
È possibile agire direttamente contro il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada anche se il responsabile del sinistro è identificato ma non è stato ancora escusso?
Con l’ordinanza n. 27481 del 15 ottobre 2025, la Terza sezione civile della Cassazione risponde di no, confermando che l’intervento del Fondo ha natura sussidiaria e non sostitutiva dell’assicuratore o del responsabile civile.
Nel caso esaminato, i familiari di una vittima avevano agito direttamente contro l’impresa designata dal Fondo, senza prima esperire alcuna azione verso il conducente responsabile. I giudici di merito avevano rigettato la domanda, e la Cassazione conferma la decisione.
L’art. 283 del d.lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private) individua tassativamente i casi in cui interviene il Fondo:
veicolo non identificato;
veicolo non assicurato;
impresa assicuratrice insolvente;
veicolo posto in circolazione contro la volontà del proprietario.
Il Fondo è quindi un garante residuale, non un sostituto dell’assicuratore. L’azione diretta ex art. 141 CdA è esperibile solo nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo coinvolto, e non contro il Fondo, che non è considerato tale.
Nel caso concreto, la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dei danneggiati: essi non avevano dimostrato l’impossibilità di ottenere il risarcimento dal responsabile civile, condizione indispensabile per chiamare in causa il Fondo.
La Corte sottolinea che il Fondo interviene solo in mancanza di assicurazione o di altro soggetto solvibile e che l’azione diretta nei suoi confronti non può essere utilizzata come scorciatoia processuale. Inoltre, ribadisce che il Fondo non è un’assicurazione del veicolo, ma uno strumento pubblico di solidarietà, operante in via eccezionale.
La Cassazione conferma che non si può agire contro il Fondo se esiste un responsabile individuato e potenzialmente solvibile, anche se il veicolo era privo di assicurazione. L’azione diretta resta quindi ammissibile solo nei casi tassativi previsti dall’art. 283 CdA.
In sintesi: chi intende agire contro il Fondo deve provare rigorosamente che ricorra una delle ipotesi di legge e che non vi sia altro soggetto da cui ottenere il risarcimento.
Cassazione civile sez. III, ordinanza 15/10/2025 (ud. 23/04/2025) n. 27481
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giorno 28.6.2008 in agro di A un'auto priva di copertura assicurativa per la responsabilità civile, condotta dal proprietario Pa.Si., aveva invaso l'opposta corsia scontrandosi con quella condotta dal proprietario Ro.Lu., regolarmente assicurata. Nell'urto trovavano la morte il conducente Pa.Si. e la figlia Bo.Ra., mentre la moglie Bo.Ra. riportava lesioni.
Con citazione ritualmente notificata, Bo.Ra. (moglie del conducente e madre dell'altra deceduta), e Bo.St. e Pa.Si., figli del conducente e fratelli dell'altra deceduta, evocavano in giudizio davanti al Tribunale di Foggia la Spa "ALLIANZ Assicurazioni", impresa designata dal FGVS, per il risarcimento del danno derivato dalla morte dei congiunti, nonché per quello subito iure proprio da Bo.Ra.
Il Tribunale di Foggia con sentenza del 6 luglio 2021 dopo avere respinto le eccezioni di prescrizione del diritto, di nullità della citazione e di difetto di legittimazione di uno degli attori, nonché quella di estinzione del credito per confusione, rigettava nel merito la domanda, compensando le spese processuali.
Secondo il primo giudice il rischio connesso alla presenza di un numero di passeggeri superiore a quello per cui l'auto era omologata (5 anziché 4) rendeva non indennizzabile la pretesa.
Avverso tale decisione proponevano appello gli originari attori. Si costituiva ALLIANZ Ass.ni insistendo per il rigetto dell'appello, e in via incidentale, reiterava l'eccezione di confusione. In particolare, si sarebbero concentrate nelle medesime persone la qualità di creditori del diritto al risarcimento e di debitori della medesima obbligazione. Ciò in quanto i tre danneggiati erano eredi di uno dei corresponsabili del sinistro, e cioè del conducente e proprietario del veicolo sul quale viaggiavano. Chiedeva la vittoria delle spese processuali dell'intero giudizio.
La Corte territoriale di Bari, pronunciando sull'appello principale proposto da Bo.Ra., Bo.St. e Pa.Si. nei confronti di ALLIANZ Assicurazioni, nonché sull'appello incidentale proposto da quest'ultima nei confronti degli appellanti principali, accoglieva l'appello incidentale e, assorbito quello principale, rigettava le domande proposte dagli attori per estinzione dell'obbligazione ai sensi dell'art. 1253 c.c.
Condannava Bo.Ra., Bo.St. e Pa.Si., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione Bo.Ra., Bo.St. e Pa.Si. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso ALLIANZ Spa che deposita memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione degli art. 122 cod. ass. e 13 Direttiva 2009/103, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. In particolare, la Corte d'Appello avrebbe adottato una decisione errata sotto due profili.
La sentenza avrebbe violato l'art. 13 della Direttiva 2009/103, per avere negato il diritto al risarcimento del danno a tre soggetti terzi danneggiati dal sinistro, uno dei quali trasportato, in contrasto col contenuto della suddetta norma e della giurisprudenza eurounitaria.
L'art. 12, comma 1, della citata Direttiva 2009/103/CE al comma 2: prevede che "i membri della famiglia dell'assicurato, del conducente o di qualsiasi altra persona la cui responsabilità civile sia sorta a causa di un sinistro e sia coperta dall'assicurazione di cui all'articolo 3, non possono essere esclusi, a motivo del legame di parentela, dal beneficio dell'assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone".
Secondo i ricorrenti, la persona trasportata su un veicolo a motore, che abbia subito danni in conseguenza di un sinistro, ha diritto ad essere risarcita a prescindere dalla sua qualità di proprietario del veicolo o di congiunto del responsabile.
Bo.Ra. era una persona trasportata ed ha subito un danno alla salute. La circostanza di essere erede del conducente del veicolo Marbella, Pa.Si., (responsabile del sinistro) sarebbe irrilevante al fine di escludere o limitare il diritto al risarcimento, perché questo diritto - giusta la previsione dell'art. 12 Direttiva 2009/103, - non soffre eccezioni.
La Corte d'Appello avrebbe, altresì, violato il diritto comunitario nella parte in cui ha negato ai congiunti il diritto al risarcimento del danno in conseguenza della morte della rispettiva figlia e sorella, trasportata sul veicolo condotto dal marito e padre. La vittima secondaria che perda una persona cara in conseguenza d'un sinistro stradale deve considerarsi "terzo danneggiato" ai sensi dell'art. 12 Direttiva 2009/103, sopra citata. Ed il "terzo danneggiato" ha diritto al risarcimento dei danni causati da un sinistro stradale: a nulla rilevando che sia anche proprietario del veicolo.
In sostanza, secondo i ricorrenti, l'assicuratore non può opporre al danneggiato la qualità di proprietario del veicolo ovvero di erede del responsabile, al fine di escludere o ridurre il risarcimento.
Anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 2.2.2010 n. 2362 e Cass. civ., sez. III, 19.1.2018 n. 1269) ha ribadito che "la disciplina di diritto interno deve essere interpretata in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, alla luce della quale la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato responsabile".
Il principio è derogabile in due casi: a) quando il risarcimento sia richiesto dallo stesso responsabile del sinistro, come nel caso del conducente il quale, per propria colpa uccida un prossimo congiunto, come affermato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 30.11.2022 n. 35318); b) oppure quando la persona della cui morte il danneggiato chieda di essere risarcito abbia fornito un contributo causale alla propria stessa morte, ex art. 1227 c.c. (Cass. civ., sez. III, 12-04-2017).
Nel caso di specie Bo.Ra. era trasportata, ed i danni da lei patiti (danno alla salute e danno da morte) non erano stati provocati dalla vittima a se stessa. Gli altri due ricorrenti, figli del conducente, non erano neppure trasportati. Dall'altro lato, la persona della cui morte i tre attori chiedevano di essere risarciti (la rispettiva figlia e la sorella) non era il conducente del veicolo, ma era anch'essa una trasportata, e come tale incolpevole della propria morte.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli art. 1253 e 2697 c.c., con riferimento all'art. 18 L. 218/95 ed ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.
La Corte territoriale avrebbe violato anche l'art. 1253 c.c., avendo rigettato la domanda per l'intero credito, e non solo per la quota ereditaria acquisita da ciascun danneggiato.
La Corte avrebbe erroneamente calcolato gli effetti dell'estinzione dell'obbligazione per confusione, sotto tre diversi profili. In primo luogo, l'estinzione della obbligazione per confusione avrebbe imposto l'accertamento della qualità di erede. La Corte d'Appello, tuttavia non avrebbe accertato se gli odierni ricorrenti fossero eredi del responsabile, atteso che la morte di un congiunto produce l'effetto della chiamata all'eredità, mentre la qualità di erede si acquista solo per effetto di accettazione.
In secondo luogo, l'estinzione dell'obbligazione per confusione avrebbe imposto l'accertamento della quota ereditaria pervenuta a ciascuno dei danneggiati. Ed in questo caso la disciplina della successione è regolata dalla legge bulgara e la compagnia non ha allegato la disciplina concreta.
Infine, l'istituto della estinzione delle obbligazioni per confusione è stato erroneamente applicato giacché il conducente del veicolo su cui viaggiava Bo.Ra. non fu l'unico responsabile del sinistro, ma uno dei due corresponsabili.
Pertanto, se il fatto illecito è causato da due persone, ed il danneggiato è erede di una di esse, il credito risarcitorio del danneggiato erede potrà estinguersi per la quota di responsabilità gravante sul suo dante causa, e non per l'intero.
I motivi vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi e sono inammissibili per difetto di interesse.
I ricorrenti, infatti, hanno omesso di impugnare l'alternativa ed autonoma ratio decidendi, da sola sufficiente a sorreggere la statuizione di rigetto della domanda adottata dalla Corte di Appello di Bari.
Il giudice di secondo grado, infatti, dopo aver ritenuto l'obbligazione risarcitoria estinta per confusione, ha aggiunto, richiamando un proprio precedente sul punto, che peraltro "Il terzo trasportato su veicolo non assicurato coinvolto in un sinistro stradale non può esercitare l'azione diretta di cui all'art. 141 D.Lgs. 209/2005 nei confronti dell'impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada (FGVS), atteso che tale impresa non può considerarsi impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo".
Tale argomentazione, avente valenza assorbente, non è contrastata con il ricorso e rende irrilevanti le altre doglianze poiché presupposto necessario per esperire l'azione ex art. 141 CdA è che il veicolo del vettore sul quale il terzo era trasportato sia provvisto di copertura assicurativa.
Il ricorso è tutto teso a censurare la (ulteriore ed autonoma) statuizione di rigetto delle domande per confusione dell'obbligazione ai sensi dell'art. 1253 c.c. Le censure, pertanto, - quand'anche fossero fondate - non potrebbero comunque condurre all'annullamento della decisione stessa, stante la intervenuta definitività dell'altra ratio non efficacemente impugnata (Cass. sez. I, 13/07/2021, n. 19949 e, da ultimo, Cass. sez. III, 6/03/2023, n. 6613).
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della controricorrente in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 23 aprile 2025.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2025.