Come più volte ribadito dalla giurisprudenza, per la validità della multa per eccesso di velocità rilevata tramite Autovelox, non basta che l'apparecchio sia approvato, ma è necessaria anche la sua omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13997 del 26 maggio 2025, tuttavia precisa che se nel verbale redatto dagli agenti è indicata l'omologazione dell'apparecchio, l'automobilista che contesta la multa non può semplicemente allegare documenti o dichiarazioni contrarie.
In quel caso, per ottenere l'annullamento della sanzione, è necessario presentare una querela di falso contro il pubblico ufficiale che ha redatto il verbale.
Il conducente di un veicolo aveva impugnato una multa davanti al Giudice di pace di Lecce, sostenendo che l'Autovelox usato per l'accertamento della violazione non risultava omologato. La sua opposizione fu respinta sia in primo grado che in appello, con conferma dell'omologazione del dispositivo Sodi Scientifica modello 106 premium, matricola 954997.
Il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile. Secondo la Corte, i giudici di merito hanno correttamente valutato la prova fornita, facendo riferimento a una dichiarazione di conformità al campione omologato con identificativo n. 142/I/2-2019, che attestava la regolare omologazione dell'apparecchio utilizzato.
La Cassazione ribadisce che il verbale dell'accertamento stradale redatto da pubblico ufficiale fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati come avvenuti in sua presenza o che siano stati conosciuti direttamente.
Questo principio vale anche per la dichiarazione dell'omologazione: se nel verbale si attesta che l'apparecchio è omologato, solo una querela di falso può mettere in discussione questa affermazione.
Diversamente, se nel verbale non è riportata alcuna indicazione sull'omologazione, l'automobilista può contestare la multa con un normale ricorso, eccependo la mancata omologazione e allegando le relative prove.
La decisione sottolinea la centralità del verbale: è su quel documento che si gioca buona parte dell'esito del contenzioso.
Se manca l'indicazione dell'omologazione, il cittadino ha un margine più ampio per difendersi. Ma se l'omologazione è riportata nel verbale, serve un atto formale più complesso e oneroso: la querela di falso.
Infine, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento di una somma compresa tra 500 e 5.000 euro, ai sensi dell'art. 96, comma 4, c.p.c., oltre al contributo unificato aggiuntivo previsto per i ricorsi inammissibili.
Cassazione civile sez. II, ordinanza 26/05/2025 (ud. 21/05/2025) n. 13997
RILEVATO CHE:
1. Pa.An. impugnò davanti al Giudice di pace di Lecce un verbale di accertamento di infrazione al codice della strada, redatto dalla polizia stradale di Lecce per la violazione dell'art. 142, comma 9 del codice della strada, per superamento dei limiti di velocità, accertata con apparecchiatura automatica, con applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria.
Sostenne che l'accertamento era illegittimo, tra l'altro, in mancanza di prova del corretto funzionamento e di adeguata omologazione dello strumento utilizzato per il rilevamento della velocità;
2. il Giudice di pace, con sentenza n. 3539/2022, respinse la domanda;
3. sull'impugnazione della persona sanzionata, il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 3465/2022, emessa nel contraddittorio della PA, ha respinto l'appello, argomentando che, nella specie, la violazione era stata accertata con apparecchiatura autovelox regolarmente omologata;
4. per la cassazione della sentenza d'appello, Pa.An. ha proposto ricorso con un motivo.
Il ministero dell'interno è rimasto intimato.
In data 15/05/2024 il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., nella versione vigente ratione temporis, che è stata ritualmente comunicata alle parti. In seguito a tale comunicazione, il ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso. Fissata l'adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c., Palumbo ha depositato una memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
1. L'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 45 comma 6, 142 c.d.s., 192 D.P.R. n. 495 del 1992, 2697 c.c.: la sentenza sarebbe viziata per malgoverno dell'onere della prova con riferimento all'omologazione dell'apparecchiatura utilizzata per l'accertamento.
Ed infatti, si sostiene, la circostanza, affermata dai verbalizzanti, secondo cui l'autovelox marca Sodi scientifica modello premium 106 matricola 954997 sarebbe stato omologato dal ministero infrastrutture e trasporti è smentita dalla dichiarazione di conformità al campione omologato, nella quale il numero di serie 954997 risulta associato all'autovelox 106 che appunto è solo approvato e non omologato;
il motivo è inammissibile;
la statuizione del giudice di merito è in linea con l'indirizzo sezionale (Sez. 2, Ordinanza n. 10505 del 18/04/2024, Rv. 670887 – 01; conf.: Cass. nn. 20913/2024, 12924/2025), secondo cui, in tema di violazioni del codice della strada per superamento del limite di velocità, è legittimo l'accertamento eseguito con apparecchio "autovelox" (non soltanto approvato, ma anche) debitamente omologato.
La sentenza afferma (pag. 2) che "la controversia in esame trae origine dall'accertamento del superamento del limite di velocità vigente sulla SS 101, località Lequile, compiuto dalla Polizia Stradale di Lecce a mezzo di apparecchiatura Sodi scientifica modello 106 premium, matricola 954997, omologato come da dichiarazione di conformità con identificativo n. 142/I/2-2019", e spiega (pag. 4) che "L'omologazione del modello SODI Scientifica 106 risulta dai provvedimenti dettagliatamente riportati nella Dichiarazione di conformità al Campione Omologato n. 142/I/2 del 05.07.2019".
È questo un giudizio di fatto (sul quale i giudici di merito concordano), enunciato con motivazione chiara e priva di vizi logici, e dunque insindacabile in sede di legittimità.
A tale considerazione se n'affianca un'altra: il verbale di accertamento che attesta l'esistenza dell'omologazione del dispositivo "autovelox" ha fede privilegiata, controvertibile unicamente con il rimedio della querela di falso, rimedio che nella specie non risulta essere stato esperito.
Per la giurisprudenza della Corte (Cass. n. 7140/2025, in connessione con Cass. n. 6565 del 20/03/2007, Rv. 596066 – 01; in termini, Cass. n. 28398/2024), infatti, il verbale di accertamento dell'infrazione può assumere un valore probatorio disomogeneo, che si risolve in un triplice livello di attendibilità: a) il verbale fa piena prova fino a querela di falso relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che (come nella fattispecie concreta in esame) abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi, fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l'eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, ai fini della decisione dell'opposizione proposta dal trasgressore;
2. il ricorso, pertanto, è inammissibile;
3. nulla occorre disporre sulle spese del giudizio di cassazione, al quale l'intimato non ha partecipato;
4. poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta formulata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., va applicato - come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso articolo – il quarto comma dell'art. 96 c.p.c., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad Euro 500 e non superiore a Euro 5.000. Cfr. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909 – 01; Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023, Rv. 668850 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 27947 del 04/10/2023, Rv. 669107 – 01);
5. ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento della somma di Euro 500,00, in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 21 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2025.