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Appalto e vizi dell'opera: chiarimenti su prescrizione e decadenza

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.18409 del 07/07/2025

La Seconda sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 18409 del 7 luglio 2025, ha fornito chiarimenti fondamentali destinati a ridefinire l'equilibrio contrattuale tra committente e appaltatore nei casi di vizi dell'opera.

Il nodo centrale della decisione riguarda la decorrenza dei termini di decadenza e prescrizione previsti dagli articoli 1667 e 1668 c.c., con particolare attenzione alla distinzione tra consegna, collaudo e accettazione dell'opera.

La vicenda

La controversia trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un'impresa appaltatrice per il saldo di un impianto idrotermosanitario.

Il committente si era opposto eccependo gravi vizi dell'impianto (malfunzionamento, temperature insufficienti, consumi anomali), e segnalando l'assenza di un collaudo e dell'accettazione formale dell'opera.

Tuttavia, sia il Tribunale di Torino che la Corte d'Appello avevano respinto l'opposizione, ritenendo tardiva la denuncia dei vizi (presentata nel giugno 2013 rispetto alla scoperta di febbraio 2013), applicando l’art. 1667 c.c.

I tre principi innovativi della Corte

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello e ha enunciato tre principi di diritto destinati a orientare in modo significativo la giurisprudenza in materia:

  1. Decadenza solo dopo accettazione
    L’obbligo di denuncia dei vizi entro 60 giorni dalla scoperta (art. 1667, comma 2, c.c.) sorge solo se la scoperta è avvenuta dopo l’accettazione dell’opera.
    Effetto pratico: In assenza di accettazione (espressa, tacita o presunta), non decorre il termine di decadenza.

  2. Prescrizione dei vizi occulti dalla scoperta effettiva
    Il termine biennale di prescrizione per l’azione di garanzia decorre dalla scoperta effettiva del vizio, intesa come reale conoscenza da parte del committente.
    Effetto pratico: Se il vizio non è immediatamente rilevabile, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui è stato scoperto, non dalla consegna dell’opera.

  3. Consegna provvisoria e accettazione: due momenti distinti
    La consegna anticipata con riserva di verifica non fa decorrere il termine di prescrizione. Occorre una consegna definitiva, preceduta da verifica e seguita da accettazione.
    Effetto pratico: La semplice disponibilità materiale dell’opera non è sufficiente a far decorrere i termini: è necessaria l’accettazione definitiva.

Le ricadute per le parti

La pronuncia valorizza la distinzione tra consegna e accettazione, ribadisce il ruolo centrale del collaudo e rafforza le tutele per il committente.

Per i committenti, questa decisione della Cassazione rappresenta una significativa estensione delle tutele. In assenza di un'accettazione formale dell'opera, non opera la decadenza e il termine per la denuncia dei vizi non decorre. Ciò consente una verifica più approfondita e rilassata dell’opera eseguita, senza il timore di perdere il diritto di agire per eventuali difetti riscontrati. In definitiva, il collaudo torna a occupare un ruolo centrale, restituendo al committente uno spazio di controllo più ampio e garantito.

Dal punto di vista dell'appaltatore, si evidenzia l’importanza di curare attentamente la formalizzazione dell’accettazione, che assume ora un valore dirimente. In mancanza di essa, infatti, il rischio è quello di vedersi contestare vizi anche a distanza di tempo, con conseguente instabilità contrattuale. Diventa quindi essenziale accompagnare la consegna con un collaudo esaustivo, che sancisca la chiusura definitiva del rapporto e limiti le responsabilità future.

Appalto, difformità o vizi dell'opera, decadenza, vizi occulti, prescrizione, dies a quo di decorrenza

In tema di appalto, l'obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell'opera appaltata, ai sensi dell'art. 1667, secondo comma, c.c., presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l'accettazione dell'opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica.

Qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (che sia successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore.

In tema di appalto, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi, stabilito dall'art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa.

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Cassazione civile, sez. II, ordinanza 07/07/2025 (ud. 11/06/2025) n. 18409

FATTI DI CAUSA

1.- Con decreto ingiuntivo n. 3075/2015, il Tribunale di Torino intimava il pagamento, a carico di Fe.Fr. e in favore della GHEMAR Srl, della somma di Euro 43.010,00, oltre interessi legali, a titolo di saldo dell'appalto eseguito, avente ad oggetto la realizzazione di un impianto idrotermosanitario e di climatizzazione presso l'immobile di proprietà del committente, sito in Omissis, via Rotta Roccolo n. 6, come da contratto del 3 novembre 2020.

Con atto di citazione notificato il 18 magio 2015, Fe.Fr. proponeva opposizione avverso il rilasciato provvedimento monitorio, eccependo:

– l'inesistenza o comunque la nullità della procura allegata al ricorso monitorio;

– la carenza di legittimazione passiva sostanziale dell'intimato;

– il malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento per un consumo anomalo di energia elettrica, a fronte di temperature molto basse nei locali, vizi già riconosciuti dall'appaltatrice e rimasti irrisolti;

– la mancata esecuzione del collaudo;

– il difetto di un previo accertamento dell'accettazione dell'opera e del rilascio dell'attestato di collaudo;

– la mancata autorizzazione di lavori extra-capitolato.

Chiedeva, poi, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni per i vizi dell'impianto nella misura di Euro 499.831,00, imputabili ai costi di ripristino e al minor valore dell'immobile declassato in ragione della diversa classe energetica, e di Euro 15.000,00, ascrivibili al costo di trasferimento, vitto e alloggio per il tempo occorrente all'esecuzione dei lavori di ripristino.

Si costituiva in giudizio la GHEMAR Srl, la quale contestava le argomentazioni avversarie, deducendo:

– la validità ed efficacia della procura congiunta materialmente al ricorso monitorio;

– la legittimazione sostanziale del Fe.Fr.;

– la corretta realizzazione e certificazione degli impianti;

– la riconducibilità degli eccessivi consumi e del carente riscaldamento e raffrescamento dei locali a problemi di coibentazione degli stessi, alla costruzione di una vetrata non conforme, alla sistemazione di bocchettoni nel controsoffitto della cabina armadio e ad una gestione poco accorta dell'impianto;

– il mancato riconoscimento dei difetti contestati;

– l'accettazione dell'opera, in esito al saldo di gran parte del prezzo pattuito;

– in ogni caso, l'intervenuta decadenza e prescrizione dalla garanzia per i vizi;

– l'indebita quantificazione in ordine all'asserito danno patito;

– l'imputazione dei difetti, qualora riscontrati, alla progettazione dell'impianto e non già alla sua realizzazione.

Chiedeva, infine, l'autorizzazione alla chiamata in garanzia della progettista Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc e della propria assicurazione Unipol Sai.

Autorizzata la chiamata, si costituiva la sola compagnia Unipol Sai Assicurazioni Spa, la quale negava la copertura assicurativa relativamente all'oggetto della domanda e si associava ai rilievi svolti dalla GHEMAR.

Rimaneva contumace la società progettista Termica Progetti.

Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1346/2018, depositata il 16 marzo 2018, accoglieva l'opposizione spiegata e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava Fe.Fr. al pagamento, in favore della GHEMAR Srl, della minore somma di Euro 18.194,00, oltre interessi legali, respingendo la proposta domanda riconvenzionale.

In specie, la domanda risarcitoria era disattesa in ragione della ritenuta fondatezza dell'eccezione di decadenza formulata dall'appaltatrice, in quanto, nonostante la mancata accettazione dell'opera per difetto del collaudo, a fronte della scoperta dei vizi non più tardi del febbraio 2013, la prima contestazione risaliva alla mail del 3 giugno 2013, senza che l'assuntore avesse riconosciuto tali vizi, con il conseguente assorbimento dell'eccezione di prescrizione.

2.- Con atto di citazione notificato il 19 aprile 2018, Fe.Fr. proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando:

1) l'irrilevanza degli indizi valorizzati dal primo giudice ai fini di desumere la qualità di committente in capo all'opponente;

2) l'erroneo riconoscimento della pretesa creditoria azionata quanto ai lavori extra-capitolato;

3) la mancata distinzione tra opere oggetto di un nuovo contratto di appalto, varianti ordinate dal committente e varianti eseguite su iniziativa dell'appaltatrice;

4) l'avvenuta contestazione degli asseriti lavori extra-contratto e del quantum della pretesa all'uopo azionata;

5) l'erroneo calcolo della ritenuta a garanzia del 10% sull'importo complessivo dell'appalto;

6) l'erroneo accoglimento dell'eccezione di decadenza, in mancanza del collaudo dell'opera, che avrebbe impedito il decorso dei termini, nonostante la materiale immissione nel possesso;

7) l'avvenuto riconoscimento del vizio a cura dell'appaltatrice;

8) in ogni caso, la tempestività della denuncia dei vizi, rispetto al momento in cui era stato scoperto l'eccessivo consumo di energia elettrica;

9) l'erronea declaratoria di assorbimento dell'eccezione di prescrizione, in ragione dell'accoglimento dell'eccezione di decadenza, prescrizione che invece non avrebbe potuto a monte decorrere nel caso di avvenuta consegna dell'opera senza previa soggezione a collaudo;

10) ad ogni modo, la tempestività dell'azione riconvenzionale di risarcimento danni rispetto al termine biennale di prescrizione.

Si costituivano separatamente nel giudizio d'appello la GHEMAR Srl e la UNIPOLSAI Assicurazioni Spa, le quali instavano per il rigetto dell'appello e per la conseguente conferma della sentenza impugnata.

Rimaneva contumace la Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'Appello di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l'impugnazione e, per l'effetto, in parziale riforma della pronuncia impugnata, confermava la revoca del decreto ingiuntivo opposto e assolveva l'opponente della pretesa azionata in monitorio, confermando altresì il rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni.

A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede:

a) che l'appaltatrice non aveva affatto riconosciuto l'esistenza del vizio, non essendo dato rinvenire nella corrispondenza prodotta l'ammissione circa la presenza di vizi o difetti dell'opera; b) che, a fronte dell'eccezione di decadenza sollevata, gravava sul committente l'onere della prova circa la tempestività della denuncia;

c) che il Tribunale, contrariamente a quanto ritenuto dall'appellante, aveva considerato come, in mancanza di accettazione dell'opera, il committente non potesse decadere dalla garanzia per i vizi ex art. 1667, primo comma, c.c. e come dovesse, invece, indagarsi in ordine alla decadenza denunciata dalla GHEMAR per effetto dell'intempestività della denuncia;

d) che sin dalle prime fatture -che coprivano il trimestre da novembre 2012 a gennaio 2013 -poteva evincersi la marcata differenza di costi e di resa rispetto al vecchio impianto e vi era altresì l'immediata percezione della presenza di basse temperature, sicché la denuncia del giugno 2013 era tardiva;

e) che, per l'effetto, doveva essere confermata la natura assorbente dell'accertata decadenza rispetto all'eccezione di prescrizione e, in ogni caso, doveva rilevarsi che, ai fini della decorrenza del termine biennale, era irrilevante ogni indagine sull'epoca del collaudo, poiché, avuto riguardo al momento della riconoscibilità dei vizi, l'esperimento dell'azione a far tempo dalla notifica dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo risultava chiaramente fuori termine.

3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, Fe.Fr.

Hanno resistito, con separati controricorsi, la GHEMAR Srl e la UNIPOLSAI Assicurazioni Spa.

È rimasta intimata la Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc.

4.- Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1662,1665,1667 e 1668 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che i termini di decadenza e prescrizione, in ordine alla garanzia per i vizi nell'appalto, operassero nel caso di specie, pur avendo accertato la mancanza di collaudo e accettazione.

Osserva l'istante che era fatto pacifico, evocato dal Tribunale e richiamato anche dalla sentenza impugnata, che nessun collaudo fosse avvenuto, né il primo (provvisorio), previsto entro 60 giorni dalla consegna, né quello (definitivo), che doveva avvenire entro sei mesi dal primo collaudo.

Per l'effetto, obietta il ricorrente che la scoperta del vizio occulto avrebbe dovuto essere logicamente successiva al collaudo, altrimenti il vizio non avrebbe potuto definirsi occulto, dovendo intendersi per vizi occulti quei vizi non riconosciuti e non riconoscibili, nonostante la verifica e il collaudo eseguiti dalle parti, mentre, nel caso concreto, il giudizio avrebbe avuto ad oggetto vizi o difetti palesi, perché pacificamente scoperti e comunicati prima del collaudo mai avvenuto, come disciplinati dall'art. 1667, primo comma, c.c., secondo cui l'appaltatore è liberato dalla garanzia per i vizi palesi solo se vi sia stato collaudo e accettazione dell'opera, senza che decorra alcun termine di decadenza per la relativa denuncia.

Soggiunge l'istante che la mera consegna materiale dell'opera o l'immissione nel possesso non avrebbero comportato alcun decorso dei termini di decadenza e prescrizione, che presupponevano, invece, la consegna definitiva dell'opera, ossia la consegna all'esito dell'accettazione.

1.1.- Il motivo è fondato nei termini che seguono.

I due aspetti su cui si incentra la censura aggrediscono i seguenti argomenti posti a fondamento della sentenza impugnata:

A) l'affermazione secondo cui, pur in mancanza di accettazione dell'opera (che avrebbe dovuto essere delibata all'epoca del preventivato collaudo, in realtà mai avvenuto), dovesse, comunque, indagarsi in ordine alla decadenza denunciata dalla GHEMAR per effetto dell'intempestività della denuncia ex art. 1667, secondo comma, c.c.;

B) il rilievo a mente del quale, nonostante la natura assorbente dell'accertata decadenza rispetto all'eccezione di prescrizione, in ogni caso, ai fini della decorrenza del termine biennale ex art. 1667, terzo comma, c.c. fosse irrilevante ogni indagine sull'epoca del collaudo, poiché, avuto riguardo al momento della riconoscibilità dei vizi, l'esperimento dell'azione a far tempo dalla notifica dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo sarebbe risultata chiaramente fuori termine.

Entrambi gli asserti sono sindacabili in questa sede.

1.2.- Anzitutto, si evidenzia che i termini di prescrizione e di decadenza di cui all'art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione risarcitoria volta a far valere, nei confronti dell'appaltatore, la garanzia per le difformità e i vizi dell'opera (come proposta nel caso di specie dall'appaltante), atteso che il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza della tutela del committente a conseguire un'opera immune da difformità e vizi con l'interesse dell'appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell'esecuzione della prestazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23075 del 30/10/2009; Sez. 2, Sentenza n. 28417 del 22/12/2005; Sez. 2, Sentenza n. 14284 del 18/12/1999).

1.3.- Occorre, dunque, interrogarsi sull'integrazione dei presupposti affinché tali termini siano operativi.

A) In base al primo comma, secondo periodo, dell'art. 1667 c.c., la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.

Tale norma si riferisce evidentemente ai vizi palesi o apparenti, che devono essere riscontrati al momento della verifica o dell'accettazione, sicché, una volta che sia avvenuta l'accettazione nonostante il riconoscimento o la riconoscibilità dei vizi, la garanzia non è dovuta.

A contrario, pertanto, il committente che non abbia accettato l'opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore.

Per converso l'art. 1667, secondo comma, primo periodo, c.c., nel prevedere che il committente debba, a pena di decadenza, denunciare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, regola la disciplina dei vizi occulti, ossia dei vizi non riconosciuti e non riconoscibili fino al momento dell'accettazione e che siano scoperti in epoca successiva.

Dunque, l'obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell'opera appaltata presuppone che vi sia stata un'accettazione dell'opera, espressa, tacita o presunta, avvenuta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1177 del 14/04/1972), prima della scoperta.

Ove, dunque, all'accettazione dell'opera segua la scoperta dei vizi, essi devono essere denunciati dall'ordinante, a pena di decadenza, nei sessanta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza.

Nella fattispecie, non vi sono stati né verifica, né collaudo, né accettazione.

In difetto di accettazione (cui la pronuncia impugnata allude a pag. 19), non poteva imputarsi all'ordinante di non aver provveduto alla denuncia dei vizi, a decorrere dal momento della loro scoperta, appunto perché essi avrebbero dovuto essere rilevati all'epoca della verifica e menzionati nell'esito dei collaudi sollecitati dall'appaltante.

Nello specifico la "accettazione" avrebbe dovuto essere rimessa all'esito del prodromico "collaudo" (mancato collaudo, sebbene previsto, cui espressamente si riferisce la sentenza impugnata a pag. 17), quale risultato positivo o negativo della "verifica", a sua volta intesa quale complesso di operazioni materiali di natura eminentemente tecnica finalizzate ad accertare se l'opera sia stata eseguita correttamente.

Ossia avrebbe dovuto attendersi il giudizio espresso dal committente (ove non demandato ad un terzo collaudatore) circa la rispondenza o meno dell'opera alle condizioni del contratto o alle regole dell'arte, collaudo che rappresenta un accertamento tecnico unilaterale (semplice dichiarazione unilaterale di scienza, consistente in una constatazione tecnica proveniente dal committente, avente carattere recettizio) - Cass. Sez. 2, Sentenza n. 169 del 10/01/1996; Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987; Sez. 2, Sentenza n. 5460 del 08/11/1985; Sez. 2, Sentenza n. 283 del 13/01/1984; Sez. 2, Sentenza n. 3515 del 23/06/1979; Sez. 1, Sentenza n. 2569 del 21/10/1967 -.

Ne discende che la necessità di denunciare le difformità e i vizi all'esito della consegna dell'opera (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1748 del 24/01/2018; Sez. 2, Sentenza n. 6970 del 16/12/1982; Sez. 2, Sentenza n. 3596 del 06/08/1977; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13821 del 17/05/2024; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2449 del 29/01/2019) implica che a tale consegna possa attribuirsi il significato di accettazione tacita.

Infatti, "consegna" e "accettazione" dell'opera sono atti distinti: la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell'opera stessa, con la conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità palesi ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19019 del 31/07/2017; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007; nello stesso senso Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 27915 del 23/09/2022).

Cosicché dalla mera consegna non può desumersi ipso facto l'accettazione, salvo che non sia integrata la fattispecie della "accettazione tacita", che richiede un surplus rispetto alla mera consegna, ossia che alla consegna possa attribuirsi, in concreto, un preciso significato giuridico: la ricezione dell'opera "senza riserve", nonostante "non si sia proceduto alla verifica", a fronte di "difformità o vizi palesi" (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1576 del 22/01/2025; Sez. 3, Sentenza n. 2010 del 21/06/1972; Sez. 3, Sentenza n. 4061 del 23/12/1968). Soltanto tale forma di consegna importa rinuncia del committente al diritto di verifica e collaudo, con la conseguente liberazione dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 1667, primo comma, c.c., dalla garanzia per difformità o vizi riconoscibili o conosciuti dal committente. Siffatta "accettazione tacita", cioè, spiega gli stessi effetti del collaudo, precludendo la possibilità di far valere, così in via di azione, come in via di eccezione, i cosiddetti difetti palesi.

Ebbene, con riguardo ai vizi dell'opera conosciuti o riconoscibili, il committente, che non abbia accettato l'opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore, poiché, ai sensi dell'art. 1667, primo comma, c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (ossia l'impossibilità di farli valere successivamente, a prescindere da qualsiasi termine di decadenza, che decorre dalla "scoperta" per i soli vizi occulti).

Pertanto, prima dell'accettazione e della consegna dell'opera, non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d'opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell'accettazione non vi è onere di denuncia e prima della consegna "definitiva" non decorrono i termini di prescrizione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 14584 del 30/07/2004; Sez. 1, Sentenza n. 9174 del 11/12/1987; Sez. 2, Sentenza n. 962 del 05/02/1983; Sez. 2, Sentenza n. 3752 del 06/11/1975; Sez. 3, Sentenza n. 346 del 13/02/1970; Sez. 1, Sentenza n. 2430 del 25/09/1964; Sez. 1, Sentenza n. 444 del 06/03/1962).

In proposito, si precisa che l'accettazione dell'opera costituisce un atto peculiare dell'appalto, non rinvenibile nella disciplina generale sull'adempimento delle obbligazioni. Mentre, infatti, di regola, il creditore può limitarsi, attraverso un contegno passivo, ad attendere l'esecuzione della prestazione a cura della propria controparte e, ove richiesta, la relativa consegna, l'appaltante deve invece svolgere un ruolo attivo, che si concretizza nell'accettazione dell'opera realizzata dall'assuntore, dichiarando di voler far propria l'opera eseguita dall'appaltatore.

Ne consegue che l'accettazione, diversamente dall'atto di collaudo, considerato quale mera dichiarazione di scienza proveniente dall'appaltante o dall'incaricato all'effettuazione della verifica, è un atto di volontà con il quale il committente dichiara di volere accogliere nella sua sfera giuridica il frutto della prestazione eseguita, avendola trovata immune da difformità o vizi o avendo rinunciato a farli valere. è quindi qualificata come negozio unilaterale recettizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4051 del 01/03/2016; Sez. 2, Sentenza n. 12981 del 06/09/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1317 del 03/02/1993; Sez. 2, Sentenza n. 49 del 11/01/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6331 del 18/07/1987; Sez. 3, Sentenza n. 2841 del 17/07/1976; Sez. 2, Sentenza n. 964 del 14/03/1975). Essa deve essere comunicata all'appaltatore, a pena di inefficacia.

Inoltre, affinché l'opera possa essere accettata è necessario che essa sia stata portata a compimento dall'assuntore, almeno con riferimento ai suoi elementi costitutivi essenziali.

Con riferimento ai rapporti tra l'accettazione e il collaudo, può accadere:

a) che l'opera sia accettata senza alcuna verifica e collaudo, il che peraltro è escluso nelle situazioni in cui è prevista l'obbligatorietà del collaudo per ragioni di interesse pubblico, come negli appalti aventi ad oggetto la costruzione di edifici, il compimento di opere in cemento armato, l'installazione di ascensori e montacarichi in servizio privato;

b) che l'opera sia accettata nonostante il collaudo abbia avuto esito negativo;

c) che l'opera debba essere accettata in ragione dell'esito positivo del collaudo, costituendo la dichiarazione sulla regolarità della prestazione dell'appaltatore un'ipotesi di accettazione tacita, in quanto incompatibile con la volontà di rifiutare la prestazione della controparte.

Quanto alle forme di manifestazione, l'accettazione può essere espressa, tacita o presunta, non essendo richiesti particolari requisiti formali per la sua esternazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1576 del 22/01/2025).

È espressa quando il committente, per iscritto o anche oralmente, e anche senza che sia stata previamente effettuata una verifica o un collaudo, dichiara esplicitamente di voler ricevere la prestazione eseguita, senza muovere alcun rilievo.

L'accettazione è invece tacita, in base ai principi generali, laddove il committente, o un suo rappresentante autorizzato, compia un atto incompatibile con la volontà di rifiutare l'opera.

Sicché essa si sostanzia nei comportamenti concludenti, che - presupponendo necessariamente la volontà di accettarla o siano incompatibili con la volontà di rifiutarla o di accettarla condizionatamente - dimostrino in modo inequivocabile il gradimento del committente rispetto all'opera realizzata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13966 del 30/06/2005; Sez. 2, Sentenza n. 7057 del 14/04/2004; Sez. 3, Sentenza n. 1635 del 08/04/1978; Sez. 3, Sentenza n. 1569 del 01/06/1974).

Si ricade, per converso, nell'ipotesi di accettazione presunta allorché, ai sensi dell'art. 1665, terzo comma, c.c.,

(a) nonostante l'invito dell'appaltatore, il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi ovvero

(b) non ne comunichi il risultato entro un breve termine o

(c) ancora laddove, ai sensi dell'art. 1666, secondo comma c.c., in tema di esecuzione dell'appalto per singole partite, vi sia stato il pagamento di singole partite, il che fa presumere l'accettazione della frazione o partita di opera pagata, salvo che ricorra il versamento di semplici acconti.

In merito, l'art. 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve desumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4021 del 09/02/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 13224 del 16/05/2019).

Ed appunto, in primo luogo, si considera fattispecie di accettazione tacita la ricezione dell'opera senza riserve in assenza di verifica.

Sul punto il quarto comma dell'art. 1665 c.c. prevede, quale presupposto dell'accettazione tacita dell'opera, soltanto la sua consegna al committente, ossia la sua materiale traditio - alla quale è parificabile l'immissione nel possesso per esclusiva iniziativa del committente e senza che vi sia il concorso della condotta dell'assuntore - e, come fatto concludente, la sua "ricezione senza riserve" da parte del committente stesso, "ancorché non si sia proceduto alla verifica" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10452 del 03/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 15711 del 21/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 4353 del 07/04/2000; Sez. 2, Sentenza n. 3742 del 20/04/1994; Sez. 2, Sentenza n. 1509 del 12/02/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987; Sez. 1, Sentenza n. 1787 del 09/05/1975).

Pertanto, mentre la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima, anche per facta concludentia, il gradimento dell'opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per le difformità e i vizi palesi dell'opera e il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11349 del 17/06/2004; Sez. 2, Sentenza n. 7260 del 12/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 9567 del 02/07/2002; Sez. 2, Sentenza n. 5121 del 22/05/1998; Sez. 2, Sentenza n. 10314 del 22/11/1996; Sez. 2, Sentenza n. 830 del 29/01/1983; Sez. 2, Sentenza n. 972 del 17/02/1981).

Al ricevimento del bene deve associarsi, dunque, un contegno dell'appaltante che sia significativo della volontà di non sollevare riserve: la dichiarazione di riserva neutralizza, infatti, gli effetti propri dell'accettazione.

Non si ha, invece, accettazione tacita se il committente prende in consegna l'opera, dopo l'effettuazione della verifica, riservandosi al contempo di far valere difformità o vizi in un momento successivo, oppure se la presa in consegna da parte del committente, nel caso in cui la verifica non abbia ancora avuto luogo, avvenga con l'espressa riserva di effettuare la verifica medesima o proprio allo scopo di effettuarla.

Sicché la mera presa in consegna dell'opera da parte del committente non è emblematica dell'accettazione della stessa e non implica di per sé la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, in assenza di una formale denuncia di difformità o di vizi, oppure di un comportamento concludente dal quale poter desumere con certezza l'intenzione del committente di accettare l'opera senza riserve (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12829 del 12/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 10505 del 07/12/1994).

Nella fattispecie, contrariamente alle direttrici innanzi espresse, si è ritenuto che, pur in difetto di accettazione dell'opera, per mancanza dei collaudi preventivati, i vizi dovessero essere denunciati entro il termine decadenziale prescritto dall'art. 1667, secondo comma, c.c., decorrente dalla scoperta (avvenuta prima dell'accettazione).

B) Quanto al secondo aspetto, l'art. 1667, terzo comma, primo periodo, c.c. dispone che l'azione (di garanzia per i vizi) contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera.

Tale termine di prescrizione biennale vale sia per i vizi palesi (purché dedotti in sede di verifica e successiva accettazione con riserva dell'opera; altrimenti la garanzia non è in radice dovuta), sia per quelli occulti, che siano stati scoperti prima di tale consegna.

Viceversa, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (nonostante l'opinione contraria della dottrina, secondo cui, in ogni caso, per i vizi occulti, il termine di prescrizione decorre dalla consegna, quale momento a partire dal quale il diritto può essere fatto valere, non assumendo rilevanza, a tale scopo, i meri impedimenti di fatto che inibiscano tale esercizio, come la mancata conoscenza del vizio, ma i soli impedimenti di diritto), qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26233 del 22/11/2013; Sez. 2, Sentenza n. 19757 del 27/09/2011; Sez. 3, Sentenza n. 18402 del 19/08/2009; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36009 del 07/12/2022; Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/2019; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 18192 del 10/07/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 14199 del 07/06/2017; Sez. 2, Sentenza n. 15283 del 21/07/2005).

Ove, invece, il committente, per effetto del riscontro di difetti palesi nel corso della verifica, comunichi che non intende accettare l'opera e prenderla in consegna, il termine di prescrizione delle azioni esperibili decorre da tale comunicazione.

Diversamente, come anticipato, prima dell'accettazione e consegna dell'opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d'opera, possono essere dedotti al momento della consegna.

Nondimeno, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi, stabilito dall'art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1788 del 23/01/2009; Sez. 1, Sentenza n. 271 del 13/01/2004; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13631 del 30/05/2013; Sez. 6-2, Ordinanza n. 23455 del 10/11/2011; pronunce che hanno superato il precedente orientamento risalente a Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9641 del 23/12/1987; Sez. 2, Sentenza n. 1146 del 24/02/1982).

Ossia la consegna rilevante per il decorso del termine prescrizionale (ai fini dell'esercizio del diritto di garanzia) postula che essa avvenga contestualmente o successivamente alla verifica e all'accettazione dell'opera e ne costituisca la naturale appendice, quale finale acquisizione dell'opera appaltata in conseguenza della manifestazione del suo complessivo gradimento (eventualmente anche in conseguenza della prospettazione di determinate difformità e vizi).

Sicché nella fattispecie, quand'anche il vizio rappresentato dal malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento per un consumo anomalo di energia elettrica, a fronte di temperature molto basse nei locali, fosse stato conoscibile al momento della consegna "provvisoria" dell'immobile, con riserva di effettuazione dei collaudi (come prontamente sollecitati), tale consegna "provvisoria" non avrebbe potuto costituire il dies a quo del termine di prescrizione biennale per l'esercizio delle azioni di garanzia per i vizi (ossia per la proposizione dell'azione risarcitoria), come invece affermato dalla sentenza impugnata.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale tralasciato di considerare che l'assuntore aveva attribuito a cause esterne alla propria sfera di responsabilità le basse temperature percepite dalla committenza, a fronte di consumi eccessivamente alti, già nel primo inverno successivo all'immissione nel possesso dell'opera, accadimento da cui avrebbe dovuto desumersi il riconoscimento dei vizi a cura dell'appaltatore, con la conseguente superfluità della denuncia.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte distrettuale, accertata la necessità di integrare il riscaldamento con il condizionatore, negato che GHEMAR avesse ammesso la presenza di basse temperature.

4.- Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1667, secondo e terzo comma, c.c., per avere la Corte dell'impugnazione sostenuto che i termini di decadenza e prescrizione decorrevano dalla riconoscibilità dei vizi e non già dalla loro effettiva scoperta.

5.- Con il quinto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte del gravame affermato che le basse temperature, a fronte di consumi eccessivamente alti, fossero indubbiamente imputabili al malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento sulla scorta delle sole bollette dell'energia elettrica, senza esperire preventive indagini tecniche.

6.- Con il sesto motivo il ricorrente assume, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte di seconde cure prospettato che, per un impianto di riscaldamento, i difetti di performance (ossia le basse temperature, a fronte di consumi eccessivamente alti) fossero constatabili sin dal suo avviamento e non già alla fine del primo inverno successivo all'installazione.

7.- Il settimo motivo di ricorso investe, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d'Appello mancato di prendere in considerazione il fatto rappresentato dalla partecipazione di GHEMAR alle verifiche con esito negativo tenutesi in data 8 maggio 2014 e 9 maggio 2014, da cui si sarebbe potuto desumere che l'artefice dell'opera aveva avuto notizia dei vizi contestati, contestualmente alle verifiche peritali svolte in contraddittorio in fase stragiudiziale, il che avrebbe dovuto escludere la decadenza dalla garanzia e la correlata inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall'ordinante.

8.- I mezzi di critica che precedono devono essere dichiarati assorbiti, in quanto proposti da parte ricorrente in subordine al mancato accoglimento della prima doglianza (vedi pag. 25 del ricorso).

Essi sono effettivamente consequenziali al mancato accoglimento di detta censura.

9.- La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

"In tema di appalto, l'obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell'opera appaltata, ai sensi dell'art. 1667, secondo comma, c.c., presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l'accettazione dell'opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica".

"Qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (che sia successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore".

"In tema di appalto, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi, stabilito dall'art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa".

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 11 giugno 2025.

Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2025.

Cassazione civile, sez. II, ordinanza 07/07/2025, (ud. 11/06/2025) n.18409

FATTI DI CAUSA

1.- Con decreto ingiuntivo n. 3075/2015, il Tribunale di Torino intimava il pagamento, a carico di Fe.Fr. e in favore della GHEMAR Srl, della somma di Euro 43.010,00, oltre interessi legali, a titolo di saldo dell'appalto eseguito, avente ad oggetto la realizzazione di un impianto idrotermosanitario e di climatizzazione presso l'immobile di proprietà del committente, sito in Omissis, via Rotta Roccolo n. 6, come da contratto del 3 novembre 2020.

Con atto di citazione notificato il 18 magio 2015, Fe.Fr. proponeva opposizione avverso il rilasciato provvedimento monitorio, eccependo:

– l'inesistenza o comunque la nullità della procura allegata al ricorso monitorio;

– la carenza di legittimazione passiva sostanziale dell'intimato;

– il malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento per un consumo anomalo di energia elettrica, a fronte di temperature molto basse nei locali, vizi già riconosciuti dall'appaltatrice e rimasti irrisolti;

– la mancata esecuzione del collaudo;

– il difetto di un previo accertamento dell'accettazione dell'opera e del rilascio dell'attestato di collaudo;

– la mancata autorizzazione di lavori extra-capitolato.

Chiedeva, poi, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni per i vizi dell'impianto nella misura di Euro 499.831,00, imputabili ai costi di ripristino e al minor valore dell'immobile declassato in ragione della diversa classe energetica, e di Euro 15.000,00, ascrivibili al costo di trasferimento, vitto e alloggio per il tempo occorrente all'esecuzione dei lavori di ripristino.

Si costituiva in giudizio la GHEMAR Srl, la quale contestava le argomentazioni avversarie, deducendo:

– la validità ed efficacia della procura congiunta materialmente al ricorso monitorio;

– la legittimazione sostanziale del Fe.Fr.;

– la corretta realizzazione e certificazione degli impianti;

– la riconducibilità degli eccessivi consumi e del carente riscaldamento e raffrescamento dei locali a problemi di coibentazione degli stessi, alla costruzione di una vetrata non conforme, alla sistemazione di bocchettoni nel controsoffitto della cabina armadio e ad una gestione poco accorta dell'impianto;

– il mancato riconoscimento dei difetti contestati;

– l'accettazione dell'opera, in esito al saldo di gran parte del prezzo pattuito;

– in ogni caso, l'intervenuta decadenza e prescrizione dalla garanzia per i vizi;

– l'indebita quantificazione in ordine all'asserito danno patito;

– l'imputazione dei difetti, qualora riscontrati, alla progettazione dell'impianto e non già alla sua realizzazione.

Chiedeva, infine, l'autorizzazione alla chiamata in garanzia della progettista Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc e della propria assicurazione Unipol Sai.

Autorizzata la chiamata, si costituiva la sola compagnia Unipol Sai Assicurazioni Spa, la quale negava la copertura assicurativa relativamente all'oggetto della domanda e si associava ai rilievi svolti dalla GHEMAR.

Rimaneva contumace la società progettista Termica Progetti.

Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1346/2018, depositata il 16 marzo 2018, accoglieva l'opposizione spiegata e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava Fe.Fr. al pagamento, in favore della GHEMAR Srl, della minore somma di Euro 18.194,00, oltre interessi legali, respingendo la proposta domanda riconvenzionale.

In specie, la domanda risarcitoria era disattesa in ragione della ritenuta fondatezza dell'eccezione di decadenza formulata dall'appaltatrice, in quanto, nonostante la mancata accettazione dell'opera per difetto del collaudo, a fronte della scoperta dei vizi non più tardi del febbraio 2013, la prima contestazione risaliva alla mail del 3 giugno 2013, senza che l'assuntore avesse riconosciuto tali vizi, con il conseguente assorbimento dell'eccezione di prescrizione.

2.- Con atto di citazione notificato il 19 aprile 2018, Fe.Fr. proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando:

1) l'irrilevanza degli indizi valorizzati dal primo giudice ai fini di desumere la qualità di committente in capo all'opponente;

2) l'erroneo riconoscimento della pretesa creditoria azionata quanto ai lavori extra-capitolato;

3) la mancata distinzione tra opere oggetto di un nuovo contratto di appalto, varianti ordinate dal committente e varianti eseguite su iniziativa dell'appaltatrice;

4) l'avvenuta contestazione degli asseriti lavori extra-contratto e del quantum della pretesa all'uopo azionata;

5) l'erroneo calcolo della ritenuta a garanzia del 10% sull'importo complessivo dell'appalto;

6) l'erroneo accoglimento dell'eccezione di decadenza, in mancanza del collaudo dell'opera, che avrebbe impedito il decorso dei termini, nonostante la materiale immissione nel possesso;

7) l'avvenuto riconoscimento del vizio a cura dell'appaltatrice;

8) in ogni caso, la tempestività della denuncia dei vizi, rispetto al momento in cui era stato scoperto l'eccessivo consumo di energia elettrica;

9) l'erronea declaratoria di assorbimento dell'eccezione di prescrizione, in ragione dell'accoglimento dell'eccezione di decadenza, prescrizione che invece non avrebbe potuto a monte decorrere nel caso di avvenuta consegna dell'opera senza previa soggezione a collaudo;

10) ad ogni modo, la tempestività dell'azione riconvenzionale di risarcimento danni rispetto al termine biennale di prescrizione.

Si costituivano separatamente nel giudizio d'appello la GHEMAR Srl e la UNIPOLSAI Assicurazioni Spa, le quali instavano per il rigetto dell'appello e per la conseguente conferma della sentenza impugnata.

Rimaneva contumace la Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'Appello di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l'impugnazione e, per l'effetto, in parziale riforma della pronuncia impugnata, confermava la revoca del decreto ingiuntivo opposto e assolveva l'opponente della pretesa azionata in monitorio, confermando altresì il rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni.

A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede:

a) che l'appaltatrice non aveva affatto riconosciuto l'esistenza del vizio, non essendo dato rinvenire nella corrispondenza prodotta l'ammissione circa la presenza di vizi o difetti dell'opera; b) che, a fronte dell'eccezione di decadenza sollevata, gravava sul committente l'onere della prova circa la tempestività della denuncia;

c) che il Tribunale, contrariamente a quanto ritenuto dall'appellante, aveva considerato come, in mancanza di accettazione dell'opera, il committente non potesse decadere dalla garanzia per i vizi ex art. 1667, primo comma, c.c. e come dovesse, invece, indagarsi in ordine alla decadenza denunciata dalla GHEMAR per effetto dell'intempestività della denuncia;

d) che sin dalle prime fatture -che coprivano il trimestre da novembre 2012 a gennaio 2013 -poteva evincersi la marcata differenza di costi e di resa rispetto al vecchio impianto e vi era altresì l'immediata percezione della presenza di basse temperature, sicché la denuncia del giugno 2013 era tardiva;

e) che, per l'effetto, doveva essere confermata la natura assorbente dell'accertata decadenza rispetto all'eccezione di prescrizione e, in ogni caso, doveva rilevarsi che, ai fini della decorrenza del termine biennale, era irrilevante ogni indagine sull'epoca del collaudo, poiché, avuto riguardo al momento della riconoscibilità dei vizi, l'esperimento dell'azione a far tempo dalla notifica dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo risultava chiaramente fuori termine.

3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, Fe.Fr.

Hanno resistito, con separati controricorsi, la GHEMAR Srl e la UNIPOLSAI Assicurazioni Spa.

È rimasta intimata la Termica Progetti di Ra.Lo. e So.Ri. Snc.

4.- Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1662,1665,1667 e 1668 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che i termini di decadenza e prescrizione, in ordine alla garanzia per i vizi nell'appalto, operassero nel caso di specie, pur avendo accertato la mancanza di collaudo e accettazione.

Osserva l'istante che era fatto pacifico, evocato dal Tribunale e richiamato anche dalla sentenza impugnata, che nessun collaudo fosse avvenuto, né il primo (provvisorio), previsto entro 60 giorni dalla consegna, né quello (definitivo), che doveva avvenire entro sei mesi dal primo collaudo.

Per l'effetto, obietta il ricorrente che la scoperta del vizio occulto avrebbe dovuto essere logicamente successiva al collaudo, altrimenti il vizio non avrebbe potuto definirsi occulto, dovendo intendersi per vizi occulti quei vizi non riconosciuti e non riconoscibili, nonostante la verifica e il collaudo eseguiti dalle parti, mentre, nel caso concreto, il giudizio avrebbe avuto ad oggetto vizi o difetti palesi, perché pacificamente scoperti e comunicati prima del collaudo mai avvenuto, come disciplinati dall'art. 1667, primo comma, c.c., secondo cui l'appaltatore è liberato dalla garanzia per i vizi palesi solo se vi sia stato collaudo e accettazione dell'opera, senza che decorra alcun termine di decadenza per la relativa denuncia.

Soggiunge l'istante che la mera consegna materiale dell'opera o l'immissione nel possesso non avrebbero comportato alcun decorso dei termini di decadenza e prescrizione, che presupponevano, invece, la consegna definitiva dell'opera, ossia la consegna all'esito dell'accettazione.

1.1.- Il motivo è fondato nei termini che seguono.

I due aspetti su cui si incentra la censura aggrediscono i seguenti argomenti posti a fondamento della sentenza impugnata:

A) l'affermazione secondo cui, pur in mancanza di accettazione dell'opera (che avrebbe dovuto essere delibata all'epoca del preventivato collaudo, in realtà mai avvenuto), dovesse, comunque, indagarsi in ordine alla decadenza denunciata dalla GHEMAR per effetto dell'intempestività della denuncia ex art. 1667, secondo comma, c.c.;

B) il rilievo a mente del quale, nonostante la natura assorbente dell'accertata decadenza rispetto all'eccezione di prescrizione, in ogni caso, ai fini della decorrenza del termine biennale ex art. 1667, terzo comma, c.c. fosse irrilevante ogni indagine sull'epoca del collaudo, poiché, avuto riguardo al momento della riconoscibilità dei vizi, l'esperimento dell'azione a far tempo dalla notifica dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo sarebbe risultata chiaramente fuori termine.

Entrambi gli asserti sono sindacabili in questa sede.

1.2.- Anzitutto, si evidenzia che i termini di prescrizione e di decadenza di cui all'art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione risarcitoria volta a far valere, nei confronti dell'appaltatore, la garanzia per le difformità e i vizi dell'opera (come proposta nel caso di specie dall'appaltante), atteso che il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza della tutela del committente a conseguire un'opera immune da difformità e vizi con l'interesse dell'appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell'esecuzione della prestazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23075 del 30/10/2009; Sez. 2, Sentenza n. 28417 del 22/12/2005; Sez. 2, Sentenza n. 14284 del 18/12/1999).

1.3.- Occorre, dunque, interrogarsi sull'integrazione dei presupposti affinché tali termini siano operativi.

A) In base al primo comma, secondo periodo, dell'art. 1667 c.c., la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.

Tale norma si riferisce evidentemente ai vizi palesi o apparenti, che devono essere riscontrati al momento della verifica o dell'accettazione, sicché, una volta che sia avvenuta l'accettazione nonostante il riconoscimento o la riconoscibilità dei vizi, la garanzia non è dovuta.

A contrario, pertanto, il committente che non abbia accettato l'opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore.

Per converso l'art. 1667, secondo comma, primo periodo, c.c., nel prevedere che il committente debba, a pena di decadenza, denunciare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, regola la disciplina dei vizi occulti, ossia dei vizi non riconosciuti e non riconoscibili fino al momento dell'accettazione e che siano scoperti in epoca successiva.

Dunque, l'obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell'opera appaltata presuppone che vi sia stata un'accettazione dell'opera, espressa, tacita o presunta, avvenuta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1177 del 14/04/1972), prima della scoperta.

Ove, dunque, all'accettazione dell'opera segua la scoperta dei vizi, essi devono essere denunciati dall'ordinante, a pena di decadenza, nei sessanta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza.

Nella fattispecie, non vi sono stati né verifica, né collaudo, né accettazione.

In difetto di accettazione (cui la pronuncia impugnata allude a pag. 19), non poteva imputarsi all'ordinante di non aver provveduto alla denuncia dei vizi, a decorrere dal momento della loro scoperta, appunto perché essi avrebbero dovuto essere rilevati all'epoca della verifica e menzionati nell'esito dei collaudi sollecitati dall'appaltante.

Nello specifico la "accettazione" avrebbe dovuto essere rimessa all'esito del prodromico "collaudo" (mancato collaudo, sebbene previsto, cui espressamente si riferisce la sentenza impugnata a pag. 17), quale risultato positivo o negativo della "verifica", a sua volta intesa quale complesso di operazioni materiali di natura eminentemente tecnica finalizzate ad accertare se l'opera sia stata eseguita correttamente.

Ossia avrebbe dovuto attendersi il giudizio espresso dal committente (ove non demandato ad un terzo collaudatore) circa la rispondenza o meno dell'opera alle condizioni del contratto o alle regole dell'arte, collaudo che rappresenta un accertamento tecnico unilaterale (semplice dichiarazione unilaterale di scienza, consistente in una constatazione tecnica proveniente dal committente, avente carattere recettizio) - Cass. Sez. 2, Sentenza n. 169 del 10/01/1996; Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987; Sez. 2, Sentenza n. 5460 del 08/11/1985; Sez. 2, Sentenza n. 283 del 13/01/1984; Sez. 2, Sentenza n. 3515 del 23/06/1979; Sez. 1, Sentenza n. 2569 del 21/10/1967 -.

Ne discende che la necessità di denunciare le difformità e i vizi all'esito della consegna dell'opera (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1748 del 24/01/2018; Sez. 2, Sentenza n. 6970 del 16/12/1982; Sez. 2, Sentenza n. 3596 del 06/08/1977; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13821 del 17/05/2024; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2449 del 29/01/2019) implica che a tale consegna possa attribuirsi il significato di accettazione tacita.

Infatti, "consegna" e "accettazione" dell'opera sono atti distinti: la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell'opera stessa, con la conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità palesi ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19019 del 31/07/2017; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007; nello stesso senso Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 27915 del 23/09/2022).

Cosicché dalla mera consegna non può desumersi ipso facto l'accettazione, salvo che non sia integrata la fattispecie della "accettazione tacita", che richiede un surplus rispetto alla mera consegna, ossia che alla consegna possa attribuirsi, in concreto, un preciso significato giuridico: la ricezione dell'opera "senza riserve", nonostante "non si sia proceduto alla verifica", a fronte di "difformità o vizi palesi" (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1576 del 22/01/2025; Sez. 3, Sentenza n. 2010 del 21/06/1972; Sez. 3, Sentenza n. 4061 del 23/12/1968). Soltanto tale forma di consegna importa rinuncia del committente al diritto di verifica e collaudo, con la conseguente liberazione dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 1667, primo comma, c.c., dalla garanzia per difformità o vizi riconoscibili o conosciuti dal committente. Siffatta "accettazione tacita", cioè, spiega gli stessi effetti del collaudo, precludendo la possibilità di far valere, così in via di azione, come in via di eccezione, i cosiddetti difetti palesi.

Ebbene, con riguardo ai vizi dell'opera conosciuti o riconoscibili, il committente, che non abbia accettato l'opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore, poiché, ai sensi dell'art. 1667, primo comma, c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (ossia l'impossibilità di farli valere successivamente, a prescindere da qualsiasi termine di decadenza, che decorre dalla "scoperta" per i soli vizi occulti).

Pertanto, prima dell'accettazione e della consegna dell'opera, non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d'opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell'accettazione non vi è onere di denuncia e prima della consegna "definitiva" non decorrono i termini di prescrizione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 14584 del 30/07/2004; Sez. 1, Sentenza n. 9174 del 11/12/1987; Sez. 2, Sentenza n. 962 del 05/02/1983; Sez. 2, Sentenza n. 3752 del 06/11/1975; Sez. 3, Sentenza n. 346 del 13/02/1970; Sez. 1, Sentenza n. 2430 del 25/09/1964; Sez. 1, Sentenza n. 444 del 06/03/1962).

In proposito, si precisa che l'accettazione dell'opera costituisce un atto peculiare dell'appalto, non rinvenibile nella disciplina generale sull'adempimento delle obbligazioni. Mentre, infatti, di regola, il creditore può limitarsi, attraverso un contegno passivo, ad attendere l'esecuzione della prestazione a cura della propria controparte e, ove richiesta, la relativa consegna, l'appaltante deve invece svolgere un ruolo attivo, che si concretizza nell'accettazione dell'opera realizzata dall'assuntore, dichiarando di voler far propria l'opera eseguita dall'appaltatore.

Ne consegue che l'accettazione, diversamente dall'atto di collaudo, considerato quale mera dichiarazione di scienza proveniente dall'appaltante o dall'incaricato all'effettuazione della verifica, è un atto di volontà con il quale il committente dichiara di volere accogliere nella sua sfera giuridica il frutto della prestazione eseguita, avendola trovata immune da difformità o vizi o avendo rinunciato a farli valere. è quindi qualificata come negozio unilaterale recettizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4051 del 01/03/2016; Sez. 2, Sentenza n. 12981 del 06/09/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1317 del 03/02/1993; Sez. 2, Sentenza n. 49 del 11/01/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6331 del 18/07/1987; Sez. 3, Sentenza n. 2841 del 17/07/1976; Sez. 2, Sentenza n. 964 del 14/03/1975). Essa deve essere comunicata all'appaltatore, a pena di inefficacia.

Inoltre, affinché l'opera possa essere accettata è necessario che essa sia stata portata a compimento dall'assuntore, almeno con riferimento ai suoi elementi costitutivi essenziali.

Con riferimento ai rapporti tra l'accettazione e il collaudo, può accadere:

a) che l'opera sia accettata senza alcuna verifica e collaudo, il che peraltro è escluso nelle situazioni in cui è prevista l'obbligatorietà del collaudo per ragioni di interesse pubblico, come negli appalti aventi ad oggetto la costruzione di edifici, il compimento di opere in cemento armato, l'installazione di ascensori e montacarichi in servizio privato;

b) che l'opera sia accettata nonostante il collaudo abbia avuto esito negativo;

c) che l'opera debba essere accettata in ragione dell'esito positivo del collaudo, costituendo la dichiarazione sulla regolarità della prestazione dell'appaltatore un'ipotesi di accettazione tacita, in quanto incompatibile con la volontà di rifiutare la prestazione della controparte.

Quanto alle forme di manifestazione, l'accettazione può essere espressa, tacita o presunta, non essendo richiesti particolari requisiti formali per la sua esternazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1576 del 22/01/2025).

È espressa quando il committente, per iscritto o anche oralmente, e anche senza che sia stata previamente effettuata una verifica o un collaudo, dichiara esplicitamente di voler ricevere la prestazione eseguita, senza muovere alcun rilievo.

L'accettazione è invece tacita, in base ai principi generali, laddove il committente, o un suo rappresentante autorizzato, compia un atto incompatibile con la volontà di rifiutare l'opera.

Sicché essa si sostanzia nei comportamenti concludenti, che - presupponendo necessariamente la volontà di accettarla o siano incompatibili con la volontà di rifiutarla o di accettarla condizionatamente - dimostrino in modo inequivocabile il gradimento del committente rispetto all'opera realizzata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13966 del 30/06/2005; Sez. 2, Sentenza n. 7057 del 14/04/2004; Sez. 3, Sentenza n. 1635 del 08/04/1978; Sez. 3, Sentenza n. 1569 del 01/06/1974).

Si ricade, per converso, nell'ipotesi di accettazione presunta allorché, ai sensi dell'art. 1665, terzo comma, c.c.,

(a) nonostante l'invito dell'appaltatore, il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi ovvero

(b) non ne comunichi il risultato entro un breve termine o

(c) ancora laddove, ai sensi dell'art. 1666, secondo comma c.c., in tema di esecuzione dell'appalto per singole partite, vi sia stato il pagamento di singole partite, il che fa presumere l'accettazione della frazione o partita di opera pagata, salvo che ricorra il versamento di semplici acconti.

In merito, l'art. 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve desumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4021 del 09/02/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 13224 del 16/05/2019).

Ed appunto, in primo luogo, si considera fattispecie di accettazione tacita la ricezione dell'opera senza riserve in assenza di verifica.

Sul punto il quarto comma dell'art. 1665 c.c. prevede, quale presupposto dell'accettazione tacita dell'opera, soltanto la sua consegna al committente, ossia la sua materiale traditio - alla quale è parificabile l'immissione nel possesso per esclusiva iniziativa del committente e senza che vi sia il concorso della condotta dell'assuntore - e, come fatto concludente, la sua "ricezione senza riserve" da parte del committente stesso, "ancorché non si sia proceduto alla verifica" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10452 del 03/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 15711 del 21/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 4353 del 07/04/2000; Sez. 2, Sentenza n. 3742 del 20/04/1994; Sez. 2, Sentenza n. 1509 del 12/02/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987; Sez. 1, Sentenza n. 1787 del 09/05/1975).

Pertanto, mentre la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima, anche per facta concludentia, il gradimento dell'opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per le difformità e i vizi palesi dell'opera e il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11349 del 17/06/2004; Sez. 2, Sentenza n. 7260 del 12/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 9567 del 02/07/2002; Sez. 2, Sentenza n. 5121 del 22/05/1998; Sez. 2, Sentenza n. 10314 del 22/11/1996; Sez. 2, Sentenza n. 830 del 29/01/1983; Sez. 2, Sentenza n. 972 del 17/02/1981).

Al ricevimento del bene deve associarsi, dunque, un contegno dell'appaltante che sia significativo della volontà di non sollevare riserve: la dichiarazione di riserva neutralizza, infatti, gli effetti propri dell'accettazione.

Non si ha, invece, accettazione tacita se il committente prende in consegna l'opera, dopo l'effettuazione della verifica, riservandosi al contempo di far valere difformità o vizi in un momento successivo, oppure se la presa in consegna da parte del committente, nel caso in cui la verifica non abbia ancora avuto luogo, avvenga con l'espressa riserva di effettuare la verifica medesima o proprio allo scopo di effettuarla.

Sicché la mera presa in consegna dell'opera da parte del committente non è emblematica dell'accettazione della stessa e non implica di per sé la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, in assenza di una formale denuncia di difformità o di vizi, oppure di un comportamento concludente dal quale poter desumere con certezza l'intenzione del committente di accettare l'opera senza riserve (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12829 del 12/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 10505 del 07/12/1994).

Nella fattispecie, contrariamente alle direttrici innanzi espresse, si è ritenuto che, pur in difetto di accettazione dell'opera, per mancanza dei collaudi preventivati, i vizi dovessero essere denunciati entro il termine decadenziale prescritto dall'art. 1667, secondo comma, c.c., decorrente dalla scoperta (avvenuta prima dell'accettazione).

B) Quanto al secondo aspetto, l'art. 1667, terzo comma, primo periodo, c.c. dispone che l'azione (di garanzia per i vizi) contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera.

Tale termine di prescrizione biennale vale sia per i vizi palesi (purché dedotti in sede di verifica e successiva accettazione con riserva dell'opera; altrimenti la garanzia non è in radice dovuta), sia per quelli occulti, che siano stati scoperti prima di tale consegna.

Viceversa, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (nonostante l'opinione contraria della dottrina, secondo cui, in ogni caso, per i vizi occulti, il termine di prescrizione decorre dalla consegna, quale momento a partire dal quale il diritto può essere fatto valere, non assumendo rilevanza, a tale scopo, i meri impedimenti di fatto che inibiscano tale esercizio, come la mancata conoscenza del vizio, ma i soli impedimenti di diritto), qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26233 del 22/11/2013; Sez. 2, Sentenza n. 19757 del 27/09/2011; Sez. 3, Sentenza n. 18402 del 19/08/2009; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36009 del 07/12/2022; Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/2019; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 18192 del 10/07/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 14199 del 07/06/2017; Sez. 2, Sentenza n. 15283 del 21/07/2005).

Ove, invece, il committente, per effetto del riscontro di difetti palesi nel corso della verifica, comunichi che non intende accettare l'opera e prenderla in consegna, il termine di prescrizione delle azioni esperibili decorre da tale comunicazione.

Diversamente, come anticipato, prima dell'accettazione e consegna dell'opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d'opera, possono essere dedotti al momento della consegna.

Nondimeno, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi, stabilito dall'art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1788 del 23/01/2009; Sez. 1, Sentenza n. 271 del 13/01/2004; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13631 del 30/05/2013; Sez. 6-2, Ordinanza n. 23455 del 10/11/2011; pronunce che hanno superato il precedente orientamento risalente a Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9641 del 23/12/1987; Sez. 2, Sentenza n. 1146 del 24/02/1982).

Ossia la consegna rilevante per il decorso del termine prescrizionale (ai fini dell'esercizio del diritto di garanzia) postula che essa avvenga contestualmente o successivamente alla verifica e all'accettazione dell'opera e ne costituisca la naturale appendice, quale finale acquisizione dell'opera appaltata in conseguenza della manifestazione del suo complessivo gradimento (eventualmente anche in conseguenza della prospettazione di determinate difformità e vizi).

Sicché nella fattispecie, quand'anche il vizio rappresentato dal malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento per un consumo anomalo di energia elettrica, a fronte di temperature molto basse nei locali, fosse stato conoscibile al momento della consegna "provvisoria" dell'immobile, con riserva di effettuazione dei collaudi (come prontamente sollecitati), tale consegna "provvisoria" non avrebbe potuto costituire il dies a quo del termine di prescrizione biennale per l'esercizio delle azioni di garanzia per i vizi (ossia per la proposizione dell'azione risarcitoria), come invece affermato dalla sentenza impugnata.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale tralasciato di considerare che l'assuntore aveva attribuito a cause esterne alla propria sfera di responsabilità le basse temperature percepite dalla committenza, a fronte di consumi eccessivamente alti, già nel primo inverno successivo all'immissione nel possesso dell'opera, accadimento da cui avrebbe dovuto desumersi il riconoscimento dei vizi a cura dell'appaltatore, con la conseguente superfluità della denuncia.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte distrettuale, accertata la necessità di integrare il riscaldamento con il condizionatore, negato che GHEMAR avesse ammesso la presenza di basse temperature.

4.- Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1667, secondo e terzo comma, c.c., per avere la Corte dell'impugnazione sostenuto che i termini di decadenza e prescrizione decorrevano dalla riconoscibilità dei vizi e non già dalla loro effettiva scoperta.

5.- Con il quinto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte del gravame affermato che le basse temperature, a fronte di consumi eccessivamente alti, fossero indubbiamente imputabili al malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento sulla scorta delle sole bollette dell'energia elettrica, senza esperire preventive indagini tecniche.

6.- Con il sesto motivo il ricorrente assume, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata e/o del procedimento per illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, per avere la Corte di seconde cure prospettato che, per un impianto di riscaldamento, i difetti di performance (ossia le basse temperature, a fronte di consumi eccessivamente alti) fossero constatabili sin dal suo avviamento e non già alla fine del primo inverno successivo all'installazione.

7.- Il settimo motivo di ricorso investe, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d'Appello mancato di prendere in considerazione il fatto rappresentato dalla partecipazione di GHEMAR alle verifiche con esito negativo tenutesi in data 8 maggio 2014 e 9 maggio 2014, da cui si sarebbe potuto desumere che l'artefice dell'opera aveva avuto notizia dei vizi contestati, contestualmente alle verifiche peritali svolte in contraddittorio in fase stragiudiziale, il che avrebbe dovuto escludere la decadenza dalla garanzia e la correlata inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall'ordinante.

8.- I mezzi di critica che precedono devono essere dichiarati assorbiti, in quanto proposti da parte ricorrente in subordine al mancato accoglimento della prima doglianza (vedi pag. 25 del ricorso).

Essi sono effettivamente consequenziali al mancato accoglimento di detta censura.

9.- La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

"In tema di appalto, l'obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell'opera appaltata, ai sensi dell'art. 1667, secondo comma, c.c., presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l'accettazione dell'opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica".

"Qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (che sia successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore".

"In tema di appalto, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi, stabilito dall'art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa".

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Torino, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 11 giugno 2025.

Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2025.

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