La Corte di cassazione ha stabilito che la scarsa iniziativa o il disinteresse di un genitore non giustificano, da soli, l’affidamento super esclusivo all’altro.
La bigenitorialità, sancita dall’art. 337-ter c.c., può essere sacrificata solo in presenza di condotte gravemente pregiudizievoli per il minore. La decisione conferma che l’affido esclusivo o super esclusivo resta un’eccezione, da motivare con un accertamento rigoroso.
Può la scarsa iniziativa o il disinteresse di un genitore giustificare, da solo, l’affidamento esclusivo o addirittura super esclusivo in deroga al principio della bigenitorialità sancito dall’art. 337-ter c.c.?
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 24876 del 9 settembre 2025, risponde negativamente, affermando che la presenza di entrambi i genitori rimane la regola, salvo condotte effettivamente pregiudizievoli.
Il Tribunale di Firenze aveva disposto l’affido super esclusivo di una minore alla madre, escludendo il padre anche dalle decisioni di maggior interesse. La decisione era stata confermata in appello, valorizzando la lunga lontananza fisica ed emotiva del padre, residente negli Stati Uniti, e la conflittualità tra i genitori.
Il padre aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la scelta avesse compromesso il diritto della figlia a mantenere un rapporto con entrambi i genitori. Richiamava, inoltre, le conclusioni della CTU, che attribuivano alla madre condotte ostruzionistiche e una rappresentazione svalutante della figura paterna, con effetti negativi sulla bigenitorialità.
Il principio di bigenitorialità è riconosciuto dall’art. 337-ter c.c., che individua l’affido condiviso come regola generale. L’affido esclusivo rappresenta un’eccezione disciplinata dall’art. 337-quater c.c., subordinata alla dimostrazione che l’affido condiviso sia contrario all’interesse del minore.
La giurisprudenza ha introdotto la categoria dell’affido super esclusivo, che comporta l’esclusione di un genitore anche dalle decisioni fondamentali. Si tratta, però, di una misura priva di base normativa espressa e utilizzabile solo in presenza di condotte gravemente pregiudizievoli, accertate con rigore. A ciò si aggiungono le norme degli artt. 330 e 333 c.c., che prevedono misure ablative o limitative della responsabilità genitoriale quando il comportamento di un genitore arrechi un pregiudizio concreto al minore.
Secondo la Cassazione, i giudici di merito hanno valorizzato esclusivamente la conflittualità e il disimpegno paterno, senza approfondire le cause del rifiuto della minore di avere rapporti con il padre e senza confrontarsi con le risultanze della CTU. La mancanza di iniziativa del genitore, se isolata, non integra di per sé i presupposti per un affido esclusivo, tanto meno per un affido super esclusivo.
Il giudice, in simili circostanze, deve piuttosto adottare misure idonee a favorire il recupero del ruolo genitoriale, come la mediazione familiare o il supporto dei servizi sociali, evitando soluzioni che recidano il legame tra il minore e uno dei genitori.
La Corte sottolinea che l’affidamento non condiviso costituisce sempre un’eccezione e che l’affido super esclusivo può essere disposto solo in presenza di condotte gravemente pregiudizievoli, puntualmente accertate. Non basta quindi il semplice disinteresse, né la difficoltà di dialogo tra i genitori.
La decisione affida ai giudici di merito un compito delicato: bilanciare i limiti e le mancanze di ciascun genitore senza sacrificare il diritto del minore a crescere con entrambe le figure parentali.
Cassazione civile, sez. I, sentenza 09/09/2025 (ud. 04/07/2025) n. 24876
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
- 1. Il Tribunale di Firenze ha disposto l'affido super esclusivo della minore At.So. alla madre Ga.An. Il padre della minore Fe.Ch. ha proposto reclamo avverso tale statuizione, contestando anche la quantificazione dell'assegno di mantenimento in favore della minore, fissato dal Tribunale in 6500 Euro mensili, rivalutabili annualmente, oltre alla contribuzione nella misura del 50% per le spese scolastiche e sanitarie.
- 2. A sostegno del reclamo è stato evidenziato dal padre della minore che il Tribunale aveva disatteso ingiustificatamente le conclusioni della CTU che concludeva per l'affido condiviso, imputando alle condotte materne l'ostinato rifiuto del padre da parte della minore. Aggiungeva il reclamante che anche l'esercizio del diritto di visita limitato a colloqui telefonici o ad incontri realizzabili solo mediante l'intervento dei servizi sociali era fortemente pregiudizievole della ripresa di contatti con la figlia minore e si traduceva "in una sentenza di condanna" nei suoi confronti.
- 2.1 Sulla quantificazione dell'assegno è stato rilevato che le ingenti spese per attività extra sostenute dalla madre per la minore non erano state frutto di decisioni comuni così come il molto elevato tenore di vita, aggiungendo di aver subito una rilevante contrazione della propria capacità reddituale.
- 3. La madre della minore in replica ha evidenziato che il reclamante non aveva svolto alcuna funzione educativa nei confronti della figlia minore, non si era assunto responsabilità e aveva tenuto condotte pregiudizievoli, oltre a non aver manifestato alcuna intenzione di frequentare la figlia ma solo d'incontrarla (il padre risiede negli U.S.A. n.d.r.). Infine, la estrema conflittualità ed il disinteresse ad un confronto con la madre inducevano a ritenere adeguato per la peculiarità del caso di specie l'affido super esclusivo.
- 3.1 È stata, infine, contestata, anche la richiesta di riduzione dell'assegno di mantenimento.
- 4. La Corte d'Appello ha sostanzialmente, salvo un aspetto marginale, confermato la decisione del Tribunale.
- 4.1 A sostegno della decisione ha affermato:
- sull'affidamento della minore e l'esercizio della responsabilità genitoriale:
- premesso che la relazione tra i genitori della minore era sorta negli U.S.A. e che la madre era rientrata in Italia con la minore e che il padre per lungo tempo non è venuto in Italia per incontrare la minore o per partecipare alla fase processuale costituita dallo svolgimento dell'indagine peritale, doveva rilevarsi che non era possibile ricollegare il rifiuto della bambina ad avere rapporti con il padre esclusivamente a condotte addebitabili alla madre, non esistendo prove circa il nesso eziologico che potesse collegare in via esclusiva (eliminando altre concause addebitabili al padre) la perdita di ruolo genitoriale del padre e l'atteggiamento della madre.
- Pur essendo esatto in linea di principio che corrisponde all'interesse del minare avere e mantenere un rapporto con entrambi i genitori, tuttavia la deroga all'affido condiviso può essere dettata, come nella specie, da elevata conflittualità e sostanziale lontananza del padre dalla vita della figlia ormai risalente negli anni, unita alla scarsità di sue condotte dirette al concreto esercizio della genitorialità.
- Pur essendo stato accertato nella CTU che la madre con il suo atteggiamento ha violato il diritto alla bigenitorialità del padre e della stessa minore per il rapporto disfunzionale che ha con la figlia minore, ritiene la Corte d'Appello che il genitore che risponde meglio ai bisogni della minore sia la madre e che l'affido condiviso costituirebbe una sanzione per la madre non essendovi evidenze probatorie tali da far ritenere che il padre sia il genitore che tuteli maggiormente l'interesse della minore. Sono senz'altro più gravi le prolungate assenze del padre nella vita e nella crescita della figlia connotate da una lontananza fisica ed emotiva mai colmata. Questa lontananza si è determinata più per la frustrazione e la resa del padre che per i comportamenti della madre che per quanto ostracizzanti non avrebbero potuto impedire al padre di assumere forti iniziative.
- Il padre, secondo la CTU, ha bisogno di sostegno psicologico per ricomporre il rapporto con la minore, oscillando tra fragilità e potenza. Egli infine ha dimostrato scarsa disponibilità ad aprire un effettivo dialogo con la madre e sempre secondo il CTU utilizza i suoi strumenti legali ed il suo potere per imporre la sua figura senza costruire una identità psichica genitoriale che possa rispondere alle esigenze della figlia. Peraltro la madre ha dimostrato di saper rispondere più che adeguatamente ai bisogni della minore, garantendole stabilità e sicurezza. Il padre non è disposto a pianificare incontri con la figlia da svolgersi con modalità particolari fino a quando non vi sia un miglioramento della comunicazione ora inesistente così dimostrando di non comprendere come la componente fisica dell'incontro sia basilare.
- 4.2 In conclusione, la Corte ha ritenuto che l'affido condiviso condurrebbe a pericolosi momenti di empasse e stallo decisionale per la conflittualità e le oggettive difficoltà di comunicazione tra i genitori, così da rendere necessario mantenere la condizione di affidare alla madre in via esclusiva tutte le decisioni di maggior interesse per la figlia, rimanendo al padre l'onere di vigilare sull'educazione e istruzione e la facoltà di rivolgersi al giudice ove ritenga la sussistenza di situazioni o decisioni pregiudizievoli per la minore. Anche l'esercizio del diritto di visita da remoto e se in presenza previa interazione con i servizi territoriali è stato oggetto di conferma.
- 5. Quanto alla determinazione dell'assegno di mantenimento la Corte d'Appello ha riformato la decisione di primo grado riducendone l'ammontare a 4.300 Euro mensili.
- 6. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il padre della minore, con due motivi, accompagnato da memoria. Ha resistito la madre con controricorso e ricorso incidentale accompagnati da memoria.
- 7. Il P.G. ha anticipato le sue conclusioni con requisitoria depositata di cui ha illustrato il contenuto nella discussione orale, concludendo per l'accoglimento del ricorso principale.
- 8. Con il primo motivo viene dedotta sia la violazione degli artt. 115 e 116 del c.p.c. in relazione ai criteri legali di valutazione delle prove assunte in relazione all'assenza e disinteresse paterno sia degli artt. 337 ter e quater c.c. in relazione all'applicazione illegittima dei criteri legislativi
previsti dalle due norme nella selezione del regime di affido e collocazione del minore.
- 8.1 Quanto al primo profilo si mette in luce come il padre della minore già nella fase di vita della minore negli U.S.A. abbia dovuto lottare contro l'atteggiamento della ex compagna volto a disattendere ed ostacolare in ogni modo l'esecuzione di ogni provvedimento giurisdizionale. Questa conflittualità unilateralmente promossa ha raggiunto il suo culmine con il trasferimento in Italia nel 2017 e non è mai cessata. Al riguardo vengono richiamati numerosi documenti depositati, sottolineando come la Corte di Appello li abbia ignorati nel definire non interessato all'esercizio effettivo della genitorialità il ricorrente, il cui esercizio, come documentato, gli è stato sempre impedito dalla madre.
- 8.2 In relazione al secondo, la censura si fonda sull'esito dell'esame peritale e il contenuto della CTU quanto alla condotta materna. In particolare, si evidenzia che la minore, secondo quanto affermato dal consulente d'ufficio, aderisce al pensiero materno in modo acritico per compiacerla e per rispondere ad uno stile relazionale caratterizzato da un vincolo ed una dipendenza molto forte su base narcisistica. Nella rappresentazione che la madre offre del ruolo paterno questo è ridotto a genitore biologico ed è questa rappresentazione che è trasmessa alla minore la quale vi aderisce perché è una sorta di estensione narcisistica della madre. La Ctu sottolinea che da queste premesse deriva un grave pregiudizio alla minore in relazione alla bigenitorialità. Per la minore non è possibile separarsi dalla rappresentazione che la madre offre del padre, come di un semplice donatore, ed è per questo che la minore, per il profondo vincolo di lealtà con la madre, lo definisce un niente.
- Secondo il ricorrente risulta documentato un vero progetto di alienazione genitoriale, iniziato con il trasferimento in Italia della minore, caratterizzato dalla sistematica esclusione del padre biologico e la sostituzione con una nuova figura, l'attuale compagno della madre.
- Un esame non così marcatamente parziale del quadro probatorio avrebbe fatto emergere la non corrispondenza ai parametri legali stabiliti nell'art. 337-quater c.c. della decisione relativa all'affido super esclusivo.
- 9. Con il secondo motivo viene contestata la quantificazione dell'assegno di mantenimento che non tiene conto della condizione reddituale ed economica materna e della documentata contrazione reddituale del padre.
- 10. L'esame del primo motivo richiede un'attenta disamina del quadro normativo.
- 10.1 L'art. 337 quater c.c. segue alla solenne affermazione del diritto alla bigenitorialità del minore contenuta nell'art. 337 ter c.c. che si traduce nel regime dell'affido condiviso, attuato in prevalenza con collocazione presso uno dei genitori ed ampio diritto di visita del genitore non collocatario, salvo soluzioni, generalmente concordate, che prevedono una collocazione o equivalente o quasi equivalente. Nell'art. 337-ter c.c., al terzo comma, si definisce il contenuto della responsabilità genitoriale che, nell'affido condiviso, è esercitata da entrambi i genitori. Nel comma sono elencate tutte le decisioni di maggior interesse, relative all'istruzione, all'educazione (anche religiosa od etico/culturale), alla salute, alla residenza abituale del minore che compongono, pur senza esaurirlo, il quadro.
- Limitatamente alle decisioni di ordinaria amministrazione la decisione può essere disgiunta.
- La modulazione, in concreto, dell'esercizio della responsabilità genitoriale, è determinata dal giudice assumendo come prioritario parametro l'interesse del minore, le sue inclinazioni, il suo benessere, oltre che l'accordo delle parti ove non disfunzionale rispetto all'interesse del minore.
- 10.2 L'ipotesi derogatoria dell'affido esclusivo è specificamente disciplinata dal successivo articolo 337 quater c.c. L'affido super esclusivo è di creazione giurisprudenziale. È, pertanto, necessario definire il contenuto del primo, mediante il confronto con il paradigma normativo e del secondo. Nell'affido esclusivo, l'esercizio della responsabilità spetta ad uno solo dei genitori. Tuttavia le decisioni di maggior interesse, delineate nel sopra citato terzo comma dell'art. 337-ter c.c., vengono invece assunte da entrambi i genitori.
- 10.3 Nel cd. affido super esclusivo anche le decisioni di maggior interesse vengono prese dal genitore unico affidatario, salvo diversa e più articolata conformazione stabilita nel provvedimento del giudice. Il genitore non affidatario vigila sulla istruzione ed educazione del minore e può rivolgersi al giudice quando siano assunte dal genitore affidatario in via esclusiva decisioni contrarie al suo interesse.
- 10.4 L'affido esclusivo, secondo la norma, tuttavia, non è frutto di una decisione discrezionale del giudice ma risponde ad un criterio formalizzato dal primo comma dell'art. 337-ter c.c.: la contrarietà all'interesse del minore.
- 10.5 C'è da ritenere, di conseguenza, che nell'ipotesi del cd. affido super esclusivo la contrarietà deve essere radicale, grave e rigorosamente accertata.
- 11. Ove si confronti il parametro della contrarietà all'interesse del minore posto a base della determinazione giudiziale dell'affido esclusivo con i criteri legislativi relativi alle decisioni ablative o conformativo/limitative della responsabilità genitoriale si può rilevare che ai fini della decadenza dalla responsabilità genitoriale è necessario un grave pregiudizio per il figlio minore derivante o dalla violazione e trascuratezza nei doveri che connotano la responsabilità genitoriale o nell'abuso dei poteri che pure ne compongono il contenuto. Per i provvedimenti conformativi/limitativi, l'art. 333 c.c. richiede un comportamento "comunque pregiudizievole" al figlio.
- 12. Il confronto tra i due sistemi di norme, art. 337 ter e quater c.c., versus art. 330 e 333 c.c. fa emergere che nei provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale viene dato rilievo preminente alle condotte soggettive incidenti sul pregiudizio per il minore. Nell'art. 330 c.c. sono descritte le violazioni direttamente incidenti sulla titolarità della responsabilità genitoriale; nell'art. 333 c.c. il pregiudizio è ancorato espressamente alla condotta disfunzionale di uno od entrambi i genitori.
- Nell'affido esclusivo, la valutazione della contrarietà all'interesse del minore non è riferita in via diretta o indiretta alla condotta pregiudizievole di uno dei genitori apparendo fondata sull'obiettivo accertamento della contrarietà dell'esercizio condiviso della bigenitorialità all'interesse del minore.
- 13. Nell'affido super esclusivo manca un chiaro ancoraggio normativo da cui trarre il quid pluris che, da un lato, ne precisi il contenuto limitativo dell'esercizio della responsabilità genitoriale, e dall'altro individui il carattere oggettivo, soggettivo o misto della contrarietà all'interesse del minore. In altre parole, non è desumibile dal parametro normativo né l'entità della limitazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale né quali siano le differenze tra la contrarietà all'interesse del minore che dà luogo all'affidamento esclusivo e quella che determina l'affido super esclusivo e se in questa ultima abbia maggiore spazio il profilo della condotta dei genitori. Si tratta, in conclusione, di una categoria dai contorni non predeterminati dalla norma nemmeno come clausola generale. Ciò, da un lato, ne consiglia un uso davvero residuale, essendo in gioco la limitazione di un diritto fondamentale ed inviolabile della persona sia del minore che del genitore, ovvero il diritto alla bigenitorialità; dall'altro ne impone un accertamento rigoroso dei presupposti, tenendo conto della maggiore rilevanza del profilo soggettivo nei provvedimenti conformativi della responsabilità genitoriale, quale deve ritenersi anche l'affido super esclusivo, non potendosi escludere dall'esercizio della genitorialità la madre o il padre senza l'accertamento di condotte pregiudizievoli di non modesta entità. Ciò perché, ove le gravi difficoltà di esercizio della bigenitorialità rivestano, all'esito di rigoroso accertamento, carattere oggettivo, c'è lo strumento normativo dell'affido esclusivo che non conserva al genitore non affidatario le decisioni di maggior interesse e ben può essere modulato dal giudice del merito con riferimento a conflittualità, lontananza (attualmente in gran parte superamento con comunicazione telematica) e atteggiamento del minore.
- 13.1 Ove la richiesta limitativa od ablativa della responsabilità genitoriale provenga da una parte, fermo il potere dovere officioso del giudice di disporla con accertamento probatorio non limitato alle allegazioni e prove già acquisite, essa deve essere fortemente circostanziata e fondata su fatti rigorosamente allegati, specie ove si spinga a voler escludere il genitore non affidatario anche dalle decisioni di maggior interesse. Deve escludersi che possa fondarsi, specie nella modalità più incisivamente lesiva della bigenitorialità, propria dell'affidamento super esclusivo, sul rifiuto, non indagato, o peggio ascrivibile al ruolo materno, del minore ad incontrare il genitore non affidatario. In altre parole, l'accertamento da svolgersi deve essere rivolto alla valutazione puntuale dell'assolvimento degli oneri allegativi e probatori in capo alla parte che lo richiede, non potendosi fondare su valutazioni sostanzialmente fondate su ragioni di opportunità.
- 14. La Corte territoriale ha del tutto omesso l'accertamento richiesto in relazione al regime di affidamento adottato, fondandolo esclusivamente sul rifiuto della madre, pur riconoscendone la derivazione dalle condotte materne lesive della bigenitorialità e da uno scarso impegno del ricorrente nel voler incontrare la minore e nel partecipare alle scansioni del processo.
- Quest'ultimo rilievo, pur ampiamente contrastato dal ricorrente che ha addotto reiterati rifiuti e comportamenti ostracizzanti sia nell'esercizio del diritto di visita diretto che in via telematica, può essere oggetto di valutazione comparativa con altre emergenze probatorie ma non essere assunto in via esclusiva, come nel caso di specie, come idoneo ad integrare la contrarietà all'interesse della minore tanto più se posto a base di un regime di affidamento quale quello disposto che esclude radicalmente uno dei genitori dall'esercizio della bigenitorialità, atteso, peraltro che la mancanza di obblighi anche di mera comunicazione delle scelte adottate nei confronti della minore, rende marginale il dovere potere di vigilanza.
- 14.1 Nella specie, infatti, la Corte d'Appello ha escluso il padre anche dalle decisioni di maggior interesse così come declinate nel terzo comma dell'art. 337 ter cod. civ. senza che una determinazione così grave sia stata preceduta da un'indagine rigorosa dell'oggettiva contrarietà all'interesse del minore dell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte del padre, e senza che siano state individuate condotte paterne o effetti di queste condotte di gravità tale da estromettere completamente quest'ultimo dall'esercizio della genitorialità.
- 15. La norma sull'affidamento esclusivo, unico parametro normativo certo, al primo comma, impone che venga indicata e riempita di contenuti la contrarietà all'interesse del minore del regime dell'affido condiviso. La conflittualità, in sé, senza esplorarne le cause, è requisito insufficiente, così come la mera necessità di assumere decisioni nel corso della vita del minore, necessarie allo sviluppo della sua personalità, essendovi decisioni che devono essere prese rapidamente per non ostacolare la vita quotidiana del minore ed altre temporalmente compatibili con la lontananza, come quelle d'indirizzo scolastico, quelle sanitarie, ove non sia richiesto intervento immediato e quelle di orientamento generale. L'ostacolo o impedimento costituito dalla conflittualità non può essere presunto ma deve essere oggetto di accertamento in relazione alle cause ed alle conseguenze non solo immediate nello sviluppo psichico del minore.
- 16. Nella specie, tuttavia, la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente il requisito valorizzando ma in modo del tutto generico la ferma contrarietà della minore ad avere una relazione con il padre, senza porre in correlazione questa patologia relazionale con la causa individuata dal CTU nel perdurante comportamento disfunzionale della madre e nella distorta concezione della genitorialità che emerge dagli ampi stralci della CTU non confutati dal giudice del merito.
- Della conflittualità, in sé ostativa ad un sereno esercizio della responsabilità genitoriale, sono state radicalmente trascurate le cause, non essendo stato oggetto di accertamento comparativo effettivo il dedotto, allegato e condiviso dalla CTU comportamento ostruzionistico materno.
- 16.1 A fronte di un accertamento così gravemente carente anche della contrarietà oggettiva all'interesse del minore dell'esercizio della bigenitorialità, non esplorato minimamente sotto il profilo delle conseguenze della mancanza di una delle due figure genitoriali reali e della relazione che ne consegue, e fondato sulla sostanziale negazione di alcuna rilevanza al comportamento ostruzionistico della madre, ritenuto dal CTU con valutazione non contestata dal giudice di merito, come gravemente disfunzionale per la minore, si è pervenuti, all'esclusione del padre anche dalle decisioni di maggior interesse, individuando come condotte da stigmatizzare una sorta di resa o frustrazione ed una carenza d'iniziativa nella ricerca d'incontri con la figlia minore. Questo sostanziale "addebito" che non si confronta con il lungo conflitto giudiziario e con le sue cause, fondate su allegati riscontri documentali non esplorati dal giudice di merito, conduce ad escludere il padre da tutte le scelte anche quelle che costituiscono l'architrave dei modelli educativi e di orientamento della minore.
- 16.2 Con un capovolgimento logico che esprime la violazione del paradigma normativo di riferimento, sia in relazione all'affido esclusivo che alla sua formulazione rafforzata, posta a base della decisione nel caso di specie, la Corte territoriale afferma che sarebbe una sanzione per la madre l'affido condiviso che costituisce la regola e non l'eccezione e che "non vi sono emergenze in causa tali da far ritenere che il padre - che rifiuta in sostanza ogni rapporto con la madre - possa considerarsi tra i due genitori quello che meglio assicurerebbe il rispetto della bigenitorialità". Con questa affermazione si compie una valutazione opposta a quella che il paradigma normativo richiede. Ciò che il giudice del merito deve accertare è se la bigenitorialità costituisce una scelta contraria all'interesse del minore in una situazione in cui non è confutata la indicazione della CTU secondo la quale il rapporto esclusivo con la madre è disfunzionale e non quale genitore la garantirebbe, in via meramente ipotetica, meglio. Questa valutazione sarebbe doverosa ove si dovesse decidere quale debba essere nell'ambito della bigenitorialità, il genitore collocatario ma non quando la decisione adottata porti ad escludere radicalmente dall'esercizio della responsabilità genitoriale uno di essi.
- 17. In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto non avendo la Corte d'Appello operato correttamente nell'applicazione dei paradigmi normativi contenuti negli artt. 337-ter e quater c.c.
- 18. Il secondo motivo e l'unico motivo di ricorso incidentale sono assorbiti perché le determinazioni sul mantenimento possono essere incise dalla rivalutazione del regime di affidamento.
- 19. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice del merito perché si attenga al seguente principio di diritto:
- "L'affidamento del minore, non condiviso, costituisce eccezione alla norma (art. 337-ter c.c.) che riconosce il diritto e il valore assiologico della bigenitorialità. L'eccezione, legislativamente definita esclusivamente come affido esclusivo richiede un accertamento rigoroso della contrarietà all'interesse del minore, come stabilito nell'art. 337 quater c.c., fondato sull'oggettivo riscontro probatorio, svolto all'esito di un'indagine complessa e completa, della sussistenza del requisito di legge, a carattere prevalentemente oggettivo.
- L'affido super esclusivo che impedisce al genitore non affidatario la partecipazione anche alle decisioni di maggior interesse del minore, costituisce, di conseguenza, una determinazione fortemente limitativa dell'esercizio della responsabilità genitoriale, inquadrabile nel sistema delle misure conformative ed ablative definito dagli artt. 330 e 333 c.c., richiedendo, di conseguenza, ai fini dell'accertamento della contrarietà all'interesse del minore un quid pluris costituito dalla prova di condotte gravemente pregiudizievoli ascrivibili al genitore non affidatario, causalmente rilevanti in via esclusiva o prevalente ai fini dell'integrazione del requisito di legge".
- Il giudice del merito provvederà anche alla liquidazione delle spese processuale del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
- Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo ed il motivo di ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione perché provveda anche alle spese processuali del giudizio di legittimità.
- In caso di diffusione omettere le generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 9 settembre 2025.