In caso di incidente stradale causato da un animale selvatico appartenente a specie protetta, chi risponde dei danni e quali prove servono per ottenere il risarcimento?
La Cassazione, sez. III civile, con l'ordinanza n. 21427 del 25 luglio 2025, ribadisce che trova applicazione l’art. 2052 c.c. (responsabilità oggettiva per fatto dell’animale), con legittimazione passiva esclusiva della Regione e con un riparto dell’onere probatorio preciso tra danneggiato ed ente.
Un conducente, nel settembre 2019, urta un capriolo sulla strada provinciale Picena (Urbisaglia, MC).
Il Giudice di pace condanna la Regione Marche al ristoro; il Tribunale riforma e respinge la domanda applicando l’art. 2043 c.c..
La Cassazione cassa con rinvio perché andava applicato l’art. 2052 c.c. e verificato il solo caso fortuito quale prova liberatoria dell’ente.
Art. 2052 c.c.: responsabilità oggettiva per danni cagionati da animali; il responsabile si libera solo provando il caso fortuito (prova liberatoria tipizzata).
L. 11 febbraio 1992, n. 157: la fauna selvatica protetta rientra nel patrimonio indisponibile dello Stato ed è affidata alla cura/gestione pubblica.
Legittimazione passiva: spetta esclusivamente alla Regione, titolare di programmazione, coordinamento e controllo sulla gestione faunistica, anche quando l’operatività sia demandata ad altri enti (Province, Enti parco, ATC).
Art. 2054 c.c. (veicoli): nei sinistri con veicoli sussiste una presunzione a carico del conducente; essa concorre con la responsabilità ex art. 2052 c.c.. Se nessuno supera la propria presunzione, la responsabilità si ripartisce al 50%.
Prova non sostitutiva: per l’ente non basta dimostrare diligenza o l’inevitabilità in astratto; occorre provare un evento esterno, imprevedibile e inevitabile che interrompa il nesso causale (caso fortuito).
Poteri del giudice: l’individuazione della regola di responsabilità (art. 2043 vs 2052) non muta la domanda ma incide sul riparto probatorio; il giudice può applicare la regola corretta anche se in precedenza si è fatto riferimento a un diverso titolo, purché restino invariati thema decidendum e thema probandum.
Causalità animale–danno: allegare e provare che il danno è stato causato dall’animale selvatico (specie protetta e/o comunque rientrante nel patrimonio indisponibile).
Dinamica del sinistro e nesso causale: ricostruzione puntuale dell’evento (verbali Carabinieri, tracce sul veicolo, rilevi fotografici).
Specie: prova dell’appartenenza dell’animale a specie protetta ai sensi della L. 157/1992.
Se il danneggiato è anche conducente, deve inoltre dimostrare:
di aver adottato ogni opportuna cautela di guida (velocità, attenzione, condotta prudente);
che la condotta dell’animale è stata imprevedibile e irrazionale al punto da rendere inevitabile l’impatto nonostante la diligenza, così da configurare l’animale come causa esclusiva (o almeno concorrente) del danno.
La prova liberatoria è solo il caso fortuito (art. 2052 c.c.): un evento esterno, imprevedibile e inevitabile che spezzi il nesso causale. Non è sufficiente provare:
di aver tenuto un comportamento diligente;
che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza;
che la custodia fosse oggettivamente impossibile.
Per la Cassazione, il Tribunale ha errato ad applicare l’art. 2043 c.c. e a fermarsi sulla sola condotta del conducente; doveva, invece, accertare se l’attore avesse provato fatto, specie e nesso e poi verificare se la Regione avesse superato la presunzione mediante caso fortuito.
Da qui la cassazione con rinvio al Tribunale di Macerata per nuovo esame conforme ai principi.
Che cosa ci portiamo a casa?
Nei sinistri stradali causati da fauna selvatica protetta, la Regione è il convenuto necessario e risponde ex art. 2052 c.c. salvo caso fortuito.
Il danneggiato deve provare fatto, specie e nesso; se è anche conducente, deve aggiungere la prova della condotta diligente e dell’inevitabilità concreta dell’urto.
Se nessuno supera la propria presunzione (artt. 2052 e 2054 c.c.), il ristoro può limitarsi al 50%.
Consiglio operativo: dopo l’urto con un animale selvatico, raccogli subito: verbale delle Forze dell’Ordine, foto del luogo, tracce e danni al veicolo, indicazioni su segnaletica e barriere. Sono le prove chiave per strutturare la domanda ex art. 2052 c.c. e per gestire il possibile concorso ex art. 2054 c.c.. Con gli animali non si può discutere; con la Regione, invece, si può (e si deve) impostare correttamente la prova.
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 25/07/2025 (ud. 20/06/2025) n. 21427
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2019 Pa.Gi. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Macerata, la Regione Marche, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni (stimati in Euro 3.895,63, oltre rivalutazione ed interessi) subiti in conseguenza del sinistro stradale verificatosi il 13 settembre 2019, lungo la S.P. 78 Picena, nel territorio comunale di Urbisaglia (MC), causato dall'improvviso attraversamento della carreggiata da parte di un capriolo.
A fondamento della domanda, parte attrice esponeva che, mentre percorreva la predetta strada alla guida della propria vettura, l'animale selvatico irrompeva repentinamente sulla corsia di marcia, rendendo inevitabile la collisione, nonostante la moderata velocità di transito, con conseguenti danni alla parte anteriore del veicolo.
Riferiva che, subito dopo l'incidente, era intervenuta una pattuglia dei Carabinieri, la quale redigeva verbale di sopralluogo, attestando - tra l'altro - la presenza a terra dell'animale esanime, nonché danni compatibili con l'urto e tracce ematiche e di peli sulla carrozzeria del veicolo, oltre all'assenza di reti di contenimento, dissuasori ottici e apposita segnaletica di pericolo. Costituitasi in giudizio, la Regione Marche instava per il rigetto della domanda, ed eccepiva, in particolare, il proprio difetto di legittimazione passiva, contestando l'an debeatur, l'assenza di colpa e di nesso causale, nonché la quantificazione del danno e il concorso di colpa dell'attore.
Il Giudice di Pace di Macerata, con sentenza n. 236/2021, accoglieva la domanda e condannava la Regione al pagamento dell'importo richiesto, oltre interessi e spese.
2. Avverso tale pronunzia proponeva appello la Regione Marche, deducendo l'erroneità della statuizione resa dal Giudice di pace sotto il profilo della carenza di legittimazione passiva, dell'assenza di colpa ex art. 2043 c.c. e della carenza di prova in ordine alla responsabilità dell'ente.
Il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 1055/2022, in parziale accoglimento dell'interposto gravame, pur rigettando l'eccezione relativa alla carenza di legittimazione passiva, riformava la pronunzia di primo grado e respingeva la domanda risarcitoria proposta dal Pa.Gi., che veniva condannato alla rifusione della metà delle spese di lite in favore dell'Amministrazione appellante. 3. Per la cassazione di tale sentenza, Gianni Pa.Gi. ha proposto ricorso, articolando quattro motivi di censura.
3.1. La Regione Marche ha resistito con controricorso.
3.2. È stata formulata proposta di definizione accelerata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., cui è seguita istanza di decisione.
3.3. Tutte le parti hanno depositato memoria. Il ricorso è stato quindi chiamato all'odierna adunanza, in esito alla quale il collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo si prospetta la violazione degli artt. 113 c.p.c., 2052 e 2054 c.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe erroneamente sussunto la fattispecie nell'ambito dell'art. 2043 c.c., anziché in quello dell'art. 2052 c.c., che disciplina la responsabilità per danni cagionati da animali.
Il ricorrente deduce che, in applicazione del principio iura novit curia e del potere-dovere del giudice di qualificare giuridicamente i fatti, il Tribunale avrebbe dovuto considerare il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, a partire da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza 20/04/2020 n. 7969, secondo il cui principio la responsabilità per i danni da fauna selvatica, appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, è riconducibile al paradigma dell'art. 2052 c.c., in quanto norma speciale rispetto alla regola generale di cui all'art. 2043 c.c.
Sotto il profilo probatorio, il ricorrente assume di aver fornito la prova rigorosa degli elementi richiesti ai fini della responsabilità ex art. 2052 c.c., ossia: la dinamica del sinistro; la circostanza che l'evento sia stato causato da un animale selvatico (capriolo); il nesso eziologico tra il fatto dell'animale e il danno subìto; la riconducibilità dell'animale alla fauna selvatica, rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato; nonché, e soprattutto, l'insussistenza di un comportamento colposo da parte del conducente, che non avrebbe potuto evitare l'impatto, così da escludere qualsiasi concorso colposo ai sensi dell'art. 2054, comma 1, c.c. (cfr. p. 20, ricorso).
Sostiene, pertanto, che la decisione impugnata sia affetta da error in iudicando per non avere il Tribunale correttamente qualificato la fattispecie sotto il regime della responsabilità oggettiva ex art. 2052 c.c., con conseguente inversione dell'onere della prova in capo all'amministrazione convenuta, tenuta a dimostrare il caso fortuito per andare esente da responsabilità.
4.2. Con il secondo motivo, il Pa.Gi. denuncia, ancora in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 2043 c.c. e dell'art. 84, comma 2, Reg. Codice della Strada (D.P.R. n. 495/1992).
In via subordinata rispetto al primo motivo, censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice d'appello ha ritenuto non raggiunta la prova della responsabilità della Regione Marche in relazione alla causazione del sinistro da parte dell'animale selvatico.
Lamenta che la Corte d'Appello avrebbe omesso di considerare che, anche ai sensi dell'art. 2043 c.c., l'Amministrazione convenuta può essere ritenuta responsabile per omessa adozione delle misure di
prevenzione idonee a evitare o ridurre il rischio all'attraversamento di fauna selvatica su strade aperte al traffico veicolare. Sotto tale profilo, il ricorrente rileva di aver offerto prova della totale assenza di segnaletica verticale idonea ad avvisare gli utenti della strada del pericolo di attraversamento di animali, nonché della mancanza di dissuasori ottici e di barriere di contenimento lungo i margini della carreggiata, nonostante la nota presenza di fauna selvatica in quel tratto e il pregresso verificarsi di analoghi sinistri.
Rileva, pertanto, che il Tribunale ha omesso di valorizzare siffatti, rilevanti elementi istruttori (cfr. p. 25, ricorso). 5. Il primo motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono. Occorre ricomporre lo stato attuale della giurisprudenza di legittimità, al fine di farsi carico dell'apparente disallineamento tra le pronunce richiamate, con dovizia di particolari e argomenti, dalla proposta di definizione anticipata: la quale, pertanto, non può essere condivisa.
La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ricondotto la domanda risarcitoria proposta dall'attore all'ambito della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., non può essere condivisa, nella misura in cui essa si pone in contrasto con i consolidati principi enunciati da questa Corte in ordine, da un lato, alla corretta qualificazione giuridica della domanda in base ai fatti allegati e provati e, dall'altro, all'ambito di applicazione della responsabilità da custodia di animali di cui all'art. 2052 c.c.
È appena il caso di osservare, sul punto, che quella in esame non costituisce una questione di qualificazione giuridica, ma di riparto dell'onere della prova: stabilire se, cioè, tale riparto dovesse avvenire ai sensi dell'art. 2043 c.c., oppure ai sensi dell'art. 2052 c.c. (in tal senso, cfr., ex multis, Sez. 3, Ordinanza n. 31339 del 10/11/2023).
In proposito, ritiene opportuno questo Collegio ribadire i seguenti princìpi di diritto (di recente ricondotti ad unità da Cass. n. 197/2025), rinviando, ai sensi dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., ai consolidati precedenti di seguito menzionati:
(i) l'individuazione della norma che regola il criterio di imputazione della responsabilità applicabile alla fattispecie concreta non implica una qualificazione della domanda, traducendosi nella semplice selezione della disciplina giuridica a cui i fatti accertati sono soggetti, con la conseguenza che, nell'esercizio di detto potere, il giudice non incontra il limite del giudicato sostanziale eventualmente formatosi sugli elementi costitutivi della fattispecie e può invocare una diversa regola di responsabilità rispetto a quella applicata nel grado precedente, anche se non vi è stata tempestiva impugnazione della corrispondente statuizione (principio enunciato da Sez. 3, Sentenza n. 31330 del 10/11/2023, proprio in relazione ad una domanda risarcitoria per danni cagionati da fauna selvatica originariamente proposta ai sensi dell'art. 2043 c.c., reiterato poi in Sez. 3, Ordinanza n. 31339 del 10/11/2023; conf. Sez. 3, Ordinanza n. 12159 del 08/05/2023); e tanto almeno purché non sia leso, per l'immutazione del thema decidendum e del thema probandum, il diritto di difesa delle parti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 31330 del 10/11/2023);
(ii) i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell'art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull'utilizzazione dell'animale e, dall'altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. 11 febbraio 1992, n. 157 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema; nella relativa azione risarcitoria la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte da altri enti (così, sulle orme di Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 8384 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 8385 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 12113 del 22/06/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 13848 del 06/07/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 20997 del 02/10/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3023 del 09/02/2021; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 16550 del 23/05/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 31335 del 10/11/2023; nonché, non massimate: Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18085 del 31/08/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18087 del 31/08/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19101 del 15/09/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25466 del 12/11/2020; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3023 del 09/02/2021); ed impregiudicata la facoltà, per la responsabile, di chiamare in garanzia i diversi Enti cui abbia, in concreto, devoluto compiti in grado di incidere sugli elementi a base della sua responsabilità;
(iii) in tema di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente (ex art. 2054 c.c.) concorre con la presunzione di colpa a carico del proprietario dell'animale, ma non prevale su questa, sicché, se uno dei soggetti interessati supera la presunzione posta a suo carico, la responsabilità grava sull'altro; se, invece, entrambi vincono la presunzione di colpa, ciascuno va esente da responsabilità; se nessuno dei due raggiunge la prova liberatoria, la responsabilità grava su ognuno in pari misura (da ultimo: Sez. 3, Ordinanza n. 31335 del 10/11/2023; Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, punto 6.1 della motivazione); e tanto in forza di argomentazioni per il cui superamento non vengono somministrati idonei elementi da alcuna delle parti. Infatti, il danneggiato deve certamente provare che l'evento sia avvenuto in dipendenza della condotta dell'animale selvatico; e, certamente, attiene alla ricostruzione, spettante anche in via ufficiosa al giudice, del nesso causale tra condotta dell'animale e sinistro la concreta esclusione di elementi causali, quali la condotta negligente del danneggiato, idonei ad eliderlo: ma l'assoluta imprevedibilità della condotta dell'animale o l'efficienza causale di una specifica condotta comunque colposa del danneggiato integra l'oggetto di una prova liberatoria incombente sulla responsabile e non sull'attore.
Del resto, l'assenza di qualsiasi colpa del danneggiato va da questi allegata e provata solo quando sia anche conducente di veicolo, ove questi voglia vincere la diversa presunzione prevista dall'art. 2054 c.c., che la giurisprudenza di questa Corte continua -nonostante tanto possa indurre non marginali perplessità - a ritenere applicabile, in concorso con la norma sulla responsabilità per il fatto dell'animale, nella fattispecie di danni cagionati a conducente di veicolo.
Pertanto, in base al delineato statuto della responsabilità da custodia di animali ex art. 2052 c.c., se non altro allo stato attuale della sua elaborazione:
- il danneggiato dovrà allegare che il danno è stato causato dall'animale selvatico (appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato) e dimostrare: a) la dinamica del sinistro; b) il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito; c) l'appartenenza dell'animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla L. n. 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato;
- se il danneggiato sia stato anche conducente del veicolo, in aggiunta a quanto sopra esposto, egli dovrà altresì allegare e dimostrare: a) l'esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida; b) che la condotta dell'animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui - nonostante ogni cautela -non sarebbe stato comunque possibile evitare l'impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno;
- per altro verso, è onere dell'ente, convenuto in giudizio, di fornire la prova liberatoria, il cui contenuto è stato tipizzato dal legislatore, all'art. 2052 c.c., nella ricorrenza del caso fortuito; in tal senso, il legislatore non ha voluto che il responsabile di cui all'art. 2052 c.c. possa liberarsi provando di avere tenuto un comportamento diligente volto ad evitare il danno né la dimostrazione che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza da lui esigibile, data l'imprevedibilità e l'inevitabilità dell'evento dannoso, tantomeno che l'intervento del caso fortuito abbia reso oggettivamente impossibile la custodia (in tal senso, in una prospettiva ricognitiva della ratio e dello statuto delle varie fattispecie di responsabilità oggettiva - e, in particolare, della responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c. -cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11152 del 27/04/2023);
- con la conseguenza che, ove non sia efficacemente superata alcuna di tali presunzioni, il danneggiato che sia anche conducente potrà conseguire il ristoro della sola metà dei danni patiti.
5.1. Orbene, nel caso in esame, l'impugnata sentenza non ha fatto buon governo dei suindicati principi, in quanto, applicando il paradigma della responsabilità per colpa ex art. 2043 c.c., ha escluso la responsabilità della Regione Marche senza compiere alcun accertamento dell'effettiva esistenza del caso fortuito, quale elemento oggettivo idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra danno ed evento, in guisa di causa alternativa prevalente, rispetto a quella individuata dall'attore, che ha cagionato l'evento dannoso, la cui prova incombe sul preteso responsabile. Ne consegue che l'accertamento del Tribunale non avrebbe potuto limitarsi, come di fatto è accaduto, alla verifica della sola condotta del danneggiato, rivalutando in senso sfavorevole elementi probatori già scrutinati dal Giudice di Pace, poiché, in applicazione del diverso regime di responsabilità ex art. 2052 c.c., avrebbe dovuto piuttosto applicare lo statuto della responsabilità da fatto degli animali ut supra delineato, condiviso da una ormai consolidata giurisprudenza di legittimità e con le puntualizzazioni qui operate.
In tale prospettiva, il Giudice d'appello era tenuto a verificare se l'attore avesse assolto l'onere di asseverazione del fatto dannoso, della riconducibilità dello stesso all'animale selvatico e della sussistenza del nesso causale, e solo successivamente avrebbe potuto (e dovuto) accertare se la parte convenuta (la Regione Marche) avesse fornito la prova liberatoria, costituita esclusivamente dal caso fortuito, unico elemento idoneo ad escludere la responsabilità ai sensi dell'art. 2052 c.c., per poi verificare se, qualora coincidessero le qualità di danneggiato e di conducente, quest'ultimo avesse provato di essere esente da colpa nella condotta di guida.
L'avere trascurato tale impostazione ha condotto il Giudice d'appello ad applicare un criterio di imputazione soggettivo in luogo di quello oggettivo previsto dalla legge, così violando il contenuto della prova liberatoria puntualmente descritto dal legislatore, nonché i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte. Per le esposte ragioni, il motivo di ricorso merita di essere accolto, con conseguente cassazione sul punto dell'impugnata sentenza.
Al riguardo, non sussistendo i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., va disposto il rinvio della causa al Tribunale di Macerata, in diverso Giudice, che rinnoverà l'esame complessivo della domanda risarcitoria proposta dal Pa.Gi., attenendosi ai principi enunciati.
5.2. All'accoglimento del primo motivo di ricorso, nei suddetti termini, consegue l'assorbimento del secondo motivo. 6. Sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza del primo motivo di ricorso (assorbito il secondo), dev'essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio al Tribunale di Macerata, nella persona di diverso giudice, che procederà ad un nuovo esame dell'impugnazione, alla luce dei principi sopra illustrati, provvedendo, altresì, in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Macerata, in persona di diverso giudice.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 20 giugno 2025.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2025.