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Straordinario festivo: è ammissibile l'autorizzazione implicita?

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.21015 del 24/07/2025

Un lavoratore può ottenere il pagamento dello straordinario festivo anche se non ha ricevuto una autorizzazione scritta?

A questa domanda risponde la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21015 del 24 luglio 2025.

Il caso nasce dal ricorso di un'infermiera del Policlinico di Bari, che aveva chiesto il pagamento di oltre 4.000 euro per ore di straordinario prestate tra il 2012 e il 2016.

Tribunale e Corte d'appello avevano respinto la domanda, ritenendo indispensabile una preventiva autorizzazione formale da parte del dirigente. La lavoratrice ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La normativa in materia

Secondo l'art. 2108 c.c., il lavoratore ha diritto al compenso per le ore straordinarie, se debitamente autorizzate. La disciplina del pubblico impiego contrattualizzato (artt. 2 e 40 D.lgs. 165/2001) e i contratti collettivi del comparto sanità richiedono l'autorizzazione del datore di lavoro.

Tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che questa autorizzazione può essere anche implicita, purché la prestazione non sia stata resa all'insaputa o contro la volontà del datore ("insciente vel prohibente domino"). In tali casi si applica l'art. 2126 c.c., che tutela il lavoratore anche se l'attività non è conforme a tutte le formalità.

La decisione della Corte

Nel caso concreto, la Suprema Corte ha rilevato che le ore di straordinario risultavano documentate dai cartellini presenza e che la loro effettuazione era legata a una condizione di carenza di personale, circostanza non contestata dall'azienda.

Questi elementi dimostrano che le prestazioni non erano frutto di iniziativa personale, ma erano rese per garantire i servizi essenziali, con il consenso anche solo tacito del datore. Di conseguenza, l'assenza di un atto scritto non può giustificare il mancato pagamento.

La Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassato la sentenza di appello e rinviato la causa per un nuovo esame.

Conclusione

La lezione che si trae è chiara: lo straordinario va retribuito anche senza autorizzazione formale, se imposto dall'organizzazione del lavoro e accettato di fatto dal datore.

Per le aziende questo significa organizzare turni e servizi in modo coerente con i limiti di orario previsti, evitando di trasferire sui lavoratori il peso delle inefficienze.

Per i dipendenti, è una tutela concreta contro il rischio di vedere negate ore effettivamente prestate solo per mancanza di formalismi.

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Cassazione civile, sez. lav., ordinanza 24/07/2025 (ud. 15/04/2025) n. 21015

RILEVATO CHE

1. Gi.Ro. infermiera in servizio presso l'AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CONSORZIALE POLICLINICO DI BARI presso il reparto di chirurgia plastica, adiva il locale Tribunale per ottenere il pagamento del lavoro straordinario prestato durante il periodo 2012-2016 per un importo di Euro 4.220,92.

Si costituiva l'Azienda Ospedaliera e chiedeva il rigetto dell'avversa domanda.

2. Il Tribunale rigettava il ricorso, dando atto che la ricorrente aveva svolto lavoro straordinario ma non era stata raggiunta la prova circa l'autorizzazione datoriale.

3. Decidendo sull'impugnazione della Gi.Ro. la Corte d'Appello di Bari, nel contraddittorio con l'Azienda Ospedaliera, confermava la decisione di prime cure.

Ribadiva la necessità, nell'impiego pubblico privatizzato, della preventiva autorizzazione per l'effettuazione dello straordinario e richiamava decisioni di questa Corte di legittimità e del Giudice amministrativo.

Riteneva che l'autorizzazione (preventiva o in sanatoria) non potesse essere surrogata da altre note o atti non dichiaratamente probatori dell'intento dell'Amministrazione.

Escludeva che una autorizzazione implicita potesse essere ricavata dalle caratteristiche peculiari del servizio.

Evidenziava che, nello specifico, pur essendo incontestato che la Gi.Ro. aveva espletato, nell'arco temporale di cui al ricorso introduttivo della lite, e cioè dal 2012 al 2016, lavoro oltre l'ordinario orario contrattuale, era egualmente incontestato che lo stesso non era stato autorizzato, non risultando agli atti alcuna autorizzazione scritta preventiva ovvero in sanatoria da parte del dirigente responsabile (che, peraltro, non deve avere, per i principi innanzi riportati, una connotazione di autorizzazione preventiva generalizzata).

Riteneva privo di dimostrazione l'assunto della Gi.Ro. econdo cui la medesima aveva sempre svolto attività di assistenza infermieristica continua, senza potersi neppure allontanare per fruire della mensa aziendale, anche in ragione della carenza organica di infermieri.

Assumeva che tale circostanza non potesse identificarsi con la connotazione della stessa attività lavorativa espletata, essere cioè 'ordinariamente urgente l'attività lavorativa svolta dall'infermiere addetto al reparto ustioni.

Quanto, poi, al rilievo secondo cui al rilievo secondo cui, con l'avvenuta istituzione, mediante la contrattazione collettiva, della Banca Ore, non sarebbe più necessaria alcuna autorizzazione, in quanto automaticamente le ore caricate in detta Banca sarebbero solo quelle autorizzate, riteneva infondato il relativo assunto.

Osservava che, a parte la ribadita necessaria autorizzazione, che nessuna delle condizioni previste dal comma 2 dell'art. 40, CCNL 20.09.2001 Integrativo del CCNL 07.04.1999, Comparto Sanità erano ricorrenti nella specie: a) non vi era alcuna "richiesta del lavoratore"; b) le ore di prestazione di lavoro straordinario o supplementare non risultavano "debitamente autorizzate nei limiti e con le procedure di cui all'art. 34, comma 3 del CCNL del 7 aprile del 1999, da utilizzarsi entro l'anno successivo a quello di maturazione"; c) non vi era l'inoltro della richiesta di pagamento entro il 15 novembre dell'anno stesso.

Aggiungeva che, quand'anche la lavoratrice avesse espressamente aderito al sistema della banca delle ore - circostanza negata con fermezza dalla Azienda appellata sin dal primo grado del giudizio e non vinta da alcuna prova di segno contrario - questa adesione non sarebbe stata né sufficiente né idonea a superare il dato, oggettivamente riscontrabile, della mancanza in atti di specifica autorizzazione del lavoro straordinario di cui si chiedeva il corrispettivo, posto che detta autorizzazione era ineludibilmente necessaria anche nel caso in cui il lavoratore avesse espressamente richiesto di far confluire le ore di lavoro straordinario nella banca delle ore.

Riteneva che non cogliesse nel segno il richiamo effettuato dall'appellante a Cass. n. 27878 del 3 ottobre 2023, che ammette il pagamento del lavoro straordinario anche in assenza di espressa autorizzazione scritta, "purché la prestazione lavorativa sia stata svolta non insciente o prohibente domino, ovvero motu proprio dal lavoratore senza alcuna correlazione tra attività resa e vantaggio del datore di lavoro (cioè inutilmente e svantaggiosamente), perché il consenso implicito del datore di lavoro che giustifica il pagamento del lavoro straordinario del settore del pubblico impiego contrattualizzato rientra nelle normali prestazioni di rapporto anche ove la richiesta di autorizzazione sia illegittima o contraria al CCNL con conseguente applicabilità dell'articolo 2126 cod. civ.".

Assumeva che anche in tale pronuncia era stato ribadito che il diritto del dipendente ad ottenere il pagamento del compenso per il lavoro straordinario a norma dell'art. 2126 cod. civ. presuppone pur sempre che la prestazione eccedente l'orario di lavoro sia resa sulla scorta di un'autorizzazione anche implicita del datore di lavoro pubblico.

4. Avverso tale sentenza Gi.Ro. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

5. L'Azienda Ospedaliera Universitaria Consortile Policlinico di Bari ha resistito con controricorso.

6. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e Falsa applicazione del c.c.n.l. Comparto Sanità e del D.Lgs. n. 165/2001 nonché dell'art. 2126 cod. civ.

Lamenta che nel caso di specie non era necessaria una preventiva autorizzazione al lavoro straordinario trattandosi di attività svolta nei casi di urgenza e per assicurare i livelli essenziali di assistenza.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 2727,2728 cod. civ. in combinazione con l'art. 2697 cod. civ. e con l'art. 421 cod. proc. civ.

Sostiene che la Corte territoriale non abbia spiegato sulla base di quali fatti, accertati o presunti in forza di indizi gravi, precisi e concordanti, si poteva desumere che la ricorrente stessa non aveva prestato attività lavorativa straordinaria per evitare pregiudizi ai livelli di assistenza del reparto chirurgico nel quale insistevano diversi ricoverati a lei affidati.

3. I motivi, da trattare congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi, sono fondati nei termini di seguito illustrati.

Questa Corte ha già affermato (vedi, per tutte: Cass. 1 marzo 2025, n. 5439) che: "l'art. 2108 cod. civ., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 D.Lgs. n. 165/2001 e 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario, se debitamente autorizzato: orbene, ove l'autorizzazione, pur se proveniente dal dirigente competente, risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo, non può escludersi il diritto alla retribuzione accessoria per il lavoratore che abbia in concreto eseguito la prestazione; rispetto agli altri vincoli enucleati dalla c.c.n.l. in materia di straordinario, l'autorizzazione esprime il concetto che non è remunerabile il prolungamento della prestazione di lavoro frutto di libera determinazione del singolo dipendente e non strettamente collegato a esigenze di servizio preventivamente vagliate, sul piano della necessità ed utilità per la P.A., dal dirigente responsabile; per questo, rispetto ai restanti vincoli previsti dalla disciplina collettiva, essa sola, per la indispensabile funzione esplicata, si atteggia a elemento che condiziona l'applicabilità dell'art. 2126 cod. civ.: con la conseguenza che la prestazione oltre l'orario normale di lavoro, se autorizzata dal dirigente responsabile, deve essere remunerata anche laddove lo straordinario sia stato oggetto, in violazione dell'art. 38 del c.c.n.l., di programmazione generale del tempo di lavoro" (si veda anche Cass. 27 luglio 2022, n. 23506).

Con particolare riferimento al tema della autorizzazione, questa Corte ha poi ritenuto che: "l'attività lavorativa oltre il debito orario comporta il diritto al compenso per lavoro straordinario nella misura prevista dalla contrattazione collettiva, purché sussista il consenso datoriale che, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona l'applicabilità dell'art. 2126 cod. civ., in relazione all'art. 2108 cod. civ., a nulla rilevando il superamento dei limiti e delle regole riguardanti la spesa pubblica, il quale determina, però, la responsabilità dei funzionari verso la pubblica amministrazione (Cass. n. 18063/2023; analogamente, sempre sul servizio di dialisi estiva della ASP di Reggio Calabria, v. Cass. nn. 17641/2023 e 11946/2024). Nel dare continuità a tali principi si ribadisce quindi che per autorizzazione, nell'ambito del lavoro straordinario, si intende il fatto che le prestazioni non siano svolte insciente vel prohibente domino, ma con il consenso del medesimo e che il consenso alle prestazioni può anche essere implicito" (Cass. 28 giugno 2024, n. 17912; cfr. anche Cass. 23 giugno 2023, n. 18063).

Nello specifico la Corte territoriale ha affermato che "difettano radicalmente i presupposti per ritenere configurabile nel caso di specie un'autorizzazione datoriale, quand'anche di natura implicita, posto che, come correttamente osservato dall'Azienda ospedaliera appellate, non risulta alcun ordine di servizio che abbia imposto al dipendente l'osservanza di turni o orari comportanti la prestazione di lavoro straordinario provenienti dal dirigente preposto al vertice aziendale, non essendo affatto sufficiente il consenso orale prestato dal caposala" (v. pag. 13).

Al contempo ha dato atto (v. pag. 2) che delle prestazioni straordinarie vi era prova documentale, come da copia dei cartellini presenza in atti.

Si trattava di elementi deponenti nel senso di prestazioni di certo non rese insciente vel prohibente domino, considerato, anche il lungo periodo in cui il superamento dell'orario ordinario si è verificato.

Inoltre era stata dedotta una circostanza (carenza del personale infermieristico) che non era stata contestata dall'Azienda (la quale si era limitata a ritenere privo di dimostrazione l'assunto dell'espletamento di una attività lavorative "ordinariamente urgente") che, unitamente agli altri sopra evidenziati integrava elemento presuntivamente valutabile (salvo la prova contraria) a sostegno di una attività espletata con il consenso anche solo implicito del datore di lavoro e non contro la volontà di questi.

4. Da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Bari che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame tenendo conto di quanto sopra evidenziato e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 aprile 2025.

Depositato in cancelleria il 24 luglio 2025.

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