Una nuova convivenza stabile fa perdere automaticamente il diritto all'assegno di mantenimento?
La risposta arriva dalla Cassazione civile, Sez. I, con l'ordinanza n. 14358 del 29 maggio 2025.
Il caso riguarda una coppia separata: il marito chiedeva la revoca dell’assegno mensile di 1.500 euro disposto a favore dell’ex moglie, ritenendo che la nuova relazione stabile intrapresa da lei con un altro uomo fosse sufficiente a escludere il mantenimento. La Corte d’appello, in sede di rinvio, aveva ritenuto irrilevante la nuova convivenza. Ma la Cassazione non è d’accordo.
Secondo la giurisprudenza di legittimità:
l’assegno di separazione ha lo scopo di garantire, nei limiti del possibile, il tenore di vita goduto durante il matrimonio (Cass. n. 22616/2022);
la nuova convivenza può comportare la perdita del diritto all’assegno se si traduce in un rapporto stabile e continuativo, assimilabile a un vincolo familiare, con ripercussioni economiche a beneficio del nuovo nucleo (Cass. n. 34728/2023);
il giudice deve considerare anche le circostanze sopravvenute, come una nuova relazione, anche se sorte durante il giudizio, specie in sede di rinvio (Cass. n. 1824/2005).
La Corte d’appello aveva ritenuto irrilevante la nuova unione della moglie, in quanto successiva alla separazione. Aveva basato la decisione solo sullo squilibrio reddituale tra le parti, senza valutare l'effettivo contributo economico del nuovo compagno né l’impatto della nuova convivenza sul tenore di vita.
La Cassazione ha censurato questa impostazione. Anche in regime di separazione, l’instaurazione di una nuova convivenza stabile può incidere sulla sussistenza del diritto all’assegno, se si dimostra che il nuovo partner fornisce assistenza materiale e morale comparabile a quella matrimoniale.
La Corte ricorda che la valutazione deve essere concreta e non meramente teorica. Nel caso esaminato, la Corte d’appello non ha motivato in modo adeguato il perché del mantenimento nonostante l’esistenza di un nuovo rapporto sentimentale con un partner economicamente abbiente, in grado di garantire un tenore di vita agiato.
La Cassazione ha poi accolto anche il ricorso incidentale della ex moglie, censurando la riduzione dell’assegno per le figlie minori, disposta senza adeguata motivazione.
La nuova convivenza non comporta automaticamente la perdita dell’assegno di mantenimento, ma può escluderlo se si dimostra che il coniuge beneficiario ha raggiunto una nuova stabilità economica grazie al nuovo legame.
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 29/05/2025 (ud. 01/04/2025) n.14358
RILEVATO CHE
Con ordinanza 24249/2022 la Corte di Cassazione, adìta da Ca.Sa., cassava con rinvio la sentenza 2840/2020 resa dalla Corte d'Appello di Venezia, la quale aveva respinto sia l'appello principale del Ca.Sa., sia quello incidentale proposto dalla moglie Fr.Pa., confermando la sentenza 2549/2019 del Tribunale di Treviso, che aveva così statuito: "1) rigetta le domande di addebito della separazione formulate da entrambe le parti; 2) affida le minori Ca.Ma e Ca.Lu. ai Servizi Sociali del Comune di C, che vengono espressamente investiti della facoltà di prendere tutte le decisioni inerenti l'ordinaria gestione delle bambine, mentre - con riguardo alle decisioni riguardanti l'istruzione, l'educazione, la salute e la residenza abituale di Ca.Ma e Ca.Lu. - le relative determinazioni saranno assunte dai Servizi affidatari previa convocazione dei genitori. In caso di contrasto, i Servizi Sociali potranno rivolgersi al Giudice deputato alla vigilanza, il quale provvederà compatibilmente con i suoi poteri; 3) dispone che i Servizi Sociali affidatari relazionino con cadenza trimestrale al Giudice deputato alla Vigilanza; 4) colloca prevalentemente le minori Ca.Ma e Ca.Lu. presso la madre Fr.Pa.; 5) assegna a Fr.Pa. la casa coniugale di C, via (Omissis), affinché vi abiti con le figlie minori; 6) dispone che Ca.Sa. possa vedere e stare con le figlie con le modalità meglio dettagliate in narrativa, e comunque: a settimane alterne dal venerdì dall'uscita da scuola al lunedì mattina con accompagnamento a scuola e il giovedì dalla fine della scuola al venerdì con accompagnamento a scuola; la settimana seguente - sempre alternativamente - il lunedì dall'uscita da scuola al martedì con accompagnamento a scuola; 7) pone a carico di Ca.Sa. l'obbligo di corrispondere a Fr.Pa., a titolo di concorso al mantenimento delle figlie minori Ca.Ma e Ca.Lu., la somma mensile complessiva di Euro 2.000,00 (Euro 1.000,00 per ciascuna figlia), somma da versarsi entro il giorno cinque di ogni mese al domicilio del creditore e soggetta a rivalutazione in base all'indice Istat per l'aumento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati; 8) pone a carico di Ca.Sa. l'obbligo di corrispondere a Fr.Pa., a titolo di concorso al suo mantenimento, la somma mensile di Euro 1.500,00, somma da versarsi entro il giorno cinque di ogni mese al domicilio del creditore e soggetta a rivalutazione in base all'indice Istat per l'aumento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati; 9) ordina alla società Style Srl di versare direttamente a Fr.Pa., la somma mensile di Euro 3.500,00, oltre rivalutazione annuale secondo gli indici Istat, detraendola dalle somme a qualsiasi titolo dovute a Ca.Sa.; ordina a Re.Ro. di versare direttamente a Fr.Pa., la somma mensile di Euro 3.500,00 oltre rivalutazione annuale secondo gli indici Istat, detraendola dalle somme dovute a titolo di canone di locazione dal Ca.Sa. per l'immobile sito in P, Piazza (Omissis); 10) dispone il sequestro conservativo, confermando quanto già disposto nella fase istruttoria del presente procedimento, di ogni bene (mobile, immobile o credito) di proprietà di Ca.Sa. fino alla concorrenza della somma di Euro 80.000,00; 11) condanna Ca.Sa., ai sensi dell'art. 709 ter, secondo comma, n. 2 c.p.c. al risarcimento del danno conseguente alle sue condotte pregiudizievoli patito dalle figlie Ca.Ma e Ca.Lu., nella misura di Euro 19.500,00 in favore di ciascuna danneggiata, oltre interessi dalla data della presente sentenza al saldo effettivo; 12) rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata da Fr.Pa.; 13) condanna Ca.Sa. alla rifusione, in favore di Fr.Pa., delle spese processuali.
Al riguardo, la Cassazione accoglieva il primo e il secondo motivo di ricorso, relativi al fatto che si controverteva sull'assegno di separazione e non di divorzio, osservando che: in tale prospettiva, era necessario considerare non soltanto la sproporzione fra i redditi dei coniugi (come aveva fatto la Corte d'Appello), ma anche il tenore di vita goduto durante il matrimonio, contratto il (Omissis); inoltre, la sentenza impugnata non aveva valutato quanto affermato dal marito sulla breve durata del matrimonio, sulla disponibilità della casa coniugale assegnata alla moglie, nonché in ordine alla giovane età e alla piena capacità lavorativa di quest'ultima, che era dipendente pubblica.
La causa veniva riassunta da Fr.Pa. con atto del 30.11.2022 per chiedere in sostanza di confermare la sentenza del Tribunale, mentre il Ca.Sa. si costituiva con comparsa del 26.11.2023 chiedendo la modifica delle condizioni economiche della separazione.
Con sentenza del 24.10.2023, la Corte d'Appello, in sede di rinvio, poneva a carico del Ca.Sa. l'obbligo di versare alla moglie, per concorso nel mantenimento delle figlie minori Ca.Ma e Ca.Lu. la somma di Euro Euro 700,00 ciascuna, nonché per il mantenimento della stessa moglie la somma di Euro 1.500,00, importi da versare entro il giorno cinque di ogni mese al domicilio dell'avente diritto, oltre rivalutazione Istat, confermando nel resto la sentenza del Tribunale.
Al riguardo, la Corte d'Appello osservava che : era da ribadire lo squilibrio reddituale fra le parti, come sottolineato dalla Corte remittente; risultava dall'indagine contabile d'ufficio che la Fr.Pa. aveva un reddito medio di Euro 9.000,00 all'anno, mentre il marito disponeva del reddito di Euro 27.297,00, come verificato nel periodo 2010-2016; la ctu, per quanto avesse offerto una ricostruzione induttiva della complessiva capacità economica del marito, aveva comunque evidenziato significativi elementi oggettivi a riprova dello squilibrio economico patrimoniale e reddituale rispetto alla moglie, sottolineando la scarsa collaborazione del Ca.Sa., il quale non aveva messo a disposizione del consulente i documenti richiesti; quest'ultimo in particolare aveva evidenziato la mancata produzione della documentazione relativa alle società partecipate dal marito in Italia e in Brasile, e ai conti correnti allo stesso intestati in Svizzera, Thailandia e presumibilmente in Brasile; pertanto, anche per questa ragione, nella ctu era stata formulata la presunzione dell'esistenza di entrate ben superiori a quelle emerse dalla documentazione acquisita agli atti, essendo emerse cinque società brasiliane partecipate direttamente dal Ca.Sa. anche per l'intero, per le quali erano stati espressi una rivalutazione del capitale sociale versato e dei finanziamenti alle stesse pari a Euro 334.000,00 sulla base dell'andamento del PIL nel periodo 2003-2017, oppure in Euro 658.000,00, assumendo come parametro di riferimento il rendimento medio degli investimenti finanziari in titoli di Stato brasiliani; erano stati poi sottratti i debiti esistenti al 31.12.2016 così come documentati, con conseguente riduzione del patrimonio del Ca.Sa. rispettivamente a Euro 111.49,00 oppure Euro 435.049,00; in questo quadro, se si poteva ritenere che la capacità sia reddituale sia finanziaria di quest'ultimo superasse di gran lunga le risorse della moglie, si poteva anche desumere proprio dal comportamento non collaborativo della parte che il tenore di vita durante il matrimonio (ovvero il parametro da verificare nel giudizio di rinvio) fosse di un certo qual rilievo, dovendosi considerare sia i mezzi modesti della moglie, sia quelli più importanti del marito; d'altro canto, dovendosi accertare l'effettivo tenore di vita della famiglia durante il matrimonio, era irrilevante che da un paio di anni (quindi dopo la sentenza di separazione) la Fr.Pa. avesse intrapreso una relazione sentimentale stabile, continuativa e duratura con il dott. Ur.Pi., in grado questi di garantirle (e anche alle minori) il mantenimento con uno stile di vita molto agiato; pertanto, non era condivisibile la tesi subordinata del Ca.Sa., secondo cui unico parametro reddituale cui far riferimento per fissare un'eventuale contribuzione economica a suo carico, perché era l'unico dato certo, analitico, costante, sarebbe stato il solo reddito annualmente dichiarato, sempre rimasto costante durante e dopo il matrimonio, ammontante a poco più di Euro 20.000,00 lordi; sul punto la ctu aveva precisato che le entrate finanziarie rilevate nel periodo 2010-2016 raggiungevano una media annuale di Euro 80.000,00, mentre la media dei redditi (intesi come reddito complessivo imponibile) dichiarata dal marito era di Euro 27.000,00 all'anno, riferita al periodo 2010-2016; di conseguenza, si riteneva adeguato l'importo a suo tempo stabilito dal Tribunale per il mantenimento della moglie, mentre per le figlie era stimata congrua la somma di Euro 700,00 ciascuna, considerato che le stesse avevano rispettivamente tredici e otto anni.
Ca.Sa. ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con quattro motivi. Fr.Pa. resiste con controricorso, formulando ricorso incidentale affidato a due motivi.
RITENUTO CHE
Il primo motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 384 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., 156 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n.3, in quanto il giudice del rinvio avrebbe dovuto - in osservanza dei principi fissati dalla Cassazione nell'ordinanza di rinvio - ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento, valutare e tener conto del tenore di vita goduto durante il matrimonio e di talune circostanze di fatto di ordine economico suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti, quali la brevissima durata del matrimonio (poco più di un anno), la disponibilità della casa coniugale assegnata alla moglie, la giovane età e capacità lavorativa di quest'ultima (dipendente pubblica a tempo indeterminato e quindi titolare di reddito fisso), la quale poteva contare anche sul contributo dei parenti.
In particolare, il ricorrente lamentava che il giudice del rinvio non aveva minimamente indagato quale fosse il tenore di vita familiare prima della crisi coniugale, affidando le sue valutazioni solo ad un giudizio comparativo, di tipo ragionieristico, in ordine alla consistenza dei patrimoni e dei redditi dei coniugi, ritenendo esistente una sproporzione a svantaggio della Fr.Pa..
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. per omessa pronuncia e per motivazione apparente, manifestamente perplessa e contraddittoria in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4. c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , per aver la Corte d'Appello effettuato una ricostruzione delle capacità economiche dei coniugi del tutto erronea, immotivata e parziale.
Al riguardo, il ricorrente assumeva che: era stato utilizzato un parametro - la c.d. capacità finanziaria annuale - che non trovava alcun fondamento normativo, posto che l'art. 156 c.c. fa riferimento, esclusivamente ai redditi propri, cioè alla capacità reddituale di ciascuno; tale dato, quantificato in Euro 80.000,00 annui, non era affatto un parametro reddituale e quindi non poteva essere considerato ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in quanto, come risultava dalla ctu, si trattava di entrate derivanti, per la quasi totalità, da finanziamenti - cioè prestiti - della società BEB Sas e dei genitori dello stesso ricorrente; si trattava, in realtà, non propriamente di reddito, cioè, posta economica attiva, bensì di debiti del marito nei confronti della società e dei genitori, emergendo dalla documentazione fornita al ctu (bilancio e prelevamento utili) un credito della società nei suoi confronti, al 31/12/2015, di oltre Euro 167.000,00; detto dato economico non era comunque utile a connotare il tenore di vita normalmente goduto dalla coppia in costanza di matrimonio, perché non corrispondeva al vero che dette entrate erano state utilizzate principalmente per soddisfare le esigenze familiari, dato che come rilevato dal ctu, le uscite per soddisfare le esigenze familiari ammontavano in media (tra il 2010 e il 2016) a Euro 23.000,00, quindi a un importo molto più basso (rispetto agli Euro 80.000,00 a cui il giudice aveva parametrato il tenore di vita in costanza di matrimonio), e in linea con il reddito medio del Ca.Sa. di quegli anni (circa 27.000 euro); in ogni caso, dette entrate non potevano essere considerate perché erano pacificamente venute meno dopo il 2016 e ciò non per volontà del marito, come erroneamente affermato dal Tribunale, bensì, come anche riconosciuto dal ctu, a causa della "situazione economica della società che presentava una situazione di criticità con il sistema bancario"; infine, il parametro patrimoniale, in assenza di elementi circa la redditualità, non aveva alcun rilievo ai fini della determinazione degli assegni di mantenimento; del resto, nella motivazione della sentenza, non era espressa alcuna valutazione circa l'incidenza dell'elemento patrimoniale nella quantificazione degli assegni; in realtà, negli ultimi anni il reddito del ricorrente si era dimezzato, mentre egli viveva, sostanzialmente, grazie al sostengo economico del padre; tale parametro, raffrontato alla situazione economica della Fr.Pa., denotava una evidente proporzione, e non sproporzione, tra le due situazioni economiche, considerando che la moglie poteva contare sulla disponibilità della casa familiare, su uno stipendio da lavoro dipendente a tempo indeterminato di Euro 9.856,54, aveva incassato la somma di Euro 185.000,00 dalla vendita di un appartamento, disponendo altresì di una cerchia familiare che la supportava, come emergeva, per esempio, dagli accrediti bancari effettuati a suo favore da parte del fratello e dei genitori, come rilevato dal ctu.
Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., e omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per non aver la Corte d'Appello considerato elementi di fatto rilevanti per la valutazione ex art. 156 c.c. quali: la brevissima durata del matrimonio (poco più di un 1 anno); la disponibilità della casa coniugale pacificamente assegnata alla Fr.Pa.; la giovane età e la capacità lavorativa di quest'ultima la quale aveva incassato Euro 185.000,00 dalla vendita di un appartamento; il fatto che la Fr.Pa. potesse contare anche sul contributo costante e continuativo dei parenti.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., degli artt. 112 e 132 c.p.c. per motivazione manifestamente illogica in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4. c.p.c.
In particolare, il ricorrente si duole che: la Corte territoriale abbia affermato che "dovendosi accertare l'effettivo tenore di vita della famiglia durante il matrimonio, è irrilevante che da un paio di anni (quindi dopo la sentenza di separazione) la Fr.Pa. abbia intrapreso una relazione sentimentale stabile, continuativa e duratura con il dott. Ur.Pi. Pierpaolo, in grado questi di garantire alla Fr.Pa. (e anche alle minori) il mantenimento con uno stile di vita molto agiato: si ribadisce che nell'assegno di separazione la Corte Suprema indica il parametro del tenore di vita durante il matrimonio, non dopo di esso";
il giudice del rinvio aveva adottato una motivazione manifestamente illogica in ordine all'irrilevanza della dedotta circostanza sopravvenuta (nuova relazione sentimentale stabile, continuativa e duratura della moglie con un medico economicamente abbiente il quale le garantiva il mantenimento con uno stile di vita molto agiato, sicuramente superiore a quello avuto in costanza di matrimonio).
Il primo motivo del ricorso incidentale deduce nullita' della sentenza impugnata per motivazione apparente, fondata su argomenti generici, quali il riferimento all'età delle minori.
Il secondo motivo deduce violazione/falsa applicazione dell'art. 337 ter c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, per aver la Corte d'Appello omesso di prendere in esame, al fine di determinare la misura del contributo a carico del padre, le attuali esigenze" delle minori, e i tempi di permanenza presso ciascun genitore, nonché la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Il collegio ritiene che sia da esaminare dapprima il quarto motivo del ricorso principale, in quanto logicamente prioritario rispetto agli altri.
Invero, in tema di separazione personale dei coniugi, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza matrimoniale a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo rilievo anche i redditi occultati al fisco, all'accertamento dei quali l'ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria (Cass., n. 22616/2022).
Tuttavia, va osservato che, in tema di crisi familiare, il diritto all'assegno di mantenimento viene meno ove, durante lo stato di separazione, il coniuge avente diritto instauri un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduca in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, con onere della prova a carico del coniuge tenuto a corrispondere l'assegno; ne consegue che la stabilità e la continuità della convivenza può essere presunta, salvo prova contraria, se le risorse economiche sono state messe in comune, mentre, ove difetti la coabitazione, la prova relativa all'assistenza morale e materiale tra i partner dovrà essere rigorosa (Cass., n. 34728/23; n. 32871/18).
Nella specie, la Corte d'Appello non ha fatto corretta applicazione dei suesposti principi, nel senso che la formazione di un rapporto di fatto con nuovo partner da parte del beneficiario dell'assegno di separazione, pur dopo la separazione, non è affatto irrilevante. La controricorrente eccepisce che tale questione è stata introdotta solo nel giudizio di rinvio, mentre il ricorrente non avrebbe allegato le ragioni a sostegno della deduzione del fatto nuovo sopravvenuto.
Tale eccezione non è fondata. Orbene, secondo l'orientamento di questa Corte, la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime di separazione, postulano la possibilità di adeguare l'ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle loro condizioni patrimoniali e reddituali, e anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni (oltre che di disporne la modifica in un successivo giudizio di revisione), con la conseguenza che non solo il giudice d'appello, nel rispetto del principio di disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l'evoluzione delle condizioni delle parti verificatasi nelle more del giudizio, ma che anche il giudice del rinvio, a sua volta nel rispetto dei limiti posti dalla pronuncia rescindente, deve procedere a tale valutazione (Cass., n. 1824 del 28/01/2005).
Nella specie, il giudice del rinvio, ai fini della decisione sull'assegno di mantenimento in favore della moglie, ha considerato irrilevante l'evento sopravvenuto, costituito dal formarsi della suddetta relazione ad opera della Fr.Pa., solo perché successivo alla separazione- fatto non significativo a tal fine- senza esplicitare nessuna ragione a sostegno della statuizione, con riguardo alla regola di diritto desumibile dal predetto orientamento di questa Corte.
Al riguardo, giova osservare che la normativa sulla questione, in tema di separazione coniugale, è disciplinata in maniera diversa rispetto al divorzio, in quanto l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno, in relazione alla sua componente compensativa (SU, n. 32198/2021; n. 14256/2022).
L'accoglimento di tale motivo ha carattere assorbente sugli altri motivi del ricorso principale nel senso che la decisione del giudice del rinvio potrebbe incidere sulla sussistenza del diritto stesso all'assegno di mantenimento della moglie.
Infine, entrambi i motivi del ricorso incidentale, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, vanno accolti perché la Corte d'Appello ha omesso la motivazione giustificativa della riduzione dell'assegno alle minori, facendo solo un generico riferimento all'età dei figli minori che, in mancanza di altre ragioni, non può concretizzare quel minimo costituzionale che deve informare l'obbligo motivazionale.
Invero, la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (SU, n. 8053/2014; n. 9253/2017).
Per quanto esposto, in accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e dei motivi del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'Appello, anche in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi, e i due motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata, nei limiti di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.