Rimessione in termini – Cyberattacco – Impedimento non imputabile – Tempestività dell’istanza – Consapevolezza dell’impedimento

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27626 del 16/10/2025

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Rimessione in termini – Cyberattacco – Impedimento non imputabile – Tempestività dell’istanza – Consapevolezza dell’impedimento

In tema di rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c., il requisito della tempestività dell’istanza va valutato con riferimento al momento in cui la parte o il difensore hanno acquisito consapevolezza dell’impedimento che ha determinato la decadenza e della conseguente necessità di svolgere l’attività processuale preclusa, a prescindere da eventuali eccezioni di controparte o dalla successiva declaratoria d’inammissibilità del giudice.

La rimessione in termini postula, pertanto, una reazione immediata e diligente, in conformità al principio costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., e non può essere condizionata a comportamenti o iniziative della parte avversaria.

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Cassazione civile, sez. lav., ordinanza 16/10/2025 (ud. 11/09/2025) n. 27626

FATTI DI CAUSA


1. - Am.Ma. era stato dipendente di AP Commerciale Srl, con mansioni di macellaio, fino al 21/04/2020, quando era stato licenziato per motivi disciplinari (per aver simulato lo stato di malattia – contusione al polso sinistro – posto a giustificazione dell'assenza oppure avere tenuto comportamenti incompatibili con il predetto stato ovvero idonei a pregiudicare e/o ritardare la guarigione).

L'Am.Ma. impugnava il licenziamento dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, chiedendone la declaratoria di nullità e/o di inefficacia in quanto ritorsivo o discriminatorio o comunque di illegittimità per insussistenza del fatto e di giusta causa oppure in violazione dell'art. 88 del contratto collettivo aziendale, al fine di ottenere l'ordine alla società di reintegrarlo nel posto di lavoro con tutte le conseguenze previste dall'art. 18, co. 1 o 4, L. n. 300/1970.

2.- Costituitasi in giudizio, la datrice di lavoro eccepiva la decadenza del lavoratore dall'impugnazione del licenziamento per aver depositato il ricorso giudiziario oltre il termine di 180 giorni dall'impugnativa stragiudiziale del 20/05/2020 e precisamente in data 19/11/2020 invece che entro il 16/11/2020, ultimo giorno utile. Nel merito contestava la fondatezza della domanda, di cui chiedeva il rigetto.

3. - A conclusione della fase c.d. sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012, il Tribunale, in accoglimento dell'eccezione di decadenza, dichiarava inammissibile la domanda.

A seguito dell'opposizione del lavoratore, il Tribunale accoglieva l'istanza di rimessione in termini, espletava la prova testimoniale e, in accoglimento della domanda di accertamento dell'insussistenza del fatto, ai sensi dell'art. 18, co. 4, L. n. 300/1970 ordinava la reintegrazione dell'opponente nel posto di lavoro e condannava la società a pagare l'indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto (di Euro 1.936,74).

In particolare riteneva che i comportamenti descritti nella relazione investigativa (la guida di uno scooter di grosse dimensioni, la conduzione del cane a spasso, il reggere le buste della spesa con la mano sinistra colpita dall'infortunio) non fossero lesivi dello stato di salute, né idonei a pregiudicare o ritardare la guarigione del lavoratore, né vi fossero elementi dai quali desumere la mera simulazione dello stato di malattia.

4.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello rigettava il gravame interposto dalla società.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) ai fini della rimessione in termini, prima di verificare la non imputabilità del ritardo occorre verificare se sussisteva il requisito della tempestività dell'istanza intesa come immediatezza della reazione della parte al palesarsi della necessità di svolgere un'attività processuale ormai preclusa;

b) nel caso in esame la tempestività sussiste, poiché l'istanza di rimessione in termini è stata formulata all'udienza del 27/01/2021, prima udienza utile successiva alla sollevata eccezione di controparte di intervenuta decadenza, in cui il lavoratore aveva allegato prova documentale della causa di forza maggiore (virus informatico) che aveva impedito il tempestivo deposito del ricorso;

c) trattasi di un'istanza tempestiva, in quanto proposta dinanzi al giudice della fase sommaria, prima della declaratoria di inammissibilità della domanda;

d) sussiste altresì l'impedimento non imputabile alla parte, trattandosi di virus informatico che la Corte di Cassazione ha ritenuto tale (Cass. sez. un. n. 4135/2019; Cass. n. 29757/2019);

e) nel caso in esame il difensore ha prodotto il rapporto di intervento tecnico della ditta Innovation E Networking da cui si evincono i fatti, le date e le modalità dell'intervento tecnico di "recupero" durato dal 16 novembre al 19 novembre 2020, imputabili a "cyberattacco mediante criptolocker che aveva reso inefficaci le protezioni perimetrali (firewall) e applicative (antivirus e antimalaware) presenti presso lo studio, rendendo inutilizzabili n. 4 pc e chiavetta firma digitale";

f) è diritto di chi agisce provvedere al deposito telematico degli atti entro la fine dell'ultima giornata utile per il deposito, senza potersi sindacare nel merito le ragioni di tale scelta;

g) il fatto impeditivo si era manifestato nel pomeriggio del 16 novembre, sicché non sarebbe stato possibile il deposito cartaceo del ricorso, in ogni caso impedito dall'obbligo di deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio, che costituiva la regola nel periodo emergenziale COVID-19 (art. 83 D.L. n. 18/2020), vigente fino al termine (più volte prorogato) del 31 dicembre 2020;

h) in quel periodo vigeva altresì il provvedimento n. 237/2020 dell'Ufficio di presidenza della Corte d'Appello di Napoli, che invitava tutti i magistrati del distretto "a valutare con sufficiente benevolenza eventuali richieste di rimessione in termini, tenuto anche conto delle notevoli difficoltà di accesso agli uffici giudiziari, a causa delle restrizioni connesse alla pandemia in atto";

i) nel merito, a seguito dell'infortunio sul lavoro verificatosi il 20/02/2020 (contusione mano e polso sinistro) vi fu prescrizione di riposo, ghiaccio e terapia medica al persistere dei sintomi con prognosi di sette giorni, come da referto ospedaliero, poi prorogati di ulteriori dieci giorni e ripresa del servizio al termine del periodo anzidetto in data 09/03/2020;

j) il Tribunale ha valutato i comportamenti descritti nella relazione investigativa come non idonei a far presumere l'inesistenza della malattia e, dunque, una sua simulazione, né a pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio del lavoratore;

k) tale convincimento è condiviso da questa Corte, sicché non sussiste la violazione dei generali doveri di correttezza e di buona fede, poiché il tipo di infortunio certificato non impediva lo svolgimento di attività quotidiane di ordinaria amministrazione, pur considerando che il lavoratore è mancino, bensì solo di quelle legate all'attività lavorativa di macellaio;

l) non può applicarsi la tutela soltanto indennitaria ex art. 18, co. 5, L. n. 300/1970, poiché l'insussistenza del fatto contestato comprende anche l'ipotesi in cui il fatto sia sussistenza, ma sia privo del carattere di illiceità, come nel caso in esame.

5.- Avverso tale sentenza AP Commerciale Srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

6.- Am.Ma. ha resistito con controricorso.

7.- La Consigliera delegata dal Presidente ha formulato proposta di definizione accelerata ex art. 380 bis c.p.c.

8.- La società ricorrente ha presentato tempestiva istanza di decisione.

9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la società ricorrente lamenta "violazione e falsa applicazione" dell'art. 132, co. 2, n. 4), e 153 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuta tempestiva l'istanza di rimessione in termini e sussistente l'impedimento dovuto a causa di forza maggiore.

Il motivo è fondato per quanto di ragione.

Questa Corte ha più volte affermato che l'istituto della rimessione in termini, ex art. 153, co. 2, c.p.c., presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività e, cioè, in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo (Cass. ord. n. 4034/2025; Cass. ord. n. 22342/2021; Cass. ord. n. 25289/2020).

E, come si evince dalle stesse pronunzie ricordate dai Giudici del reclamo (Cass. n. 23561/2011; Cass. n. 6102/2019), questa Corte di legittimità ha precisato che la tempestività – ossia l'immediatezza della reazione della parte colpita da decadenza – va valutata rispetto al momento in cui è maturata la decadenza (nella specie 16/11/2020), di cui abbia avuto consapevolezza la parte o il suo difensore. In sostanza la rimessione in termini richiede l'immediatezza della reazione rispetto al palesarsi della necessità di svolgere quell'attività processuale ormai preclusa (Cass. n. 19290/2016; Cass. n. 23561/2011); da tanto deriva che essa non può essere condizionata o in qualche modo rapportata alla eventuale proposizione della eccezione di decadenza della controparte. Inoltre, neppure può dirsi sempre tempestiva, come viceversa mostra di ritenere la sentenza impugnata, l'istanza anteriore alla decisione di improcedibilità, perché allora sarebbe sempre tempestiva purché anteriore a quella decisione di rito, in tal modo restando preclusa al giudice per ciò solo la valutazione della tempestività dell'istanza, che invece il legislatore gli riserva.

La Corte territoriale non si è conformata alle indicazioni del giudice di legittimità avendo mostrato di ancorare la verifica dei presupposti della rimessione in termini a elementi a tal fine ininfluenti in quanto estrinseci alla disciplina dell'istituto ed alle esigenze ad essa sottese riconducibili in definitiva al canone costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost.

A tanto consegue la cassazione con rinvio della decisione al fine di una rinnovata valutazione del requisito della tempestività dell'istanza di rimessione in termini avanzata dal difensore del lavoratore alla luce del seguente principio di diritto:

"ai fini della rimessione in termini il requisito essenziale della tempestività dell'istanza della parte colpita dalla decadenza va valutato rispetto al momento in cui si è palesata la necessità di svolgere quell'attività processuale ormai preclusa ed alla consapevolezza acquisita dalla parte, a prescindere dalle eccezioni eventualmente sollevate a riguardo dalla controparte".

Alla Corte di merito spetterà, poi, trarne le conseguenze in ordine alle varie domande (reintegratoria e indennitario-risarcitoria) proposte dal lavoratore.

2.- Con il secondo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall'art. 360, co. 1, c.p.c., la ricorrente lamenta "violazione e falsa applicazione" dell'art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale omesso ogni pronunzia sull'istanza di una consulenza tecnica d'ufficio di tipo informatico per accertare la fondatezza della ragione ostativa addotta dal lavoratore nell'istanza di rimessione in termini.

Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione degli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 118 disp. att.c.p.c. per difetto di motivazione circa la valutazione delle prove inerenti al merito dell'addebito disciplinare.

L'esame dei motivi secondo e terzo resta assorbito dall'accoglimento del primo motivo.

Alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

3.- Sussistendo i presupposti di legge, dispone che in caso di diffusione dovrà essere omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del controricorrente, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, alla quale è demandato il regolamento delle spese anche del presente giudizio di legittimità.


In caso di diffusione dispone che sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del controricorrente, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 11 settembre 2025.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2025.

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