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Stupefacenti, i presupposti del piccolo spaccio

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.1648 del 21/11/2022 (dep. 17/01/2023)

Quali sono i presupposti del piccolo spaccio di stupefacenti?

La Sesta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 1648 depositata il 17 gennaio 2023, torna ad occuparsi della corretta portata applicativa dell’art. 73, comma 5 del Testo Unico stupefacenti (D.P.R. n. 309/1990).

La fattispecie in questione, che persegue le condotte di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, punite con la pena della reclusione, da sei a venti anni, e della multa, da 26.000 a 260.000 Euro, prevede al comma 5 che si applichi una pena ridotta della reclusione, da sei mesi a quattro anni, e della multa da 1.032 a 10.329 Euro, qualora una delle condotte descritte possa considerarsi di “lieve entità”.

La Cassazione ribadisce che l’ipotesi della lieve entità può essere riconosciuta in presenza di una minima offensività della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione).

In particolare il piccolo spaccio è configurabile quando:

  • l’attività è accertata per un ridotto periodo temporale;
  • quando è svolta anche con l'aiuto e la collaborazione di terzi, avente ad oggetto la cessione di dosi da strada conteggiate a decine, in quanto idonea a denotare una complessiva minore portata dell'attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici;
  • con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni e perciò espressiva di una minore offensività della condotta.

Nel caso di specie, la Cassazione, a seguito della qualificazione giuridica del fatto come piccolo spaccio, ha rilevato l’inapplicabilità della misura della custodia cautelare in carcere dell’imputato e ne ha disposto la immediata liberazione.

Piccolo spaccio, qualificazione, periodo temporale ridotto, ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni

Deve essere qualificata ai sensi dell'art. 73, comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990, l'attività di piccolo spaccio, accertata per un ridotto periodo temporale, svolta anche con l'aiuto e la collaborazione di terzi, avente ad oggetto la cessione di dosi da strada conteggiate a decine, in quanto idonea a denotare una complessiva minore portata dell'attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni e perciò espressiva di una minore offensività della condotta.

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Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n. 1648 del 21/11/2022 (dep. 17/01/2023)

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso il provvedimento con il quale era stata applicata il 26 luglio 2022 a G.B. la misura della custodia cautelare in carcere in relazione plurime condotte di cessione di sostanze stupefacenti (crack, eroina e cocaina) commesse dal 10 marzo 2022 alla fine di aprile 2022.

2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. il ricorrente denuncia;

2.1. violazione di legge (art. 273 c.p.p.) in relazione alla

sussistenza dei reati ascrittigli ai capi 14) e 19). Quanto al reato sub capo 14) non è idonea a configurare la partecipazione del ricorrente, quale mandante delle cessioni in favore di F. e M., la conversazione del 9 aprile intercorsa con B. (autore della consegna), conversazione che fa riferimento ad un credito del B. e, dunque, non riferibile alla consegna del successivo 10 aprile. Con riferimento alla cessione a favore di G., le conversazioni intercettate danno conto che questi, pur contattando l'utenza solitamente usata dal G., aveva parlato, al fine di organizzare la consegna, solo con L.J.. Ne', con riferimento al capo 19), appare riferibile unicamente all'acquisto di droga nella città di (Omissis), la presenza dell'auto del M. a (Omissis), tanto più che in un'occasione il M. si era dichiarato indisponibile ad accompagnare il G. la cui presenza è riferita all'acquisto di droga in quella città solo per la riscontrata presenza dell'auto del M. a (Omissis);

2.2. violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione dei fatti ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5. La sostanza stupefacente oggetto delle cessioni (cessione verso il corrispettivo di Euro 70, al capo 3; due dosi, del complessivo peso di gr. 2.10 lordi di crack, al capo 4); quattro dosi di crack del peso complessivo di gr. 2,8 lordi, al capo 5); una dose del peso di gr. 0,74 di cocaina capo 7); quantità imprecisata di crack, capo 8); 2,3 gr. lordi di cocaina e 0,69 gr. lordi di cocaina capo 9); imprecisati quantitativi di eroina e cocaina, ceduti al medesimo acquirente, al capo 10); sostanza stupefacente ceduta per l'importo tra Euro 80 e Euro 200, al capo 11); sostanza stupefacente ceduta per importi variabili tra 120 e 500 Euro, al capo 12); quantità modestissime di sostanza stupefacente ceduta per strada in base a somme di denaro che variavano in base all'acquirente e al momento) è davvero minimale e le modalità di spaccio denotano la mancanza di organizzazione dell'indagato che, verosimilmente, acquistava droga dai propri connazionali per rivenderla per strada e procurarsi, così, il necessario per vivere. Quantità e qualità degli stupefacenti e circostanze e modalità delle azioni sono idonee a ritenere qualificabili i fatti ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5 non emergendo elementi di particolare gravità della condotta suscettibili di inquadramento nella fattispecie più grave.

2.3. inadeguatezza, per eccessività della disposta misura sia per il suo intrinseco contenuto punitivo sia perché l'indagato, dopo l'arresto del 3 maggio 2022 - oggetto della sentenza di applicazione pena- non aveva commesso altri reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio per carenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento al reato di cui al capo 19), e, con riferimento agli altri capi di imputazione, perché, qualificati i fatti come delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5, il titolo di reato non consente l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. L'annullamento si estende al titolo genetico, con conseguente rimessione in libertà di G.B., se non detenuto per altro.

A carico del ricorrente il Tribunale ha richiamato il contenuto delle conversazioni intercettate con B. e con uno degli acquirenti, G..

Ai fini della qualificazione giuridica dei fatti il Tribunale ha valorizzare la gravità dei fatti che consentivano di affermare che al ricorrente fosse riconducibile a, un'attività di spaccio su strada poiché era in grado di approvvigionarsi di stupefacente di diversa qualità per poter far fronte alle richieste di un ampio bacino di utenza, composto da consumatori di ogni tipo di droga. Ha sottolineato (cfr. pag. 5) il grado di purezza della sostanza ceduta ad alcuni acquirenti ( V.G., capo 4); Ve.Gi., capo 7), C.S., capo 9), infine, la eterogeneità della droga ceduta. Ai fini delle esigenze cautelari, conclamate dalle modalità reiterative delle cessioni, ha ricordato la recente condanna dell'indagato, con sentenza di applicazione pena, per reato analogo, commesso il 3 maggio 2022 e la mancanza di una stabile attività lavorativa, con la conseguenza che, misure meno afflittive, non erano idonee a prevenire il pericolo di reiterazione.

2.Osserva il Collegio, con riferimento alle deduzioni difensive sul coinvolgimento del ricorrente nelle condotte di cessione di cui al capo 14), che l'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di criteri di inferenza logica per ritenere l'indagato coinvolto nelle operazioni di cessione in favore di F.D., M.D. e G.I., a seguito dei contatti e trattative effettivamente gestiti, con riguardo ai primi due, dal coindagato B. e dallo stesso G. per quanto riguardo G. al quale la droga veniva consegnata dalla L.. Non sono censurabili, sul piano della logicità della ricostruzione, le conclusioni del Tribunale alla stregua dei contatti diretti che sono intervenuti tra il B. e il G., delle modalità dei loro incontri, convenuti a seguito dei contatti del B. con gli acquirenti, e, in generale, del contenuto delle conversazioni durante le quali il B. si informava sulle disponibilità del G., concordando anche il costo della merce trattata, riferimento che inequivocabilmente va riferito allo stupefacente. Parimenti logica la conclusione che, con riferimento alla consegna al G., la L. era intervenuta per curare la consegna a seguito di contatti diretti dell'acquirente con il ricorrente.

2.1. Del tutto indeterminato, invece, il contenuto della contestazione indicata al capo 19) e apparente sul punto la motivazione del Tribunale che sembra ricalcata, senza ulteriori precisazioni, sul contenuto delle conversazioni che danno atto di frequenti viaggi a Torino del G. e M., viaggi che, secondo le apodittiche affermazioni dell'ordinanza impugnata, non potevano che riferirsi all'acquisto, sulla piazza torinese, di sostanze stupefacenti.

3. Fondato e', altresì, il motivo di ricorso sulla qualificazione giuridica dei fatti.

3.1. Va rilevato che solo in relazione ai capi 4), 5), 7) e 9) si è pervenuti, a seguito delle operazioni di osservazione e controllo degli acquirenti, al sequestro dello stupefacente costituito da cocaina e, in una occasione, eroina. Precisamente sono stati sequestrati g 2,10 di cocaina cloridrato con percentuale di principio attivo del 78,72% (contestazione sub capo 4), avente ad oggetto due dosi da strada; g 2,812 della stessa sostanza con percentuale di principio attivo del 71,84 (contestazione sub capo 5) avente ad oggetto quattro dosi da strada cedute; g 0,74 con percentuale 30,47% di cocaina (sub capo 7), avente ad oggetto una dose; g 2.3 di eroina, con percentuale del 4,06% di principio attivo e g 0,69 di cocaina, con percentuale del 68,37% (sub capo 9) avente ad oggetto due dosi da strada. In relazione agli altri capi di imputazione provvisoria,e' il contenuto della conversazione e l'importo convenuto a indicare che le operazioni di cessione fanno riferimento a sostanze stupefacenti che, in ragione del prezzo praticato corrispondente a cento Euro a dose o, talvolta, a settantacinque Euro- possono agevolmente essere individuate in una tipologia di droga pesante. E' certo, sempre a tenore delle conversazioni, che il ricorrente manteneva contatti diretti con gli acquirenti mentre in altri casi si serviva per le consegne dei indagati M.D. e B.P.G.M. (come in relazione al reato sub capo 14), innanzi descritto). Il contenuto dei contatti intercettati, ha consentito di ricostruire numerose operazioni di cessione, collocabili tra il 9 marzo e la fine di aprile poiché il 3 maggio 2022 l'indagato veniva tratto in arresto perché trovato in possesso di ca. 10 g di cocaina, episodio oggetto di sentenza di applicazione pena, previa qualificazione del fatto ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990art. 73, comma 5, condanna che è valsa all'indagato la contestazione della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale.

Da questi elementi di fatto, il Tribunale ha tratto la conclusione che i reati ascritti al ricorrente debbano essere inquadrati nella fattispecie incriminatrice di cui al d P.R. 309 del 1990 art. 73, comma 1, non essendo compatibili le condotte contestate e, soprattutto, lo spaccio, che tutte le affascia, nella fattispecie attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5.

Una conclusione che, ad avviso del Collegio, non fa corretta applicazione dei principi in materia e che appare agganciata alla attribuzione di caratteristiche della condotta non corrispondenti all'elemento materiale del reato di cessione di sostanze stupefacenti, come delineato nella giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto compatibile, con la qualificazione ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5 il cd. "piccolo spaccio", anche organizzato.

3.2. Per consolidata giurisprudenza, il reato di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuto in ipotesi di minima offensività della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione). La giurisprudenza ha precisato che anche se uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (cfr. Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911).

L'accertamento della lieve entità del fatto implica, secondo tale condivisa esegesi, una valutazione complessiva di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in relazione ai diversi criteri enunciati dalla disposizione. E la necessità di effettuare una valutazione complessiva e globale di tutti gli aspetti della condotta è stata di recente confermata dalle Sezioni unite ~Me, le quali hanno altresì affermato la compatibilità della fattispecie attenuata con la detenzione di sostanze eterogenee (cfr. Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076).

Ancora prima di tale chiarimento, si era ritenuto che non è ostativo alla sussunzione del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un'attività criminale organizzata o professionale (cfr. Sez. 6, n. 28251 del 09/02/2017, Mascali, Rv. 270397) con la precisazione, riferita al "piccolo spaccio", nel senso che questo deve presentare un'incidenza sul mercato quantificabile in "dosi conteggiate a decine" (Sez. 6, n. 41090 del 18/07/2013, Airano, Rv. 256609). Puntuale l'argomentazione di carattere sistematico che muoveva dalla previsione del reato associativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 art. 74, comma 6, per dimostrare come la struttura, l'organizzazione, la reiterazione, la professionalità delle condotte illecite non sono incompatibili con la configurabilità dell'ipotesi lieve, in quanto, se tali parametri, valutati singolarmente, dovessero escludere automaticamente l'ipotesi lieve, la fattispecie dell'associazione minore non potrebbe mai trovare applicazione.

L'attività di spaccio costituisce, sul piano empirico, un fenomeno composito perché, accanto a vere e proprie forme di appalto di manovalanza per lo smercio su strada, spesso utilizzato anche dalla criminalità organizzata, lo spaccio appare riconducibile anche ad attività delinquenziale, individuale o in forma più o meno organizzata, per il procacciamento di risorse illegali o ad un'attività parallela degli utilizzatori di stupefacenti per procurarsi risorse per l'acquisto personale.

Un fenomeno variegato, dunque, quello del segmento finale del circuito di commercio di stupefacenti rispetto al quale appare riduttivo l'approccio della giurisprudenza che, per escludere la configurabilità dell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ne valorizza, come l'ordinanza impugnata, la contiguità con il contesto di commercio della droga, una definizione generica e inidonea a definire la concreta offensività della condotta.

Parimenti appare riduttivo l'orientamento che valorizza, ai fini della individuazione del dato ponderale preclusivo, il dato delle dosi medie singole ricavabili, tratto dal D.M. n. 11 aprile 2006. Tale concetto, infatti, rappresenta un dato sulla cui base, applicando il moltiplicatore predeterminato e variabile per ciascuna sostanza, si giunge alla soglia rilevante per la presunzione di uso personale dello stupefacente ricostruito sulla base di quantitativo di principio attivo idoneo a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente. Ma si tratta, all'evidenza, di un dato che non corrisponde ai numero di dosi in concreto commercializzate poiché, stando alla casistica giudiziaria, le così dette "dosi da strada", cioè quelle confezionate per lo spaccio hanno caratteristiche merceologiche ben diverse e corrispondenti proprio a quelle sottoposte a sequestro nel presente procedimento (nove dosi), per peso lordo e composizione di principio attivo (cfr. i dati del Dipartimento per le politiche antidroga istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Una valutazione, questa, che rimanda immediatamente alla redditività dell'attività di vendita al dettaglio che, sia pure calibrata sulla natura degli stupefacenti oggetto di cessione, offre all'interprete, più efficacemente del riferimento alla dose media giornaliera, un criterio orientativo per la qualificazione dello spaccio e della sua entità dirigendo la qualificazione giuridica verso la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 1, e 4 nel caso di spaccio che consenta un vero e proprio accumulo di ricchezza, e verso la fattispecie di minore gravità per quello che consenta semplicemente il sostentamento del soggetto e della sua famiglia e che la giurisprudenza ha concretizzato, individuando una soglia quantitativa, nella disponibilità di dosi conteggiate a decine (cfr. Sez. 6, Airano, cit.).

La conseguenza di tale inquadramento è che deve escludersi che qualsiasi forma e grado di organizzazione, struttura, professionalità, reiterazione giustifichi per sé l'esclusione dell'ipotesi lieve poiché D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, deve essere inteso alla luce del principio di proporzione, senza limitare la fattispecie incriminatrice al fatto assolutamente minimale di detenzione e cessione di pochissime dosi spettando al giudice l'apprezzamento in fatto e in concreto del livello di offensività della condotta complessiva.

Con riguardo all'offensività della condotta si è precisato che, ai fini della tipizzazione della condotta del reato di spaccio per sussumerla nella fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, è corretta la individuazione di aspetti che facciano riferimento ad una complessiva minore portata dell'attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore - tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente - a dosi conteggiate a "decine"(Sez. 6, n. 15642 del 27/01/2015, Driouch, Rv. 263068).

Aspetti che, ad avviso del Collegio, devono essere altresì inquadrati in una dimensione temporale in relazione alla concreta attività illecita accertata.

3.4. Se queste sono le coordinate ermeneutiche che, in astratto, qualificano una condotta di spaccio come di lieve entità, rileva il Collegio che nel caso in esame né il quantitativo di cocaina o eroina cadute in sequestro in occasione delle singole operazioni, né i quantitativi oggetto delle cessioni convenute e per le quali non si è addivenuti a sequestro giustificano la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 1, D.P.R. cit. si rivelano ostativi, perché negativamente assorbenti rispetto agli altri criteri ai fini della qualificazione giuridica della condotta come di lieve entità. Si e', infatti, pervenuti al sequestro di 6,342 g lordi di cocaina e 2,3 g lordi di eroina e di dosi, nei casi in cui non si è proceduto al sequestro, che atteso il corrispettivo pagato dagli acquirenti, si aggiravano intorno al medesimo dato quantitativo.

Ciò che ha assunto rilevanza nella valutazione degli ulteriori elementi della fattispecie concreta, e', in realtà, la reiterazione delle cessioni, la disponibilità di stupefacenti di natura diversa (cocaina ed eroina), l'organizzazione dello spaccio, svolto valendosi della collaborazione di M.D. e del B., il numero di cessioni:circostanze che denotano, secondo l'ordinanza impugnata, la possibilità di servire un ampio bacino di utenza; Si tratta, tuttavia, di connotati che non L-possiedono in concreto caratteristiche tali da denotare un livello di offensività della condotta idoneo a giustificare l'applicazione della fattispecie più grave di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 1.

Si tratta, infatti, di circostanze, come la reiterazione e l'organizzazione professionale, compatibili con l'ipotesi attenuata (Sez. 6, n. 41090 del 18/07/2013, cit.) e che, per comportare la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 1, cit. avrebbero richiesto la presenza di connotazioni ulteriori a dimostrazione di una maggiore offensività delle condotte, quali il collegamento del ricorrente con gruppi criminali organizzati, la collaudata rete di clienti e l'organizzazione articolata e radicata.

Come anticipato, non ex se significativo di un collegamento con la criminalità organizzata occuparsi del segmento finale della condotta di cessione e l'inserimento professionale e qualificato nel circuito dello spaccio presuppone la capacità di procurarsi quantitativi di droga di entità apprezzabile, per il numero di dosi, l'impiego di corrispondenti risorse economiche e per la capacità di assicurane lo smercio in favore di un numero indiscriminato di soggetti.

I contatti con i fornitori per procurarsi la droga e quelli con gli acquirenti, per lo smercio della droga, ricorrono anche in relazione all'attività di piccolo spaccio, ma in misura ridotta, misura che impone anche in relazione al descritto principio di proporzione, una lettura depotenziata del giudizio di pericolosità e che non può, meccanicisticamente, farsi discendere dalla mera attività di spaccio, quale che essa sia.

Nel caso in esame gli episodi accertati fanno riferimento ad un protratto periodo di costante monitoraggio telefonico (dal 10 marzo al 3 maggio 2022) e, complessivamente, di cessioni conteggiabili in poche decine con valori di percentuale di principio attivo, nei casi in cui si è addivenuti a sequestro, in linea con la percentuale di purezza media del mercato italiano, per la cocaina e l'eroina, secondo i dati del Dipartimento per le politiche antidroga istituito presso il Consiglio dei Ministri aggiornati al 2022 e con i quantitativi di dosi da strada.

Il Tribunale ha sottolineato che le cessioni di cui ai capi 8), 10), 11), 12) e 14) fanno riferimento a più cessioni commesse in un significativo arco temporale, anche oltre quindici giorni, in favore degli stessi assuntori, ma si tratta di un dato rispetto al quale non emergono elementi per ritenere che oggetto delle cessioni fossero quantitativi diversi da singole dosi e, comunque, di un dato che non è dimostrativo della esistenza di una collaudata rete di clienti, espressivo della creazione di un ampio bacino di utenza che entra in gioco ai fini della valutazione della offensività della condotta, collegata al pericolo di diffusione degli stupefacenti, quanto piuttosto sintomatica dell'abitualità che connota il rapporto cliente- spacciatore e nel caso, conclamato dalla identità degli acquirenti che, in molte occasioni, sono le stesse persone (poi) fermate con le dosi di droga e che continuavano a rifornirsi dall'indagato.

Ne' la descritta organizzazione, attraverso complici che si occupavano delle consegne o dei contatti con i tossicodipendenti, denota una organizzazione strutturata essendosi espressa in una forma rudimentale e minimale, sia per il numero e la qualità dell'attività dei soggetti collegati (si tratta di tre soggetti, oltre al ricorrente), che per i mezzi utilizzati (due telefoni cellulari) anche tenuto conto dell'accertata permanenza temporale delle condotte protrattasi (e osservata) per circa tre mesi.

Deve, dunque, affermarsi che deve essere qualificata ai sensi dell'art. 73, comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990, l'attività di piccolo spaccio, accertata per un ridotto periodo temporale della durata di tre mesi, svolta anche con l'aiuto e la collaborazione di terzi, avente ad oggetto la cessione di dosi da strada conteggiate a decine, in quanto idonea a denotare una complessiva minore portata dell'attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni e perciò espressiva di una minore offensività della condotta.

3.La diversa qualificazione giuridica del fatto comporta la inapplicabilità ai reati ascritti della misura della custodia cautelare in carcere.

La più recente giurisprudenza, in linea con la lettera della disposizione di cui all'art. 278 c.p.p. e con il risalente orientamento delle Sezioni Unite prescrive che, ai fini della verifica dei limiti edittali stabiliti per la determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari non si tiene conto della recidiva neppure reiterata (Sez. 1, n. 4988 del 23/06/2021, dep. 2022, Mohamed, Rv. 282722; Sez. U, n. 17386 del 24/02/2011, Naccarato, Rv. 249482) sicché la misura della custodia cautelare in carcere applicata con riferimento ai reati di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, punito con la pena della reclusione fino a quattro anni, è priva di base legale.

Babacar G., pertanto, deve essere rimesso immediatamente in libertà, se non detenuto per altra causa.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. Proc. Pen..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del 26 luglio 2022 relativamente al capo 19) per carenza dei gravi indizi e per i residui reati riqualificandoli ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990 art. 73, comma 5,.

Dispone la immediate, liberazione di G.B. se non ristretto per altra causa. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. proc. Pen..

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

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