L’iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagli artt. 543 e 557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall’avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l’inefficacia del pignoramento e l’estinzione del processo, onde non è suscettibile di sanatoria l’eventuale deposito di copie non attestate conformi, oltre il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tardivo delle attestazioni di conformità mancanti.
Cassazione civile, sez. III, sentenza 27/10/2025 (ud. 12/09/2025) n. 28513
FATTI DI CAUSA
Nel corso di un processo esecutivo per espropriazione immobiliare promosso da Alessandra G. nei confronti di Gabriele L. e Angela Teresa S., il giudice dell'esecuzione ha rilevato d'ufficio, alla prima udienza utile, l'inefficacia del pignoramento, ai sensi dell'art. 557, ultimo comma, c.p.c., per avere il creditore procedente depositato, all'atto dell'iscrizione a ruolo, nel termine di quindici giorni dalla consegna da parte dell'ufficiale giudiziario dell'atto di pignoramento notificato, le copie dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento prive dell'attestazione di conformità agli originali (il titolo esecutivo ne era invece munito) e ha dichiarato l'estinzione del processo esecutivo, sebbene fosse stata offerta dalla creditrice la produzione degli originali dei predetti documenti privi di attestazione di conformità, alla prima udienza.
La creditrice procedente ha proposto reclamo, ai sensi dell'art. 630 c.p.c., davanti al Tribunale di Milano che, con ordinanza in data 26 novembre 2024 (n. cronol. 3171/2024), ha disposto il rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., a questa Corte, in relazione alla seguente questione: «se la mancanza dell'attestazione di conformità delle copie di titolo, precetto e pignoramento ex art. 557 c.p.c. (e 196-novies, secondo comma, disp. att., c.p.c.), sebbene prodotte nel termine ivi prescritto, costituisca causa di inefficacia del pignoramento, ovvero rivesta carattere di mera irregolarità sanabile».
La Prima Presidente della Corte, con provvedimento in data 6/7 febbraio 2025, ha ritenuto sussistenti i presupposti previsti dall'art. 363-bis c.p.c. per dare corso al rinvio pregiudiziale ed ha assegnato la questione alla Terza Sezione civile, per l'enunciazione del principio di diritto all'esito di pubblica udienza.
È stata, pertanto, disposta la trattazione in pubblica udienza, rinviata alla data odierna per consentire il regolare coinvolgimento delle parti del giudizio a quo anche nel presente procedimento.
Il pubblico ministero ha depositato requisitoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il contrasto interpretativo sulla questione oggetto del rinvio pregiudiziale
Come evidenziato sia nel provvedimento della Prima Presidente, di rimessione della questione sollevata con il rinvio pregiudiziale a questa Sezione, sia nella stessa ordinanza del Tribunale di Milano che ha disposto il rinvio, in relazione alla questione di diritto oggetto del presente procedimento si sono formati, nella giurisprudenza di merito, indirizzi contrapposti:
1) secondo un indirizzo, la mancanza dell'attestazione di conformità degli atti da depositare al momento dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo, ai sensi degli artt. 557 c.p.c. (nell'esecuzione immobiliare) e 543 c.p.c. (nell'esecuzione presso terzi) costituisce una mera irregolarità formale sanabile, priva di conseguenze in termini di inefficacia del pignoramento;
2) secondo un diverso indirizzo, invece, la violazione delle norme sulla formazione del fascicolo dell'esecuzione e, dunque, l'omesso deposito dell'attestazione di conformità degli atti da allegare alla nota di iscrizione a ruolo, determina l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo ai sensi dell'art. 630, comma 2, c.p.c., rilevabile anche d'ufficio.
2. Le disposizioni normative rilevanti
Va premesso che la formulazione letterale degli artt. 543 e 557 c.p.c. ha subito una recente modificazione.
La formulazione dell'art. 557 c.p.c. ("Deposito dell'atto di pignoramento") in vigore dall'11 novembre 2014 al 25 novembre 2024 è la seguente:
"Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Il creditore deve depositare nella cancelleria del Tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Nell'ipotesi di cui all'articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore".
La formulazione della medesima norma in vigore dal 26 novembre 2024 è la seguente:
"Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Il creditore iscrive a ruolo il processo presso il Tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento, a pena di inefficacia del pignoramento stesso. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Nell'ipotesi di cui all'articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione".
La formulazione dell'art. 543 c.p.c. ("Forma del pignoramento") in vigore dall'11 novembre 2014 al 25 novembre 2024, nella parte rilevante ai fini del presente procedimento, è la seguente:
"...... Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. Il creditore deve depositare nella cancelleria del Tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore......".
La formulazione dell'art. 543 c.p.c. in vigore dal 26 novembre 2024, nella parte rilevante ai fini del presente procedimento, è la seguente:
"...... Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione.
Il creditore iscrive a ruolo il processo presso il Tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto entro trenta giorni dalla consegna, a pena di inefficacia del pignoramento. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione".
Le modifiche della formulazione letterale degli artt. 543 e 557 c.p.c. sopra illustrate sono state introdotte dal decreto legislativo 31 ottobre 2024 n. 164 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, recante at-tuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata), entrato in vigore il 26 novembre 2024, precisamente dall'art. 3, comma 7, lettere n) ed o), di tale decreto, il cui art. 7, comma 1, sancisce che "Ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023".
Nel caso di specie, il pignoramento è stato notificato il 2 febbraio 2024, l'iscrizione a ruolo è avvenuta il 23 febbraio 2024, il giudice dell'esecuzione ha rilevato il mancato deposito delle attestazioni di conformità con provvedimento in data 30 aprile 2024, con il quale ha anche fissato l'udienza del 13 giugno 2024 per sentire le parti al fine di dichiarare l'estinzione e, in tale ultima udienza, sono state depositate le attestazioni di conformità; l'estinzione è stata dichiarata in data 14 giugno 2024 e il procedimento di reclamo è stato sospeso con il provvedimento di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. in data 26 novembre 2024 (cioè, esattamente la data in cui sono entrate in vigore le nuove disposizioni).
La questione dell'applicabilità, nel presente procedimento, della nuova o della precedente formulazione letterale delle norme appena richiamate (indotta dalla peculiare previsione di applicazione retroattiva delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 164 del 2024) non assume, peraltro, concreto rilievo ai fini della risoluzione della questione oggetto del rinvio, per quanto si dirà in prosieguo con riguardo alla sostanziale identità e continuità del dettato normativo concreto.
3. La qualificazione della fattispecie e lo strumento processuale per far valere il relativo vizio.
Sempre in via preliminare, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte, ha definitivamente chiarito, con pronuncia alla quale va data piena continuità, che "la violazione del termine di 15 giorni previsto dall'art. 557, comma 2, c.p.c., per l'iscri-zione a ruolo della procedura, nel testo applicabile ratione temporis, costituisce una ipotesi tipica di estinzione del processo di esecuzione, che la parte interessata deve far valere a norma dell'art. 630 c.p.c. e, in caso di rigetto dell'eccezione, col reclamo previsto dalla citata disposizione, non già con l'opposizione agli atti esecutivi" (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3494 del 11/02/2025; il principio vale, evidentemente, anche per l'ana-logo termine previsto dall'art. 543 c.p.c., nell'espropriazione presso terzi).
Nella specie, pertanto, devono ritenersi emessi nella corretta modalità e forma sia il provvedimento di estinzione del processo da parte del giudice dell'esecuzione, sia la contestazione dello stesso mediante il reclamo di cui all'art. 630 c.p.c., da parte della creditrice procedente.
4. Gli argomenti di carattere letterale alla base delle opposte soluzioni interpretative.
A sostegno delle opposte soluzioni interpretative che si confrontano sono stati addotti argomenti di varia natura, di carattere letterale, di carattere più strettamente processuale e di carattere sistematico.
È opportuno analizzare, in primo luogo, quelli di carattere letterale.
4.1 A favore dell'indirizzo favorevole alla qualificazione come mera irregolarità sanabile del deposito di copie prive dell'attestazione di conformità agli originali degli atti necessari ai fini dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo si è, in primo luogo, sostenuto, che il procedimento esecutivo viene incardinato in virtù di un titolo che ha già accertato la pretesa creditoria, sicché l'inefficacia del pignoramento può essere pronun-ciata solo nei casi tassativamente indicati dalla legge, mentre l'art. 557, comma 3, c.p.c. (analogamente all'art. 543, comma 4, c.p.c.), prevedeva (almeno prima delle modifiche apportate dall'art. 3, comma 7, lettera o) (nonché lettera n) per l'espropriazione presso terzi), del decreto legislativo 31 ottobre 2024 n. 164 (il cui art. 7, comma 1, come già visto, dispone che "Ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023")), che "il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore", senza – apparentemente – estendere la sanzione dell'inefficacia all'ipotesi della mancanza dell'attestazione di conformità delle copie.
In assenza di un'espressa previsione di legge, secondo tale tesi, il disposto di cui all'art. 557, comma 3, c.p.c., almeno nella formulazione letterale precedente a quella attualmente vigente, non avrebbe potuto interpretarsi in via analogica o estensiva, sanzionando con l'inefficacia anche l'ipotesi della mancanza di attestazione di conformità delle copie degli atti depositati tempestivamente (e altrettanto sarebbe a dirsi in relazione all'art. 543, comma 4, c.p.c.).
Nella medesima ottica, a tali considerazioni avrebbe fornito ulteriore supporto la disposizione di cui all'art. 22, comma 3, del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), la quale... prevede che "le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta".
4.2 Osserva il Collegio che, secondo l'attuale formulazione dell'art. 557, comma 2, c.p.c., come del resto quella dell'art. 543, comma 4, c.p.c. (quest'ultimo, naturalmente, senza riferimento alla nota di trascrizione del pignoramento, ma con il riferimento all'atto di citazione e con un diverso termine), è semplicemente previsto che "il creditore iscrive a ruolo il processo presso il Tribunale competente per l'esecuzione depositando copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione (dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto) entro quindici (trenta) giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento, a pena di inefficacia del pignoramento stesso. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo".
Già in relazione alla precedente formulazione degli artt. 543 e 557 c.p.c., si era, peraltro, fatto osservare che l'art. 16-bis, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012, nel testo modificato a seguito del decreto-legge n. 132 del 2014, stabiliva che "le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile" sono depositati con modalità telematiche, onde, laddove le norme del c.p.c. fanno mero riferimento alle "copie", si tratta – evidentemente – delle copie conformi formate nel rispetto della normativa, legislativa e regolamentare, conferente. Pertanto, dato che il deposito degli atti in questione avviene di necessità in via telematica, il deposito della copia del titolo, del precetto e del pignoramento non avrebbe potuto che essere accompagnato dalla attestazione di conformità da parte dell'avvocato.
Attualmente, del resto, l'art. 196-novies, comma 2, disp. att. c.p.c., introdotto con la riforma di cui al decreto legislativo n. 149 del 2022, disposizione che ha sostituito le norme appena richiamate, prevede, in modo del tutto analogo, che "il difensore, quando deposita nei procedimenti di espropriazione forzata la nota di iscrizione a ruolo e le copie informatiche degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma, e 557, secondo comma, del codice, attesta la conformità delle copie agli originali".
Inoltre, si era fatto presente che anche l'art. 159-ter disp. att. c.p.c. (disposizione introdotta con decreto-legge n. 83 del 2015, convertito in legge n. 132 del 2015) prevede che, nell'ipotesi in cui l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo av-venga su istanza del debitore, il creditore debba comunque depositare "copie conformi degli atti nei termini di cui agli artt. 518, 543 e 557" e sarebbe irragionevole ritenere che solo nel caso in cui sia il debitore ad iscrivere a ruolo la causa, sussista un onere di deposito del creditore "rafforzato" (cioè avente ad oggetto copie conformi, a differenza che nelle ipotesi ordinarie, in cui sarebbero sufficienti copie semplici).
D'altra parte, è stato fatto, altresì, notare che la normativa sull'atto processuale telematico ha carattere speciale (l'atto del processo civile telematico costituendo una species del genus "documento informatico") rispetto a quella generale contenuta negli artt. 4, comma 2, del D.P.C.M. 13 novembre 2014 e 22, comma 3, CAD.
4.3 In definitiva, gli argomenti letterali addotti a sostegno dell'indirizzo favorevole alla qualificazione come mera irregolarità sanabile del deposito di copie prive dell'attestazione di conformità agli originali degli atti necessari ai fini dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo, non potevano considerarsi convincenti, già con riguardo alla formulazione degli artt. 543 e 557 c.p.c. anteriore alle modifiche introdotte nel 2024.
In base alla formulazione attuale di tali articoli, poi, non pare seriamente opinabile l'interpretazione secondo cui il creditore è tenuto a depositare, in modalità telematica, copie, attestate conformi agli originali dal difensore, del titolo esecutivo, dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento (e della nota di trascrizione, per l'esecuzione immobiliare) nel termine perentorio previsto da ciascuna disposizione, a pena di inefficacia del pignoramento.
Quanto più sopra esposto deve ritenersi ampiamente sufficiente per affermare che le stesse conclusioni erano valide anche prima delle modifiche alla formulazione letterale degli artt. 543 e 557 c.p.c., e per ritenere, quindi, che le suddette modifiche hanno solo eliminato ogni dubbio interpretativo, nella continuità sostanziale dell'effettivo dettato normativo di quelle disposizioni.
Tale approdo interpretativo è fondato sulla valutazione dell'effettivo significato oggettivo che va attribuito alle disposizioni in esame, nella loro originaria formulazione letterale ed in quella come da ultimo modificata, significato che è da ritenere, per le ragioni appena esposte, del tutto coincidente.
È, pertanto, appena il caso di osservare – esclusivamente a fini di completezza di analisi – che un diverso approdo interpretativo, con una ricostruzione del concreto disposto di tali norme come aventi un senso ed una portata diversi, a seconda della data in cui è avvenuto il pignoramento o l'iscrizione a ruolo, avrebbe determinato notevoli ulteriori difficoltà interpretative ed applicative, nell'ambito di un contesto normativo che si è rivelato già complesso e foriero di incertezze nella pratica. E, tra due interpretazioni in astratto sostenibili, si lascia preferire quella che mira a ridurre le aporie processuali rispetto a quella che corre il rischio di complicarle.
4.4 In definitiva, ritiene il Collegio che la formulazione letterale delle disposizioni di legge rilevanti ai fini della questione in esame nella presente sede risulti sufficientemente chiara e che tale formulazione letterale, sia nel testo attuale degli artt. 543 e 557 c.p.c., sia in quello precedente (preso in considerazione nel giudizio di merito nel corso del quale è stato richiesto il rinvio pregiudiziale), da ritenersi sostanzialmente coincidenti, imponga il deposito di copie degli atti necessari ai fini dell'iscrizione a ruolo dell'atto di pignoramento, munite di regolare attestazione di conformità, in un determinato termine perentorio.
Di conseguenza, poiché deve escludersi che gli argomenti di carattere letterale consentano di accedere alla tesi favorevole alla qualificazione come mera irregolarità sanabile del deposito di copie di detti atti prive dell'attestazione di conformità (anche solo con riguardo alla precedente formulazione delle disposizioni rilevanti), è necessario concentrare l'analisi esclusivamente sugli argomenti di carattere processuale e sistematico, al fine di verificare se tali argomenti siano sufficienti a superare l'inequivoco dato letterale delle norme in esame.
5. Gli argomenti di carattere processuale addotti a sostegno della tesi della "mera irregolarità sanabile"
5.1 A favore della tesi favorevole alla qualificazione come mera irregolarità sanabile del deposito di copie prive dell'attestazione di conformità agli originali degli atti necessari ai fini dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo, si è sostenuto, in linea generale, che la declaratoria di inefficacia del pignoramento, a fronte dell'accertamento di un vizio meramente formale dell'atto depositato al momento dell'iscrizione a ruolo, apparirebbe una conseguenza eccessivamente rigorosa sul piano processuale, nelle ipotesi in cui non vi sia una effettiva contestazione della conformità delle copie agli originali, da parte del debitore.
E, a sostegno di tale affermazione, è stato anche addotto l'argomento per cui il deposito delle copie di titolo, precetto e pignoramento, anche se prive dell'attestazione di conformità agli originali, in mancanza di contestazioni sulla loro effettiva conformità ai predetti originali, comporterebbe il "raggiungimento dello scopo" delle norme che lo prevedono
5.2 In senso contrario, si è, peraltro, fatto osservare, in una prospettiva "sistematico-funzionale" relativa alla natura ed al corretto svolgimento del processo esecutivo, in primo luogo, che "la questione della conformità del titolo all'originale è strettamente connessa al possesso del titolo esecutivo quale presupposto processuale dell'azione esecutiva" e, in questa prospettiva, "l'attestazione di conformità non costituisce una mera formalità in quanto il difensore del creditore, per poter attestare che la copia è conforme all'originale, deve avere avanti a sé l'originale da collazionare con la copia", ovvero deve avere il possesso del titolo.
In mancanza di attestazione di conformità, quindi, il giudice dell'esecuzione non sarebbe messo in condizione di conoscere – con il grado di certezza che la legge esige, per esigenze che possono definirsi di ordine pubblico processuale in relazione ad un processo sostanzialmente unilaterale a vantaggio del creditore e nei confronti dell'esecutato – se il creditore sia legittimato o meno all'esercizio dell'azione esecutiva.
Orbene, va, in proposito, opportunamente precisato che, nel caso di specie oggetto del giudizio di merito che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale, il titolo esecutivo era stato depositato in copia attestata conforme all'originale, mentre non erano state depositate copie attestate conformi agli originali degli altri documenti (in particolare: dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento).
Ritiene la Corte, peraltro, che non sia assolutamente possibile distinguere tra titolo esecutivo, precetto e pignoramento, ai fini della soluzione della questione interpretativa da sciogliere, in quanto le norme che disciplinano l'iscrizione al ruolo del processo esecutivo considerano unitariamente e in modo identico la necessità di deposito di tutti i relativi documenti.
5.3 A confutazione dell'argomento speso a favore della tesi della "mera irregolarità sanabile", per cui il deposito delle copie di titolo, precetto e pignoramento, anche se prive dell'attestazione di conformità agli originali, in mancanza di contestazioni sulla loro effettiva conformità ai predetti originali, comporterebbe il "raggiungimento dello scopo" delle norme che lo prevedono è stato fatto, correttamente, osservare che la nozione di sanatoria per raggiungimento dello scopo dell'atto, in relazione alla questione in esame, non è giuridicamente e razionalmente invocabile.
Ciò, innanzitutto, perché la teorica relativa al raggiungimento dello scopo dell'atto attiene alla categoria della nullità e non a quella dell'inefficacia per il suo mancato tempestivo deposito, ovvero alla categoria delle preclusioni processuali.
Una volta che il legislatore abbia fissato un termine preclusivo per il deposito di un atto, non ha alcun senso affermare che lo stesso abbia raggiunto il suo scopo anche se è stato depositato tardivamente, atteso che, in tal caso, ciò che conta non è il disposto di cui all'art. 156 c.p.c., quanto piuttosto il disposto di cui all'art. 153 c.p.c., che preclude alla parte la possibilità di svolgere l'attività processuale conseguente (il deposito dell'istanza di vendita o assegnazione, nel caso di specie), ove non sia stata tempestivamente svolta l'attività processuale precedente (il deposito nei termini di legge di copie conformi degli atti di cui agli artt. 543 e 557 c.p.c.).
Per esemplificare in modo concreto, si è fatto notare che, così come non ha senso chiedersi se abbia raggiunto il suo scopo l'istanza di vendita depositata scaduti i termini di cui all'art. 497 c.p.c., ugualmente non avrebbe senso chiedersi se abbia raggiunto il suo scopo il deposito tardivo delle copie conformi degli atti di cui agli art. 543 e 557 c.p.c..
Si è anche osservato che, pure qualora fosse possibile distinguere tra gli atti il cui deposito è imposto dagli artt. 543 e 557 c.p.c. e la loro (necessaria, per disposto normativo) attestazione di conformità, lo scopo del deposito degli atti con l'attestazione di conformità dovrebbe essere, comunque, individuato in quello di consentire un ordinato svolgersi del processo esecutivo, senza inutili rallentamenti o situazioni di quiescenza e che tali finalità sono quelle prese in considerazione dall'art. 111 Cost. e tenute ben presenti nell'ambito del processo esecutivo: potendosi richiamare, in tal senso, oltre al già citato art. 497 c.p.c., l'art. 567, comma 3, c.p.c., che sanziona con l'inefficacia del pignoramento il mancato deposito della documentazione ipocatastale, ovvero il disposto di cui all'art. 631-bis c.p.c. (introdotto con decreto-legge n. 83 del 2015 convertito in legge n. 132 del 2015) che sanziona con l'estinzione del processo esecutivo il mancato pagamento del contributo previsto per la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche.
Ancora, in tale prospettiva, si è rilevato che il mancato deposito degli atti muniti di attestazione di conformità determina un rallentamento nello svolgimento del processo esecutivo e, complessivamente, dell'attività di amministrazione della giustizia, rischiando di incidere sulla ragionevole durata del processo per espropriazione, in quanto il giudice dell'esecuzione, in mancanza della dichiarazione di conformità degli atti prodromici all'esecuzione e dell'atto di pignoramento non potrebbe procedere con il conferimento dell'incarico di stima dei beni staggiti e, successivamente, con la vendita dei cespiti pignorati, non avendo certezza alcuna circa il possesso di un titolo esecutivo in capo al creditore (oltre che dell'esistenza dell'atto di pignoramento).
Ciò determinerebbe, in ipotesi, la necessità di ordinare il deposito dell'attestazione di conformità, con conseguente quiescenza del processo, sebbene, almeno dal 2005 in avanti, le riforme del legislatore vadano tutte nella chiara direzione di evitare che il processo per espropriazione possa subire ritardi non giustificati.
Anche a voler valorizzare al massimo lo scopo della norma, si dovrebbe, pertanto, inevitabilmente concludere che il novellato disposto di cui all'art. 557, comma 3 (ora comma 2), ed all'art. 543, comma 4, c.p.c., intende sanzionare il negligente comportamento della parte processuale che, pur potendo mettere l'ufficio dell'esecuzione in grado di svolgere ordinatamente e tempestivamente il proprio compito (nella specie, di verifica anche solo formale dell'esistenza di titolo, precetto e pignoramento in formato valido), vi frapponga un ostacolo, mancando di depositare agli atti telematici un documento equipollente agli originali a sue mani (di cui, cioè, abbia il possesso).
5.4 Ritiene, in definitiva, la Corte che gli argomenti sistematici di carattere processuale, fondati sulla ricostruzione del mancato deposito delle copie di titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento, con attestazione di conformità agli originali, nel termine perentorio fissato dalla legge, come un vizio di nullità sanabile mediante il tardivo deposito delle attestazioni di conformità, eventualmente per "raggiungimento dello scopo", non siano condivisibili.
Le norme che vengono in considerazione impongono chiaramente il deposito di copie attestate conformi agli originali di determinati atti in un termine perentorio.
Di conseguenza, così come l'omesso deposito di dette copie nel suddetto termine perentorio non può essere "sanato" dal deposito tardivo delle stesse, anche il deposito di semplici copie prive di attestazione di conformità agli originali non può essere "sanato" dal deposito tardivo delle attestazioni di conformità: in sostanza, risolvendosi il deposito di tali semplici copie nel mancato deposito degli atti validi.
6. Gli ulteriori argomenti di carattere sistematico a sostegno della tesi della "mera irregolarità sanabile"
Escluso l'utile rilievo degli argomenti letterali e processuali sin qui analizzati, vanno, infine, esaminati gli argomenti a sostegno della tesi della mera irregolarità sanabile del deposito di copie degli atti richiesti dagli artt. 543 e 557 c.p.c. prive di attestazione di conformità agli originali, costituiti dal richiamo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte in tema di attestazione di conformità tra originali telematici e copie analogiche del ricorso e della sentenza impugnata, in sede di iscrizione a ruolo del ricorso per cassazione e, più in generale, il richiamo ai principi di strumentalità delle forme processuali ed alla necessità di interpretazione delle norme di procedura in modo tale da evitare eccessivi ostacoli nell'accesso alla tutela giudiziaria e la chiusura in rito dei processi.
6.1 È stata da più parti richiamata (il richiamo è presente anche nel provvedimento della Prima Presidente della Corte, di rimessione a questa Sezione del procedimento di rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c.), con riguardo alla questione in esame, la giurisprudenza di questa stessa Corte in tema di attestazione di conformità delle copie analogiche del ricorso per cassazione, da depositare all'atto della costituzione del ricor-rente nel giudizio di legittimità, ai sensi dell'art. 369 c.p.c..
In particolare, sono stati evocati, in tale ottica, i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo i quali "il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della L. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l'improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'origi-nale notificatogli ex art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 82 del 2005; viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino con-troricorso) ovvero disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio" (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018). Si è osservato che le Sezioni Unite, nella suddetta pronuncia, hanno ritenuto di accedere ad un'interpretazione maggiormente improntata, da un lato, a salvaguardare il "diritto fondamentale di azione (e, quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio (art. 24 Cost.), che guarda come obiettivo al principio dell'effettività della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio "mezzo", il giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.), in una dimensione complessiva di ga-ranzie che rappresentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull'Unione europea, art. 6 CEDU)" e, dall'altro lato, a dare applicazione al principio di "strumentalità delle forme" degli atti del processo, siccome prescritte dalla legge non per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma in quanto stru-mento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come il traguardo perseguito dalla norma che disciplina la forma dell'atto.
Potrebbe altresì richiamarsi, in senso analogo, l'indirizzo, anch'esso sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui "il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi-1 bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all'originale notificatogli; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio" (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019).
6.2 Orbene, in primo luogo, va rilevato che gli arresti delle Sezioni Unite di questa Corte appena richiamati non risultano conferenti o, quanto meno, non sono direttamente sovrapponibili, rispetto alla fattispecie qui in esame.
Si tratta, infatti, di arresti che riguardano la questione dell'attestazione di conformità tra le copie cartacee (analogiche) prodotte in sede di proposizione del ricorso per cassazione e gli originali digitali di atti e provvedimenti notificati dalle parti, cioè di atti (originali o in copia attestata conforme agli originali) oggetto di notificazioni avvenute tra le parti a mezzo P.E.C., ovvero in forma telematica (viene in gioco e si richiama, infatti, in tali precedenti, l'art. 9 della legge n. 53 del 1994, piuttosto che l'art. 16-bis, comma 9-bis, del decreto-legge n. 179 del 2012, che è la norma che disciplina l'attestazione di conformità delle di atti digitali), non la necessità che di determinati atti e provvedimenti siano prodotte copie "conformi" ai relativi originali (nel senso che le copie siano dotate di attestazione di autenticità rispetto agli atti pubblici originali).
Per chiarire la differenza tra le due situazioni, è sufficiente considerare che (come è ovvio) non si è mai dubitato che, ai fini del rispetto del termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c., la sentenza impugnata debba essere prodotta in copia munita di attestazione di conformità all'originale della stessa.
Come nel precedente regime di deposito degli atti processuali anteriore all'introduzione del processo civile telematico (P.C.T.), cioè nel regime cd. totalmente "cartaceo" (o analogico), è sempre stata ritenuta pacificamente necessaria una attestazione di conformità, da parte del Cancelliere, tra la copia cartacea della sentenza impugnata prodotta dal ricorrente e l'originale cartaceo della stessa, così attualmente, nel vigente regime cd. "telematico" di deposito degli atti processuali, occorre una analoga attestazione di conformità – che però può essere effettuata dallo stesso difensore della parte – tra la copia digitale della sentenza impugnata e l'originale informatico della stessa, presente nel fascicolo telematico di merito. Se tale attestazione di conformità (quella tra atti cartacei da parte del Cancelliere, nel precedente regime "cartaceo"; quella tra atti digitali da parte dell'avvocato, nell'attuale regime "telematico") manca del tutto, nel senso che non sia stata prodotta nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c., non si è mai dubitato che debba essere dichiarata l'improcedibilità del ricorso; né mai si è ritenuto che possa operare, in proposito, il principio di non contestazione, laddove semplicemente manchi del tutto la copia attestata conforme all'originale della sentenza impugnata, in sede di legittimità.
Questione diversa è quella dell'attestazione, di cui all'art. 9 della legge n. 53 del 1994, di conformità tra l'originale digitale del messaggio di posta elettronica certificata (P.E.C.) contenente la copia della sentenza (necessariamente già attestata conforme all'originale, dall'avvocato notificante), nonché la relativa relazione di notificazione, e la copia cartacea di tali atti depositati nel fascicolo dalla parte ricorrente: questa è l'effettiva problematica di cui si occupano le sentenze delle Sezioni Unite più sopra richiamate.
La questione dell'attestazione di conformità tra la copia del provvedimento impugnato e il suo originale – cioè, una questione effettivamente analoga a quella in esame nel presente procedimento – si è, in realtà, posta ed è stata affrontata da questa Corte in alcuni precedenti relativi all'ipotesi in cui tale attestazione era stata effettuata dal difensore costituito in appello e non da quello nominato per il giudizio di legittimità e ha anche dato luogo ad alcune disarmonie interpretative, al di là dell'esito delle quali (sulla questione, cfr. da ultimo, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25969 del 02/09/2022, secondo cui "il difensore costituito nel giudizio di merito, in quanto destinatario della comunicazione della cancelleria, ha il potere di attestare la conformità al provvedimento giurisdizionale digitale, reso nel grado, della sua copia cartacea, ancorché sia privo di procura speciale per il ricorso per cassazione e la parte abbia designato altro difensore per il giudizio di legittimità, perché, pur essendo esaurito il processo per il quale era stata conferita la procura, il procuratore può legittimamente continuare a compiere e ricevere gli atti relativi a quel grado di giudizio... "), ciò che rileva considerare, in questa sede, è che non si è mai dubitato che l'attestazione di conformità della copia della sentenza impu-gnata al suo originale fosse comunque necessariamente da produrre nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c. e che, in proposito, non potesse operare il principio di non contestazione, né fosse possibile alcuna sanatoria in caso di deposito tardivo.
Non è, in altri termini, mai stato messo in discussione, nella giurisprudenza di questa stessa Corte, il principio per cui, se, nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c., venga prodotta una copia (ovviamente, in forma digitale) della sentenza impugnata in sede di legittimità, priva di attestazione di conformità all'originale contenuto nel fascicolo informatico di merito, deve essere necessariamente dichiarata l'improcedibilità del ricorso per cassazione, senza alcuna possibilità di diverso esito, con riguardo alla eventuale non contestazione di tale conformità o alla costituzione degli intimati.
Quella relativa all'interpretazione degli artt. 557 e 543 c.p.c. costituisce, in realtà, una questione analoga a tale ultima problematica, più che a quella relativa alle attestazioni di conformità del contenuto delle notificazioni operate tra i difensori delle parti, presa in esame nei precedenti delle Sezioni Unite di questa Corte più sopra richiamati.
6.3 Su un piano più strettamente processuale, va, altresì, sottolineato che i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte si fondano essenzialmente su due argomenti sistematici, entrambi non applicabili o, comunque, non adattabili in modo piano, al processo esecutivo:
1) il rilievo della omessa contestazione della conformità tra copie ed originali, non attestata dalla parte che ne avrebbe l'onere, ad opera della controparte (purché costituita);
2) il principio della strumentalità delle forme e l'obbligo, derivante anche dai principi costituzionali e sovranazionali, di interpretare le norme processuali in modo tale da evitare eccessivi ostacoli all'accesso alla giustizia e la chiusura dei processi per ragioni di mero rito.
Inoltre, la stessa operatività dei suddetti principi è stata circoscritta, dalle stesse Sezioni Unite, entro precisi limiti, con riguardo ai quali, va quanto meno ricordato che: rileva esclusivamente la non contestazione della parte costituita; la tardiva attestazione di conformità è possibile solo fino al momento dell'udienza pubblica o dell'adunanza camerale; non è possibile per la Corte di Cassazione richiedere formalmente alla parte che abbia omesso il deposito dell'attestazione di conformità di provvedervi e, tanto meno, è consentito effettuare un rinvio della decisione solo a tal fine, alterando la posizione di parità processuale tra le parti.
6.3.1 Orbene, il primo argomento (che si risolve in una sorta di applicazione del "principio di non contestazione", sia pure inteso in senso ampio), in linea generale, è un argomento al quale può riconoscersi certamente valore nell'ambito del processo di cognizione, ma non è un principio, in generale, negli stessi termini applicabile nel processo esecutivo, dove il contraddittorio si atteggia in maniera completamente diversa (si parla comunemente di cd. "contraddittorio attenuato").
Va ricordato che il processo esecutivo non è, come quello di cognizione, un processo finalizzato ad una "decisione", cioè ad un accertamento, in senso lato, relativamente a diritti e obblighi delle parti, ma è diretto solo ad adattare la realtà pratica a quella accertata come legittima nel processo di cognizione.
Nel processo esecutivo, il debitore, di regola, non ha alcun onere di costituirsi (essendo solo destinatario di comunicazioni ed avvisi, con riguardo alle attività esecutive da svolgersi, sulle quali può solo limitarsi ad interloquire, essendo la decisione di eventuali contestazioni da lui sollevate oggetto di distinte e autonome parentesi cognitive, nell'ambito dei giudizi di opposizione esecutiva e di reclamo). Poiché, di regola, il debitore non è costituito (e tenuto conto che, anche laddove lo sia, la sua posizione processuale non muta e non si determina alcun contraddittorio finalizzato alla decisione, almeno non in senso analogo a quello esistente nel processo di cognizione), è sempre il giudice dell'esecuzione che deve verificare la regolarità degli atti, onde il principio di non contestazione, ovviamente, nel processo esecutivo non ha modo di operare (quanto meno per come esso è inteso nel processo di cognizione).
D'altra parte, nel momento in cui il giudice dell'esecuzione deve provvedere sull'istanza di vendita (o assegnazione), le più ragionevoli e frequenti possibilità alternative (salvo casi del tutto eccezionali, che non possono essere ritenuti rilevanti a fini in-terpretativi, specie con riguardo alla questione in esame) sono le seguenti: o il debitore non si è affatto costituito, come è la regola (e come è accaduto nel caso di specie); oppure, se si è costituito, lo ha fatto per contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata e/o la regolarità del processo; in tale ultimo caso, se anche non avesse contestato il mancato deposito delle copie conformi degli atti necessari per l'iscrizione a ruolo, ma avesse dedotto diversi vizi della procedura esecutiva, ciò non determinerebbe alcuna preclusione all'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione di effettuare ugualmente le dovute verifiche, con riguardo ai vizi non dedotti, anche di uffi-cio – sempre che non sia ormai preclusa tale possibilità in virtù di sanatorie processuali – ed eventualmente trarne le conseguenze sul piano della procedibilità dell'azione esecutiva.
In ogni caso, sul punto, è da ritenere decisivo ed assorbente l'argomento sistematico per cui il principio di non contestazione, nel processo esecutivo, di regola non opera (potendo, a tutto concedersi, operare in casi marginali).
6.3.2 Infine, è opportuno osservare che gli arresti del 2018 e del 2019 delle Sezioni Unite di questa Corte, sopra richiamati, fanno riferimento alla particolare ed eccezionale specifica situazione che si è verificata, in quegli anni, nonché in quelli immediatamente successivi, nel processo di legittimità in Cassazione non ancora digitalizzato, con riguardo al deposito degli atti cd. nativi digitali.
I principi enunciati in quegli arresti sono stati formulati anche per la necessità di regolare una situazione transitoria e superare le notevoli difficoltà, i formalismi e gli inconvenienti sorti nel passaggio allora in atto, nel processo di legittimità, da un regime di deposito degli atti totalmente "cartaceo" ad un regime prima parzialmente e poi, gradualmente, del tutto "telematico".
In altri termini, quelle decisioni trovano la loro giustificazione anche (benché non esclusivamente) nell'esigenza di far fronte alle difficoltà che comportava il graduale passaggio dal sistema cartaceo a quello telematico di deposito degli atti processuali, certamente di grande impatto per gli operatori, che per la prima volta dovevano confrontarsi con tale sistema, per di più avvenuto in modo non sincronico nei procedimenti di merito ed in quelli di legittimità, con la necessità di una serie di adattamenti che non era agevole padroneggiare completamente e con una serie di difficoltà aggiuntive derivanti dagli evidenti limiti nella progettazione e nel funzionamento degli stessi strumenti tele-matici a disposizione delle parti, degli avvocati e dei giudici, nella fase di "prima applicazione".
Si tratta, quindi, di arresti (anche) orientati ad evitare che una situazione oggettivamente transitoria ed eccezionale determinasse in concreto una effettiva ed ingiustificata limitazione concreta nell'accesso alla tutela giurisdizionale, in quanto, in tale fase eccezionale, anche prescrizioni formali altrimenti non irragionevoli e del tutto giustificate, potevano comportare difficoltà ed ostacoli di difficile superamento.
La situazione dei procedimenti esecutivi ordinari, da oltre dieci anni regolati da un regime processuale integralmente "telematico" risulta, però, radicalmente diversa.
Ne consegue che i principi espressi dalle Sezioni Unite non potrebbero essere direttamente richiamati per orientare la soluzione di una questione interpretativa relativa a norme destinate a regolare il processo esecutivo in una prospettiva di situazione di "stabilità" operativa e non certo eccezionale.
7. Segue: il principio di strumentalità delle forme processuali e del favore per le interpretazioni che evitino ostacoli all'accesso alla tutela giurisdizionale ed alla chiusura dei processi in rito, nel processo esecutivo
Per quanto gli indicati precedenti delle Sezioni Unite di questa Corte non possano essere direttamente richiamati ai fini della risoluzione della questione di diritto rilevante nella presente sede, vanno naturalmente, comunque, tenuti nel debito conto, in linea generale, tanto il principio di strumentalità delle forme processuali quanto quello del favore per le soluzioni interpretative che evitino eccessivi ostacoli all'accesso alla tutela giurisdizionale e la chiusura dei processi per motivi di rito senza che essi giungano al loro esito naturale (vale a dire: la decisione di merito nel processo di cognizione; la soddisfazione del creditore, in quello esecutivo).
Tali principi vanno, peraltro, applicati nel contesto non (più) eccezionale del passaggio dal processo cartaceo a quello telematico, ma in quello ormai "stabilizzato" del processo esecutivo integralmente telematico.
Sotto tale profilo, pertanto (dovendosi evitare, naturalmente, atteggiamenti interpretativi caratterizzati da orientamenti "pregiudiziali"), vanno messi a confronto e valutati, nella loro effettiva sostanza ed in concreto, i rispettivi "peso" o valenza:
a) degli adempimenti formali richiesti dalle norme processuali alle parti, nonché le eventuali difficoltà che possano sussistere nel porli in essere nella pratica (in relazione sia alla complessità delle operazioni materiali necessarie, sia alle eventuali incertezze interpretative);
b) delle ragioni e dello "scopo" per le quali tali adempimenti sono previsti dalle stesse norme processuali.
7.1 Orbene, in primo luogo, è di immediata percezione che abbiano un diverso carattere e una diversa incidenza:
a) da una parte, la mancanza dell'attestazione della conformità ai relativi originali telematici della copia analogica del ricorso per cassazione cd. nativo digitale, che debba però essere necessariamente depositato in forma "cartacea", in attesa della concreta operatività del P.C.T., nonché della copia analogica della sentenza impugnata, di cui si è ricevuta notifica a mezzo P.E.C., con la relata di notificazione (rispettivamente: si tratta dell'atto di impugnazione della parte che avvia la fase di legittimità di un processo già definito nei gradi di merito, atto dalla stessa comunque sottoscritto, e di un atto pubblico agevolmente reperibile nello stesso fascicolo processuale del giudizio di cui si discute; e giova nuovamente ribadire, in proposito, che mai si è dubitato che la copia della sentenza impugnata, analogico o digitale che sia l'originale, debba essere depositata in copia attestata conforme all'originale, all'atto dell'iscrizione a ruolo del ricorso per cassazione, nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c.; e che la mancanza di tale attestazione di conformità non è mai stata considerata sanabile in base alla "non contestazione"): requisiti formali comunque necessari, ma ampiamente recuperabili prima della decisione, laddove, nel frattempo, non vi è sostanzialmente da svolgere alcuna attività processuale;
b) dall'altra parte, nel processo esecutivo, la mancata attestazione della conformità agli originali della copia (digitale) del titolo esecutivo, il cui rilievo è bene illustrato dalle considerazioni più sopra esposte (al paragrafo 6.2; considerazioni formulate, del resto, anche nell'ordinanza del Tribunale di Milano rimettente), nonché dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento, che sono atti di parte "esterni", almeno fino a quel momento, al fascicolo processuale (più precisamente: non esiste un fascicolo processuale del processo esecutivo in cui essi siano già presenti e reperibili), che condizionano la stessa esistenza del processo di espropriazione, ed il cui esame immediato, da parte del giudice, è assolutamente necessario per l'avvio del processo esecutivo, il quale, per di più, implica sin dall'inizio lo svolgimento di attività processuali e di carattere pratico di impatto notevole: non va dimenticato che il processo di espropriazione forzata non è un giudizio di cognizione in fase di mera legittimità, di tipo documentale, come quello che si svolge davanti alla Corte di Cassazione, ma un processo in cui prevale l'attività pratica, che richiede la nomina di ausiliari i quali svolgono attività concrete che incidono in modo considerevole ed invasivo nella sfera esistenziale del debitore e, in generale, delle parti, oltre ad essere assai dispendiose sia sotto il profilo economico che processuale, per l'esecuzione immobiliare, mentre incidono considerevolmente sulla situazione del terzo pignorato, nell'espropriazione dei crediti.
È, quindi, innanzi tutto, da ritenere insostenibile, sul piano sistematico, l'ipotesi estrema (che, in verità, non parrebbe, almeno espressamente, sostenuta da nessun indirizzo interpretativo) secondo cui il giudice dell'esecuzione potrebbe addirittura procedere alla fissazione dell'udienza per l'autorizzazione alla vendita del bene immobile pignorato o, nel processo di espropriazione presso terzi, emettere l'ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati (la quale costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato, soggetto che non è parte del processo esecutivo e che ne subisce gli effetti), senza che siano state in qualche modo acquisite le copie attestate conformi (o gli originali), di titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento.
Di conseguenza, la stessa tesi della "mera irregolarità sanabile", anche eventualmente in analogia con quanto sancito dalle Sezioni Unite per il (peraltro radicalmente diverso, come già chiarito) giudizio di legittimità, potrebbe, al più, in via di mera ipotesi, essere presa in considerazione nella sua versione meno estrema: in base alla quale l'attestazione di conformità è da ritenersi comunque necessaria per lo svolgimento delle attività processuali esecutive successive (in primo luogo, per provvedere sull'istanza di vendita o di assegnazione), ma potrebbe essere prodotta anche successivamente alla scadenza del ter-mine perentorio previsto dalla legge.
Con l'ulteriore necessità, però, in tale ultimo caso, di stabilire fino a che momento e con quali limiti la produzione tardiva dell'attestazione di conformità possa validamente intervenire (e se sia consentita una richiesta in tal senso, rivolta al creditore, da parte del giudice dell'esecuzione).
7.2 Sotto il profilo in esame, in linea puramente astratta, si potrebbe ipotizzare, analogamente a quanto previsto per alcune ipotesi del giudizio di legittimità, di ritenere sanato ogni vizio, laddove l'attestazione di conformità venga prodotta prima che il giudice dell'esecuzione sia chiamato a provvedere sull'istanza di vendita (ovvero prima dell'assegnazione dei crediti pignorati, nell'espropriazione presso terzi).
In altri termini, potrebbe ipotizzarsi che, se il giudice, al momento in cui debba assumere il provvedimento successivo, necessario per l'ulteriore corso del processo, sia comunque in grado di verificare l'attestazione di conformità delle copie di titolo, precetto e pignoramento prodotte tempestivamente, ma solo in copia "informe" (recte: in copia priva di tale attestazione, la quale sia stata solo successivamente prodotta), non potrebbe dichiarare l'estinzione del processo, ma dovrebbe provvedere a darvi corso.
Si porrebbe, peraltro, in tal caso, il (non banale) problema di stabilire la sorte di una eventuale eccezione di estinzione, proposta dal debitore prima della produzione dell'attestazione mancante.
La situazione, in effetti, ancora una volta, non pare in alcun modo confrontabile con quella che si determina nel giudizio di legittimità: nel processo esecutivo, infatti, è prevista una causa "tipica (o nominata)" di estinzione del processo per l'ipotesi di mancata o tardiva produzione dei documenti in questione, che può essere oggetto di eccezione o di rilievo officioso, soggetti a decadenza (cfr. art. 630 c.p.c.: il limite è segnato dall'udienza successiva al verificarsi della fattispecie estintiva).
Ora, se il debitore eccepisce l'estinzione del processo, perché non sono stati depositati gli atti richiesti dagli artt. 543 e 557 c.p.c. (cioè, le copie attestate conformi di titolo, precetto e pignoramento), sarebbe necessario, a voler accogliere la tesi che si sta esaminando, chiarire in base a quali principi, in tal caso, potrebbe essere eventualmente sanato il (solo) mancato tempestivo deposito dell'attestazione di conformità.
Ma è da escludersi, secondo l'ordinaria sistematica processuale, che una fattispecie estintiva già verificatasi e oggetto di tempestiva eccezione possa semplicemente venir meno, in base al tardivo compimento dell'attività omessa.
D'altra parte, negare del tutto che si verifichi l'estinzione del processo esecutivo per la mancata produzione, nel termine perentorio previsto dalla legge, delle copie attestate conformi agli originali del titolo esecutivo, dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento (oltre a non essere più in alcun modo sostenibile in base all'attuale formulazione degli artt. 543 e 557 c.p.c.), determinerebbe ulteriori insuperabili problemi sistematici, perché finirebbe, per logica coerenza, per impedire di dichiarare l'estinzione stessa anche in caso di mancato deposito di tali attestazioni al momento in cui il giudice dell'esecuzione dovrebbe decidere sull'istanza di fissazione dell'udienza per l'autorizza-zione alla vendita.
Di contro, l'unica alternativa, e, cioè, imporre al giudice dell'esecuzione di richiedere alla parte la produzione tardiva di tali attestazioni (eventualmente in un termine da lui fissato, che non potrebbe però essere di per sé perentorio, in quanto non previsto dalla legge) costituirebbe addirittura una soluzione ancora più estrema di quella adottata per l'art. 369 c.p.c. nel giudizio di legittimità, in cui è certamente esclusa la possibilità di un invito della Corte di Cassazione alle parti a sanare la produzione irregolare: soluzione che non troverebbe aggancio in alcuna norma processuale, oltre a determinare, come è evidente, possibili e inammissibili rallentamenti dello svolgimento del processo esecutivo, nonché un ulteriore e ingiustificato sbilanciamento a favore del creditore procedente dell'attività ufficiosa del giudice dell'esecuzione.
È, d'altro canto, assolutamente pacifico (pena la palese contraddizione del dato normativo) che non potrebbe dar luogo ad alcuna sanatoria il mancato tempestivo deposito delle copie, nemmeno "informi", degli atti in questione, cioè la situazione in cui il creditore non abbia prodotto nel termine perentorio previsto dalla legge, il titolo esecutivo, l'atto di precetto e l'atto di pignoramento, neanche in copia priva dell'attestazione di conformità agli originali.
7.3 Per quanto sin qui osservato, appare allora dirimente la considerazione che i percorsi interpretativi sin qui esplorati, a sostegno della tesi della "mera irregolarità sanabile", non possono trovare una soddisfacente collocazione sistematica, specie con l'attuale formulazione degli art. 543 e 557 c.p.c., la quale non lascia alcuno spazio per tentare di distinguere tra "copia" e "copia conforme" degli atti da produrre al momento dell'iscri-zione a ruolo del processo esecutivo.
È, in primo luogo, decisiva la differenza tra processo esecutivo e fase di legittimità del giudizio di cognizione costituita dalla circostanza che l'eccezione di estinzione del processo esecutivo è un atto processuale formale, previsto dalle norme di rito che regolano tale processo, il quale va effettuato in un termine perentorio in relazione ad un effetto derivante da una inerzia qualificata della parte, effetto estintivo peraltro già verificatosi e solo da dichiarare (sulla natura meramente dichiarativa dell'ordinanza di estinzione del processo esecutivo, v., per tutte, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 27545 del 21/11/2017), onde, di regola (e, anzi, senza eccezioni), non è consentito il compimento successivo delle attività non effettuate nei termini previsti e necessarie per impedire l'estinzione, con sanatoria della stessa.
Comunque sia, anche in mancanza di eccezioni di parte, così come è escluso che la Corte di Cassazione possa, al momento dell'udienza pubblica o dell'adunanza camerale, richiedere espressamente al ricorrente di produrre l'attestazione di conformità non prodotta fino ad allora, così deve escludersi che possa essere il giudice dell'esecuzione a chiedere al creditore di integrare il deposito degli atti necessari ai sensi degli artt. 543 e 557 c.p.c., con le attestazioni di conformità mancanti.
Ogni soluzione in tal senso passerebbe, allora, necessariamente, per una (almeno implicita) distinzione tra "mera copia" degli atti necessari e "copia conforme" dei medesimi e per l'assunto secondo il quale, onde evitare l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo, sia sufficiente depositare una "copia" di detti atti, mentre la conformità di essa agli originali è questione diversa, che di per sé non può comportare né inefficacia del pignoramento né estinzione del processo.
Ma quest'ultima costituisce palesemente una soluzione "contra litteram", rispetto al dato normativo, che pone espressamente l'obbligo per il creditore di depositare copie attestate "conformi" agli originali di determinati atti in un termine perentorio: essa dovrebbe, quindi, giustificarsi esclusivamente sotto il profilo della necessità di una interpretazione "correttiva e adeguatrice" del dato letterale ai principi costituzionali e sovranazionali sul diritto all'agevole accesso alla giustizia.
E, sotto tale profilo, non può non considerarsi che:
a) il dato normativo è chiarissimo (la legge impone di depositare copie attestate conformi agli originali degli atti in questione, in un termine perentorio), quindi non pare sussistere alcuna difficoltà interpretativa, per un avvocato, nel comprenderne il senso;
b) l'attività richiesta è di estrema semplicità, anche pratica, perché consiste in una attestazione che deve effettuare lo stesso difensore, in relazione ad atti già certamente e necessariamente in suo possesso, senza che gli sia richiesto l'accesso ad uffici o il reperimento di documenti che non siano (o debbano essere) già nella sua disponibilità, né alcuna altra difficilmente esigibile attività professionale.
A fronte di una attività di tale semplicità, si pone poi l'esigenza, che pare molto rilevante e, anzi, decisiva, nell'ottica della ragionevole durata del processo, di consentire al giudice dell'esecuzione di effettuare i controlli e le verifiche necessarie ai fini del prosieguo del processo di espropriazione su una base documentale dotata di un minimo di attendibilità e (laddove si volesse addirittura ipotizzare la possibilità di una sanatoria su richiesta del giudice) di non rallentare lo svolgimento del processo stesso, in contraddizione stridente, tra l'altro, con tutte le altre norme (analiticamente richiamate anche dal Tribunale rimettente e più sopra indicate), che ormai possono ritenersi "di sistema" nel processo esecutivo e, che, invece, sono articolate nel senso di dare prevalenza (al contrario di quanto avveniva fino al 1998) all'ordinato e tempestivo svolgimento del processo stesso, mediante l'impossibilità di superare i termini perentori previsti per le attività formali necessarie al suo corretto avvio.
7.4 In definitiva, con riguardo agli argomenti di carattere sistematico in esame, va rilevato:
a) che gli artt. 543 e 557 c.p.c. richiedono espressamente il deposito, in un termine perentorio, delle copie attestate conformi agli originali, di titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento;
b) che si tratta di una previsione normativa non certo tale da determinare eccessivi ostacoli all'accesso alla tutela giurisdizionale, anche per la semplicità dell'attività richiesta e per la chiarezza delle norme che la richiedono, non suscettibili di interpre-tazioni incerte;
c) che, anzi, sarebbe del tutto contrario al sistema consentire lol svolgimento del processo esecutivo – con gli effetti, le spese ed il dispendio di attività processuali e pubbliche che lo stesso comporta – senza avere la certezza documentale che vi siano i presupposti necessari per il suo avvio.
8. Conclusioni riassuntive e soluzione della questione interpretativa oggetto del rinvio
Gli argomenti a favore della soluzione "della mera irregolarità sanabile", in particolare quelli letterali e desumibili dal sistema generale dell'atto digitale, (oltre a essere di per sé molto deboli) sono di fatto superati dalla modifica della formulazione letterale (ma non sostanziale) degli artt. 543 e 557 c.p.c., che non pare poter giustificare più dubbi sul collegamento dell'inefficacia del pignoramento al mancato deposito di "copie attestate conformi agli originali" degli atti necessari, con disposizione certamente valida per tutti gli atti processuali in questione, che esclude l'utilizzabilità delle disposizioni generali sugli atti digitali e le loro copie.
La previsione degli artt. 543 e 557 c.p.c., nella loro formulazione letterale attuale (che, come già visto, deve ritenersi di significato sostanziale del tutto coincidente con la precedente formulazione), risulta chiara ed esplicita nel ricollegare l'inefficacia del pignoramento (e l'estinzione del processo) al mancato deposito, in modalità telematica, delle "copie attestate conformi agli originali" di titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento, cioè di copie dichiarate conformi agli originali, con attestazione in tal senso del difensore.
Dinanzi ad un dato normativo chiaro ed univoco, eventuali argomenti sistematici in senso contrario dovrebbero essere dotati di particolare rilevanza.
Ma, per quanto riguarda tali argomenti sistematici, alcuni – come visto – risultano del tutto destituiti di fondamento.
Quello maggiormente rilevante viene tratto dalla giurisprudenza di questa stessa Corte in tema di attestazione di conformità delle copie analogiche del ricorso e della sentenza impugnata da depositare all'atto della costituzione del ricorrente nel giudizio di legittimità (con le più volte richiamate pronunzie di Cass., Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018 e Cass., Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019), alla cui base vi sono il principio di effettività della tutela giurisdizionale, nonché il principio di strumentalità delle forme e il divieto di limitazioni eccessive e formalistiche all'accesso alla giustizia ed all'esito funzionale e ordinario, non meramente formale, dei processi, va-lorizzandosi, in tal senso, il dato di fatto della mancata contestazione della conformità da parte delle controparti costituite e consentendosi il deposito dell'attestazione di conformità mancante in un momento successivo a quello di scadenza del termine perentorio previsto per il deposito dell'originale (purché anteriore al momento in cui deve intervenire la decisione del giudice).
Tali argomenti sistematici, però si infrangono, oltre che sul dato letterale attuale espresso delle norme in tema di processo esecutivo, anche sul rilievo che si tratta di principi espressi per situazioni decisamente diverse da quella in esame: a) sia perché si tratta di principi volti a regolare la situazione eccezionale e transitoria del passaggio, segnato da difficoltà interpretative e tecniche, da un sistema cartaceo ad un sistema telematico di deposito degli atti processuali nel giudizio di legittimità; b) sia perché la fase di legittimità del giudizio di cognizione ha una funzione ed è sorretta da principi e regole processuali del tutto differenti da quelle che disciplinano il processo esecutivo (in cui, tra l'altro, non può operare il principio di non contestazione); c) sia perché neanche è realmente confrontabile la situazione conseguente alla mancata attestazione della conformità delle copie del ricorso e della sentenza impugnata, nel giudizio di legitti-mità, con quella conseguente alla mancata attestazione della conformità delle copie del titolo esecutivo, dell'atto di precetto e dell'atto di pignoramento nel processo esecutivo, non solo per la natura degli atti, ma anche perché nel processo esecutivo è prevista espressamente una ipotesi di estinzione che nel giudizio di legittimità non esiste (essendo estinzione ed improcedibilità situazioni con diversa rilevanza, sul piano sistematico ed operativo).
In definitiva, dunque, anche gli argomenti sistematici addotti a favore della tesi della "mera irregolarità sanabile" non possono condividersi.
Deve, pertanto, semplicemente valutarsi, infine, se la previsione della necessità della attestazione di conformità delle copie di titolo, precetto e pignoramento (nonché nota di trascrizione, per l'esecuzione immobiliare) da produrre al momento dell'iscrizione a ruolo del processo esecutivo sia un onere di così difficile esigibilità, rispetto alla sua effettiva funzione e, quindi eccessivamente gravoso per la parte (e per il suo diritto di accesso alla giustizia), al punto da imporre una interpretazione "contra litteram" delle norme che lo impongono, per evitare che le stesse si pongano in frizione con i valori costituzionali e/o sovranazionali.
Orbene, come già ampiamente argomentato: la difficoltà dell'adempimento è oggettivamente e innegabilmente minima; la chiarezza della normativa attuale è evidente; l'esigenza dell'attestazione di conformità di tali atti agli originali, in un processo come quello esecutivo, a "contraddittorio attenuato", ed in relazione alla loro rilevanza, è innegabile e oggettiva.
Quindi, la comparazione tra il concreto "peso" dell'onere formale e quello dello scopo che giustifica la sua imposizione al creditore porta a concludere che non si tratta di un onere che possa essere considerato come un ostacolo eccessivo all'accesso alla tutela giurisdizionale e, quindi, che si tratta di un onere ragionevolmente esigibile.
D'altra parte, il termine perentorio previsto dalla legge (quindici giorni, per il processo di espropriazione immobiliare, trenta per il processo di espropriazione presso terzi) rappresenta una indiscutibile scelta del legislatore e non pare neanch'esso eccessivamente gravoso, neppure sotto tale aspetto.
Sarebbe, pertanto, ingiustificabile, anche sotto il profilo logico, una interpretazione che di fatto prorogasse questo termine, peraltro solo in relazione all'onere formale di più agevole realizzazione (l'attestazione di conformità) fino ad un momento successivo, del tutto incerto, in quanto dipendente dalla solerzia del giudice nel prendere in esame l'istanza di vendita.
Inoltre, da ultimo, non è da sottovalutare l'opportunità di fornire soluzioni interpretative semplici e dirette sul piano applicativo, che non comportino il sorgere di continue e complesse questioni processuali.
La tesi secondo cui l'attestazione di conformità agli originali dei documenti necessari per l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo non è necessaria al fine di evitare l'inefficacia del pignoramento (e l'estinzione del processo stesso) e che è sufficiente il deposito di mere copie cd. "informi" di essi, ovvero che la copia attestata conforme può sempre essere prodotta, in qualunque momento, a semplice richiesta del giudice, costituirebbe di certo una soluzione semplice.
Ma una siffatta soluzione è del tutto improponibile, sulla base del dato normativo.
Né è possibile, in diritto, sostenere una soluzione (in qualche modo analoga a quella fatta propria dalle Sezioni Unite per l'interpretazione dell'art. 369 c.p.c.), che consenta il deposito tardivo dell'attestazione di conformità entro il momento in cui il giudice dell'esecuzione deve provvedere sull'istanza di vendita: a parte un insormontabile problema di armonizzazione con il dato letterale normativo, essa risulta inconciliabile, sul piano giuridico, con le conseguenze dell'eccezione di estinzione del debitore avanzata anteriormente, nonché con l'impossibilità di ammettere un invito del giudice alla parte di provvedere alla sanatoria della lacuna documentale, determinata dalla violazione di un termine perentorio (ciò che condurrebbe addirittura oltre i limiti della giurisprudenza di legittimità sulle produzioni richieste dall'art. 369 c.p.c.).
Dunque, la soluzione più corretta, sul piano giuridico, risulta coincidere anche con quella più semplice sul piano applicativo.
Tale soluzione è quella di prendere atto del dato normativo, in quanto esso risulta chiaro, ragionevole e non eccessivamente gravoso per le parti, quindi pienamente rispettoso di tutti i principi, anche sovranazionali, sulla strumentalità delle forme processuali e sul diritto di accesso alla giustizia, confermandosi: che l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagli artt. 543 e 557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall'avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; che il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo; che non è, pertanto, suscettibile di sanatoria l'eventuale deposito di copie non attestate conformi, oltre il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tar-divo delle attestazioni di conformità mancanti.
9. Enunciazione del principio di diritto
Va, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c.:
"l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagli artt. 543 e 557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall'avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo, onde non è suscettibile di sanatoria l'eventuale deposito di copie non attestate conformi, oltre il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tardivo delle attestazioni di conformità mancanti".
Va, infine, disposta la restituzione degli atti al Tribunale di Milano, anche per la regolamentazione delle spese per l'attività difensiva svolta nella presente sede, la quale integra un incidente del giudizio di merito, in considerazione dell'esito complessivo della lite.
P.Q.M.
La Corte:
enuncia il seguente principio di diritto, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c.:
"l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagliartt. 543 e557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall'avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo, onde non è suscettibile di sanatoria l'eventuale deposito di copie non attestate conformi, oltre il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tardivo delle attestazioni di conformità mancanti".
Spese al merito.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, in data 12 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2025.