Avvocato, difesa personale ex art. 86 c.p.c., negoziazione assistita, condizione di procedibilità, sussistenza, fondamento

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.26431 del 30/09/2025

Pubblicato il
Avvocato, difesa personale ex art. 86 c.p.c., negoziazione assistita, condizione di procedibilità, sussistenza, fondamento

In una controversia instaurata da un avvocato per il pagamento dei compensi professionali afferenti all’attività giudiziale svolta in un processo amministrativo, nelle ipotesi di difesa personale, di cui all’art. 86 c.p.c., l’esperimento della negoziazione assistita rimane condizione di procedibilità, poiché l’esenzione di cui all’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 132 del 2014 - correlata ai casi in cui la parte può stare in giudizio personalmente - riguarda esclusivamente le controversie disciplinate dall’art. 82, comma 1, c.p.c. e dall’art. 14, comma 3,  d.lgs. n.  150 del 2011.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. II, sentenza 30/09/2025 (ud. 15/05/2025) n. 26431

FATTI DI CAUSA

1. Il ricorso trae origine dalla domanda con cui l'Avv. Lo.Pi., difeso da sé medesimo, chiese al Tribunale di Roma la condanna della Sicurezza E Ambiente Spa al pagamento del compenso professionale, quantificato in Euro 37.355,32, oltre accessori e spese per la difesa prestata in favore della medesima società in una controversia amministrativa svoltasi innanzi al Tar Sicilia e, in secondo grado, innanzi al Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana.

1.1. Si costituì la Sicurezza E Ambiente Spa per resistere alla domanda.

1.2. Il Tribunale di Roma, rilevato che non era stato esperito il procedimento di negoziazione assistita, ai sensi dell'art.3, comma 1, del D.Lgs. n.132/2014, assegnò al ricorrente il termine di 15 giorni per la comunicazione dell'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita e rinviò la causa al 23.10.2018.

Nel corso di tale udienza, la Sicurezza E Ambiente Spa dette atto di non aver ricevuto alcun invito alla negoziazione assistita e chiese dichiararsi l'improcedibilità della domanda.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell'8.11.2018, dichiarò improcedibile la domanda per difetto della condizione di procedibilità rappresentata dall'assenza dell'instaurazione del procedimento di negoziazione assistita.

1.3. Avverso tale provvedimento, l'avv. Lo.Pi. propose appello, denunciando la violazione dell'art. 14, comma 2 del D.Lgs. 151/2011, poiché il Tribunale aveva giudicato in composizione monocratica anziché collegiale.

2. Con sentenza pubblicata il 9.7.19, la Corte di appello di Roma rigettò l'appello.

Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte di merito ritenne che il procedimento di cui all'art. 14 del D.Lgs. n.150 del 2011 fosse applicabile con riguardo alla liquidazione dei compensi di avvocato relativi ad attività giudiziali in materia civile; pertanto, trattandosi, nel caso di specie, di compensi per attività giudiziale svolta in sede amministrativa innanzi al Tar ed al CGA per la Regione Sicilia, la controversia seguiva le regole del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c., di competenza del Tribunale in composizione monocratica.

2.1. Poiché l'importo richiesto era inferiore ad Euro 50.000,00, il tentativo di negoziazione assistita costituiva condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del D.L. 132/2014, non rientrando il procedimento per il recupero del credito per prestazioni professionali rese nel giudizio amministrativo tra i procedimenti speciali esclusi dall'operatività dell'istituto della negoziazione assistita (art. 3, comma 3, del D.L. 132/2014), né la controversia rientrava tra quelle in cui le parti possono stare in giudizio personalmente.

3. Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, Lo.Pi. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

3.1. Sicurezza E Ambiente Spa ha resistito con controricorso.

3.2. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

3.3. Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del Dott. Stefano Pepe ha chiesto il rigetto del ricorso.

3.4. In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 161 c.p.c. e dell'art. 14, comma 2 del D.Lgs. 150/2011, dell'art. 29 della L. 794/1942, degli artt. 50-bis e 50-quater c.p.c. per avere la Corte d'Appello erroneamente ritenuto che al procedimento in esame non fosse applicabile l'art. 14 del D.Lgs. 150/2011 e che la causa potesse essere decisa dal Tribunale in composizione monocratica e non collegiale. Nell'ambito dello stesso motivo, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell'art.14 del D.Lgs. 150 del 2011, con riferimento all'art. 3 della Cost., in quanto tale distinzione creerebbe una discriminazione a seconda che la liquidazione dei compensi riguardi prestazioni giudiziali civili o prestazioni giudiziali amministrative o penali. Secondo il ricorrente, tutti i procedimenti volti alla liquidazione dei compensi degli avvocati dovevano essere trattati, senza distinzione, dal Tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 50-bis, comma 2 c.p.c., con la conseguenza che sarebbe viziata da nullità l'ordinanza del Tribunale di Roma pronunciata in composizione monocratica.

1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell'art.360-bis n.1 c.p.c., avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte (Cass. N. 20269/2014; Cass. N. 18070/2013 e Cass. N. 14394/2004), ed il ricorrente non ha mosso alcuna critica al suddetto consolidato orientamento della Suprema Corte, né ha offerto elementi che possano indurre a mutare tale orientamento (Cass. 26036/24).

La disciplina speciale del procedimento sommario di accertamento e riscossione dei compensi di avvocato, contenuta nell'art. 14 del D.Lgs.150/2011, richiama espressamente l'abrogato art.28 della L. 794/1942, che si applicava esclusivamente alle prestazioni giudiziali in materia civile, escludendo quelle penali, amministrative o stragiudiziali (Cass. n. 12411/2017; SS.UU. n. 4485/2018;

Cass. n. 15138/2018; Sez. 2, 12-7-2024, n. 19228). La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l'art. 14 del D.Lgs.150/2011 è una norma di competenza e non di giurisdizione, applicabile esclusivamente alle controversie civilistiche disciplinate dall'art. 28 L.n.794/1942 e non estendibile ai giudizi amministrativi o penali (Cass. Sez. 6-2 11-3-2021 n. 6817; Cass. S.U. n. 25938/2018).

La Corte Costituzionale, con la sentenza 96/2008, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 3,24,103 e 113 della Costituzione, degli artt. 28 e 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794, nella parte in cui non consentono che il procedimento sommario per la liquidazione dei compensi spettanti agli avvocati, in relazione all'attività prestata nei giudizi civili, si applichi nei giudizi amministrativi per la liquidazione dei compensi dovuti per l'attività difensiva in essi svolta.

Il giudice delle leggi ha spiegato che tale disciplina si giustifica dalla necessità di garantire omogeneità di giurisdizione e identità dell'ufficio giudiziario tra la lite instaurata per recuperare il credito insoddisfatto e la procedura camerale semplificata di liquidazione, prevista dall'art. 29 della legge n. 794 del 1942.

È proprio la peculiarità delle controversie civili - caratterizzate da accertamenti di fatto semplici e, se possibile, definibili in via conciliativa (Corte Cost. sent. n. 22/1973) - a giustificare il rito camerale. Nella articolata motivazione della citata sentenza della Corte Costituzionale, si evidenzia che alla base del procedimento previsto dall'art. 29 della legge n. 794 del 1942 non sta la qualità del creditore (avvocato), bensì il collegamento della domanda di pagamento del compenso e del contenzioso civile svolto presso lo stesso ufficio giudiziario, ai fini di una sollecita liquidazione degli onorari (Corte Cost. n. 197/1998).

Per le controversie amministrative e penali, quindi, il recupero degli onorari è assicurato dall'ordinario giudizio di cognizione e dal procedimento monitorio, ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c. Nel caso di specie, trattandosi di compensi relativi alla difesa svolta dall'Avv. Lo.Pi. innanzi al Tar ed al CGA per la Regione Siciliana, non trova applicazione l'art.14 del D.Lgs. n.150 del 2011. Ne consegue che, correttamente, il Tribunale ha applicato il rito sommario di cognizione, ex art. 702-bis c.p.c., e deciso la causa in composizione monocratica.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell'art. 3, comma 1, del D.L. 132/2014 conv. in L. 10.11.2014 n. 162, nonché degli artt. 153 e 112 c.p.c. Il ricorrente sostiene che la domanda fosse procedibile poiché l'importo complessivo richiesto superava la soglia dei 50.000,00 euro, ammontando esattamente ad Euro 59.825,89, di cui Euro 37.355,32 per compensi, oltre spese forfettarie, IVA, CPA e spese di trasferta oltre interessi di mora; pertanto, non sarebbe obbligatorio il preventivo invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita, ex art.3, comma 1, D.L. 132/2014 conv. in L. 162/2014.

Inoltre, ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D.L. 132/2014, la condizione di procedibilità non si applicherebbe alle controversie in cui le parti possono stare in giudizio personalmente, tra le quali rientrerebbero anche i procedimenti di liquidazione degli onorari degli avvocati, ex art. 14 del D.Lgs. 150/2011.

Infine, il ricorrente contesta la natura perentoria del termine di quindici giorni assegnato dal giudice per esperire la negoziazione assistita, definendolo meramente ordinatorio, non essendo qualificato espressamente come perentorio dalla legge, e perciò inidoneo a determinare l'improcedibilità della domanda in caso di inosservanza. A sostegno delle proprie ragioni, il ricorrente richiama alcune pronunce di merito che non qualificano la domanda di negoziazione come atto processuale, ritenendo ininfluente la sua omissione ai fini della procedibilità, nonché un indirizzo giurisprudenziale intermedio che considera ordinatorio il termine per l'instaurazione del procedimento di mediazione, suscettibile di proroga prima della scadenza del termine.

Secondo il ricorrente, il termine per dare inizio al procedimento di negoziazione assistita o a sollecitare le parti ad avviare la procedura, dovrebbe concludersi entro tre mesi prima della celebrazione dell'udienza di rinvio.

3. Con il terzo motivo di ricorso, è dedotta la violazione dell'art. 112 c.p.c., sotto il profilo dell'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e sulla valenza della parcella di avvocato; il ricorrente sostiene che la parcella dell'avvocato, pur essendo una dichiarazione unilaterale, gode di una presunzione di veridicità, scaturente dall'iscrizione all'albo del professionista, e, pertanto, avrebbe dovuto essere presa in considerazione come prova del credito.

4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 3,4,5 e ss. del D.Lgs. 231/2002, sulla debenza degli interessi di mora e la violazione dell'art. 2 della L. 81/2017.

5. Con il quinto motivo di ricorso, si denuncia l'omesso esame di una questione decisiva per il giudizio con riferimento alla qualifica di servizio di pubblica necessità che svolge l'avvocato, qualità che implicherebbe la garanzia di un compenso non inadeguato o insufficiente.

6. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 91 c.p.c., in tema di regolamento delle spese di lite.

6.1. Il secondo motivo è infondato sotto i diversi profili che sono stati posti dal ricorrente.

6.2. In primo luogo, il valore della controversia si determina in relazione all'oggetto della domanda formulata con atto introduttivo del giudizio e non può essere aumentato in ragione di interessi o accessori successivamente computati (Cass. Sez. 6 - 2, n. 17860 del 2017; Cass. Sez. 3, 06/09/1976, n. 3105).

Ne deriva che la domanda giudiziale di pagamento degli interessi sulla somma capitale richiesta deve ritenersi riferita, in mancanza di ulteriore specificazione, agli interessi successivi alla data di notifica dell'atto di citazione - che, di per se, vale a costituire in mora il debitore - e non incide, quindi, ai fini della competenza, sul valore della causa, che deve essere determinato con riferimento soltanto alla somma a titolo di capitale richiesta con la domanda, senza alcuna influenza dei dati ad essa esterni (Cass. Sez. 3, 14/12/1992, n. 13171).

Nel caso di specie, il credito dell'Avv. Lo.Pi. ammontava ad Euro 37.355,32 e, quindi entro la soglia prevista per l'obbligatorietà del procedimento di negoziazione assistita.

6.3. In secondo luogo, i procedimenti sommari di cognizione, ex art. 702-bis c.p.c., non rientrano né tra le fattispecie escluse dall'operatività dell'istituto della negoziazione assistita ai sensi dell'art. 3, comma 3 del D.L. 132/2014, né tra quelle contemplate dal comma 7.

L'art. 3 del D.L. 12.9.2014, n. 132 così prevede: "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro". A parte i casi di mediazione obbligatoria previsti dall'art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/2010, la norma esclude l'obbligatorietà della negoziazione in riferimento "alle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori", nonché, al settimo comma, in relazione alle ipotesi in cui "la parte può stare in giudizio personalmente".

6.4. Riguardo a quest'ultima ipotesi, si è posto un problema interpretativo nella giurisprudenza di merito, che è pervenuta ad orientamenti contrastanti.

6.5. La disciplina codicistica prevede che la parte possa stare in giudizio personalmente quando non è obbligatoria l'assistenza del difensore, ai sensi dell'art.82 c.p.c., oppure quando può essere difesa da sé medesima, ai sensi dell'art.86 c.p.c., allorché possiede la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore.

6.6. Nel processo civile, le ipotesi di difesa personale sono eccezionali.

6.7. Ai sensi dell'art. 82 c.p.c., le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause di competenza del giudice di pace il cui valore, salvo diversa autorizzazione del giudice stesso, non eccede i millecento euro.

Similmente, l'art. 14 D.Lgs. n. 150 del 2011 dispone che nelle controversie previste dall'art. 28 L. n. 794 del 1942, nonché nelle opposizioni proposte a norma dell'art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo riguardante gli onorari, i diritti o le spese spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali civili, le parti possono stare in giudizio personalmente.

6.8. Ai sensi dell'art. 86 c.p.c. la parte-avvocato può stare in giudizio personalmente, in quanto già munita della qualità necessaria.

6.9. Nella giurisprudenza di legittimità, va segnalata Cass. Sez. 2, Sentenza n. 34462 del 2023, che, in relazione al recupero di un credito inferiore ad Euro 1100,00 per prestazioni professionali di avvocato, è stato escluso l'obbligo di dare corso al procedimento di negoziazione assistita, ai sensi dell'art. 3, comma 7.

Il problema interpretativo che si è posto, nella giurisprudenza di merito ha riguardato soprattutto le controversie concernenti i crediti professionali dell'avvocato, nei quali l'avvocato è sovente difeso da sé stesso.

6.10.La relazione illustrativa al D. L.n.132/2014 chiarisce che la negoziazione assistita è stata introdotta "in chiave sistematica e in coerenza con la natura conciliativa dell'istituto".

La negoziazione prende le mosse da un atto scritto, la "convenzione di negoziazione assistita" (D.L. n. 132 del 2014, art. 2, conv. con mod. in L. n. 162 del 2014), consistente nell'accordo, concluso "con l'assistenza di uno o più avvocati", mediante il quale le parti convengono di cooperare per risolvere in via amichevole la lite tramite, ancora, l'"assistenza di avvocati iscritti all'albo". Con tale accordo, le parti convengono di cooperare per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili tramite l'assistenza degli avvocati, cui segue la successiva attività di negoziazione vera e propria; detta fase può portare al raggiungimento di un accordo che, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (cfr. art. 5).

6.11. Una parte minoritaria della giurisprudenza di merito e della dottrina interpreta in senso estensivo le ipotesi di esclusione dall'obbligo di procedere alla negoziazione assistita, fondata sull'inidoneità della negoziazione assistita a svolgere un ruolo deflattivo.

Secondo detto orientamento, deve escludersi che ricada nell'applicazione dell'art. 3, comma 7, D.L. n. 132 del 2014 l'ipotesi "in cui l'avvocato stia in giudizio senza il ministero di altro difensore, avvalendosi del disposto dall'art. 86 c.p.c.".

In primo luogo, si osserva che l'avvocato che difende sé stesso, ai sensi dell'art.86 c.p.c., dovrebbe invitare l'altra parte "tramite il suo avvocato" a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. È stato obiettato che, in assenza del difensore, che riveste un ruolo di protagonista nel procedimento di negoziazione, l'istituto perderebbe la sua ragione d'essere, né si potrebbe imporre alle parti, che nel processo possono stare in giudizio senza difensore, a ricorrere all'assistenza del difensore al solo fine di esperire la negoziazione assistita.

Posto che l'istituto si caratterizza per l'attività di assistenza e mediazione svolta dai difensori, laddove uno dei litiganti sia altresì l'avvocato di sé stesso, essa perderebbe, in parte, di significato. 6.12. La dottrina ed una parte maggioritaria della giurisprudenza di merito ha escluso l'applicazione dell'esenzione dell'art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 132 del 2014 alla fattispecie di cui all'art. 86 c.p.c., ritenendo che, in tale ipotesi, diversamente da quella prevista dall'art.82 c.p.c., non viene riconosciuto alla parte il diritto di agire o resistere in giudizio personalmente, ma di difendersi da sé medesima, allorché abbia la competenza tecnica necessaria. La non esclusione della negoziazione assistita alle ipotesi in cui la parte sia altresì avvocato non impedisce infatti che ad invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione vi provveda la stessa parte - avvocato, dal momento che se questa può, in ragione delle sue qualità personali, assistersi da sé nel procedimento giudiziario, a maggior ragione lo può fare in quello stragiudiziale. Escludere l'avvocato che difende sé stesso dal procedimento di negoziazione assistita significa sottrarre ad una parte, sol perché munito della qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore, la possibilità di avvalersi di uno strumento di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione, volto alla ricerca di forme di composizione della lite.

L'obbligatorietà della negoziazione non può, dunque, farsi dipendere dalla scelta di una delle parti, in possesso della qualifica di avvocato, di difendersi in proprio.

Deve essere, pertanto, esclusa la possibilità di escludere l'obbligo di esperire il tentativo di negoziazione all'ipotesi prevista all'art. 86 c.p.c., non essendo equiparabile tale fattispecie a quella in cui la parte, avendone le qualità necessarie, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

De resto, l'esclusione dell'obbligo di procedere alla negoziazione assistita nei casi previsti dall'art. 82 c.p.c. evita l'incongruenza di rendere obbligatoria l'assistenza di almeno un avvocato nel corso della negoziazione, a fronte dell'assenza dell'obbligo di difesa tecnica nel giudizio; una tale ragione non può, però, ravvisarsi nella disposizione di cui all'art. 86 c.p.c., che riconosce all'avvocato il potere di stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, dal momento che in tale ipotesi l'avvocato, essendo "contemporaneamente parte e difensore, a differenza della parte che sta in giudizio personalmente", ha pieni poteri anche in relazione alla fase stragiudiziale della negoziazione assistita.

6.13. L'orientamento maggioritario è persuasivo e conseguentemente, nelle ipotesi di difesa personale, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., il tentativo di negoziazione assistita rimane condizione di procedibilità, poiché l'esenzione del comma 7, ovvero la possibilità di stare in giudizio personalmente, riguarda esclusivamente le controversie disciplinate dagli art. 82, comma 1, c.p.c. e dell'art.14 del D.Lgs. 150/2011.

6.14. Nel caso di specie, l'Avv. Lo.Pi. si è difeso in proprio nel rito sommario ex art. 702-bis c.p.c. ma ciò non lo esonerava dall'obbligo di esperire il tentativo di negoziazione assistita.

6.15 Correttamente, la Corte d'Appello ha ritenuto inapplicabile l'esenzione del comma7 e dichiarato l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di negoziazione assistita. 6.16. Altra questione sollevata con il ricorso concerne la natura -ordinatoria o perentoria - del termine di quindici giorni che il giudice assegna alle parti per comunicare l'invito alla negoziazione assistita, nonché le conseguenze della sua inosservanza ai fini dell'improcedibilità della domanda.

6.17. Questa Corte, sul tema della mediazione obbligatoria, ha chiarito che rileva l'utile esperimento - da intendersi come primo incontro delle parti innanzi al mediatore, conclusosi senza accordo -entro l'udienza di rinvio e non il mero avvio di essa entro il termine di quindici giorni (Cass. 40035/21; Cassazione civile sez. III, 13/12/2024, n.32454). Ne deriva che, la mediazione obbligatoria iniziata oltre il termine, purché si chiuda infruttuosamente prima dell'udienza, non rende improcedibile la domanda, avendo la norma conseguito il suo scopo.

6.18. Di converso, per la negoziazione assistita non vi sono pronunce di legittimità sul punto. Pertanto, è utile un breve confronto con l'istituto della mediazione (Cassazione civile sez. II, 09/02/2023).

6.19. I due istituti sono caratterizzati dalla medesima ratio di deflazionare il contenzioso, essendo condizioni di procedibilità delle domande giudiziali, e di risolvere in via amichevole le controversie. Essi si differenziano perché nella mediazione le parti ricorrono ad un mediatore imparziale mentre nella negoziazione assistita esse, tramite i rispettivi avvocati, stipulano una convenzione per cooperare nella risoluzione delle controversie.

La negoziazione assistita ha carattere obbligatorio, pertanto valevole come condizione di procedibilità, per le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro. Tale condizione si considera comunque avverata se l'invito non è seguito da adesione o se è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo concordato dalle parti per l'espletamento della procedura, comprensivo di eventuale proroga.

L'art.3 dispone l'improcedibilità della domanda in caso di omesso o non idoneo esperimento della negoziazione assistita, eccepibile dal convenuto o rilevabile d'ufficio entro la prima udienza (Corte Cost. 266/2019).

Il giudice, rilevato il mancato esperimento del tentativo, assegna alle parti il termine di 15 giorni per comunicare l'invito e fissa l'udienza successiva per la prosecuzione del processo, successivamente alla scadenza del termine massimo di tre mesi, di cui all'articolo 2 comma 3 (Cassazione civile sez. III, 18/12/2024, n.33147). Sul punto, la giurisprudenza di merito concorda nell'attribuire al termine di 15 giorni natura ordinatoria, conformemente al principio secondo cui un termine si considera perentorio solo se la legge lo qualifica espressamente come tale (art. 152, comma 2, c.p.c.).

I termini ordinatori possono essere prorogati solo prima della scadenza (art. 154, c.p.c.) e la mancata proroga o richiesta prima del termine ne fa venir meno la funzione sollecitatoria, con effetti analoghi a quelli del decorso di un termine perentorio. 6.20. Nel caso di specie, il ricorrente non ha esperito il tentativo entro il termine dell'udienza di rinvio fissata dal giudice. Risulta dalla sentenza impugnata che, all'udienza del 14.02.2018, il Tribunale, constatato il mancato esperimento della negoziazione assistita, ha correttamente assegnato alle parti il termine di 15 giorni per la comunicazione dell'invito e contestualmente ha rinviato la causa all'udienza del 23.10.2018.

In tale data, il giudice ha concesso al ricorrente un ulteriore termine di 5 giorni per depositare telematicamente la documentazione ed il ricorrente ha depositato atti estranei al giudizio.

Correttamente, il Tribunale, avendo constatato l'assenza dell'invito alla negoziazione assistita nel termine assegnato, e non essendovi

stata richiesta di un ulteriore termine, prima della sua scadenza, ha dichiarato improcedibile il ricorso.

7. I restanti motivi sono assorbiti.

8. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

9. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. 10.. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna altresì parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, in data 15 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2025.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472