esclusione di cui all'art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni.
Cassazione civile, sez. trib., sentenza 07/05/2025 (ud. 23/01/2025) n.12079
FATTI DI CAUSA
1. L'Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Firenze notificava a Fu.To. avvisi di accertamento n. Omissis/2019 per l'anno 2015, e n. Omissis/2021 per l'anno 2016, con i quali -contestando la mancanza dei requisiti per fruire del regime agevolativo della c.d. cedolare secca di cui all'art. 3 D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in relazione al contratto di locazione concluso in data 26 febbraio 2010 con la Cavour Srl, per esigenze abitative e familiari dell'amministratore delegato della società sig.ra Bu.Ma., e per il quale era stata formulata la relativa opzione in occasione del rinnovo contrattuale dopo il primo quadriennio - venivano ripresi a tassazione maggiore IRPEF di Euro 7.385,00 per l'anno d'imposta 2015, e di Euro 7.222,00 per l'anno 2016, con relative sanzioni ed interessi.
2. Il contribuente impugnava i suddetti avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze la quale: a) con sentenza n. 141/03/2021, depositata il 17 marzo 2021, rigettava il ricorso riguardante l'avviso di accertamento per l'anno 2015; b) con sentenza n. 20/2/2022, depositata il 7 gennaio 2022, accoglieva il ricorso riguardante l'avviso di accertamento per l'anno 2016.
3. Interposti gravami sia dall'Agenzia delle Entrate che dal contribuente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, con sentenza n. 516/06/2023, pronunciata il 7 giugno 2023 e depositata in segreteria l'8 giugno 2023, previa riunione dei ricorsi accoglieva l'appello dell'Ufficio (proposto avverso la sentenza n. 20/2/2022, riguardante l'anno d'imposta 2016), e rigettava l'appello del contribuente (proposto avverso la sentenza n. 141/03/2021, riguardante l'anno d'imposta 2015).
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Fu.To., sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 20 dicembre 2023).
L'Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
5. Con decreto dell'11 ottobre 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso l'udienza pubblica del 23 gennaio 2025.
All'udienza suddetta è comparso il procuratore del ricorrente, che ha concluso come da verbale in atti.
È intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. Fulvio Troncone, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso il contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011, in relazione all'art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che, nel caso di specie, sussistevano le condizioni per poter usufruire dell'agevolazione della c.d. cedolare secca nelle locazioni, in quanto egli, nel concedere in locazione l'immobile di sua proprietà non agiva nell'esercizio di un'attività d'impresa o professionale, e, per altro verso, la causa ostativa prevista dal comma 6 dell'art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011 (e cioè l'essere la locazione effettuata nell'esercizio di un'attività d'impresa) poteva riferirsi al solo locatore, e non anche al conduttore, che quindi avrebbe potuto essere anche un soggetto imprenditoriale, purché l'unità immobiliare fosse comunque utilizzata per scopi abitativi.
2. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già affermato il principio - al quale si ritiene di dare continuità - secondo il quale, in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, atteso che l'esclusione di cui all'art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni (Cass. 7 maggio 2024, n. 12395).
Né possono desumersi contrari argomenti interpretativi dall'art. 3, comma 6-bis, D.Lgs. n. 23/2011, ai sensi del quale l'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del cod. civ., purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione. In primo luogo, il comma 6-bis cit. non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l'opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore/professionista e riconducibile all'attività di quest'ultimo. Inoltre, non può certo ritenersi che, posta questa premessa, il comma 6-bis dell'art. 3 del D.Lgs. n. 23/ 2011 sia privo di effetti. Difatti, tale disposizione disciplina la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto "madre" concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall'altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all'aggiornamento ISTAT, a favore di studenti universitari e la messa a disposizione dei Comuni.
Ne consegue che, nel caso di specie, trattandosi di locazione di immobile destinato comunque ad esigenze abitative dell'amministratore della società conduttrice, il locatore era comunque legittimato ad applicare il regime della c.d. cedolare secca.
3. Consegue quindi l'accoglimento del ricorso, sulla base del seguente principio di diritto: "in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, ed in particolare per le esigenze abitative dei suoi dipendenti, atteso che l'esclusione di cui all'art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni".
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa con l'accoglimento dei ricorsi originari proposti dal contribuente, e l'annullamento degli avvisi di accertamento impugnati.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell'Ufficio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo. Spese compensate per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi originari proposti da Fu.To., e, per l'effetto, annulla gli avvisi di accertamento impugnati.
Condanna l'Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore di Fu.To., delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 2.800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.