La notifica via PEC è valida se la casella del destinatario è piena e il messaggio non viene recapitato?
Con l’ordinanza n. 25084 del 12 settembre 2025, la Corte di Cassazione, Sezione II civile, ha risposto negativamente. La vicenda nasce dalla sanzione disciplinare inflitta a un architetto, dapprima notificata via PEC ma non consegnata per “casella piena”, e successivamente recapitata tramite raccomandata.
Il Consiglio nazionale degli architetti aveva ritenuto valida la prima notifica telematica, facendo decorrere da essa i termini di impugnazione. L’architetto contestava la scelta, sostenendo che senza effettiva ricezione non vi fosse perfezionamento.
Il quadro normativo è l’art. 149-bis c.p.c. (nella versione applicabile ratione temporis), che disciplina la notifica a mezzo PEC da parte dell’ufficiale giudiziario, e il D.P.R. 68/2005 sulla posta elettronica certificata.
Secondo la giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sentt. n. 3/2010, n. 67/2019, n. 146/2016), il sistema delle notificazioni deve garantire la conoscibilità effettiva dell’atto, condizione necessaria per l’esercizio del diritto di difesa ex artt. 24 e 111 Cost.
Le Sezioni Unite, sent. n. 28452/2024, hanno già chiarito che, se manca la ricevuta di avvenuta consegna per casella piena, la notifica non si perfeziona.
Richiamando questi principi, la Cassazione ha escluso che il messaggio di “casella piena” equivalga a una consegna valida.
Il principio di autoresponsabilità del destinatario, spesso invocato per giustificare la validità della notifica, non può prevalere quando viene meno la possibilità concreta di conoscenza dell’atto.
Nel PCT questo aspetto è ancora più delicato: la certezza della consegna digitale è il perno su cui ruota l’intero sistema. Senza ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), manca la prova del perfezionamento e l’atto rimane giuridicamente inesistente.
La Corte ha anche evidenziato che il legislatore ha previsto rimedi alternativi: in caso di mancata consegna per casella satura, il sistema consente il deposito in cancelleria con avviso al portale dei servizi telematici. Questo garantisce comunque la conoscibilità, ma solo se l’operazione viene correttamente eseguita.
La decisione riafferma un principio cardine del PCT: la tecnologia non sostituisce le garanzie del contraddittorio, ma deve servire a rafforzarle.
Se la casella è piena, la notifica è nulla e i termini non decorrono. Chi notifica deve quindi:
rinnovare la notifica entro i termini di legge;
utilizzare un diverso indirizzo PEC, se disponibile;
oppure ricorrere alle notifiche tradizionali tramite ufficiale giudiziario.
Cassazione civile sez. II, ordinanza 12/09/2025, (ud. 13/03/2025) n. 25084
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento del 6 ottobre 2020, il Consiglio di Disciplina dell'Ordine degli Architetti di Foggia inflisse all'architetto On.Fr. la sanzione della sospensione di giorni 150 per plurime violazioni del codice deontologico, consistenti essenzialmente in comportamenti asseritamente lesivi del decoro dell'ordine professionale e di alcuni colleghi candidati alle elezioni dell'Ordine provinciale del 2017.
Il provvedimento sanzionatorio fu dapprima notificato a mezzo PEC in data 23 ottobre 2020 e poi, risultando dal procedimento di notifica la "casella piena", fu notificato a mezzo raccomandata recapitata, ex art. 140 cod. proc. civ., il successivo 30 ottobre 2020.
Avverso questo provvedimento l'architetto On.Fr. propose impugnazione al Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori, depositando il suo ricorso in data 27 novembre 2020.
Con decisione n. 3/2022, il Consiglio Nazionale dichiarò il ricorso inammissibile per tardività, considerando la data della prima notifica avvenuta a mezzo PEC quale decorrenza iniziale del termine di trenta giorni previsti per l'impugnazione.
Avverso questo provvedimento On.Fr. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; il Consiglio dell'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Foggia e il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Foggia non hanno svolto difese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato un atto di costituzione e si è riservato di intervenire in una eventuale discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, sostanzialmente articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell'art. 360 cod. proc. civ., l'architetto On.Fr. ha lamentato la violazione dell'art. 149 bis cod. proc. civ. come inserito dall'art. 4, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modif., in L. 22 febbraio 2010, n. 24, osservando che il primo procedimento di notificazione del provvedimento disciplinare non si sarebbe perfezionato, attesa la mancata ricezione, da parte dell'organo notificante, della ricevuta di avvenuta consegna, effettivamente preclusa dalla casella piena; in conseguenza, il Consiglio avrebbe dovuto considerare soltanto, quale decorrenza iniziale del termine di impugnazione, la seconda notifica, eseguita a mezzo raccomandata.
Il motivo è fondato.
Il Consiglio Nazionale ha reputato valida ai fini della decorrenza del termine di impugnazione la prima notifica perché ha considerato equipollente il messaggio di "casella piena" al messaggio di avvenuta consegna: richiamando la sentenza n. 5646 del 2021 della Sezione lavoro di questa Corte (non massimata) e l'ordinanza n.3164 del 2020 della Sezione terza, sottosezione VI, ha sottolineato, infatti, che, per il principio di autoresponsabilità, l'imputabilità al destinatario dell'omesso svuotamento della casella giustifica la fictio iuris della equiparazione tra consegna effettiva e consegna soltanto tentata.
Tale motivazione, tuttavia, non è condivisibile da questo Collegio perché l'equiparazione pregiudica il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio come sanciti dagli art. 24 e 111 della Cost.
È necessario, infatti, considerare che la notifica della delibera disciplinare è stata eseguita dall'Ufficiale giudiziario a mezzo posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 149 bis cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis, come introdotta dall'art. 4, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modif., in L. 22 febbraio 2010, n. 24, vigente fino al 28 febbraio 2023, prima della modifica operata dall'art. 3, comma 11, lett. e), numero 2), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149).
Con la sentenza n. 28452 del 05/11/2024, le Sezioni Unite, chiamate a stabilire se la notificazione a mezzo PEC di un atto processuale, eseguita dall'avvocato in base alla legge 21 gennaio 1994, n. 53, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, possa ritenersi perfezionata nel caso in cui il sistema restituisca al mittente un avviso di mancata consegna al destinatario con l'attestazione di "casella piena", hanno, prima ancora, rimarcato che le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità" (Corte cost., sentenza n. 3 del 2010; analogamente Corte cost., sentenza n. 67 del 2019), essendo lo scopo della comunicazione/notificazione proprio quello di assicurare al destinatario la possibilità, non meramente teorica, di conoscere l'atto del processo (Corte cost., sentenze 346 del 1998 e n. 175 del 2018; tra le altre anche Cass., 4 marzo 2020, n. 6089).
Pertanto, la violazione dell'onere di diligenza e la connessa autoresponsabilità per aver lasciato la casella satura e, in conseguenza, l'omessa consegna possono essere posti a carico del destinatario della notificazione soltanto se risulti comunque assicurata la conoscibilità dell'atto/attività processuale che del diritto di difesa è presupposto necessario (Corte cost., sentenza n. 146 del 2016).
Le Sezioni Unite hanno anche sottolineato - per quel che qui rileva - che, secondo il comma terzo dell'art. 149-bis cod. proc. civ., il perfezionamento della notifica si determina nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. Il sintagma "rende disponibile" utilizzato dal legislatore non soltanto è, di per sé, neutro (così la citata Cass. n. 40758/2021), ma rinviene un significato suo proprio se letto nell'intero sviluppo del periodo nel quale è inserito e, quindi, nel contesto della norma complessivamente considerata: il documento informatico notificato telematicamente dall'ufficiale giudiziario deve, dunque, essere reso disponibile al destinatario nella sua casella di PEC e ciò non accade nel caso di mancata consegna, sia per causa imputabile al destinatario, sia per ragioni oggettive ad esso estranee.
La conferma in tal senso si rinviene dalla ulteriore disciplina dettata dall'art. 149-bis cod. proc. civ., laddove non è imposta l'esclusività del canale telematico per la notificazione (primo comma), ma è previsto, segnatamente, che l'ufficiale giudiziario, "(e)seguita la notificazione" (quinto comma), restituisca al mittente, oltre all'atto notificato e alla relazione di notificazione, anche gli allegati previsti dal quinto comma (comma sesto) e, cioè, le "ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica" (quinto comma). La restituzione al mittente della ricevuta di consegna è da intendersi, allora, come prova della consegna effettivamente avvenuta ai sensi del citato art. 6 del D.P.R. n. 68/2005 (la RdAC), ossia di consegna che abbia avuto buon fine alla stregua della modalità di volta in volta stabilita dal legislatore.
Ciò perché è l'effettività della conoscibilità a rilevare: per le notifiche/comunicazioni effettuate nel procedimento civile ai soggetti obbligati a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, il legislatore ha previsto, infatti, che, in ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario (per casella satura, ad esempio), la conoscibilità sia assicurata dall'avviso al portale dei servizi telematici dell'avvenuto deposito in cancelleria.
La mancata verifica della effettiva conoscibilità preclude, pertanto, l'operatività di una fictio iuris.
Diversamente non può ritenersi neppure considerando l'equiparazione, prevista dall'art. 138, secondo comma, cod. proc. civ., tra la notificazione in mani proprie e il rifiuto della notifica da parte del destinatario: il rifiuto di ricevere la copia dell'atto che l'ufficiale giudiziario sta tentando di consegnare è, infatti, espressione di un intenzionale contegno del destinatario stesso, che non è dato assimilare alla responsabilità, in ipotesi anche colposa, di lasciare satura la casella di p.e.c. (così Cass. n. n. 40758/2021) e che, soprattutto, presuppone comunque l'avvenuta cognizione della tentata notifica da parte del destinatario; come detto, nella mancata consegna della notificazione telematica ad istanza di parte, invece, non risulta che il destinatario abbia avuto la possibilità di conoscere l'avvenuto tentativo di consegna.
Per queste considerazioni la decisione impugnata deve essere cassata, non risultando verificata la conoscibilità della delibera non consegnata nella casella perché satura e, in conseguenza, il perfezionamento della notifica ai fini della decorrenza del termine di impugnazione.
2. Dall'accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l'assorbimento del secondo motivo, con cui il ricorrente ha denunziato la violazione del comma 8 dell'articolo 8 del regolamento recante la riforma degli ordinamenti professionali secondo cui il collegio che esercita funzioni disciplinari non può essere composto da consiglieri che esercitino funzioni amministrative (in particolare, alcuni dei componenti sarebbero stati competitori nelle elezioni per la nomina dei Consiglieri nazionali).
3. Logicamente assorbito è, altresì, il terzo motivo, con cui l'architetto ha dedotto la violazione dell'art. 44 del regio decreto 2537 del 1925, degli articoli 24 e 11 della Costituzione e 6CEDU per indeterminatezza delle contestazioni.
Per effetto della cassazione della pronuncia, il Consiglio Nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori provvederà in diversa composizione all'esame dell'impugnazione proposta da On.Fr. avverso il provvedimento del 6 ottobre 2020 del Consiglio di disciplina dell'Ordine degli architetti di Foggia in applicazione dei principi esposti al punto 1.2.
In applicazione dell'art. 385 comma III prima parte cod. proc. civ., le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, sono poste a carico del Consiglio dell'ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Foggia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori in diversa composizione;
condanna il Consiglio dell'ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Foggia al pagamento, in favore di On.Fr., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 13 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 12 settembre 2025.