Vacanza con il genitore, elusione del provvedimento del giudice, reato ex art. 388 c.p., comma 2, sussistenza

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.28980 del 21/06/2022 (dep. 21/07/2022)

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Vacanza con il genitore, elusione del provvedimento del giudice, reato ex art. 388 c.p., comma 2, sussistenza

Il comportamento di un genitore che, eludendo l'esecuzione del provvedimento emesso dal giudice,  impedisce all'altro genitore di trascorrere il periodo di vacanze con il figlio, integra il reato di mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice di cui all'art. 388 c.p., comma 2 (nella specie il padre recatosi presso la residenza estiva della ex moglie per incontrare la figlia, non aveva trovavo nessuno).

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Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n. 28980 del 21/06/2022 (depositata il 21/07/2022)

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 8 ottobre 2021, la Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Grosseto che aveva condannato R.L. alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui all'art. 388 c.p., comma 2, perché/accusata di aver eluso l'esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Milano che disponeva che la minore B.M. trascorresse con il padre il periodo di vacanze dal 19 luglio 2013 al 19 agosto 2013, impedendo ad B.A. di incontrare la figlia nel periodo stabilito. In particolare, B., recatosi presso la residenza estiva della ex moglie, sita in ***** il 19 luglio 2013, non trovava nessuno tanto da rivolgersi ai locali Carabinieri.

La Corte d'appello ha confermato la decisione di primo grado in ordine alla responsabilità della R., rilevando, in primo luogo, l'attendibilità delle dichiarazioni del B., persona offesa costituitasi parte civile. Secondo la Corte, il suo narrato risulterebbe caratterizzato da precisione e coerenza e privo di intenti calunniosi, e la sua ricostruzione troverebbe riscontro nelle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria C., che avrebbe confermato come, in data 19 luglio 2013, il B. si fosse recato presso l'abitazione della R. e nell'immediatezza si fosse lamentato di non riuscire a rintracciare la donna per ottenere la consegna della minore con cui avrebbe dovuto trascorrere le vacanze estive all'estero.

Secondo la sentenza, non rileva se l'assenza si fosse protratta per più giorni o solo per quella giornata, sottolineando come la R. fosse a conoscenza del provvedimento giudiziale che statuiva il periodo che la minore avrebbe dovuto trascorrere con il padre. La Corte ha evidenziato che, laddove la ricorrente si fosse voluta trasferire per qualche giorno nella sua residenza di Milano, avrebbe avuto l'onere di avvertire l'ex coniuge per rendere possibile l'incontro. Risultava accertato, invece, che neanche nei giorni successivi la R. si fosse resa reperibile e che la minore fosse stata mandata a trascorrere un periodo di vacanza in Inghilterra.

La Corte territoriale - a fronte del riferimento, nei motivi di appello, alla scarsa attenzione del B. all'alimentazione della figlia, affetta da invalidità al 100% - ha sottolineato come le prospettate condizioni di salute della minore non potessero costituire una scriminante, ben potendo attivarsi nelle sedi giurisdizionali competenti per chiedere eventuali modifiche dei provvedimenti afferenti alla minore.

Le modalità e le circostanze dell'azione non hanno consentito di ritenere il fatto di lieve entità, essendo stata apprezzata la "particolare intensità del dolo e preordinazione, nonché pervicace inottemperanza".

La sentenza ha rilevato l'assenza di elementi positivamente valutabili al fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuto il risarcimento del danno operato in via equitativa congruo.

2. R.L., per il tramite del difensore Avv. Claudio Cicciò, ricorre avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze, deducendo vizi cumulativi di motivazione anche con riferimento al travisamento della prova e violazione di legge penale e processuale, anche in ordine al principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio".

2.1. La decisione sarebbe errata e contraddittoria nella parte in cui, da un canto, richiama la decisione del Tribunale di Milano che aveva determinato il luogo in cui B. avrebbe dovuto prelevare la figlia in Segrate, luogo di residenza della R. e, sotto altro aspetto, fa discendere la responsabilità dalla mancata consegna della figlia alla parte offesa che si era recato presso l'abitazione della suocera, in *****. Tale evenienza avrebbe implicato una violazione di norma processuale in ordine alla competenza territoriale che, seppur non formalmente eccepita nel corso del giudizio di primo grado è stata rappresentata in occasione della memoria depositata con l'avviso ex art. 415-bis cod. pec. pen. e, pertanto, doveva essere rilevata d'ufficio dal Giudice di primo grado.

2.2. Si lamenta il vizio di motivazione per violazione del principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" e per travisamento della prova quanto a ritenuta attendibilità della parte offesa, smentita dall'allegata documentazione che farebbe emergere un forte astio nei confronti della R. ed il conseguente erroneo giudizio in ordine alla pacatezza dimostrata avendo B. ingaggiato un aspro contenzioso legale che lo vede quale debitore nei confronti della ricorrente della somma di circa Euro 26.000 a titolo di spese straordinarie per cure mediche in favore della figlia.

Tale situazione di conflitto sarebbe stata idonea a far sorgere il ragionevole dubbio in ordine alla ritenuta credibilità di B., nonché alla strumentalità della querela presentata nell'ambito di un conflittuale procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Sarebbe, inoltre, ravvisabile il vizio di travisamento della prova, là dove la Corte d'appello di Firenze ha reiteratamente confuso il domicilio di Milano Segrate della ricorrente con quello di ***** , della madre della R.. Sarebbe, dunque, infondato e frutto di un travisamento delle risultanze probatorie l'assunto secondo cui la R. avrebbe dovuto consegnare la minore al B. presso il domicilio di ***** e che si fosse arbitrariamente allontanata per qualche giorno, senza avvisare l'ex coniuge, residente a *****, visto che non era obbligata a comunicare al padre della minore il luogo in cui costei avrebbe dovuto essere "consegnata".

Anche le dichiarazioni del maresciallo dei Carabinieri, intervenuto per accertare l'assenza dal domicilio della R. e della figlia, non risulterebbero dimostrative della presenza nell'abitazione di ***** non essendo rilevante il rinvenimento di una lettera che ben poteva essere stata recapitata molto tempo prima.

Non poteva essere assegnata rilevanza all'assenza al processo della R. visto che costei risiede stabilmente negli USA unitamente alla figlia e non ha potuto consegnare la documentazione a confutazione dell'ipotesi accusatoria che doveva essere dimostrata dall'accusa.

2.3. La difesa reputa sussistere i presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., essendo la condotta scarsamente lesiva e non abituale in considerazione luce dell'unico ed isolato comportamento. Sussisterebbero i requisiti per l'applicazione dell'art. 131-bis c.p., anche per l'intensità del dolo o della colpa, visto che B. vedeva la bambina ogni due settimane con regolarità.

2.4. La ricorrente sarebbe stata mossa dalla necessità di tutelare la minore e pertanto meritevole del riconoscimento della circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 1.

La sentenza sarebbe incorsa nel vizio di motivazione anche nella parte in cui ha escluso la concessione delle circostanze attenuanti generiche in ragione della "particolare gravità" della condotta.

2.5. Vizi motivazionali sarebbero, poi, ravvisabili anche in relazione alla determinazione della entità del danno da risarcire, essendo stato liquidato in via equitativa un importo in favore del B. che ha preso in considerazione costi sostenuto per il viaggio negli Stati Uniti per la figlia i n ordine al quale non è stata fornita alcuna prova.

2.6. Analogo vizio della motivazione sarebbe rilevabile nella parte in cui la sentenza ha subordinato la sospensione condizionale della pena al pagamento al risarcimento del danno senza tenere conto della situazione economica che emerge dalla ammissione della ricorrente al gratuito patrocinio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, in quanto generico, reiterativo di identiche censure debitamente confutate dalla Corte di appello e declinato in fatto, è inammissibile.

2. Innanzitutto, deve osservarsi come la generica censura attraverso cui si prospetta l'incompetenza territoriale del Tribunale di Grosseto, tenuto conto che la relativa eccezione non è mai stata formulata (tantomeno nei motivi di gravame), non è deducibile in sede di ricorso, né assume rilievo alcuno la circostanza di aver prospettato la competenza di altro Tribunale in occasione della notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p..

Oltre ad evidenziarsi la specifica indeducibilità prevista dall'art. 491 c.p.p., deve essere richiamato il principio di diritto secondo cui non è possibile dedurre con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (tra le tante, v. Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632).

3. Versato in fatto e reiterativo risulta la parte del ricorso che, con riferimento all'accusa che vedeva la ricorrente accusata di aver eluso il provvedimento dell'autorità giudiziaria milanese che aveva disposto che la figlia della coppia fosse affidata al padre nel periodo delle vacanze estive, vorrebbe diversamente ricostruire la vicenda assumendo che non vi fosse alcun accordo con la madre della minore che pertanto era in Milano ove sarebbe dovuta avvenire la "consegna" della figlia. La Corte di merito, dopo aver evidenziato le ragioni che facevano ritenere veritiere le dichiarazioni di B., dando conto dell'assenza di intenti calunniatori e dell'assenza di volontà di aggravare la posizione dell'imputata di cui narrava della disponibilità in occasione degli incontri con il padre fissati nei fine settimana (contrariamente a quanto invece avveniva per i periodi più lunghi di affidamento esclusivo al genitore della minore), aveva ben evidenziato come la stessa ricorrente si fosse resa irreperibile prima, durante e dopo la data di "consegna", tanto che il padre della minore era stato costretto ad accordarsi direttamente con costei che aveva successivamente confermato (dopo iniziale non veritiera indicazione) di essere, in quel frangente, proprio presso la casa della nonna materna in *****; dirimente è risultata l'accertata volontà della madre della minore di non acconsentire che la figlia trascorresse con il padre il periodo estivo, in considerazione del viaggio in Inghilterra effettuato dalla minore poco dopo, a conferma della genuinità del B., circostanza mai smentita dalla ricorrente che spiega e corrobora la dimostrazione della volontà di impedire che la figlia trascorresse il periodo estivo con il padre.

A fronte di motivazione logica e completa, la ricorrente, oltre a reiterare analoghe censure, tenta di accreditare una versione alternativa facendo riferimento diretto ai dati processuali complessivamente apprezzati da entrambi i giudizi di merito, operazione preclusa in sede di legittimità (tra le tante, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482). Né la differente interpretazione degli elementi probatori fornita dalla ricorrente assume rilievo in ordine al solo prospettato travisamento probatorio che, di fatto, assume la valenza della mera contestazione nel merito di quanto apprezzato dalla sentenza impugnata.

Invero, va escluso che possa configurare il vizio di motivazione, anche nella forma del cosiddetto travisamento della prova, un presunto errore nella valutazione del "significato" probatorio della prova medesima (ex multis, Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087), dovendo l'errore percettivo avere ad oggetto il risultato di una prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo (tra tante, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406).

La novella codicistica, introdotta con la L. n. 46 del del 20 febbraio 2006, che ha riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (tra tante, Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099).

4. Reiterative risultano le censure in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. oltre che della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

4.1. La Corte territoriale ha coerentemente argomentato in ordine ai motivi che hanno portato ad escludere la scarsa offensività della condotta valorizzando la particolare intensità del dolo in ragione della preordinazione dell'organizzata condotta ed in ragione del bene giuridico protetto dalla norma, ritenendo non conferente il dato pur evidenziato a mente del quale la figlia, raggiunta la maggiore età, abbia deciso di vivere con la madre.

4.2. Egualmente corretta risulta, ai fini del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la valorizzata strumentalizzazione della minore nell'ambito della vicenda caratterizzata da aspra conflittualità ed in cui è stato impedito al padre di trascorrere del tempo con la propria figlia. Non sembra inutile ribadire, invero, che la sussistenza di circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p. può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni ritenute preponderanti della propria decisione attraverso un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente argomentata, non essendo necessario confutare ogni elemento prospettato come favorevole dalla parte ai fini della concessione delle attenuanti (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419).

Indeducibile, per le ragioni espresse sub 2. del "considerato in diritto", risulta il rilievo in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 1, questione sottratta al vaglio della Corte di appello.

5. Priva di concreta censura risultano i dedotti vizi in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno operato dai Giudici di merito in via equitativa in ragione della consistenza del danno morale, avendo la R. privato la parte civile del diritto di trascorrere un periodo di trenta giorni con la figlia, nonché la prevista subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno.

Deve infatti ribadirsi il principio secondo cui il Giudice di merito, quando subordina la sospensione condizionale al risarcimento del danno, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve effettuare un motivato apprezzamento di esse e verificare se dagli atti emergano o meno elementi tali da far dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (Sez. 6, n. 46959 del 19/10/2021, P., Rv. 282348). La Corte di merito, in conformità con il citato principio, ha preso in considerazione la situazione economica della R. apprezzando proprio i redditi dichiarati in sede di richiesta di ammissione al gratuito patrocinio e gli obblighi di mantenimento gravanti sulla stessa, cui accenna genericamente la ricorrente, escludendo che gli stessi precludessero, con motivazione completa sottratto al vaglio di legittimità, il pagamento della somma di Euro tremila.

6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2022.

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