Ai fini dell’esercizio della facoltà di chiedere all’Inps la costituzione della rendita vitalizia riversibile disciplinata dall’art. 13, comma 1, della legge n. 1338 del 12 agosto 1962 il termine di prescrizione decorre, per il datore di lavoro, dalla intervenuta prescrizione dei contributi; la rendita chiesta dal lavoratore ai sensi dell’art. 13, comma 5, della legge citata inizia a prescriversi da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita ai sensi dell’art. 13, comma 1, della legge n. 1338 del 1962.
Cassazione civile, sez. un., sentenza 07/08/2025 (ud. 25/03/2025) n. 22802
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d'Appello di Perugia, in riforma della sentenza di primo grado, ha autorizzato Pa.Gi. a versare all'INPS la somma corrispondente alla riserva matematica utile alla costituzione della rendita vitalizia - pari alla prestazione pensionistica cui avrebbe avuto diritto in assenza delle omissioni contributive verificatesi in suo danno nel periodo 1.3.1958-31.10.1963, durante il quale egli aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze della COOPERATIVA OPERAIA PER INSTALLAZIONI E RIPARAZIONI ELETTRICHE Soc. coop. in liquidazione, senza che il datore di lavoro versasse integralmente i contributi dovuti - e ha condannato l'INPS, in esito al versamento, a costituire la rendita.
2. La Corte territoriale ha ritenuto infondata la tesi dell'assicurato secondo cui il diritto alla costituzione della rendita vitalizia non sarebbe soggetto a prescrizione, nemmeno quando – come nella specie – l'azione sia stata proposta dal lavoratore in luogo del datore di lavoro impossibilitato a provvedervi. Tuttavia, ha ritenuto che, in tal caso, la decorrenza della prescrizione andava fissata con riguardo al momento in cui il lavoratore aveva avuto notizia di tale impossibilità. Conseguentemente, non avendo l'INPS addotto e provato nulla al riguardo, ha rigettato l'eccezione di prescrizione ritenendola infondata.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l'INPS affidato ad un unico motivo di censura, successivamente illustrato con memoria. Pa.Gi. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato, basato su quattro motivi, anch'esso illustrato con memoria. L'INPS ha resistito al ricorso incidentale con controricorso. La Cooperativa ex datrice di lavoro non ha svolto attività difensiva.
4. All'esito dell'adunanza camerale il Collegio ha ravvisato con riguardo all'interpretazione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 l'esistenza di contrasto nella giurisprudenza della Corte di cassazione ed ha ritenuto che la questione fosse, intrinsecamente, di massima di particolare importanza. Pertanto, con ordinanza interlocutoria ha rimesso la causa alla Prima Presidente della Corte che ne ha poi disposto l'assegnazione alle Sezioni Unite.
4.1. Ed infatti pur muovendo dal presupposto che "possa ormai considerarsi assurto a diritto vivente il principio secondo cui esigenze di certezza del diritto imporrebbero di ritenere che il lavoratore possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, entro il termine ordinario decennale di prescrizione decorrente dalla maturazione della prescrizione del diritto al recupero dei contributi da parte dell'INPS ha tuttavia ritenuto che l'orientamento consolidatosi potrebbe essere suscettibile di rimeditazione.
5. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte. In vista dell'odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo del ricorso principale, l'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini della decorrenza della prescrizione del diritto del lavoratore di costituire a proprie spese la rendita vitalizia, rilevasse la conoscenza dell'impossibilità della costituzione della medesima a carico del datore di lavoro e non il mero fatto obiettivo del decorso del tempo dall'omissione contributiva, che nella specie doveva portare a ritenere prescritta l'azione proposta.
2. Con il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato il controricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1324,1362,1366,1367,1370,1175,1375 e 2937 cod. civ. nonché dell' art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e dell'art. 1 della legge n. 241 del 1990, per non avere la Corte territoriale ritenuto che l'INPS avesse rinunciato alla prescrizione, vuoi per avere comunicato ufficialmente anche mediante il sito internet istituzionale che la domanda di costituzione della rendita vitalizia può essere proposta senza limiti temporali, vuoi per avergli specificamente comunicato, con nota del 31.10.2006, di reputare ammissibile il riscatto del periodo 1.3.1958-31.1.1967.
3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato, poi, il controricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 per non avere la Corte territoriale ritenuto che la facoltà del lavoratore assicurato di chiedere all'INPS di costituire a proprie spese la rendita vitalizia fosse imprescrittibile.
4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente deduce l'ulteriore violazione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e del D.M. 19 febbraio 1981 e sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che la richiesta di specificazione degli effetti dell'accoglimento della domanda di costituzione della rendita (id est, la condanna al pagamento della pensione di vecchiaia) costituisse domanda nuova, come tale inammissibile in grado di appello.
5. Preliminarmente rileva il Collegio che, successivamente alla camera di consiglio del 25 marzo 2025 in cui è stata discussa e decisa la controversia, è stata pubblicata l'ordinanza del Tribunale di Napoli che ha chiesto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi sulle seguenti questioni
"1. se i diritti indicati dall'art. 8 della direttiva 91/533/Cee, la cui tutela lo Stato membro deve assicurare, siano costituiti dal solo diritto a ricevere il documento di assunzione di cui all'art. 2 della stessa Direttiva ovvero dai diritti che devono essere indicati nel documento stesso e, specificamente, la retribuzione.
2. In ipotesi la Corte di giustizia dovesse rispondere affermativamente al primo quesito se, nel contesto descritto, la pensione di cui godrà il ricorrente, dipendendo dalla contribuzione versata proporzionale alla retribuzione goduta ed agli anni di iscrizione alla assicurazione generale obbligatoria costituisca, per gli iscritti del settore privato, retribuzione differita ai sensi dell'art. 2 della direttiva 91/533/Cee.
3. In ipotesi di risposta positiva ai primi due quesiti se anche il diritto del lavoratore al versamento contributivo, che influenza in misura decisiva il diritto e la misura dell'assegno pensionistico, ricada nell'ambito di tutela dell'art. 8 della direttiva 91/533/Cee.
4. In caso di risposta positiva ai precedenti quesiti se l'art. 8 della direttiva 91/533/Cee osti alla circostanza che il lavoratore sia obbligato, nel corso del rapporto di lavoro, a convenire in giudizio il datore di lavoro, oltre che l'INPS, per richiedere il versamento dei contributi, al fine di evitare la prescrizione dei propri diritti, ma che tali diritti dipendano dalla esclusiva volontà dell'INPS di costituirsi nel giudizio e di richiedere il pagamento del credito, a differenza di quanto avviene per la retribuzione ordinaria e ciò anche quando non abbia una protezione sufficiente avverso un licenziamento illegittimo, rischiando in tal modo il licenziamento ovvero la mancata prosecuzione del rapporto di lavoro tutelato dalla direttiva 2008/104/Ce.
5. In ipotesi di risposta positiva ai quesiti che precedono quali siano gli strumenti a disposizione di questo giudice ed in specie se la parificazione del regime prescrizionale dei contributi e delle retribuzioni possa ritenersi misura sufficiente a soddisfare gli obblighi di cui all'art. 8 della direttiva 91/533/Cee;" (cfr. Tribunale Napoli 31/03/2025).
5.1. Tanto premesso ritiene il Collegio che con l'ordinanza si interpella la Corte di Giustizia su quesiti che attengono a questioni che si pongono sullo sfondo rispetto ai temi oggetto della presente controversia - che sinteticamente possono essere riassunti nella necessità di accertare la prescrittibilità o meno del diritto alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e ss.mm. ed inoltre, in caso affermativo, nell'individuazione del momento in cui tale termine inizia a decorrere per i soggetti che possono chiedere la costituzione della rendita - e non incidono sulla soluzione del ricorso né interferiscono con il principio di diritto che, in esito alle considerazioni che si verranno ad esporre, sarà affermato.
6. Tanto premesso, con l'ordinanza interlocutoria è stato ricordato che a norma dell'art. 13 comma 1 della legge n. 1338 del 1962 "il datore di lavoro che abbia omesso di versare i contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione (...), può chiedere all'Istituto nazionale della previdenza sociale di costituire (...) una rendita vitalizia riversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi", previo versamento all'INPS della "corrispondente riserva matematica" di cui al secondo comma, e soggiunge, al quinto comma, che "il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma del presente articolo, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento del danno".
6.1. Quindi all'esito di un' ampia ricostruzione del quadro giurisprudenziale l'ordinanza - pur muovendo dal presupposto che "possa ormai considerarsi assurto a diritto vivente il principio secondo cui esigenze di certezza del diritto imporrebbero di ritenere che il lavoratore possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, entro il termine ordinario decennale di prescrizione decorrente dalla maturazione della prescrizione del diritto al recupero dei contributi da parte dell'INPS (così, espressamente, Cass. S.U. n. 21302 del 2017, cit., in motivazione, e, più recentemente, Cass. n. 18661 del 2020)" che nella specie importerebbe l'accoglimento del ricorso principale e la cassazione della sentenza impugnata – ritiene tuttavia che l'orientamento consolidatosi potrebbe essere suscettibile di rimeditazione in considerazione delle ragioni addotte dall'odierno controricorrente nel terzo motivo del ricorso incidentale, il cui esame, involgendo proprio la questione della prescrittibilità o meno dell'azione, è logicamente prioritario rispetto agli altri.
6.2. In sostanza l'ordinanza interlocutoria abbandona definitivamente la tesi della imprescrittibilità dell'azione e, nelle sue conclusioni, dà esplicitamente tale posizione come oramai acquisita.
6.3. Pur trattandosi di argomento che viene riferito nella ricostruzione complessivamente effettuata del quadro normativo e giurisprudenziale, tuttavia, nelle sue conclusioni l'ordinanza di rimessione ritiene tale argomento non più discutibile stante l'assestamento sul punto della giurisprudenza e l'indagine è limitata invece all'individuazione del momento in cui la prescrizione comincia a decorrere.
6.4. Ritiene il Collegio che, in disparte le considerazioni dell'ordinanza interlocutoria, la questione della prescrittibilità o meno del diritto alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 commi 1 e 5 della legge n. 1338 del 1962 è comunque devoluta dal ricorrente incidentale con il suo terzo motivo di ricorso e dunque deve essere esaminata. Tuttavia, non si ravvisano ragioni per rivedere l'orientamento che sul punto è oggettivamente consolidato.
6.5. Volendo ricostruire l'evoluzione della giurisprudenza chiamata a interpretare l'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, va evidenziato che - mentre la giurisprudenza più risalente ha riconosciuto in maniera pressocché univoca la facoltà di regolarizzare senza limiti temporali la posizione assicurativa per i periodi per i quali era intervenuta la prescrizione dei contributi (cfr., fra le numerose, Cass. nn. 1304 del 1971, 1374 del 1974, 1298 del 1978, 5487 del 1983) - a partire dalla sentenza n. 6361 del 1984 questa Corte ha ritenuto "conforme a diritto" sia che l'azione prevista dall'art. 13 fosse soggetta al termine di prescrizione di cui all'art. 2946 cod. civ. sia che il termine, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ., decorresse dal compimento della prescrizione dei contributi non versati dal datore di lavoro.
6.6. L'orientamento inaugurato da Cass. n. 6361 del 1984 è stato confermato da successive pronunce che evidenziavano che già dal momento della prescrizione dei contributi il lavoratore può pretendere che il datore di lavoro emendi subito, con la costituzione della rendita vitalizia, il danno potenziale conseguente all'omissione contributiva (in tal senso Cass. n. 9270 del 1987 e poi Cass. nn. 10945 del 1998, 14680 del 1999 e 3756 del 2003).
6.7. Tuttavia, non è mancata qualche pronuncia di senso contrario (v. Cass. n. 170 del 1985 che ha posto in luce che si trattava di azione volta alla costituzione della rendita vitalizia che poteva essere proposta "senza limitazione temporale" alcuna). In particolare, con una articolata pronuncia (Cass. n. 7853 del 2003) la Corte, riallineandosi all'orientamento più risalente e muovendo da una distinzione di carattere generale sulla prescrittibilità delle facoltà giuridiche e dei cosiddetti diritti potestativi a seconda che incidano su situazioni precorse o debbano operare solo pro futuro, ha sostenuto che la facoltà di costituire una rendita vitalizia non sarebbe soggetta a prescrizione alcuna. Sulla scorta del disposto testuale dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, ha escluso che il momento della prescrizione dei contributi oppure quello in cui sarebbe maturato il diritto alla pensione o ancora quello in cui l'assicurato, in base ai contributi già versati, abbia conseguito la pensione abbiano, a tal proposito, rilevanza autonoma.
6.8. Va notato che quasi contestualmente con altra decisione (Cass. n. 13836 del 2003) è stato nuovamente affermato il diverso principio secondo cui l'azione in questione sarebbe assoggettata a prescrizione (come affermato già anche da Cass. nn. 14680 del 1999 e 3756 del 2003). La pronuncia si allinea all'orientamento che sostiene la prescrizione del diritto alla costituzione della rendita vitalizia e la ancòra, quanto alla decorrenza, alla data di prescrizione del credito contributivo dell'INPS precisando, invece, che per l'ordinaria azione risarcitoria prevista dall' art.2116 secondo comma cod. civ., si deve avere riguardo al momento in cui si verifica la perdita (totale o parziale) del trattamento previdenziale.
6.9. A partire dalla sentenza n. 13836 del 2003 l'orientamento favorevole alla prescrittibilità dell'azione ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 ed alla sua decorrenza ha avuto numerose conferme (cfr tra le altre Cass. n. 12213 del 2004 e n. 983 del 2016). Inoltre, è stata confermata anche l'individuazione del momento in cui la prescrizione inizia a decorrere vale a dire dalla avvenuta prescrizione dei contributi e non dall'insorgenza del danno.
6.10. Le Sezioni unite della Corte, pur investite una prima volta del contrasto esistente sulla prescrittibilità o meno dell'azione, non hanno poi proceduto all'esame della questione posta ritenendolo precluso dall'accoglimento delle censure che investivano la prova del presupposto rapporto di lavoro (cfr. Cass. S.U. n. 840 del 2005. Così anche s.u.3678 del 2009 che non esaminano la questione ritenendo assorbente la necessità di un contraddittorio integro ragione per la quale rimettono le parti davanti al primo giudice).
6.11. È solo con la sentenza n. 21302 del 2017, chiamata a dirimere la controversia in punto di giurisdizione, che la Corte - richiamando adesivamente i principi di diritto già affermati da Cass. nn. 3756 del 2003, 12213 del 2004 e 983 del 2016 – ha ribadito che il diritto del lavoratore alla costituzione, a spese del datore di lavoro, della rendita vitalizia di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, decorrente dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'INPS, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva.
6.12. Successivamente alla sentenza delle sezioni unite del 2017 il tema della prescrittibilità non ha visto pronunce di segno diverso e anche con riguardo al termine di prescrizione ed alla sua decorrenza, la giurisprudenza sembra essersi sostanzialmente attestata nel senso che il momento iniziale è quello della prescrizione dei contributi e dunque il termine decorre da quando l'Inps non può più pretenderne il versamento da parte del datore di lavoro e quest'ultimo non può neppure volontariamente versarli (cfr. Cass. n. 27683 del 2020; v. anche in motivazione Cass. n. 15947 2021; cfr. inoltre Cass. n. 31337 del 2022 seppure nel contesto della diversa questione della necessità della domanda amministrativa. Si veda anche, in motivazione, Cass. n. 11730 del 2024 pag. 8 punto 10 quanto ai riflessi legati al sistema contributivo).
6.13. Peraltro, argomenti a conferma della prescrittibilità dell'azione di costituzione della rendita vitalizia, si traggono oggi dalla legge n. 203 del 2024 che con l'art. 30 - rubricato "Modifiche alla disciplina della rendita vitalizia di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e all'articolo 31 della legge 24 maggio 1952, n. 610" con la quale a chiusura di un quadro normativo dal quale residuava uno spazio di mancata tutela del contribuente - ha aggiunto all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 un settimo comma con il quale si dispone che "il lavoratore, decorso il termine di prescrizione per l'esercizio delle facoltà di cui al primo e al quinto comma, fermo restando l'onere della prova previsto dal medesimo quinto comma, può chiedere all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale la costituzione della rendita vitalizia con onere interamente a proprio carico, calcolato ai sensi del sesto comma".
6.14. L'intervento additivo conferma la bontà dell'interpretazione data all'art. 13 per cui l'azione di costituzione della rendita, sia che venga promossa dal datore di lavoro (primo comma) sia che venga intrapresa dal lavoratore (quinto comma) è soggetta a prescrizione posto che la norma dispone che solo quando tale azione è prescritta è data al lavoratore la possibilità di agire, seppur "con onere interamente a suo carico", per la costituzione della rendita.
7. Confermata la prescrittibilità dell'azione occorre perciò stabilire da quale momento inizia a decorrere il termine e con quale modalità.
7.1. L'ordinanza interlocutoria, muovendo proprio dal presupposto che "possa ormai considerarsi assurto a diritto vivente il principio secondo cui esigenze di certezza del diritto imporrebbero di ritenere che il lavoratore possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, entro il termine ordinario decennale di prescrizione decorrente dalla maturazione della prescrizione del diritto al recupero dei contributi da parte dell'INPS (così, espressamente, Cass. S.U. n. 21302 del 2017, cit., in motivazione, e, più recentemente, Cass. n. 18661 del 2020)" sollecita una rimeditazione dell'orientamento prevalente formatosi in tema di decorrenza del termine di prescrizione evidenziando che, indipendentemente dalle argomentazioni dogmatiche spese da Cass. n. 7853 del 2003, cit., circa la latitudine del principio secondo cui in facultativis non datur praescriptio, comunque per tale successivo e diverso aspetto vi sarebbero ragioni letterali connesse alla ratio dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 che potrebbero far propendere per soluzioni più garantiste.
8. A tal riguardo va ricordato che in più occasioni questa Corte, sulla scorta di quanto emerge dai lavori preparatori, ha rimarcato che quello attuato con l'art. 13 è un congegno di regolarizzazione contributiva che consente di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione.
8.1. Si tratterebbe di norma strettamente collegata alla previsione di cui all'art. 2116 secondo comma cod. civ. che dispone che "nei casi in cui (...) le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro".
8.2. In sostanza l'art. 13 costituirebbe una forma di reintegrazione in forma specifica del danno derivante dall'omessa contribuzione.
8.3. In questo senso si esprimono più sentenze di questa Corte Cass. n. 31337 del 2022 tra le ultime a partire da Cass. n. 6088 del 1981 e poi nn. 6517 del 1986, 5825 del 1995, 14680 del 1999, 22751 del 2004, 2630 del 2014.
8.4. È muovendo da tale premessa che si è escluso che l'azione proposta dal lavoratore ai sensi dell'art. 13 comma 5 della legge n. 1338 del 1962, sia assoggettabile alla decadenza triennale di cui all'art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 (Cass. n. 32500 del 2021) e, ancor prima, che necessiti della previa proposizione di una domanda amministrativa (Cass. n. 31337 del 2022, cit.). Si tratta di azione che non ha ad oggetto una prestazione previdenziale, ma si propone piuttosto di rimediare alla decurtazione pensionistica conseguente all'omesso versamento dei contributi dovuti.
8.5. In sostanza l'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 sarebbe una norma di favore per il datore di lavoro che con il versamento del solo importo necessario per la costituzione della riserva matematica risarcisce in forma specifica il danno cagionato al lavoratore dall'omissione contributiva. Diversamente, è stato osservato, il danno sarebbe pari all'importo di tutti i ratei pensionistici perduti in conseguenza dell'omissione contributiva e peraltro non sarebbe facilmente liquidabile (con un evidente impatto sulla complessità dei contenziosi) (in questo senso parte della dottrina sin dai primi commenti).
8.6. A tal riguardo va evidenziato che una volta versata la riserva matematica - da parte del datore di lavoro o, anche in suo luogo dal lavoratore (che vede salvo il suo diritto al risarcimento del danno) - la costituzione della rendita vitalizia non comporterebbe alcun onere economico per l'INPS.
8.7. Sia nell'ordinanza interlocutoria che in dottrina si sottolinea che le tariffe di cui al D.M. 19.2.1981, emanato in attuazione dell'art. 13 sesto comma, sono congegnate in modo tale che la riserva matematica copra interamente l'onere assunto dall'assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi (cfr. in specie l'All. 12 al D.M. 19.2.1981, cit.).
8.8. Secondo una linea giurisprudenziale di questa Corte nei rapporti tra lavoratore e datore di lavoro - precisamente allorché il lavoratore chieda in giudizio la condanna del datore di lavoro al versamento della riserva matematica utile alla costituzione della rendita - ciò che viene in rilievo è la responsabilità che l'art. 2116 secondo comma cod. civ. prevede in capo al datore di lavoro allorché, per effetto della mancata o irregolare contribuzione, le istituzioni di previdenza e assistenza non siano tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute al lavoratore assicurato. Si tratta di obbligazione che si prescrive nell' ordinario termine decennale (cfr. per tutte Cass. n. 13997 del 2007).
8.9. In questa prospettiva, nel confrontarsi con l'esistenza, in caso di omissione contributiva, dell'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali – formulando una domanda di condanna generica ammissibile anche nel rito del lavoro, per accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno - questa Corte ha fatto salva la facoltà per l'interessato di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso (coincidente, in caso di omesso versamento dei contributi previdenziali con il raggiungimento dell'età pensionabile), l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., oppure quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338 (cfr. Cass. n. 2630 del 2014).
9. Questo stretto legame tra l'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e la norma codicistica, l'art. 2116 secondo comma cod. civ., influenzerebbe, secondo la ricostruzione dell'ordinanza interlocutoria, la decorrenza della prescrizione nei rapporti tra l'ente previdenziale e il datore di lavoro che intenda avvalersi del congegno di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, per rimediare in forma specifica al danno cagionato al lavoratore, e tra l'ente previdenziale e il lavoratore che intenda sostituirsi al datore di lavoro nel versamento della riserva matematica la prescrizione.
9.1. Trattandosi di una modalità risarcitoria dello stesso danno - che con la costituzione della rendita avviene attraverso una reintegrazione in forma specifica - la prescrizione potrebbe decorrere, così come pacificamente avviene con riguardo all'art. 2116 secondo comma cod. civ. dal momento in cui si verifica l'evento dannoso, non prima dell'insorgenza del diritto a pensione ovvero del suo diniego.
9.2. Con la costituzione della rendita l'ente previdenziale è mero destinatario di un pagamento che, come ricordato (v. punto 7.6), copre interamente l'onere assunto dall'assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi. In tal senso depongono le modalità di calcolo della riserva matematica, che – per come disciplinate dal D.M. 19.2.1981 e dal successivo D.M. 31.8.2007 – hanno riguardo non solo al rendimento che la contribuzione regolarmente versata avrebbe avuto, ma anche alla speranza di vita del beneficiario della rendita e dei superstiti aventi diritto alla sua reversibilità, all'evidente scopo di scongiurare il pericolo di una socializzazione dei costi dell'inadempimento dell'obbligo contributivo.
9.3. Per quanto riguarda poi i periodi per i quali la quota di pensione andrebbe calcolata con il sistema contributivo - calcolo contributivo che ai sensi della legge n. 335 del 1995 si basa sulla contribuzione accreditata, rivalutata annualmente, e sull'età dell'interessato applicando coefficienti di trasformazione del montante contributivo in assegno pensionistico con valori che, espressi in percentuale, aumentano con l'età - l'onere per il versamento della riserva è determinato, ai sensi dell'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 184 del 1997, in modo analogo alla determinazione dell'onere per il riscatto dei periodi di studio, ai sensi del comma 5 del precedente art. 2.
10. Alla luce di tali premesse, ed in estrema sintesi, in favore della revisione dell'orientamento fino ad oggi consolidatosi e per una decorrenza della prescrizione dal momento dell'insorgenza del danno in occasione del mancato conseguimento della prestazione, deporrebbe la valorizzazione della ratio che ispirò l'introduzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 scongiurare il rischio di rendere potenzialmente definitivo il danno inferto al lavoratore dall'omissione contributiva trattandosi di norma chiamata ad assicurare "un trattamento di favore ai lavoratori i quali, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e della impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, siano stati privati della pensione" (in questi termini la Corte costituzionale nella motivazione della decisione n. 568 del 1989) che manifesta la sua utilità proprio "nei casi in cui le omissioni contributive vengono fatte risalire a periodi assai lontani nel tempo, che (...) possono attingere, ed anche oltrepassare, mezzo secolo, e vengono denunciate a distanza di molti anni nei confronti di datori di lavoro deceduti o di ditte scomparse" (ancora la Corte costituzionale n. 26 del 1984).
10.1. Pertanto, secondo l'interpretazione maggioritaria, una volta che si escluda l' imprescrittibilità dell'azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, vi sarebbero ragioni testuali, logiche e finalistiche per una interpretazione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 che ancori la decorrenza della prescrizione in danno del lavoratore non già alla data di prescrizione dei contributi (rectius, alla data di prescrizione della facoltà del datore di lavoro di versare la riserva matematica, a sua volta decorrente da quella di prescrizione dei contributi), ma alla stessa data in cui matura il danno di cui all'art. 2116 comma 2 c.c.. Al momento in cui emerge che l'ente previdenziale, per effetto dell'omissione contributiva, non è tenuto al pagamento della prestazione pensionistica in conseguenza. In questi termini una delle soluzioni proposte dall'ordinanza interlocutoria.
11. Tanto premesso ritiene il Collegio che l'orientamento che nel tempo si è consolidato, e che individua sia nei riguardi del datore di lavoro che nei riguardi del lavoratore l'esordio della prescrizione del diritto alla rendita ex art. 13 nella data in cui si sono prescritti i contributi che perciò non possono essere più versati, può solo in parte essere confermato e che allo stesso debbano essere apportati dei correttivi, di cui di seguito si espongono le ragioni, senza tuttavia arrivare a spostare l'esordio della prescrizione, come pure proposto, al momento in cui sarebbe insorto il diritto alla prestazione previdenziale.
11.1. Come ricordato il dibattito giurisprudenziale è sempre stato più attento e concentrato sulla prescrittibilità o meno dell'azione piuttosto che sull'insorgenza della decorrenza del termine di prescrizione e gli argomenti che sono stati spesi a favore della soluzione a tutt'oggi prevalente possono essere così riassunti. Vi sono due tutele quella specifica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e quella residuale ex art. 2116 secondo comma cod. civ. Esse, per quanto concorrano al medesimo scopo di evitare che il lavoratore subisca un danno in conseguenza del mancato versamento dei contributi previdenziali oramai prescritti, hanno un oggetto ed una finalità immediata diversa.
11.2. Come si è ricordato, allo stato attuale, la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che nell'ambito della tutela apprestata dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 - oggi peraltro integrata con l'introduzione del settimo comma da una ulteriore possibilità di versamento della provvista per conseguire la rendita con onere però a totale carico del contribuente - il termine di prescrizione decorre per entrambi i soggetti che possono attivarsi per chiedere la costituzione della rendita dal momento in cui i contributi si sono prescritti e non è più possibile per il datore di lavoro versarli e per l'Istituto pretenderli. È appena il caso di ricordare che nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata, diversamente dalla materia civile, è sottratto alla disponibilità delle parti così che si deve escludere l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti e da un anto la prescrizione, operando di diritto, può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice; dall'altro l'ente previdenziale non vi può rinunciare e i contributi prescritti sono irricevibili (cfr. tra le tante Cass. 09/04/2019 n.9865, 15/10/2014 n. 21830, 10/12/2004 n. 23116, 16/08/2001n. 11140).
11.3. Si sostiene poi che le azioni per la costituzione della rendita previste dall'art. 13 commi 1 e 5 della legge n. 1338 del 1962 e l'azione risarcitoria disciplinata dall'art. 2116 secondo comma cod. civ. sono tra loro del tutto autonome sebbene si fondino sul comune presupposto della omissione contributiva da parte del datore di lavoro. Al lavoratore è data la possibilità di agire con ciascuna di esse in giudizi distinti nei confronti dei rispettivi legittimati passivi (in questo senso Cass. n. 2488 del 1986).
11.4. La premessa logica che ancóra la decorrenza della prescrizione del diritto del lavoratore alla costituzione della rendita vitalizia al medesimo termine individuato per la uguale facoltà accordata al datore di lavoro che abbia lasciato prescrivere i contributi e non possa perciò più versarli è che questi da quel momento subisce un danno immediato - diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia - consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione (in questo senso Cass. n. 12213 del 2004).
11.5. Si è sostenuto infatti che l'azione ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 è, in via generale, finalizzata a reintegrare la provvista contributiva, a prescindere da ogni riscontro circa l'esistenza di un danno, attuale o potenziale. Ciò anche quando la tutela prevista dall'art. 13 si realizza, come è possibile, con l'esercizio da parte del lavoratore di un'azione di condanna del datore di lavoro a versare la riserva matematica all'INPS.
11.6. L'azione ex art. 2116 secondo comma cod. civ., invece, mira a risarcire il danno che deriva dalla non integrità della provvista contributiva per mancato versamento dei contributi si tratta di fattispecie a formazione progressiva, che non solo presuppone l'inadempienza contributiva ma anche la perdita totale o parziale della pensione.
11.7. In definitiva se è vero che il danno ex art. 2116 secondo comma può poi essere liquidato in concreto in misura pari alla somma necessaria alla costituzione della rendita vitalizia (e in questo senso è la giurisprudenza di questa Corte) tuttavia esso conserva un carattere intrinsecamente differente dal "risarcimento del danno" previsto dal quinto comma dell'art. 13 più volte citato che opera su un piano più propriamente restitutorio. Esso consegue alla domanda avanzata dall'assicurato il quale "non possa più ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita" e che perciò vi si sostituisca di essere tenuto indenne delle conseguenze dell'inadempimento datoriale anche sotto tale aspetto.
11.8. Una volta prescritto in capo al datore di lavoro il diritto alla costituzione della rendita il lavoratore potrà egli stesso chiedere, nell'inerzia datoriale ed a condizione di dimostrare all'Istituto previdenziale l'esistenza dei requisiti di legge (prova dell'esistenza e durata del rapporto di lavoro e della retribuzione ricevuta) la costituzione della rendita, restando salvo il suo diritto ad essere risarcito del danno subito per essersi sostituito al datore di lavoro nel versare la riserva matematica necessaria. Resta sempre salva inoltre in suo favore la possibilità di ottenere, nel ricorso dei presupposti di cui all'art. 2116 secondo comma cod. civ., l'ulteriore risarcimento del danno.
11.9. La circostanza che di regola il risarcimento del danno sofferto dall'assicurato per effetto della costituzione della rendita equivalga alla restituzione di quanto versato in concreto per costituirla senza possibilità di cumulo (in questo senso Cass. n. 14680 del 1999) non esclude l'esercizio dell'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2116 secondo comma cod. civ.. Può ben darsi il caso, infatti, in cui nonostante la costituzione della rendita con onere a carico del lavoratore questi, per altra via, non consegua la prestazione ovvero la consegua in misura minore rispetto a quella auspicata). In sostanza, al di là del fatto che il versamento della provvista necessaria a costituire la rendita vitalizia possa costituire una forma di "risarcimento del danno in forma specifica", le due azioni – quella ex art. 13 e quella ex art. 2116 secondo comma cod. civ. - restano, per natura e funzione, distinte e questo si riflette anche sulla decorrenza del termine di prescrizione di ciascuna azione come peraltro fino ad oggi si è prevalentemente ritenuto.
12. Neppure si pone in contraddizione con il sistema sopra ricostruito la circostanza che la giurisprudenza di questa Corte abbia, in più occasioni, affermato che nel caso di omissione contributiva il lavoratore ha interesse ad agire per il risarcimento del danno ex art. 2116 cod. civ. con un'azione di condanna generica anche prima del prodursi del danno (ammissibile anche nel rito del lavoro cfr. Cass. 05/05/2004 n. 8576, 16/10/2007n. 21620) e ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali al fine di sentir accertare la potenzialità dannosa dell'omissione contributiva e con salvezza della facoltà di agire ex art. 2116 secondo comma cod. civ. quando si produrrà il danno ovvero ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 per ottenere il ristoro in forma specifica del pregiudizio.
12.1. L'azione di accertamento che "offre al lavoratore la possibilità di agire a garanzia dell'ingresso del futuro credito nel patrimonio del creditore (Cass. n. 15947 del 2021) presuppone, diversamente dall'azione ex art. 13, non solo il riscontro dell'omesso versamento dei contributi prescritti, ma anche l'accertamento del conseguente, probabile accadimento in futuro del danno (cfr. Cass. n. 17314 del 2023 cit.) ed offre all'assicurato la possibilità di garantire il suo credito, ad esempio, iscrivendo un'ipoteca sui beni del datore di lavoro senza nemmeno necessariamente un esborso effettivo a carico di quest'ultimo. Infatti, è il giudice della liquidazione del danno che dovrà accertare se lo stesso si è in concreto verificato e in quale misura. Il giudicato sull'an debeatur accerta l'astratta possibilità dannosa dell'omissione contributiva ma non preclude di stabilire che in concreto il danno non si è verificato (Cass. n. 3916 del 1996).
13. Fatte queste premesse, il Collegio ritiene che si debba addivenire ad una soluzione che differenzi l'esordio della prescrizione in relazione alle diverse azioni esercitabili e assicuri in tal modo una tutela più piena in adesione al proposito del legislatore, il quale ha inteso costruire un "congegno" atto a preservare per quanto possibile l'assicurato da danni previdenziali.
13.1. Ritiene infatti il Collegio che alla diversa natura e funzione delle azioni esercitabili, poste a presidio e a tutela del diritto ad assicurare l'integrità contributiva e a evitare danni conseguenti all'omissione, è coerente collegare anche termini differenti di inizio del decorso della prescrizione.
14. Si è detto che
- un vero e proprio "danno" da omissione contributiva si verifica solo nel momento della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale;
- della sua insorgenza l'assicurato potrebbe rendersi conto solo nel momento in cui si realizzano, o si sarebbero realizzate, le condizioni per ottenere la prestazione;
- si tratta di risarcimento del danno che, come detto trova il suo presidio nell'art. 2116 secondo comma cod. civ.;
- segue coerentemente che la prescrizione del diritto a quel risarcimento del danno non può che iniziare a decorrere dal momento in cui il danno stesso si produce (di regola alla data di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi per il conseguimento della prestazione).
14.1. Le Sezioni Unite reputano che a tale ricostruzione non osta il fatto che l'azione risarcitoria possa essere proposta anche in termini di mero accertamento e condanna generica con funzione cautelare-conservativa (Cfr. Cass. n. 10528 del 1997 e successivamente, tra le altre, Cass. n. 10945 del 1998, n. 3773 del 1999, n. 14680 1999 in motivazione, n. 22751 del 2004, n. 2630 del 2014, n. 15947 del 2021 e n. 17314 del 2023). È solo da quel momento – e non da quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne sia maturata la prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro – che decorre la prescrizione del diritto al risarcimento (cfr. le già citate Cass. n. 10528 del 1997, 14680 del 1999 ma già Cass. 23/01/1984 n. 562).
15. Diverso invece il ragionamento per quanto riguarda il diritto ad ottenere la costituzione della rendita vitalizia riversibile disciplinato dall'art. 13 commi 1 e 5 della legge n. 1338 del 1962. L'autonoma funzione svolta dal "congegno" - che tende a conservare l'integrità del potenziale del patrimonio previdenziale accumulato e accumulabile – giustifica la decorrenza della prescrizione, a prescindere dall'accadimento di un danno (inteso nel senso di mancata percezione o percezione in misura inferiore al dovuto della prestazione previdenziale) e dal suo rilievo, seppur con le differenze che di seguito si espongono.
15.1. Va in generale evidenziato che l'art. 13 testualmente individua il presupposto per l'azionabilità del diritto alla costituzione della rendita nel fatto che i contributi si siano prescritti e non possano più essere versati (testualmente "(...) non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione (...)").
15.2. Come si è ricordato nel ricostruire il quadro normativo, sia il datore di lavoro (art. 13 comma 1) che il lavoratore (art. 13 comma 5) possono avere interesse a porre rimedio alla scopertura contributiva in un tempo ragionevole - il datore di lavoro per evitare la sproporzione che può darsi tra il modesto tenore dell'omissione contributiva e il danno che ne può derivare ed essere chiamato a risarcire;
- il lavoratore anche solo per scongiurare i rischi connessi ad un'iniziativa giudiziaria per fatti che per essere molto risalenti nel tempo, come nel caso specifico in esame, possono incontrare difficoltà nella prova (cfr. sopra paragrafo 5.6. e la giurisprudenza ivi richiamata).
15.3. Tuttavia, ancorare, per entrambi i soggetti che possono chiedere la costituzione della rendita vitalizia disciplinata dall'art. 13 citato, al verificarsi del medesimo evento – la prescrizione dei contributi – si risolve per il lavoratore in una irragionevole compressione temporale dei tempi di esercizio del diritto ad avvalersi di quel "congegno" apprestato dal legislatore a tutela del pregiudizio che può conseguire all'inadempimento datoriale dell'obbligo di versare i contributi.
16. In questa prospettiva occorre differenziare la decorrenza dell'esordio del termine di prescrizione nel caso in cui agisca il datore di lavoro da quello in cui invece sia il lavoratore a chiedere la costituzione della rendita che "non possa ottenere dal datore di lavoro" decidendo perciò di sostituirsi allo stesso, salvo chiedergli il risarcimento del danno.
16.1. Ben vero che si è affermato che l'azione del lavoratore, che si sostituisce al datore di lavoro ed ha diritto ad essere tenuto indenne dall'onere che ha sostenuto, avrebbe carattere "surrogatorio" (cfr. Cass. Sez. U. n. 3678 del 2009, sub 5/d), e sarebbe perciò soggetta al medesimo termine di prescrizione dell'azione cui accede anche per quel che concerne la sua decorrenza.
16.2. Tuttavia, appare più coerente con il sistema di tutele apprestato dalla legge n. 1338 del 1962, anche come novellata dall'art. 30 della legge n. 203 del 2024 entrata in vigore il 12 gennaio 2025, ritenere che il diritto del lavoratore ad agire in luogo del datore di lavoro per la costituzione della rendita vitalizia non possa cominciare a prescriversi prima che sia venuto meno il diritto dello stesso datore di lavoro di provvedervi.
16.3. In questo senso depone in primo luogo l'argomento letterale ravvisabile nella disposizione del quinto comma del più volte richiamato art. 13 che prevede che il lavoratore possa egli stesso sostituirsi al datore di lavoro quando "non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita". Se è da quel momento che sorge il diritto il termine di prescrizione non può decorrere che dalla maturazione della prescrizione della facoltà del datore di costituire la riserva matematica ex art. 13, primo comma.
16.4. Si ha quindi che una volta maturata la prescrizione dei contributi decorrerebbe per il datore di lavoro che non li abbia versati il termine decennale di prescrizione del diritto a versare la riserva matematica ai fini della costituzione della rendita reversibile in favore del lavoratore.
16.5. Decorso tale termine e prescritto il diritto del datore di lavoro a chiedere egli stesso la costituzione della rendita in favore del lavoratore, provvedendo al versamento della riserva matematica, quest'ultimo potrà egli stesso sostituirsi al datore di lavoro e provvedere al necessario versamento. Solo quando non sarà più possibile per il datore di lavoro provvedere il diritto del lavoratore a sostituirsi nella costituzione della rendita inizierà a prescriversi. Esemplificativamente sarà necessario, a regime, il decorso di cinque anni perché si prescrivano definitivamente i contributi che maturano tempo per tempo; dalla loro prescrizione decorre il termine decennale per l'esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di chiedere la costituzione della rendita vitalizia in favore del lavoratore assicurato art. 13 comma 1 citato; decorso il termine decennale, come detto, il lavoratore potrà esercitare la facoltà dalla legge riconosciutagli, con diritto a vedersi risarcire il danno subito (ex art. 13 comma 5) nel termine ulteriore di dieci anni scaduto il quale tale diritto si prescrive inesorabilmente.
16.6. Ritiene il Collegio che a tale ricostruzione non osti la qualificazione dell'azione come sostitutiva del diritto del datore di lavoro a costituire esso stesso la rendita in favore del lavoratore di cui ha lasciato prescrivere i contributi.
16.7. Si potrebbe al riguardo sostenere che, se di surroga si tratta, allora sarebbe contraddittorio individuare una diversa decorrenza del termine di prescrizione dell'azione a seconda di chi fa valere il diritto alla costituzione della rendita il datore o, in sua sostituzione, il lavoratore. Inoltre, fissare la decorrenza della prescrizione nel momento in cui tale condizione si realizza potrebbe determinare una situazione di incertezza in contrasto con le finalità proprie della prescrizione.
17. Va invece ritenuto che la scelta di interpretare l'espressione "non possa ottenere" in senso sequenziale - con la prescrizione per il lavoratore che comincia a decorrere dal momento in cui si prescrive per il datore di lavoro il diritto a chiedere la costituzione della rendita – è quella che si rivela più coerente oltre che con il tenore letterale della norma anche con la ratio che la ha ispirata.
17.1. Come si è ricordato, il legislatore del 1962 ha inteso creare un congegno di regolarizzazione contributiva che consenta di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi lavorativi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione (così la relazione alla legge 1338 del 1962). L'intervenuta prescrizione del diritto del datore di lavoro alla costituzione della rendita costituisce, insieme ad altre cause che possono determinare per il datore di lavoro l'impossibilità di provvedere alla costituzione della rendita, la ragione principale per la quale il lavoratore non è definitivamente più in condizione di sollecitarne la costituzione né di ottenerla altrimenti se non provvedendovi direttamente come gli consente il quinto comma del citato art. 13. Nulla preclude la possibilità di agire in giudizio in sostituzione del datore di lavoro che non possa, per altre ragioni, provvedere alla costituzione della rendita anche prima della maturazione della prescrizione dell'azione datoriale. Si pensi al caso della società che nelle more della maturazione del termine di prescrizione decennale dalla prescrizione dei contributi si cancelli e poi si estingua. Anche in questo caso, e ancor prima della maturazione della prescrizione, il lavoratore potrà sostituirsi al datore di lavoro provvedendo al versamento della riserva matematica ai sensi del quinto comma.
17.2. In sostanza, poiché l'esercizio del diritto da parte del lavoratore è connesso alla impossibilità di ottenere altrimenti la costituzione della rendita, non ne è affatto precluso l'esercizio prima che sia maturata la prescrizione del diritto alla costituzione della rendita ex art. 13 comma 1. Ciò non toglie che è proprio da quel momento (quando siano decorsi dieci anni dalla prescrizione dei contributi) che definitivamente il datore di lavoro non potrà più esercitare la facoltà di chiedere all'Inps la costituzione della rendita e da quel momento indubitabilmente il lavoratore potrà ricorrervi.
17.3. Per il datore di lavoro la scelta di versare la riserva matematica e costituire la rendita in favore dell'assicurato - per il quale i contributi si sono oramai prescritti e non possono perciò essere più versati - è essenzialmente finalizzata a prevenire o comunque contenere il danno che potrebbe essergli chiesto dall'assicurato stesso, ai sensi dell'art. 13 comma 5 della legge n. 1338 del 1962 ovvero ex art. 2116 secondo comma cod. civ., quando si avveda di non poter più ottenere la prestazione previdenziale alla quale avrebbe avuto diritto in presenza di regolari versamenti, ovvero di poterla conseguire ma in misura ridotta. In questa prospettiva non v'è dubbio che il diritto insorge nel momento in cui non è per lui più possibile provvedere al versamento dei contributi che, in quanto prescritti, non sono più ricevibili dall'Istituto.
17.4. Diversa la posizione dell'assicurato al quale è data la possibilità di sostituirsi al datore di lavoro "quando non possa ottenere" da questi "la costituzione della rendita".
17.5. Orbene, se è vero che il meccanismo della surroga, concretando la sostituzione di un terzo nella posizione del creditore, non può ridondare né in danno del debitore né a vantaggio del terzo surrogatosi nel diritto di credito (cfr. Cass. 23/06/2021 n. 17966), tuttavia, da tale argomento non si può far derivare che nella fattispecie in esame la prescrizione maturi nello stesso tempo per entrambi i soggetti che possono chiedere la costituzione della rendita. Al lavoratore, infatti, è sì consentito di sostituirsi al datore di lavoro ma solo in tanto in quanto questi "non possa" più attivarsi. Al meccanismo sostitutivo previsto dal quinto comma dell'art. 13 si accompagna poi il diritto ad ottenere la restituzione di quanto versato. In questo senso deve essere intesa l'espressione "salvo il diritto al risarcimento del danno" contenuta nella disposizione citata.
17.6. Orbene, il diritto a vedersi restituire quanto versato in luogo del datore di lavoro, per costituire la rendita ex art. 13 comma 5 ed arginare il potenziale danno pensionistico, si prescrive nello stesso termine in cui si prescrive il diritto a costituire la rendita (cfr. Cass. n. 14680 del 1999). Tuttavia, l'espressione "può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro" non può consentire di ricondurre quell'azione nell'ambito dell'azione surrogatoria in senso strettamente tecnico (ex art. 2900 cod. civ.) vale a dire l'azione che il creditore esercita verso terzi in luogo del proprio debitore "per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni". Diversamente dall'azione surrogatoria generale il lavoratore può chiedere direttamente la costituzione della rendita solo quando non la possa più ottenere dal datore di lavoro. L'azione surrogatoria invece è volta a prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possano derivare al creditore dall'inerzia del debitore, il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad incrementare il suo patrimonio e conferisce la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui. Essa ha carattere necessariamente eccezionale e può essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previste dalla legge.
17.7. L'azione attribuita al lavoratore dall'art. 13 comma 5, più volte ricordato, non vale invece a supplire alla mera inerzia per evitare ulteriori possibili pregiudizi, ma è esercitabile a fronte di una vera e propria impossibilità di conseguire direttamente il beneficio ed essere tenuto indenne dal pregiudizio previdenziale conseguente alla prescrizione dei contributi, con salvezza del risarcimento del danno.
17.8. Nell'azione surrogatoria, qualora il debitore non sia più inerte, per aver posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui possa sostituirsi il creditore, non essendo sindacabile la modalità con cui il debitore ritenga di esercitare i suoi diritti nell'ambito del rapporto, né contestabili le scelte e l'idoneità delle manifestazioni di volontà da lui poste in essere a produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento, soccorrendo all'uopo altri strumenti di tutela a garanzia delle pretese del creditore, quali, ove ne ricorrano i requisiti, l'azione revocatoria ovvero l'opposizione di terzo (cfr. Cass. 28/11/2022 n. 34940, 12/04/2012 n. 5805, 18/02/2000 n. 1867, 28/05/1988n. 3665).
17.9. L'azione per la costituzione della rendita ex art. 13 comma 5 presuppone invece che il lavoratore si trovi nella situazione di non poter ottenere dal datore di lavoro quel rimedio predisposto dal legislatore per tenerlo indenne dal pregiudizio dell'omissione contributiva e tale situazione si determina in maniera definitiva solo quando, prescritti i contributi, si sia definitivamente prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere all'Istituto previdenziale di costituire la rendita in favore del lavoratore.
18. In sostanza il sistema di decorrenza della prescrizione del diritto alla costituzione della rendita come sopra delineato, con termini che decorrono in sequenza per i diversi soggetti che se ne possono avvalere, consente di assicurare la concreta possibilità di applicare il "congegno" di regolarizzazione contributiva per un arco di tempo sufficientemente esteso e ragionevolmente idoneo ad assicurane la effettività.
18.1. Peraltro, per effetto della recente modifica apportata all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 dall'art. 30 della legge n. 203 del 2024, è stata attribuita al lavoratore l'ulteriore facoltà di chiedere la costituzione della rendita - questa volta con onere totalmente a suo carico, sempre dando la dimostrazione dell'esistenza del rapporto di lavoro, della sua durata e della misura della retribuzione - quando si sia oramai prescritto il diritto del datore di lavoro a costituire la rendita, di cui al primo comma, ed anche quello del lavoratore di agire in sostituzione ai sensi dell' art. 13 comma 5.
18.2. La disposizione prevede che tale rimedio, ben più oneroso e perciò del tutto residuale, possa essere attivato quando sia decorso il termine di prescrizione "per l'esercizio delle facoltà di cui al primo e al quinto comma". Si tratta di un diritto attribuito in via esclusiva al lavoratore che non possa più ottenere la rendita da parte del datore di lavoro ai sensi del primo comma e che neppure possa attivarsi direttamente, in luogo del datore di lavoro che non possa più provvedervi, versando direttamente la riserva matematica, come previsto dal quinto comma, poiché il suo diritto si è nel frattempo prescritto. A maggior ragione in questo contesto non si spiegherebbe un termine di prescrizione identico per i primi due rimedi.
18.3. In definitiva, il quadro normativo di tutela apprestato dall'art. 13 nella sua attuale formulazione, che lo stesso Istituto previdenziale ha condivisibilmente ritenuto applicabile a tutte le domande di costituzione di rendita non ancora definite (in questo senso la circolare dell'Inps n. 48 del 24 febbraio 2025), trova applicazione alle controversie pendenti e non coperte da giudicato in quanto completa il quadro delle tutele realizzando il fine di apprestare un rimedio al pregiudizio conseguente alla accertata irregolarità contributiva attraverso una serie di rimedi concorrenti e valorizzando, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non più sanabili per effetto di prescrizione e scongiurando il rischio di rendere potenzialmente definitivo il danno inferto al lavoratore dall'omissione stessa.
18.4. Si realizza così la finalità della norma chiamata ad assicurare "un trattamento di favore ai lavoratori i quali, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e della impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, siano stati privati della pensione" (in questi termini la Corte costituzionale nella motivazione della decisione n. 568 del 1989) che manifesta la sua utilità proprio "nei casi in cui le omissioni contributive vengono fatte risalire a periodi assai lontani nel tempo, che (...) possono attingere, ed anche oltrepassare, mezzo secolo, e vengono denunciate a distanza di molti anni nei confronti di datori di lavoro deceduti o di ditte scomparse" (ancora la Corte costituzionale n. 26 del 1984).
19. In conclusione, ritiene il Collegio che in questa ricostruzione i dubbi avanzati dall'ordinanza interlocutoria possono trovare un adeguato componimento.
19.1. Come sopra detto attribuendo un significato meno tecnico all'espressione "può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro" e valorizzando il fatto che il lavoratore può intervenire solo "quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma del presente articolo" (perché decorso quel termine di prescrizione) si può tenere fermo per il datore di lavoro la decorrenza della prescrizione dalla scadenza del termine per versare i contributi. In questo senso va considerato che si tratta di rimedio apprestato sostanzialmente in suo favore, poiché lo tiene indenne dal rischio di rispondere anche a fronte di un minimo inadempimento di danni rilevanti (come si è cercato di chiarire sopra e come affermato dalla dottrina sin dai primi commenti alla norma). A ciò si aggiunga che non v'è dubbio che il datore di lavoro è ben a conoscenza non solo del suo inadempimento ma anche della definitiva impossibilità di adempiere una volta che i contributi si sono prescritti.
19.2. Viceversa, per il lavoratore (che può sostituirsi al datore di lavoro e chiedere la costituzione della rendita versando la dovuta riserva matematica e salvo il risarcimento del danno) il termine decorre, come detto, da quando, maturata la prescrizione per il datore di lavoro questi non possa più provvedere a costituire la rendita. In questo modo per il lavoratore sarà possibile chiedere la costituzione della rendita con onere a suo carico e diritto al risarcimento del danno per ulteriori dieci anni dal decorso della prescrizione in capo al datore di lavoro.
19.3. Qualora poi il lavoratore resti inerte e maturi, dopo ulteriori dieci anni, la prescrizione del diritto a chiedere in sostituzione del datore di lavoro la costituzione della rendita (versando la riserva e chiedendo il risarcimento) resta salva la facoltà attribuitagli dal comma 7 dell'art. 13 novellato di chiederne la costituzione ma questa volta con totale onere a suo carico.
20. Venendo all'esame del caso concreto e delle censure mosse alla sentenza della Corte di appello, per tutte le ragioni esposte, il ricorso dell'Inps è fondato e deve essere accolto mentre il ricorso incidentale condizionato del Pa.Gi. deve essere rigettato.
20.1. Va premesso in fatto, e per una migliore comprensione, che la domanda di pensione di vecchiaia avanzata nel 2002 da Pa.Gi. (nato nel 1937) con decorrenza dal novembre 2002 fu rigettata dall'Inps per mancanza del requisito contributivo di 780 contributi settimanali. Per questo il lavoratore, accertato il mancato versamento dei contributi e la loro prescrizione il 29.7.2005, chiese la costituzione della rendita reversibile.
20.2. L'Inps rigettò la domanda il 30.11.2006 e il Pa.Gi. adì il Tribunale di Perugia il 4.7.2014.
20.3. Il Tribunale di Perugia dichiarò improponibile la domanda con riguardo ad alcuni dei periodi denunciati e tale statuizione non è stata impugnata.
20.4. Per il periodo ancora controverso Il Tribunale ritenne provata l'impossibilità del datore di lavoro di procedere alla costituzione della rendita (v. pag. 9/10 sentenza) ma maturata la prescrizione osservando che la contro eccezione formulata dal ricorrente con riguardo alla rinuncia per fatti concludenti dell'Inps ad avvalersene si scontrasse con la natura previdenziale del diritto e, comunque, con la circostanza oggettiva che l'aver istruito la domanda rigettata per mancanza di prova dell'esistenza del rapporto di lavoro non costituiva contegno incompatibile con la volontà di avvalersi di un fatto estintivo del diritto.
20.5. Esaminata quindi l'eccezione di prescrizione formulata dall'Inps, esclusa l'imprescrittibilità, il Tribunale ritenne che il termine iniziale fosse anche per l'assicurato quello in cui si erano prescritti i contributi con la conseguenza che la prescrizione era maturata al più tardi nel 1977 e dunque, alla data della domanda amministrativa del 2005, il diritto era prescritto.
21. La Corte di appello di Perugia, invece, riformando la sentenza di primo grado per la parte devolutale, ha autorizzato Pa.Gi. a versare all'INPS la somma corrispondente alla riserva matematica utile alla costituzione della rendita vitalizia - pari alla prestazione pensionistica cui avrebbe avuto diritto in assenza delle omissioni contributive verificatesi in suo danno nel periodo 1.3.1958-31.10.1963, durante il quale egli aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze della COOPERATIVA OPERAIA PER INSTALLAZIONI E RIPARAZIONI ELETTRICHE Soc. coop. in liquidazione senza che il datore di lavoro versasse integralmente i contributi dovuti - e ha condannato l'INPS, in esito al versamento, a costituire la rendita.
21.1. La Corte territoriale - pur ritenuta infondata la tesi dell'assicurato secondo cui l'Istituto con comportamento concludente (respingendo nel merito la domanda) avesse inteso rinunciare alla prescrizione ed escluso che il diritto alla costituzione della rendita vitalizia non fosse soggetto a prescrizione – ha poi ritenuto che il dies a quo dal quale detto termine poteva decorrere fosse quello in cui il lavoratore aveva avuto notizia di tale impossibilità.
21.2. Pertanto, ha verificato l'ammissibilità dell'azione ed ha condiviso l'accertamento del Tribunale che la Cooperativa pure citata in giudizio neppure si era costituita e dunque non si era resa disponibile a versare la riserva matematica. Accertata l'impossibilità di ottenere il versamento dal datore di lavoro e la conseguente ammissibilità dell'azione ha ritenuto che il termine decorresse dal "momento in cui egli ebbe consapevolezza che il datore di lavoro non avrebbe versato la somma corrispondente alla riserva matematica" (v. pag. 14 punto 11 della sentenza impugnata). Ha ritenuto quindi che era onere dell'INPS che aveva eccepito la prescrizione, che non vi aveva adempiuto, dedurre e dimostrare che alla data di presentazione della domanda, nel 2005, il Pa.Gi. era a conoscenza della impossibilità di conseguire il diritto attraverso una iniziativa del datore di lavoro.
22. Con il suo ricorso l'Inps sostiene che il diritto alla costituzione della rendita vitalizia a carico del datore di lavoro è soggetto a prescrizione decennale che decorre da quando si è estinto il diritto all'accredito della contribuzione e che dalla sua prescrizione si realizza l'impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro e decorre "il nuovo termine decennale di costituzione della rendita ad opera del lavoratore" (v. pag. 9 ric. Cass). In sostanza fatto generatore del diritto alla costituzione della rendita a carico del lavoratore è l'impossibilità di costituirla da parte del datore e da quel momento decorre la prescrizione del diritto del lavoratore.
23. Con il ricorso incidentale qualificato come condizionato, invece si pongono tre distinte questioni.
23.1. La prima che attiene alla rilevanza della condotta dell'Istituto previdenziale che avrebbe pubblicizzato la possibilità di richiedere senza limiti di tempo la costituzione della rendita. La seconda che investe la possibilità di rinunciare alla prescrizione anche con comportamento concludente. La terza che ripropone la imprescrittibilità del diritto alla rendita.
24. Orbene, il terzo motivo del ricorso incidentale con il quale si insiste nell'imprescrittibilità del diritto ad ottenere la costituzione della rendita vitalizia riversibile di cui all'art. 13 commi 1 e 5 della legge n. 1338 del 1962, il cui esame è evidentemente preliminare, è, come detto, infondato essendo il diritto alla costituzione della rendita vitalizia prescrittibile nei termini e nei modi sopra esposti.
24.1. Peraltro, nessun riflesso avrebbe comunque sulla presente controversia la questione posta con l'ordinanza del Tribunale di Napoli del 31 marzo 2025 (v. sopra punti nn. 5 e 5.1.) che, come si è già detto, interpella la Corte di Giustizia su quesiti che attengono a questioni che si pongono sullo sfondo rispetto ai temi oggetto della presente controversia. Anche aderendo alla tesi del Tribunale, di imprescrittibilità dei contributi in corso di rapporto di lavoro, nella specie i rapporti oggetto della controversia si sono esauriti da tempo e comunque i contributi sarebbero prescritti.
25. Ugualmente, poi, sono infondati il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale del Pa.Gi.
25.1. Il primo motivo con il quale, come detto, si deduce che proprio l'Istituto avrebbe pubblicizzato la possibilità di accedere senza limiti di tempo alla rendita ex art. 13, non incide sulla ricostruzione giuridica della natura e delle caratteristiche del rimedio apprestato con la rendita vitalizia e potrebbe, in ipotesi, solo fondare una responsabilità che qui neppure è dedotta.
25.2. Quanto al secondo motivo è appena il caso di ricordare che nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione è sottratto alla disponibilità delle parti, sicché come deve escludersi l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare i contributi previdenziali prescritti, una volta esaurito il termine la prescrizione opera di diritto, con la conseguenza che, rispondendo essa ad interessi generali, è rilevabile anche d'ufficio e non ne è consentita la rinuncia da parte dell'interessato (cfr. tra le tante Cass. 10/08/2020 n. 16865, 09/04/2019 n. 9865 , 24/03/2005 n. 6340, 15/10/2014 n. 21830, 10/12/2004 n. 23116, 12/01/2002 n. 330, 16/08/2001 n. 11140). Peraltro, sebbene la rendita di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 non sia essa stessa una prestazione pensionistica in senso proprio - tanto che il lavoratore che agisca giudizialmente per ottenerne la costituzione non è tenuto necessariamente a presentare una domanda amministrativa ai fini della proponibilità della domanda giudiziale tesa ad apprestare un rimedio all'inadempimento datoriale dell'obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore (cfr. Cass n. 31337 del 2022) - tuttavia con riguardo a tale prestazione opera pur sempre il principio secondo cui, nella materia previdenziale cui la rendita afferisce, il regime della prescrizione è sottratto alla disponibilità delle parti tanto che una volta maturato il termine la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) e l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi. Essa opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio avendo prevalente funzione di ordine pubblico.
25.3. L'esame del quarto motivo del ricorso incidentale, infine, non è necessario avendovi il ricorrente espressamente rinunciato.
26. È fondato invece il ricorso principale dell'Inps.
26.1. La Corte territoriale, infatti, nello stabilire che l'azione promossa dal Pa.Gi. ai sensi dell'art. 13 comma 5 della legge n. 1338 del 1962 non si era prescritta non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati e che riassuntivamente si sintetizzano nel principio di diritto di seguito riportato "ai fini dell'esercizio della facoltà di chiedere all'Inps la costituzione della rendita vitalizia riversibile disciplinata dall'art. 13 comma 1 della legge n. 1338 del 12 agosto 1962 e ss. mm. il termine di prescrizione decorre, per il datore di lavoro, dalla intervenuta prescrizione dei contributi; la rendita chiesta dal lavoratore ai sensi dell'art. 13 comma 5 della legge citata inizia a prescriversi da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita ai sensi dell'art. 13 comma 1 della legge n. 1338 del 1962".
27. In conclusione rigettato il ricorso incidentale deve essere accolto il ricorso principale dell'Inps la sentenza della Corte di appello di Perugia deve essere cassata. Per l'effetto la causa deve essere rinviata alla stessa Corte di merito che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della controversia attenendosi al principio di diritto sopra riportato.
27.1. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
27.2. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale condizionato.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2025.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2025.