Commercio di prodotti con segni falsi, marchi di larghissimo uso e incontestata utilizzazione, prova della registrazione

Corte di Cassazione, sez. II Penale, Sentenza n.46882 del 03/12/2021 (dep. 22/12/2021)

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Commercio di prodotti con segni falsi, marchi di larghissimo uso e incontestata utilizzazione, prova della registrazione

In tema di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art. 474 cod. pen., allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e incontestata utilizzazione, per il quale non è richiesta la prova della registrazione, è indispensabile che la pubblica accusa dimostri gli elementi che attestano la rinomanza dello stesso e la notoria riferibilità alla casa produttrice e alla tipologia di prodotti che contraddistingue, tali da renderlo meritevole di tutela giudiziaria, con conseguente onere a carico dell’incolpato di fornire la prova contraria.

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Corte di Cassazione, sez. II Penale, Sentenza n.46882 del 22/12/2021

Presidente: MESSINI D'AGOSTINI PIERO
Relatore: DE SANTIS ANNA MARIA

Data Udienza: 03/12/2021

SENTENZA

RITENUTO IN FATTO


1.Con l'impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari reali, rigettava la richiesta ex art. 324 cod.proc.pen. formulata nell'interesse di XXXX con riguardo al sequestro di capi di abbigliamento recanti marchi contraffatti.

2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'indagato, Avv. Francesco Simone, il quale ha dedotto:

2.1 La violazione dell'art. 474 cod.pen. La difesa limita le proprie censure alla merce contraddistinta dalle scritte "Minnie" e "Richmond", sostenendo che si tratti di loghi che non godono sul territorio italiano di alcuna protezione. Infatti, la parola "Minnie" risulta registrata quale marchio dalla Disney Enterprises Inc. esclusivamente in Francia e in base al principio di territorialità la validità e la tutela del marchio sono limitate allo Stato di registrazione. Analogamente, la dicitura "Richmond" è marchio registrato esclusivamente in Gran Bretagna e protetto limitatamente a detto Paese. Aggiunge la difesa che, affinché il marchio di fabbrica estero possa essere riconosciuto dall'ordinamento italiano ed equiparato nella protezione a quelli registrati presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, deve essere necessariamente registrato in ambito europeo, presso l'Ufficio dell'Unione Europea per la proprietà intellettuale o, in ambito internazionale, presso la Organizzazione Mondiale per la proprietà intellettuale. Nella specie, dunque, i marchi di cui si assume l'indebita riproduzione non godono di protezione nell'ordinamento italiano sicché il tribunale cautelare ha errato nel ritenere sussistente il fumus del delitto ex art. 474 cod.pen.;

2.2 la mancanza o mera apparenza della motivazione in punto di onere della prova circa la registrazione del marchio ritenuto illecitamente riprodotto. La difesa sostiene che gli argomenti spesi dall'ordinanza impugnata a sostegno della reiezione del gravame eludono la questione inerente alla sussistenza della tutela giuridica dei marchi in esame e la conseguente configurabilità della fattispecie contestata. Lamenta, inoltre, che l'affermazione secondo cui spetta all'indagato dimostrare la mancata registrazione del marchio imitato, fa carico al medesimo del compito di fornire la prova contraria e negativa rispetto alla supposta presunzione di registrazione di cui si gioverebbero i marchi considerati noti. Pertanto, anche nel caso di specie, l'esistenza di una registrazione sul territorio italiano, da cui discende giuridicamente l'esistenza di una tutela penalistica, deve essere provata da chi esercita l'azione penale, spettando alla difesa unicamente l'onere di confutazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato e merita accoglimento. Il ricorrente è indagato per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cod.pen. in quanto, in veste di legale rappresentante della Arix&Fashion s.r.I., deteneva per la vendita merce recante marchi contraffatti tra cui 960 magliette riproducenti la scritta "Richmond" e 480 felpe con la scritta "Minnie".

La difesa, con il supporto di una consulenza tecnica a firma del dott. Stefano Pasquetto, sostiene l'insussistenza del fumus commissi delicti in relazione alla fattispecie ex art. 474 cod.pen., difettando il presupposto della registrazione dei marchi presso il competente ufficio nazionale e non sussistendo la prova della registrazione presso l'omologo ufficio europeo ovvero presso l'Organizzazione Mondiale per la proprietà intellettuale.

L'ordinanza impugnata ha disatteso i rilievi difensivi sul punto sostenendo che l'art. 474 cod.pen. sanziona la contraffazione dei marchi sia nazionali che esteri, indipendentemente dal luogo di registrazione, e ha richiamato la giurisprudenza di legittimità che, in caso di marchi noti e di larghissima diffusione, grava la difesa dell'onere di provare l'insussistenza dei presupposti per la loro protezione. 2. Questa Corte ha da tempo chiarito che, poiché la tutela penale dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell'ingegno o di prodotti industriali è finalizzata alla garanzia dell'interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore, il terzo comma dell'art. 473 cod. pen. - secondo il quale le norme incriminatrici in tema di contraffazione e alterazione dei marchi o dei segni si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale - deve essere interpretato nel senso che per la configurabilità dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all'esito della prevista procedura, sicché la falsificazione dell'opera dell'ingegno può aversi soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale (Sez. 2, n. 6418 del 26/03/1998, Rv. 211176). Si è ulteriormente precisato che il presupposto cautelare del "fumus commissi delicti" nei procedimenti per i reati di contraffazione e alterazione di marchi o segni distintivi è configurabile, in fase cautelare, ove questi ultimi risultino depositati, registrati o brevettati nelle forme di legge, non richiedendosi alcuna indagine in ordine alla loro validità sostanziale (Sez. 2, n. 4217 del 20/11/2009, dep. 2010, Rv. 245895; Sez. 5, n. 24331 del 05/03/2015, Rv. 265137).

3. Il Tribunale cautelare ha disatteso le censure difensive con motivazione apodittica e, comunque, non coerente con i canoni ermeneutici fissati dalla giurisprudenza di legittimità.

La giurisprudenza civile ha anche recentemente ribadito che in tema di protezione del marchio vige il principio di territorialità, chiarendo che l'accertamento giudiziale della titolarità di quest'ultimo è, di regola, limitato al paese di registrazione e insuscettibile di estensione in uno Stato diverso da quello in cui è avvenuto, salvo che si tratti di marchio comunitario (registrato, cioè, per la prima volta in sede comunitaria, oppure nascente dalla registrazione ivi di un marchio già registrato in uno Stato membro, con conseguente estensione della protezione per tutti i paesi dell'Unione) o internazionale (la cui procedura di rilascio, ai sensi dell'Accordo di Madrid, sfocia nel conferimento di una pluralità di distinti marchi nazionali che producono, in ciascuno Stato ad esso aderente, gli stessi effetti della domanda di registrazione di un marchio nazionale che fosse lì direttamente depositato) (Sez. U, n. 13570 del 04/07/2016, Rv. 640219). I limiti alla tutela del marchio discendono, dunque, dal formale riconoscimento a livello nazionale, comunitario o internazionale del logo, del segno distintivo, della rappresentazione grafica o di altri dati caratterizzanti uno specifico prodotto quale marchio.

3.1 Nella specie due considerazioni si impongono con evidenza: la prima concerne l'assenza di qualsiasi indicazione circa la riconducibilità delle scritte incriminate a marchi verbali tutelati dall'ordinamento interno, alla stregua delle specifiche deduzioni formulate dalla difesa ed annesse allegazioni; l'altra che, attenendo la registrazione ad un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice ex art. 474 cod.pen., come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza successiva alla novella di cui alla L. 23 luglio 2009, n. 99, la dimostrazione della sua sussistenza deve essere data dalla pubblica accusa, mediante prove documentali o dichiarative idonee ad attestare la registrazione dei marchi ( in tal senso, Sez. 2, n. 43374 del 19/09/2019, Rv. 277771; n. 35154 del 17/7/2019, non mass.; Sez. 5, n. 25273 del 12/4/2012,Rv.252993; n.41891 del 4/6/2013, Rv.256707).

L'applicazione nella specie della costante giurisprudenza di questa Corte alla cui stregua, ai fini della sussistenza del delitto previsto dall'art. 474 cod. pen, allorchè si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l'onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce (Sez. 2, n. 36139 del 19/07/2017 Rv. 271140; Sez. 5, n. 5215 del 24/10/2013 ,dep. 2014, Rv. 258673; Sez. 2, n. 22693 del 13/05/2008, Rv. 240414), impone la previa acquisizione di elementi che attestino una rinomanza tale del marchio e una notoria riferibilità alla casa produttrice e alla tipologia di prodotti che contraddistingue da renderne giuridicamente attendibile la tutelabilità in sede giudiziaria, con conseguente onere a carico dell'incolpato di fornire la prova contraria.

Siffatto onere non può, tuttavia, tradursi in una presunzione svincolata da elementi che ne convalidino in maniera affidabile i presupposti operativi, soprattutto quando, come nel caso in esame, sia in discussione la stessa riconducibilità dell'elemento che si assume imitato alla nozione di marchio, ovvero di tratto dotato di peculiare attitudine caratterizzante uno specifico prodotto e il relativo produttore.

Inoltre, non può trascurarsi che la difesa ha fornito elementi a sostegno dell'assenza di registrazione dei loghi incriminati nel Registro Nazionale dei Marchi e non è ragionevolmente esigibile che nel riparto probatorio le si faccia carico integralmente della prova relativa all'eventuale esistenza di un marchio comunitario o internazionale a tutela delle scritte imitative, attesa la complessità del sistema e considerati i peculiari meccanismi giuridici che presidiano l'estensione extraterritoriale dell'efficacia di un'eventuale registrazione estera.

4. Il rilevato deficit motivazionale su un elemento costitutivo dell'illecito ipotizzato impone, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per nuovo esame che dovrà tener conto delle criticità segnalate. Non è fuor di luogo rimarcare, tuttavia, che il sequestro probatorio è legittimo non solo quando la condotta ipotizzata è sussumibile in una precisa fattispecie criminosa, ma anche quando tale sussumibilità è discutibile sotto il profilo giuridico, sia nel senso della possibile esclusione di tale condotta dall'area dell'illecito penale, sia nell'ipotesi di configurabilità, sempre in astratto, di fattispecie criminosa diversa da quella indicata nel decreto di sequestro; il mezzo di ricerca della prova "de quo", che costituisce lo strumento più idoneo ad accertare la fondatezza della "notitia criminis" attraverso l'acquisizione del corpo del reato e delle cose ad esso attinenti, può infatti rendersi necessario per stabilire gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo della configurabilità o meno di un reato, ma anche dell'inquadramento di tale condotta in una o in un'altra figura criminosa, in una fase del procedimento - le indagini preliminari - caratterizzata dalla fluidità dell'imputazione sia sotto il profilo fattuale che sotto il profilo giuridico (Sez. 2, n. 4306 del 17/10/1995, Rv. 203119; Sez. 6, n.14411 del 5/3/2009,Rv.243267; Sez. 3, n.24846 del 28/4/2016, Rv,267195). In detta prospettiva, pertanto, alla eventuale verifica negativa del fumus in ordine al delitto ex art. 474 cod.pen. dovrà essere opportunamente affiancata la valutazione circa l'alternativa riconducibilità dei fatti contestati ad ipotesi affini o sussidiarie, quali quella ex art. 517 cod.pen.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod.proc.pen.


Così deciso in Roma il 3 dicembre 2021.

Il Consigliere estensore
Anna Maria De Santis

Il Presidente
Piero Messini D'Agostini
 

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