In tema di responsabilità civile, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della particolare condizione del soggetto danneggiato (cd. thin skull rule).
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 26/06/2025 (ud. 29/05/2025) n. 17179
RILEVATO CHE
- Gu.Ma. conveniva in giudizio la Admiral Insurance Company Limited (ora, per effetto di cessione del portafoglio, Admiral Europe Compania de Seguros S.A.), Li.Ma. e UnipolSai Assicurazioni Spa per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale avvenuto il 9 febbraio 2013 a Palermo;
- in primo grado, il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 5033 del 29 settembre 2017, accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria di Gu.Ma., riconoscendogli l'importo di Euro 7.451,05 a titolo di risarcimento;
- investita dell'impugnazione di Gu.Ma. (che lamentava la mancata liquidazione del danno alla salute derivante dall'infarto miocardico, indicato quale conseguenza del sinistro) e dell'appello incidentale della compagnia assicurativa, la Corte d'Appello di Palermo, con la sentenza n. 729 del 4/5/2022, riformava la decisione di primo grado e rigettava la richiesta risarcitoria;
- il giudice di secondo grado riteneva che l'urto tra i veicoli fosse di lieve entità e che Gu.Ma. presentasse numerosi fattori di rischio coronarico; la C.T.U. svolta, poi, indicava che l'infarto era stato causato da una placca preesistente in un contesto protrombotico, sicché lo stress da sinistro poteva aver avuto un ruolo concausale, ma non sufficiente a fondare la responsabilità civile ("... non può ritenersi che l'infarto del miocardio che colpì il Gu.Ma. sia causalmente riconducibile al sinistro di cui è causa. Infatti, dalla dinamica del sinistro pacifica tra le parti, il Gu.Ma. in data 9.2.2013 venne tamponato dall'autovettura condotta da Li.Ma. e l'urto fu di lieve entità tanto che le due autovetture non riportarono alcun danno materiale.... Tale infarto, come accertato dal CTU nominato in questo grado di giudizio, fu causato dalla complicazione di una placca in un ambiente protrombinico capace di ridurre consistentemente il flusso coronarico. Infatti, il Gu.Ma. presentava notevoli fattori di rischio coronarico quali sesso maschile, età, fumo di sigarette, sovrappeso, diabete mellito, ipertensione arteriosa che lo rendevano un soggetto ad altro rischio di infarto miocardico acuto. Ora, in genere la causa
più frequente di infarto è rappresentata da una o più placche coronariche "complicate" e come è emerso dalla coronarografia eseguita in UTIC il Gu.Ma. era portatore di placche ateromatose che erano preesistenti al sinistro. Come spiegato dal CTU la placca vulnerabile (che è quella che presenta un ampio nucleo lipidico necrotico con un rivestimento capsulare sottile nell'interfaccia con il lume del vaso coronarico) non conduce necessariamente all'infarto, poiché nel 75% dei casi le placche vulnerabili vanno incontro alla stabilizzazione tramite una conformazione con un rivestimento capsulare meno ricco di lipidi. Pertanto, affinché la placca di complichi, sono necessari dei fattori esterni che interagiscono tra di loro, anche se nel 50% dei casi non è stato evidenziato alcun evento esterno mentre lo stress era presente soltanto nel 18% dei casi. Se la placca si complica l'esito può essere variabile in relazione alla presenza di fattori individuali protrombotici, in quanto la rottura della placca con la formazione di un trombo avviene quando vi è una combinazione di fattori esterni con fattori interni emodinamici, protrombotici e forze emodinamiche durante un periodo di vulnerabilità della placca. Nel caso di specie, lo stimolo emotivo correlato al sinistro può avere contribuito alla complicazione della placca, in aggiunta all'azione infiammatoria scatenata dalla iperglicemia indotta dalla terapia steroidea in un preesistente ambiente protrombotico connesso al diabete, obesità e ipertensione. Tuttavia, l'infarto subito dal Gu.Ma., anche qualora fosse stato stimolato dallo stress psico-fisico derivante dal sinistro e dal ricovero, che può avere agito come concausa della complicazione della placca ateromatosa, appare sicuramente un evento eccezionale che, in base ad una valutazione ex ante e secondo l'id quod plerumque accidit, non consegue, secondo il principio della regolarità causale, a sinistri del tipo di quello descritto. Conseguentemente, considerato che deve escludersi l'esistenza di un nesso causale tra il sinistro e la menomazione subita dal Gu.Ma., l'appello incidentale va accolto e la sentenza riformata con il rigetto della domanda di risarcimento del danno.");
- avverso la predetta sentenza Gu.Ma. proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
- la ADMIRAL INTERMEDIARY SERVICES S.A., quale rappresentante in Italia per la gestione dei sinistri di Admiral Europe Compania de Seguros S.A., e la UnipolSai Assicurazioni Spa resistevano con distinti controricorsi;
- nel giudizio di legittimità non svolgeva difese Li.Ma.;
- le parti depositavano memorie ex art. 380-bis.1, comma 1, c.p.c.;
- all'esito della camera di consiglio del 29/5/2025, il Collegio si riservava il deposito dell'ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell'art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
- col primo motivo il ricorrente deduce "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) con riferimento agli artt. 2043,2056,1223,1226 e 1227 c.c.; 40 e 41 c.p."), per avere la Corte di merito, pur correttamente invocando i principi giurisprudenziali in tema di nesso di causalità, erroneamente applicato detti principi, arrivando ad escludere l'incidente come causa o concausa dell'infarto miocardico occorso al ricorrente in quanto evoluzione insolita, ancorché inidonea a giustificare l'interruzione del nesso;
- col secondo motivo si deduce "Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.) in relazione degli artt. 132. 194, 195, 201 c.p.c.", perché il giudice d'appello fornisce una motivazione solo apparente sull'interruzione del nesso causale in ragione dell'eccezionalità dell'infarto, senza analizzare la fattispecie, senza addurre massime di comune esperienza, senza addurre argomentazioni atte a superare le risultanze peritali che avevano riconosciuto la derivazione causale, non già in termini di eccezionalità, ma di regolarità inquadrabile nell'ambito di una significativa statistica (così il CTU in primo grado: "Tale consecutio temporum permette di poter valutare come altamente probabile il rapporto di concausalità tra l'evento (sinistro stradale) e l'effetto"; così la CTU in appello: "Alla luce del peculiare stato anteriore del Periziato, tenuto conto della cronologia degli eventi clinici succedutisi e dei dati di fisiopatologia richiamati, si ritiene che lo stress emotivo correlato al sinistro abbia svolto un'azione necessaria, ancorché da sola non sufficiente, alla verificazione dell'infarto miocardico.");
- col terzo motivo si deduce "Nullità sotto altro profilo della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.) in relazione degli artt. 132, 194, 195, 201 c.p.c.", non essendo "agevolmente percepibile se il giudice abbia, a monte dell'esclusione del nesso causale per l'intervento di un supposto fattore eccezionale, condiviso le risultanze delle due consulenze rese in corso di causa, quale riconoscimento pieno – o in termini probabilistici secondo il criterio del più probabile che non - del rapporto causale, tra la condotta e l'evento, e se, condividendole, le abbia ritenute assorbite, ovvero, in alternativa, se ne abbia comunque posto in discussione le risultanze.";
- con le censure – che possono esaminate congiuntamente perché tra loro intimamente connesse – il ricorrente formula fondate critiche alla motivazione addotta del giudice d'appello, che per escludere il nesso causale tra un tamponamento (evento di lieve entità) e l'infarto miocardico occorso al Gu.Ma.:
- ha fondato il proprio decisum su un generico id quod plerumque accidit (secondo cui da sinistri di minima entità non possono derivare danni fisici gravi) che prescinde dalle risultanze peritali e non ha considerato che, ai fini risarcitori, la condotta lesiva può costituire anche solo una concausa dell'evento verificatosi;
- stando alla conclusione a cui è approdato, ha relegato l'infarto a evento eccezionale e, cioè, a un'ipotesi talmente improbabile da potersi ragionevolmente escludere la sua derivazione causale dall'incidente stradale, ma la motivazione sul punto non è perspicua – sia perché si basa su un postulato apodittico (è vero che da un sinistro lieve non derivano, solitamente, danni gravi, ma si tratta di una presunzione e non di un dato inconfutabile) e si risolve in una petizione di principio ("appare sicuramente un evento eccezionale che, in base ad una valutazione ex ante e secondo l'id quod plerumque accidit, non consegue, secondo il principio della regolarità causale, a sinistri del tipo di quello descritto"), sia perché non è esplicitata alcuna analisi sul grado di probabilità – ed è in parte contraddittoria – dato che la stessa Corte palermitana asserisce che il tamponamento, con conseguente ricovero, "può avere agito come concausa della complicazione della placca ateromatosa" – e, proprio per la sua lacunosità, inidonea a giustificare lo scostamento dalle contrarie conclusioni dei consulenti tecnici d'ufficio;
- ha enunciato i preesistenti fattori di rischio del ricorrente, ma – pur dando atto della possibile incidenza del sinistro in concomitanza coi medesimi ("Nel caso di specie, lo stimolo emotivo correlato al sinistro può avere contribuito alla complicazione della placca, in aggiunta all'azione infiammatoria scatenata dalla iperglicemia indotta dalla terapia steroidea in un preesistente ambiente protrombotico connesso al diabete, obesità e ipertensione") – ha repentinamente e apoditticamente attribuito interamente a questi l'infarto: al contrario, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo recepito il principio noto come "thin skull rule", secondo cui il danneggiante è responsabile per tutte le conseguenze del proprio comportamento, anche se aggravate da condizioni preesistenti del danneggiato (tra le altre, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28990 del 11 novembre 2019, ha ribadito che "In tema di responsabilità civile, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della particolare condizione del soggetto danneggiato (cd. thin skull rule)"; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21 luglio 2011, ha statuito che "Il concorso di una causa naturale non esclude la responsabilità del danneggiante, se la sua condotta ha avuto un'efficacia causale rilevante nella produzione dell'evento, secondo il criterio del "più probabile che non"");
- in definitiva, nella sentenza impugnata è mancato un compiuto accertamento del nesso causale secondo la nota regola del "più probabile che non" riferita allo specifico caso esaminato;
- in conclusione, in relazione alle predette censure, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di merito, in diversa composizione, per nuovo esame;
- al giudice del rinvio è altresì rimessa la regolazione delle spese della lite, incluse quelle del giudizio di legittimità;
- resta assorbito dalla cassazione con rinvio il quarto motivo, col quale il ricorrente aveva lamentato che, nell'accogliere l'appello incidentale e nel rigettare la domanda risarcitoria, la Corte d'Appello aveva completamente omesso di liquidare i "danni che, se non sono quelli pretesi dal ricorrente, sono comunque sussistenti, documentati, obbiettivamente constatabili e risarcibili: in particolare, agli atti del giudizio è presente il certificato del pronto soccorso, rilasciato prima dell'infarto, che valuta in sei giorni di inabilità il pregiudizio dell'attore";
- infine, in considerazione della causa petendi (e, cioè, della richiesta di risarcimento di una lesione alla salute), ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, va disposta ex officio l'omissione, in caso di diffusione di questo provvedimento, delle generalità dell'odierno ricorrente;
P.Q.M.
la Corte
accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso;
dichiara assorbito il quarto motivo;
cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
dispone che, ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione di questo provvedimento, siano omesse le generalità del ricorrente.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 29 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2025.