In quali casi la malattia del difensore può giustificare la rimessione in termini nel processo?
Sulla questione è tornata la Cassazione civile, sez. trib., con l'ordinanza n. 18127 del 3 luglio 2025.
Nel caso di specie, il ricorrente era decaduto dalla costituzione in giudizio per un giorno di ritardo e chiedeva la rimessione in termini a causa dell'impossibilità del proprio difensore a deambulare nella settimana precedente alla scadenza. La Commissione tributaria regionale aveva rigettato la richiesta.
La rimessione in termini, disciplinata dall'art. 153 c.p.c., è ammessa solo in presenza di una causa non imputabile alla parte o al difensore, cioè dovuta a fattori estranei alla volontà degli stessi.
La giurisprudenza (Cass., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32725) precisa che la malattia del difensore rileva solo se è improvvisa, grave e tale da impedire totalmente lo svolgimento dell'attività difensiva. Inoltre, l'evento deve essere imprevedibile e non evitabile con l'ordinaria diligenza.
Nel caso di specie, il termine per la costituzione era il 17 ottobre 2016, ma il certificato medico attestava l'impossibilità del difensore a deambulare già dal 10 ottobre.
La Corte ha evidenziato che il deposito del ricorso non richiedeva necessariamente la presenza del difensore, potendo essere effettuato da altri soggetti delegati o tramite plico raccomandato.
La malattia, pur documentata, non ha quindi integrato una situazione di impossibilità assoluta e non superabile con l'ordinaria organizzazione dello studio legale.
Secondo la Cassazione, la rimessione in termini non può essere concessa quando il ritardo è gestibile con una minima organizzazione.
Quindi non basta presentare un certificato medico: serve dimostrare che nessun altro avrebbe potuto adempiere, e che la situazione era oggettivamente impediente.
Cassazione civile, sez. trib., ordinanza 03/07/2025 (ud. 20/05/2025) n. 18127
FATTI DI CAUSA
Ta.Fr. ricorre nei confronti dell'Agenzia delle entrate, che non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest'ultima la CTR ha rigettato l'appello del contribuente avverso la sentenza della CTP che aveva dichiarato inammissibile, in ragione della tardiva costituzione, il ricorso spiegato avverso avviso di accertamento con il quale, per l'anno di imposta 2012, era stato rettificato il reddito di impresa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il contribuente propone due motivi di ricorso.
1.1. Il primo motivo è così rubricato: "Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc) - nullità della sentenza e/o del procedimento di primo grado (art. 360 n. 4 cpc) - violazione art. 111 Costituzione, violazione e falsa applicazione degli articoli 27, 28 e 33 e/o 34 D.Lgs. 546/92".
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità della sentenza di primo grado e per non aver, conseguentemente, rimesso gli atti al primo giudice.
Osserva che, sebbene la costituzione in giudizio fosse avvenuta con un giorno di ritardo - per cause non imputabili - la sentenza che aveva definito il giudizio in primo grado era stata emessa all'esito dell'udienza fissata per la discussione della sola istanza per la sospensiva con conseguente lesione del contraddittorio.
1.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell'art. 153 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver rigettato l'istanza di rimessione in termini, avanzata alla CTR, con la quale aveva addotto che il ricorso in primo grado era stato depositato con un giorno di ritardo in quanto il difensore era stato impossibilitato a deambulare come da certificato medico allegato. Osserva in proposito che l'impossibilità a deambulare rientra nel concetto di causa non imputabile in quanto fatto estraneo alla volontà della parte.
2. Il primo motivo è infondato, se pure va parzialmente corretta la motivazione della sentenza ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.
2.1. Nel processo civile le ipotesi in cui il giudice d'appello rimette la causa al primo giudice sono esclusivamente quelle, tassative, indicate dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.; con specifico riferimento al processo tributario, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito il principio di diritto per il quale, al di là delle ipotesi tassative ed eccezionali di cui all'art. 59, comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, nelle quali è prevista la possibilità di una sentenza meramente rescissoria, il giudizio dinanzi alle CTR assume le caratteristiche generali del mezzo di gravame, ossia del mezzo di impugnazione a carattere sostitutivo, sicché la sentenza di secondo grado prende il posto, nel rispetto della devoluzione occasionata dall'appello presentato, della sentenza di primo grado, sicché la CTR non può limitarsi, tranne che nelle suddette eccezioni, alla fase rescissoria, ma deve decidere nel merito le questioni ad essa sottoposte (tra le più recenti Cass. 25/02/2025, n. 4907).
2.2. Questa Corte ha anche affrontato l'argomento della trattazione del ricorso in primo grado in camera di consiglio, sebbene una delle parti ne avesse chiesta la trattazione in udienza pubblica, ai sensi dell'art. 33, comma 1, D.L.gs. n. 54 del 1992; in tale evenienza, è stata negata la rimessione al primo giudice per ragioni di violazione del principio del contraddittorio, osservando che la trattazione del ricorso in camera di consiglio, invece che in pubblica udienza, in presenza di un'istanza di una delle parti ai sensi dell'art. 33 cit., integra una nullità processuale che, pur travolgendo la successiva sentenza per violazione del diritto di difesa, non determina, una volta dedotta e rilevata in appello, la retrocessione del giudizio in primo grado, poiché tale ipotesi non rientra tra quelle tassativamente previste dall'art. 59 D.Lgs. cit. L'appello costituisce, anche nel processo tributario, un gravame generale a carattere sostitutivo che impone al giudice dell'impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia (Cass. 24/07/2018, n. 19579; 30/12/2014, n. 27496).
2.3. Anche nella ipotesi in cui la sentenza sia stata emessa al termine dell'udienza fissata per la discussione della sola istanza di sospensione, si è escluso che una simile menomazione dell'ordinata sequenza del procedimento di primo grado sia riconducibile ad alcuna delle ipotesi, tassative, di rimessione alla Commissione provinciale previste dall'art. 59, comma 1, D.Lgs. cit. e neppure a quella - enunciata alla lett. b) - in cui nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato. (cfr. Cass. 09/11/2021 n. 32593 la quale ha rilevato, in fattispecie identica a quella in esame, che tutte le parti erano presenti all'udienza fissata per la discussione dell'istanza di sospensione).
2.4. Va evidenziato che, nella fattispecie in esame, della presenza di tutte le parti all'udienza ne dà atto la stessa sentenza impugnata.
La CTR, pertanto, pur non avendo rilevato la nullità processuale, ha correttamente operato nel non rimettere la causa al primo giudice e nell'affrontare, a fronte della pacifica costituzione tardiva del ricorrente - da quest'ultimo confermata anche nel ricorso per cassazione - in via preliminare, la questione della sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini.
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1 Questa Corte è costante nell'affermare che la rimessione in termini richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte o al suo difensore, perché cagionata da un fattore estraneo alla volontà degli stessi (Cass. Sez. U. 18/12/2018, n. 32725).
Con specifico riferimento alla malattia del difensore si è precisato che questa non rileva di per sé come legittimo impedimento, se non in caso di un malessere improvviso che determini un totale impedimento a svolgere l'attività professionale; in assenza di detto presupposto, invece, il professionista è tenuto ad organizzarsi affinché le attività ordinarie possano svolgersi senza interruzioni (Cass. 09/08/2019, n. 21304, Cass. Sez. U. 18/12/2018, n. 32725).
3.2. La CTR si è attenuta a questi principi.
A fronte della scadenza del termine di trenta giorni per costituirsi in data 17 ottobre 2016, ed esaminato il certificato medico che attestava l'impossibilità del difensore a deambulare per il periodo dal 10 al 17 ottobre 2016 (ovvero già sette giorni prima della scadenza del termine), ha rilevato che al deposito del ricorso presso la segreteria della CTP non doveva necessariamente provvedere il difensore, potendo tale adempimento essere assolto da altro soggetto all'uopo delegato, dallo stesso ricorrente e potendosi anche provvedere mediante spedizione di plico raccomandato.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Non deve provvedersi sule spese, stante la mancanza di attività difensiva dell'intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2025.