In caso di furto in appartamento, agevolato dalla presenza di ponteggi durante lavori di ristrutturazione, è responsabile l’impresa edile che li ha montati? E
E il condominio che li ha commissionati?
La Cassazione,sez. III, con l'ordinanza 12 settembre 2025,n. 25122, chiarisce che i ponteggi non sono una semplice occasione che facilita il reato, ma possono costituire una concausa efficiente se privi di adeguate misure di sicurezza. In questo caso, sia l’impresa che il condominio possono essere chiamati a rispondere dei danni subiti dal proprietario.
La vicenda nasce dal furto in un appartamento al quinto piano di un condominio in ristrutturazione. I ladri avevano raggiunto il balcone passando dal vano scala e poi utilizzando i ponteggi installati lungo la facciata. La proprietaria, derubata di beni di valore, aveva citato in giudizio l’impresa esecutrice e il condominio, accusandoli di non aver adottato misure preventive sufficienti.
In primo grado era stato riconosciuto un risarcimento parziale, ridotto per il concorso di colpa della danneggiata. In appello, invece, la domanda era stata respinta: per i giudici, i ponteggi costituivano soltanto una “mera occasione agevolatrice” del furto. La Cassazione ha però ribaltato questa impostazione.
Le norme riilenti per il caso sono:
Non basta, quindi, che al piano terra vi sia una gabbia scale chiusa da un cancello, né che siano presenti reti elettrosaldate o mantovane: occorre verificare se tali cautele siano realmente idonee a impedire che i ponteggi diventino una via d’accesso agli appartamenti.
La giurisprudenza è costante nel riconoscere la responsabilità di impresa e condominio quando le impalcature non siano state protette da misure adeguate (Cass. 9707/1997; 5775/1998; 7921/2004; 2844/2005; 12111/2006; 26900/2014; 19399/2016).
Per la Cassazione, il ragionamento della Corte d’appello non regge: se è accertato che i ladri hanno effettivamente utilizzato i ponteggi per introdursi nell’appartamento, quel passaggio diventa parte della catena causale dell’evento.
Il giudice del rinvio dovrà quindi valutare in concreto se le misure predisposte fossero adeguate, in particolare rispetto al punto da cui è avvenuta l’intrusione, ossia il finestrone del vano scala al quinto piano.
La pronuncia in esame fissa un principio chiaro: i ponteggi non sono solo strumenti di lavoro, ma anche potenziali vettori di rischio.
Per l’impresa edile, ciò significa predisporre cautele proporzionate – dall’illuminazione dedicata alle reti anti-intrusione, fino a sistemi di allarme o sorveglianza nei casi più delicati.
Per il condominio, significa vigilare affinché tali misure siano previste nei contratti e concretamente attuate.
È dotata di efficienza causale rispetto alla consumazione di un furto in appartamento, non costituendo semplice occasione dello stesso, la condotta posta in essere dall'esecutore di lavori edili sullo stabile condominiale che abbia installato ponteggi privi di idonee misure volte ad impedire il lorio uso anomalo
Cassazione civile sez. III, ordinanza 12/09/2025 (ud. 07/05/2025) n. 25122
FATTI DI CAUSA
1. Ma.El. ricorre, sulla base di otto motivi, per la cassazione della sentenza n. 286/21, del 23 febbraio 2021, della Corte d'Appello di Salerno, che – accogliendo il gravame esperito, in via incidentale, da Fu.Vi., nella sua qualità di titolare dell'impresa individuale CO. in GE., avverso la sentenza n. 576/18, del 27 febbraio 2018, del Tribunale della stessa città (respingendo, invece, quello principale dell'odierna ricorrente) – ne ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti di Fu.Vi. e del Condominio Pr. di Via (Omissis), in Eboli (d'ora in poi, "Condominio Pr."), in relazione al furto perpetrato nel suo appartamento il 21 ottobre 2006, tra le 19.15 e le 19.45.
2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di aver adito l'autorità giudiziaria per ottenere il ristoro dei danni – neppure escluso quello non patrimoniale – conseguenti al furto avvenuto nel proprio appartamento, la responsabilità dei quali essa attribuiva a Fu.Vi. e al Condominio Pr.. Assumeva, infatti, l'allora attrice che i ladri erano penetrati nel suo appartamento, posto al quinto piano dello stabile condominiale, servendosi del ponteggio esterno eretto per l'esecuzione di opere di ristrutturazione dell'edificio, appaltate dal Condominio alla ditta individuale del Fu.Vi., ponteggio per il quale non era stata prevista nel contratto di appalto, né attuata in fase esecutiva, alcuna misura di sicurezza a protezione dell'inviolabilità delle proprietà individuali.
Costituitisi in giudizio i convenuti per resistere all'avversaria domanda, istruita la causa anche mediante l'assunzione di prove testimoniali, il primo giudice accoglieva parzialmente la pretesa risarcitoria. Veniva, infatti, riconosciuto all'attrice il risarcimento del danno – ad esclusione di quello non patrimoniale – nella misura di Euro 21.000,00 (oltre interessi), somma posta a carico del solo Fu.Vi., nella già ricordata qualità, così determinata anche in ragione del riconoscimento del concorso della stessa danneggiata, nella misura del 25%.
Esperito gravame, in via di principalità, dalla già attrice, nonché in via incidentale da Fu.Vi., il giudice d'appello accoglieva il secondo, in relazione al motivo con cui era stato chiesto escludersi l'affermata responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.
3. Avverso la sentenza della Corte salernitana ha proposto ricorso per cassazione Ma.El., sulla base – come detto – di otto motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., sotto il profilo del travisamento della prova.
Richiamata la distinzione tra errore nella valutazione della prova – non sindacabile da parte di questa Corte – ed errore, invece, "percettivo" (ipotizzabile allorché l'informazione probatoria utilizzata in sentenza sia contraddetta da uno specifico atto processuale), la ricorrente deduce la sussistenza del secondo.
Infatti, la sentenza impugnata avrebbe escluso la responsabilità di Fu.Vi. (quale titolare di impresa individuale) sulla base del rilievo – tra gli altri – che il ponteggio fosse "illuminato dalla luce del cortile". In realtà, dalle deposizioni dei testi emerge unicamente che il cortile dell'edificio, ove insisteva il ponteggio, era illuminato, non pure che lo fosse il ponteggio stesso, donde il denunciato vizio di travisamento della prova.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. – omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti.
Si assume che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo, viceversa, confermato dall'istruttoria, vale a dire che il ponteggio, al momento del furto, era privo di dispositivi di illuminazione e allarme. Orbene, si tratterebbe di fatto decisivo, in quanto l'adeguata illuminazione dei ponteggi eretti per la ristrutturazione degli edifici condominiali è ritenuta dalla giurisprudenza una delle cautele minime che l'appaltatore deve adottare per evitarne l'uso anomalo da parte di malintenzionati.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell'art. 129, comma 3, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Si censura la sentenza impugnata, là dove valorizza la presenza di due "mantovane" sul ponteggio, tra gli elementi ritenuti sufficienti ad impedirne l'uso anomalo, mentre in realtà la funzione della "mantovana" – ai sensi della norma richiamata in rubrica – è quella di protezione contro la caduta di materiali dall'alto.
3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver escluso la responsabilità di Fu.Vi. sul presupposto che il ponteggio fosse illuminato dalla luce del cortile, avesse una gabbia scale per l'accesso chiusa al piano terra da un cancello con un lucchetto, avesse al lato di ogni piano delle reti elettrosaldate, avesse due mantovane aventi anch'esse la funzione di impedire l'accesso a terzi; tali elementi sono stati ritenuti "sufficienti ad impedire l'uso anomalo del ponteggio da parte di terzi". Tuttavia, poiché nessuno di tali elementi era, in realtà, idoneo ad impedire tale uso del ponteggio (e nel caso dell'illuminazione dello stesso neppure certo), il ragionamento presuntivo operato dalla sentenza sarebbe stato compiuto in assenza di indizi gravi, precisi e concordanti.
3.5. Il quinto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. e dell'art. 2043 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata, là dove afferma che il "presumibile accesso al quinto piano del ponteggio, attraverso il finestrone condominiale, rende il ponteggio, piuttosto che oggetto di un uso anomalo per la mancata adozione di precauzioni idonee ad evitare furti negli appartamenti, una mera occasione agevolatrice del passaggio furtivo nell'appartamento". La Corte territoriale, in altri termini, ha reputato l'accesso al ponteggio – attraverso il finestrone condominiale al quinto piano – non "causa", ma "occasione agevolatrice" del "passaggio furtivo nell'appartamento".
Tale ragionamento, tuttavia, violerebbe le regole – di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen. – che disciplinano, anche con riferimento all'illecito civile, il nesso causale.
Questo denunciato, peraltro, sarebbe un vero e proprio vizio di sussunzione, perché – evidenzia la ricorrente – non si sollecita una rivalutazione o diversa ricostruzione della "quaestio facti", assumendo, anzi, la stessa nei termini in cui è stata ricostruita dalla sentenza impugnata, bensì si critica la correttezza del ragionamento "in iure" che ha portato la Corte territoriale ad escludere il nesso causale. Palese, poi, sarebbe l'errore in diritto, giacché, una volta assunto che i ladri, sia pure attraverso il finestrone del vano scala, fecero accesso al ponteggio corrispondente al quinto piano dell'edificio e, di lì, dapprima al balcone e poi – dopo aver forzato la porta della veranda – all'appartamento della Ma.El., risulterebbe evidente la rilevanza causale dell'uso del ponteggio rispetto al furto perpetrato.
3.6. Il sesto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – nullità della sentenza in relazione all'art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., sotto il profilo del vizio motivazionale.
La motivazione, secondo la ricorrente, si presterebbe a molteplici censure, che ne evidenzierebbero "l'assoluta incongruità logico-giuridica".
Rileverebbero, in tale prospettiva
- l'estrema sinteticità della motivazione e la mancanza di esplicite confutazioni della sentenza di primo grado;
- l'assunzione in modo del tutto apodittico dei già menzionati elementi indiziari;
- la mancata disamina logico-giuridica degli elementi posti alle base della decisione e la spiegazione della loro rilevanza ed efficacia dimostrativa.
Inoltre, con irriducibile contraddizione, si riconosce che i ladri usarono il quinto piano del ponteggio, raggiunto attraverso il finestrone del vano scala condominiale, e poi si reputa il ponteggio mera occasione del furto, così come incomprensibile sarebbe il passaggio della motivazione in cui si afferma che tale "qualità del ponteggio, in combinazione con il finestrone" non sarebbe stata "dedotta come titolo dell'azione", pertanto esulando dal presente giudizio.
3.7. Il settimo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo dell'omessa pronuncia.
In relazione, in particolare, all'ultima affermazione della sentenza impugnata (appena sopra riportata), la ricorrente evidenzia come l'accesso al ponteggio attraverso il finestrone del vano scala integri uno dei possibili usi anomali del ponteggio, sicché, rientrando tale circostanza nella "causa petendi" della domanda risarcitoria, il giudice d'appello sarebbe pure incorso nel vizio di omessa pronuncia.
3.8. Infine, l'ottavo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo dell'omessa pronuncia, lamentando che, in ragione dell'accoglimento del primo motivo del gravame incidentale, il giudice d'appello avrebbe omesso di pronunciarsi su tutti i motivi del gravame principale di essa Ma.El., che la ricorrente ha in questa sede ritrascritto.
4. Hanno resistito all'avversaria impugnazione, con distinti controricorsi, il Condominio Pr. e la ditta CO. in GE., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. Tutte le parti hanno presentato memoria.
7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati.
8.1. Il primo motivo è inammissibile.
8.1.1. Reputa, infatti, questo Collegio di dover dare seguito a quanto affermato – con arresto sopravvenuto, rispetto al presente ricorso – dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno sostanzialmente espunto, dalla tassinomia di cui all'art. 360 cod. proc. civ., il vizio di "travisamento della prova", trovando, al più, il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, sempre che cada su circostanza non controversa tra le parti (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 5 marzo 2024, n. 5792, Rv. 670391-01).
Il tutto, peraltro, non senza considerare che l'errore "percettivo" denunciato – investendo solo uno dei quattro elementi (la pretesa illuminazione del ponteggio) ritenuti dalla sentenza impugnata "sufficienti ad impedire l'uso anomalo del ponteggio da parte di terzi" – risulterebbe privo di decisività, da intendere quale idoneità dell'errore a determinare un diverso esito del giudizio (Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01).
In ogni caso, la conclusione nel senso dell'illuminazione del ponteggio quale conseguenza di quella del cortile su cui esso poggiava integra pur sempre un accertamento di fatto, peraltro neppure implausibile (in relazione, per di più, alle circostanze dell'evento, occorso prima delle otto pomeridiane di un giorno di maggio), in questa sede di legittimità insuscettibile di censura.
8.2. Considerazioni analoghe impongono di ritenere inammissibile pure il secondo motivo di ricorso.
8.2.1. Difatti, non può dirsi che la sentenza abbia omesso di esaminare il fatto costituito dall'assenza di dispostivi di illuminazione e allarme, avendolo, nella sostanza, ritenuto irrilevante.
Essa, infatti, sul presupposto che il cortile su cui poggiava il ponteggio fosse illuminato, che quest'ultimo avesse una gabbia scale per l'accesso chiusa al piano terra da un cancello con un lucchetto, che fosse dotato, al lato di ogni piano, delle reti elettrosaldate (aspetto sul quale si ritornerà nello scrutinare, in particolare, i motivi quinto e settimo di ricorso), che avesse, infine, due mantovane, alle quali si è riconosciuta pure la funzione di precludere l'accesso a terzi, ha ritenuto tali elementi "sufficienti ad impedire l'uso anomalo del ponteggio da parte di terzi". E ciò sul rilievo che tali elementi non fossero "smentiti dalle dichiarazioni generiche di assenza di recinzioni, di sistemi di sicurezza e chiusure ermetiche".
La Corte salernitana, dunque, mostra di ritenere la protezione idonea, a prescindere dalla presenza delle dotazioni di sicurezza, sicché essa – al di là della correttezza "in iure" di tale conclusione (che si vaglierà di seguito) – non ha affatto "omesso" di esaminare il fatto costituito dall'assenza di dispositivi di illuminazione e allarme.
8.3. Pure il terzo motivo è – per analoghe ragioni – inammissibile.
8.3.1. Invero, al netto di ogni considerazione su quella che è la funzione propria della "mantovana" (ovvero, neutralizzare il rischio della caduta di calcinacci o strumenti di lavoro dalle impalcature), la valutazione sulla "sicurezza" del ponteggio è stata basata su quattro elementi, dei quali rilievo preponderante rivestono, nella valutazione della Corte territoriale, l'esistenza di una "gabbia scale per l'accesso chiusa al piano terra da un cancello con lucchetto", nonché la presenza "a lato di ogni piano" di "reti elettrosaldate". Sicché è proprio su tali aspetti (e in particolare sul secondo, date le modalità con le quali risulta avvenuto l'ingresso dei ladri nell'appartamento di Ma.El.) che – come si vedrà – occorre focalizzare l'attenzione.
3.4. Pure il quarto motivo è inammissibile.
3.4. Invero, la violazione dell'art. 2727 cod. civ. non è prospettata come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unte (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 24 gennaio 2018, n. 1785, in particolare ai parr. 4. e ss., sebbene non massimata sul punto), ovvero evidenziando in quale misura gli indizi, alla base del ragionamento presuntivo compiuto dalla sentenza impugnata, risultino privi di quegli attributi della gravità, precisione e concordanza, così come essi sono concepiti secondo il "diritto vivente" di questo Giudice di legittimità. Solo a queste condizioni, infatti, e cioè "qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell'esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell'art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell'applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta" (Cass. Sez. 3, sent. 4 agosto 2017, n. 19485, Rv. 645496-02; in senso sostanzialmente analogo pure Cass. Sez. 6-5, ord. 5 maggio 2017, n. 10973, Rv. 643968-01; nonché Cass. Sez. 3, sent. 26 giugno 2008, n. 17535, Rv. 603893-01 e Cass. Sez. 3, sent. 19 agosto 2007, n. 17457, non massimata sul punto).
Per contro, esula dalla corretta prospettazione di tale vizio la pretesa – che costituisce il filo conduttore del presente motivo – di "svolgere argomentazioni dirette puramente e semplicemente a infirmare la plausibilità del ragionamento presuntivo condotto dal giudice di merito, criticando la ricostruzione del fatto che questi abbia operato ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione, dal momento che ciò implicherebbe lo sconfinamento della censura dal paradigma della violazione dell'art. 2729 cod. civ. e il suo approdo in una dimensione che, se del caso, potrebbe piuttosto trovare legittimazione nel paradigma dell'art. 360 n. 5) cod. proc. civ., s'intende nei limiti del controllo della motivazione sulla "quaestio facti", siccome chiariti da Cass. Sez. Un., n. 8053 del 2014" e da innumerevoli successive conformi (così, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 30 giugno 2021, n. 18611, Rv. 661649-01).
8.5. Il quinto motivo è, invece, fondato, al pari del settimo, da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione.
8.5.1. Invero, la pretesa di "degradare" il ponteggio a semplice "occasione agevolatrice del passaggio furtivo", una volta accertato che l'ingresso dei ladri, nell'appartamento di Ma.El., avvenne accedendo al ponteggio attraverso un finestrone del vano scala condominiale, viola i principi affermati da questa Corte, in via generale, in tema di nesso causale, nonché, specificamente, quelli concernenti la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. degli esecutori di opere edili, in relazione ai furti perpetrati avvalendosi delle impalcature installate per la realizzazione delle stesse.
Nello scrutinare il quinto motivo deve preliminarmente osservarsi che è corretta la premessa da cui muove la ricorrente, ovvero che quello denunciato è un vizio di sussunzione, giacché esso è ipotizzabile "quando il giudice di merito" – dopo avere individuato e ricostruito, "sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all'esito dello svolgimento dell'istruzione cui ha proceduto, la "quaestio facti", cioè i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio" – procede non solo "a ricondurre quest'ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un'altra cui sarebbe in realtà riconducibile", ma anche quando, come si denuncia essere avvenuto nel caso che occupa, egli "si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe stata riconducibile" (così, limpidamente, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01). Difatti, in un consimile caso, "la valutazione così effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo più all'attività di ricostruzione della "quaestio facti" e, dunque, all'apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa, bensì all'attività di qualificazione "in iure" della "quaestio" per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo", sicché "il relativo ragionamento" operato dal giudice, "connotandosi come ragionamento giuridico (espressione del momento terminale del broccardo "da mihi factum dabo tibi ius") è controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell'ambito del paradigma del n. 3) dell'art. 360 cod. proc. civ." (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 21772 del 2019, cit.; in senso analogo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 gennaio 2021, n. 457, non massimata sul punto).
Nella specie, l'accesso al ponteggio posto in corrispondenza del quinto piano – ancorché avvenuto attraverso un finestrone del vano scana condominiale – si colloca all'interno della serie causale che ha messo capo al fatto illecito consistente nell'ingresso furtivo nell'appartamento di Ma.El. Di qui, allora, la necessità di dare seguito al principio secondo cui, in "presenza di fatti imputabili a più persone, coevi o succedutisi nel tempo, deve essere riconosciuta a tutti un'efficacia causativa del danno, ove abbiano determinato una situazione tale che, senza l'uno o l'altro di essi, l'evento non si sarebbe verificato, mentre deve attribuirsi il rango di causa efficiente esclusiva ad uno solo dei fatti imputabili quando lo stesso, inserendosi quale causa sopravvenuta nella serie causale, interrompa il nesso eziologico tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ovvero quando il medesimo, esaurendo sin dall'origine e per forza propria la serie causale, riveli l'inesistenza, negli altri fatti, del valore di concausa e li releghi al livello di occasioni estranee" (Cass. Sez. 3, sent. 3 aprile 2024, n. 8778, Rv. 670700-02).
Nella specie, il passaggio attraverso il finestrone del vano scala non esaurisce affatto, ma semmai innesca, la serie causale destinata a concludersi con la penetrazione dei ladri nell'immobile di proprietà esclusiva di Ma.El., dal momento che proprio l'utilizzazione delle impalcature ha consentito il successivo accesso al suo appartamento.
Di conseguenza, una volta negata, erroneamente, efficienza (almeno) concausale, rispetto alla perpetrazione dell'azione furtiva, all'utilizzazione del ponteggio, risulta essere rimasta priva di decisione – come fondatamente denunciato dalla ricorrente, con il settimo motivo d'impugnazione – la questione relativa alla possibilità di configurare quella utilizzazione come "uso anomalo", secondo quello che è il costante indirizzo interpretativo di questa Corte.
Costituisce, infatti, affermazione ripetuta quella secondo cui, in caso di "danno derivante dal furto consumato da persona introdottasi in un appartamento servendosi delle impalcature installate per lavori di riattazione dello stabile condominiale è configurabile ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. la responsabilità dell'imprenditore che si sia avvalso di tali impalcature per l'espletamento dei lavori, ove siano state trascurate le ordinarie norme di diligenza e non siano state adottate le cautele idonee ad impedire un uso anomalo delle suddette impalcature; è altresì configurabile la responsabilità del condominio ex art. 2051 cod. civ., atteso l'obbligo di vigilanza e custodia gravante sul soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura" (così già Cass. Sez. 3, sent. 6 ottobre 1997, n. 9707, Rv. 508566-01, in senso analogo pure Sez. 3, Cass. sent. 10 giugno 1998, n. 5775, Rv. 516322-01; Cass. Sez. 3, sent. 26 aprile 2004, n. 7921, Rv. 572330-01; Cass. Sez. 3, sent. 11 febbraio 2005, n. 2844, Rv. 579721-01; Cass. Sez. 3, sent. 23 maggio 2006, n. 12111, Rv. 590844-01; Cass. Sez. 3, sent. 19 dicembre 2014, n. 26900, Rv. 633699-01; Cass. Sez. 3, sent. 30 settembre 2016, n. 19399, Rv. 642589-01).
Nella specie, dunque, una volta riconosciuto che l'utilizzazione del ponteggio – da parte dell'ignoto autore (o degli ignoti autori) dell'azione delittuosa – si è posta come antecedente causale della commissione del furto, occorreva verificare se le specifiche misure previste per impedire l'accesso ad esso dal luogo in cui esso effettivamente avvenne, ovvero il finestrone posto al quinto piano del vano scale, fossero effettivamente idonee a tale scopo. In tale prospettiva, pertanto, la verifica da compiersi avrebbe dovuto investire, più che la circostanza dell'illuminazione del cortile che fungeva da base dell'installazione dei ponteggi (e la sua chiusura, al piano terra, mediante un cancello con lucchetto), le "penetrabilità" o meno del ponteggio per altra via e, in primo luogo, della rete metallica elettrosaldata posta in corrispondenza di ogni singolo piano, verificando se tale accorgimento fosse, appunto, idoneo – anche solo alla stregua delle "più elementari norme di diligenza e perizia" – ad impedire l'uso anomalo delle impalcature, poi effettivamente impiegate per fare ingresso nell'appartamento di Ma.El.
8.6. Il sesto motivo è inammissibile, perché la motivazione, sebbene errata "in iure" per le ragioni appena illustrate, non può ritenersi "apparente".
8.6.1. Essa, infatti, è intellegibile, così mantenendosi al di sopra della soglia del minimo costituzionale, la verifica del cui rispetto costituisce, ormai, il solo tipo di sindacato esercitabile da questa Corte, ai sensi del vigente testo dell'art. 360 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, "ex multis", Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01). Nella specie, infatti, non ricorre alcuna delle "quadruplice" ipotesi di motivazione apparente individuate dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), ovvero "la "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico" e la "motivazione apparente"; il "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e la "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile"", secondo la "catalogazione" che di tale vizio ha fatto, ancora una volta, di recente, il Supremo Collegio (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. n. 5792 del 2024, cit., in particolare al par. 10.9, pag. 24).
8.7. L'ottavo motivo non è fondato.
8.8. Non può, infatti, addebitarsi al giudice d'appello di non essersi pronunciato sui motivi del gravame principale proposti da Ma.El., avendo esso accolto quello incidentale, pervenendo così al diniego di ogni responsabilità di Fu.Vi., quale titolare di impresa individuale, nella verificazione dei danni lamentati dall'odierna ricorrente.
Nella specie ricorre un'ipotesi di c.d. "assorbimento improprio", donde l'applicazione del principio secondo cui "quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell'assorbimento" (Cass. Sez. 1, ord. 12 novembre 2018, n. 28995, Rv. 651580-01; in senso analogo Cass Sez. Lav., sent. 22 giugno 2020, n. 12193, Rv. 658099-01).
Resta, peraltro, beninteso che, essendosi rivelata la sentenza impugnata, comunque, viziata, il giudice del rinvio non potrà esimersi dal pronunciare sui motivi dell'appello già proposti da Ma.El. rimanendo impregiudicata la valutazione, a farsi da quel giudice, pure dell'eventuale concorso della responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. dell'altro originario convenuto, ove ritualmente prospettata in sede di primeva impugnazione.
9. In conclusione, il ricorso va accolto quanto ai motivi quinto e settimo e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Salerno, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presento giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto
"è dotata di efficienza causale rispetto alla consumazione di un furto in appartamento, non costituendo semplice occasione dello stesso, la condotta posta in essere dall'esecutore di lavori edili sullo stabile condominiale che abbia installato ponteggi privi di idonee misure volte ad impedire il lorio uso anomalo".
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso quanto ai motivi quinto e settimo, rigettandolo per il resto, e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinviando alla Corte d'Appello di Salerno, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2025.