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Responsabilità medica, giudice può discostarsi discostarsi dalle conclusioni del perito?

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, Sentenza n.18281 del 29/03/2023 (dep. 03/05/2023)

Un giudice può divergere dalle conclusioni di un perito o consulente tecnico se trova contraddittorie le prove scientifiche presentate?

La questione è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18281, depositata il 3 maggio 2023.

La Corte ha chiarito che, in materia di responsabilità medica, la prova del nesso di causa richiede due elementi, secondo gli articoli 40 e 41 del codice penale: un elemento positivo, che la condotta umana abbia stabilito una condizione per l'evento, e un elemento negativo, che il risultato non sia la conseguenza di percorsi causali alternativi sufficienti a determinare l'evento da soli.

In particolare, nell'ambito medico, si devono considerare le azioni intraprese in violazione delle regole di cautela da parte del professionista sanitario, in quanto responsabile della cura del paziente. L'uso di conoscenze scientifiche nell'analisi degli eventi sanitari è fondamentale per assicurare i principi di tassatività e certezza giuridica, permettendo l'attribuzione all'individuo di un evento che può essere scientificamente considerato come conseguenza della sua azione o omissione.

Il sapere scientifico è uno strumento indispensabile al servizio del giudice di merito, che deve risolvere problemi legati all'affidabilità e all'imparzialità delle informazioni fornite dagli esperti nel processo.

Tuttavia, in questo contesto, il giudice deve anche valutare l'autorità scientifica dell'esperto che trasferisce la sua conoscenza nel processo e verificare se le affermazioni proposte siano comunemente accettate dalla comunità scientifica. Da questa prospettiva, il giudice diventa custode e garante della scientificità della conoscenza espressa nel processo.

La Corte di Cassazione stessa non può decidere sulla validità di una legge scientifica utilizzata per l'inferenza probatoria. Questa valutazione spetta al giudice di merito, che ha accesso agli strumenti scientifici, soprattutto attraverso la perizia.

Nel caso di responsabilità medica, se un giudice di merito intende divergere dalle conclusioni del perito, deve fornire una motivazione dettagliata, illustrando attentamente le ragioni della decisione presa, rispetto alle prospettive che ha scelto di non considerare. Questo attraverso un percorso logico coerente, che dimostri la correttezza metodologica del suo approccio alla conoscenza tecnico-scientifica, a partire da una preliminare verifica critica riguardo l'affidabilità delle informazioni scientifiche disponibili per spiegare i fatti.

Questo principio deve essere applicato anche quando, in assenza di un accertamento peritale, i giudici divergono dalle conclusioni condivise dai consulenti del Pubblico Ministero e della difesa, o dalle conclusioni di coloro che hanno portato la conoscenza scientifica nel processo.

La sentenza della Corte di Cassazione sottolinea il ruolo del giudice come "peritus peritorum", cioè come un esperto tra gli esperti, responsabile della salvaguardia della scientificità del sapere espresso nel processo giudiziario. Inoltre, ricorda che la scienza è un strumento fondamentale per la scoperta della verità, ma il giudizio finale sul suo utilizzo corretto spetta al giudice di merito.

In tema di responsabilità medica, il giudice di merito che intenda discostarsi dalle conclusioni del perito d'ufficio è tenuto ad un più penetrante onere motivazionale, illustrando accuratamente le ragioni della scelta operata, in rapporto alle prospettazioni che ha ritenuto di disattendere, attraverso un percorso logico congruo, che evidenzi la correttezza metodologica del suo approccio al sapere tecnico- scientifico, a partire dalla preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni scientifiche disponibili ai fini della spiegazione del fatto.

Si tratta di principio che deve valere anche nel caso in cui, in difetto di accertamento peritale, i giudici si discostino dalle concordi conclusioni dei consulenti del Pubblico Ministero e della difesa, ovvero dalle conclusioni di coloro che hanno veicolato nel processo il sapere scientifico.

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Cassazione penale sez. IV, 29/03/2023, (ud. 29/03/2023, dep. 03/05/2023), n.18281

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 20 luglio 2022, ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Napoli dell'11 maggio 2021 nei confronti di F.D., nella qualità di medico di base, e V.G., nella qualità di medico in servizio presso il Pronto Soccorso dell'(Omissis) di (Omissis), in ordine al reato di cui all'art. 589 cod. pen. in danno di F.C., commesso in (Omissis) dal mese di (Omissis) al (Omissis), alla pena rispettivamente di anni 1 e mesi 6 di reclusione e di anni 1 di reclusione e ha confermato, altresì, la condanna degli imputati predetti in solido con il responsabile civile, (Omissis), al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

1.1 I fatti nelle conformi sentenze di merito sono stati descritti nel modo seguente. F.C. nel mese di settembre del 2013, a fronte di evidenza di gozzo tiroideo e malessere diffuso, si era rivolta al medico di base F.D., il quale, a seguito degli esami, in un quadro clinico caratterizzato da tiroide autoimmunitaria, le aveva prescritto una terapia farmacologica a base di Eutirox mg 50 per circa un mese con successivo incremento posologico a 75 mg. La vittima, a seguito del peggioramento nei mesi successivi delle condizioni di salute, con rilevante perdita di peso (30 chilogrammi, estrema debolezza e tachicardia) in data (Omissis) aveva revocato il Dott. F., quale medico di medicina generale, si era rivolta a una specialista endocrinologa Dott.ssa P.; quest'ultima nella stessa data l'aveva visitata, aveva cambiato la terapia, sostituendo il farmaco Eutirox con il farmaco Tapazole e prescrivendo un farmaco betabloccante, e le aveva ordinato, altresì, il controllo dei valori dell'emocromo e degli ormoni tiroidei. Il successivo (Omissis) F., effettuati gli esami richiesti, era stata nuovamente visitata dalla Dott.ssa P., la quale le aveva consigliato di proseguire con la terapia in atto. Infine, a fronte del peggioramento delle condizioni e della comparsa dei sintomi della poliuria e della polidipsia, il giorno 15 dicembre si era rivolta al Pronto soccorso dell'(Omissis) di (Omissis), ove la Dott.ssa V., endocrinologa, aveva effettuato l'elettrocardiogramma, ma non anche gli esami ematochimici di routine (fra cui la glicemia) e l'aveva dimessa confermando sia la diagnosi di tiroidite autoimmune, sia la terapia in atto con il solo incremento posologico. La vittima, rientrata a casa, aveva subito un ulteriore aggravamento delle condizioni e il giorno 16 dicembre si era recata presso il Pronto Soccorso dell'(Omissis), ove era deceduta a causa di collasso cardiocircolatorio indotto dalla presenza contemporanea di tireotossicosi e di cheto acidosi diabetica.

Nei confronti di F. sono state ravvisati, quali addebiti di colpa, la negligenza, l'imprudenza e l'imperizia, per avere egli prescritto una terapia farmacologica del tutto incongrua rispetto al quadro clinico, considerata la condizione di tireotossicosi, in luogo della terapia basata sulla somministrazione di farmaci ad azione tireostatica atti a bloccare la sintesi dell'ormone tiroideo, con conseguente peggioramento della sintomatologia e ritardo della diagnosi di diabete di tipo I; per avere omesso approfondimenti diagnostici che avrebbero consentito di anticipare la diagnosi ed il trattamento del diabete.

Nei confronti di V. sono state ravvisati, quali addebiti di colpa, la negligenza, l'imprudenza e l'imperizia, per avere ella, a fronte di un quadro anamnestico caratterizzato da poliuria e polidipsia e di un quadro clinico emergente dagli esami ematochimici è dall'esame Eco di ipertiroidismo autoimmune con tachicardia sinusale (120 battiti/minuto), omesso di prescrivere prelievo ematico per il dosaggio della routine ematochimica di urgenza (normalmente comprensiva della glicemia) ed essersi limitata a confermare la terapia precedente, laddove il prelievo ematico avrebbe consentito di diagnosticare il concomitante scompenso diabetico.

2. Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi i due imputati, ciascuno a mezzo del proprio difensore.

2.1. F. ha formulato un unico articolato motivo con cui ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del nesso eziologico tra la errata prescrizione del farmaco e il decesso della vittima. In particolare il difensore lamenta che la Corte di Appello non si sarebbe confrontata con alcuni dati:

a) la mancanza di una prova medico legale o di una legge scientifica di copertura idonea a dimostrare che a prescrizione errata di Eutirox abbia causato a F., già affetta da ipertiroidismo, l'insorgenza di aritmie cardiache irreversibili e quindi tali da determinare il danneggiamento irreparabile delle fibre del tessuto del miocardio incidendo in maniera apprezzabile sull'exitus. Il difensore rileva l'assenza di una legge scientifica in ordine al nesso di causa fra Vexitus e la somministrazione del farmaco e rileva altresì che l'aggravamento apparentemente irreversibile delle condizioni di F. si era verificato in un ambito temporale nel quale F. non era più suo medico, essendo subentrate altre figure qualificate che avevano assunto personali posizioni di garanzia autonome. La Corte, a fronte di tali rilievi, avrebbe valorizzato le dichiarazioni rese dai testi parenti della vittima, senza che tali dichiarazioni avessero ricevuto alcun riscontro, e soprattutto, non avrebbe sondato l'esistenza di una eventuale legge di copertura in relazione al nesso casuale fra la errata prescrizione di terapia e l'evento;

b) la prova clinica della regressione della problematica tiroidea di cui soffriva F., così come documentata dagli esami di laboratorio della funzione tiroidea del (Omissis) 2013 pacificamente sovrapponibili a quelli del 5/6 settembre 2013, a dimostrare che l'ipotizzabile aggravamento per la somministrazione di Eutirox della patologia tiroidea fosse stato, quanto meno, annullato a seguito della assunzione per soli 16 giorni del Tapazole. In tal senso si erano espressi nel corso del dibattimento i Consulenti Tecnici del Pubblico Ministero A., F. e D.P.;

c) le conclusioni rassegnate dai Consulenti Tecnici del PM che avevano escluso potersi formulare un giudizio di responsabilità di F.; le conclusioni della Dott.ssa P., endocrinologa, che in data (Omissis) (Omissis) aveva avuto in cura F. e le aveva prescritto il Tapazole e i betabloccanti per ridurre la frequenza cardiaca, secondo la quale le condizioni della donna non erano allarmanti e l'ipertiroidismo da cui era affetta non aveva natura iatrogena;

d) la insufficienza della prova in ordine alla durata della assunzione da parte di F. dell'Eutirox (stante il contrasto fra il rinvenimento di un'unica ricetta e le dichiarazioni dei testi partì civili). La Corte sul tale specifico punto avrebbe omesso qualsivoglia motivazione;

e) le condotte omissive rilevanti ex art. 41 comma 2 c.p., attribuibili alle molteplici figure professionali che, a partire dal (Omissis) (Omissis), si erano succedute a F. nella titolarità della posizione di garanzia nei confronti di F.: la Corte avrebbe omesso qualsiasi motivazione sul punto. I consulenti avevano chiarito che il quadro patologico della vittima si era complicato per un evento patologico recentissimo e imprevedibile (il diabete) che aveva determinato la crisi chetoacidosìca e la conseguente crisi cardiocircolatoria, causa della morte della F.. I giudici avrebbero dovuto esaminare, quali cause di per sole sufficienti a determinare l'evento, la condotta tenuta dalla Dott. P. a far data dal momento della presa in cura della F., il (Omissis) (Omissis), e la condotta dei sanitari del PS dell'(Omissis) alla data del decesso, i quali praticarono alla paziente una soluzione glucosata senza attendere l'esito degli esami.

Il difensore osserva, inoltre, che nessuno degli esperti sentiti nel corso del dibattimento aveva avallato la ricostruzione per cui causa del decesso della persona offesa era stata la tireotossicosi da ipertiroidismo e non già in via autonoma il diabete: l'effetto dell'aggravamento del ipertiroidismo finalizzato alla determinazione dell'exitus non era in realtà mai avvenuto e si era comunque interrotto alla data del (Omissis) (Omissis), in quanto a tale data la patologia ipertiroidea era retrocessa allo status quo ante l'errore prescrittivo.

2.2. V. ha formulato due distinti ricorsi, l'uno a firma dell'avv. Gagliano e l'altro a firma dell'avv. Saccomanno.

2.2.1 Ricorso a firma avv. Gagliano.

2.2.1.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge ed in specie la nullità della sentenza della Corte di Appello per violazione dell'art. 499 c.p.p. nella parte in cui ha confermato il rigetto della eccezione formulata al giudice monocratico che aveva posto ai consulenti tecnici domande suggestive.

2.2.1.2. Con il secondo motivo ha dedotto il vizio di legge ed in specie dell'art. 521 c.p.p. Il difensore lamenta che la sentenza impugnata avrebbe affermato la responsabilità di V. per un fatto diverso rispetto a quello contestato, in quanto si sarebbe dato per accertato un fatto che accertato non era, ovvero la conoscenza da parte di V. del quadro anamnestico caratterizzato da poliuria e polidipsia.

2.2.1.3. Con il terzo motivo ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità penale dell'imputata. Il difensore osserva che le sentenze di merito non spiegherebbero da quale prova testimoniale, logica o scientifica si possa ricavare il nesso di casualità fra la condotta omissiva contestata e l'evento morte e lamenta la rilevanza attribuita alle dichiarazioni testimoniali dei testi- parti civili, portatori di un interesse economico e la svalutazione delle dichiarazioni dei testi qualificati che avevano affermato non essere emerso alcun addebito a carico dei sanitari. In tal modo i giudici di merito avrebbero sostituito il loro libero convincimento al sapere scientifico.

2.2.1.4 Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione delle statuizioni civili. Il difensore osserva che, stante l'assenza di prova in ordine alla responsabilità penale di V., ella non avrebbe dovuto essere condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili e tanto meno al pagamento della provvisionale, posto che non era stata provata alcuna volontaria sottrazione al soddisfacimento di un futuro risarcimento del danno.

2.2.2. Ricorso a firma avv. Saccomanno.

2.2.2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità penale dell'imputata. Il difensore lamenta che la Corte non avrebbe tenuto conto delle conclusioni dei Consulenti Tecnici del Pubblico Ministero, i quali avevano spiegato che, date le informazioni di cui era in possesso la V. la stessa avrebbe "potuto", ma non "dovuto" effettuare un prelievo ematico, ed avrebbe fondato la condanna sulle risultanze delle dichiarazioni testimoniali omettendo di considerare le insanabili contraddizioni fra la deposizione di D.M., suocera di F., (secondo cui era stata lei stessa a- riferire ai sanitari in occasione dell'accesso al PS dell'Ospedale (Omissis) i sintomi della donna, non in grado di deambulare e di profferire parola), e le dichiarazioni di S.E., marito di F. (secondo cui la donna, in tale occasione, era stata in grado di rispondere alle domande).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il delitto, consumato alla data del (Omissis), pur tenendo conto dei periodi di sospensione intervenuti in primo grado e in secondo grado (dal 27/3/2018 al 26/6/2018 per legittimo impedimento del difensore; dal 26/6/2018 al 5/2/2019 per astensione dei difensori; dal 9/3/2020 al 6/10/2020, 64 giorni per il covid; dal 5/5/2022 all'8/6/2022 per rinvio richiesto dal difensore; dal 22/6/2022 al 20/7/2022 per legittimo impedimento del difensore), risulta prescritto. La sentenza, deve, pertanto essere annullata agli effetti penali senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

2. La pronuncia di prescrizione, a fronte della condanna nei precedenti gradi di giudizio degli imputati al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, comporta che questa Corte, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., debba decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

3. In tal senso va da subito chiarito che i ricorsi degli imputati vanno accolti agli effetti civili con riguardo alle censure mosse da entrambi i ricorrenti in ordine all'utilizzo da parte dei giudici di merito della prova scientifica, veicolata nel processo dai consulenti tecnici.

Non vi è contestazione sulla causa della morte di F., ricondotta, invero, ad arresto cardiocircolatorio dovuto ad aritmia, quale portato della cardiomiopatia correlata alla situazione di ipertiroidismo con crisi tireotossica e della chetoacidosi diabetica.

Non vi è neppure contestazione, con riferimento alla posizione di F., in ordine alla sussistenza della condotta colposa correlata alla errata somministrazione a seguito di diagnosi di ipertiroidismo, documentata da esami clinici e da evidenza di gozzo, di un farmaco indicato per la opposta patologia di ipotiroidismo, con conseguente immissione nell'organismo della persona offesa di ormoni tiroidei, che ne avevano aggravato le condizioni di salute. Anche nel ricorso la difesa riconosce che tale somministrazione fu errata e che, pertanto, F. era incorso in una condotta colposa.

Così come, infine, non è in contestazione, con riferimento alla posizione di V., che la stessa, in occasione dell'accesso di F. al Pronto Soccorso dell'Ospedale (Omissis), non ordinò la effettuazione degli esami ematochimici di routine, fra cui la glicemia, pur se in ordine alla doverosità o meno di tale prescrizione non vi è stata concordanza di vedute.

Entrambi i ricorrenti, contestano, invece, l'accertamento della casualità fra le condotte tenuti dai sanitari e l'evento morte.

Il ricorrente F., sotto tale profilo, ha rilevato che non era emersa nel corso del processo una spiegazione medico scientifica in forza della quale l'aggravamento delle condizioni di salute che aveva condotto F. alla morte fosse stato conseguenza, con alta probabilità logica, della incongrua prescrizione e assunzione di Eutirox e che anzi le evidenze scientifiche del processo deponevano in senso contrario: i Consulenti Tecnici del PM, pur con diversità di percorsi argomentativi, avevano tutti negato la possibilità, in termini medico legali, di. formulare un giudizio di responsabilità a carico di F.; così pure il teste qualificato P. (endocrinologa che dal (Omissis) aveva avuto in cura la paziente) aveva escluso che i sintomi accusati dalla paziente al momento della visita del (Omissis) fossero ricollegabili a ipertiroidismo iatrogeno; dagli esami ematochimici effettuati il (Omissis) era risultata la sovrapponibilità della condizione tiroidea a tale data con quella degli esami effettuati nei primi giorni di settembre, dovendosi, pertanto, concludere che alla data del (Omissis) gli effetti della errata prescrizione farmacologica fossero già stati neutralizzati.

La ricorrente V. ha rilevato che difettava del tutto nel percorso argomentativo dei giudici di merito, che avevano affermato la sua responsabilità, l'approfondimento del giudizio controfattuale atto a dimostrare che se fosse stato effettuato il prelievo ematico la vittima avrebbe evitato o comunque ritardato l'evento morte. Anche a tacere del fatto che la condotta ritenuta come doverosa in sentenza era stata invece qualificata come facoltativa dai consulenti tecnici, la condanna si era piuttosto fondata sul fatto che l'accertamento del tasso glicemico avrebbe consentito di individuare la patologia glicemica e conseguentemente di apprestare un trattamento farmacologico, ma non era stata verificata l'utilità del comportamento alternativo lecito ad evitare l'evento, ovvero non era stato chiarito se la malattia fosse giunta ad uno stato così avanzato da rendere inutile qualsiasi pur corretto e doveroso intervento di tipo medico.

4. L'analisi del percorso argomentativo dei giudici di merito vale a confermare come le censure dei ricorrenti colgano nel segno.

4.1 A proposito della posizione di F., il Tribunale ha dato atto della condotta colposa commissiva di quest'ultimo, consistita nell'aver somministrato un farmaco errato che aveva immesso nell'organismo della vittima ulteriori ormoni tiroidei, oltre a quelli già prodotto in eccesso a causa della patologia autoimmune di ipertiroidismo, e ha ritenuto provata l'efficienza eziologica della condotta di F. rispetto all'exitus, argomentando che la terapia errata aveva inciso in maniera seria ed apprezzabile sul quadro clinico della paziente. A tale ultimo proposito, tuttavia, il Tribunale ha qualificato come "totalmente contraddittoria" la deduzione del Consulente Tecnico del Pubblico Ministero A., il quale aveva affermato, da un lato, che la terapia errata aveva mascherato clinicamente lo scompenso iperglicemico e aveva consentito l'azione sinergica negativa della tireotossicosi sul diabete di tipo I e, dall'altro, aveva concluso ritenendo non concausale all'exitus la somministrazione del farmaco: secondo i giudici la conclusione finale cui era giunto il consulente era inconferente rispetto a quanto indicato nell'elaborato a sua firma.

A proposito della posizione di V., il Tribunale ha dato atto della condotta colposa omissiva di quest'ultima, consistita nell'aver omesso di eseguire i prelievi ematochimici idonei a disvelare il valore della glicemia (pur essendole stato rappresentato, secondo quanto riferito dai testi, i sintomi della poliuria e della polidipsia), prelievi, comunque, doverosi, a prescindere dalle informazioni di cui disponeva il sanitario, stante la correlazione, certificata della comunità scientifica, tra ipertiroidismo e diabete mellito di tipo L. Anche con riferimento alla responsabilità di V., tuttavia, il Tribunale, ha ritenuto "infondato" l'assunto dei consulenti del Pubblico Ministero, F., D.P. e A., e del consulente di parte A., secondo i quali l'imputata "avrebbe potuto, ma non avrebbe dovuto" eseguire un controllo dei valori di glicemia in assenza di sintomi di poliuria e polidipsia, in quanto sconfessato dalle Raccomandazioni per la pratica clinica "Tireopatie e Diabete" che evidenziano come l'associazione fra le due patologie si riscontra non raramente. Sarebbe assurdo -hanno osservato i giudici- da un lato affermare in linea di principio il dovere del sanitario di accertare la eventuale compresenza di altre patologie e, dall'altro, ricondurre la scelta di eseguire la routine ematochimica di urgenza al mero vaglio discrezionale del medico. I giudici, inoltre, nell'asserire che il peggioramento dei sintomi lamentati da F. avrebbe dovuto imporre a V. di effettuare approfondimenti diagnostici e che il dato per cui l'elettrocardiogramma effettuato aveva registrato un lieve miglioramento della tachicardia rispetto a quanto registrato da P. fosse irrilevante, hanno invocato il giudizio ex post, ovvero il fatto che il giorno seguente F. era stata nuovamente portata in Pronto Soccorso dato il peggioramento delle sue condizioni. Infine il Tribunale ha concluso nel senso che se V. avesse verificato il valore della glicemia e quindi somministrato idonea terapia, l'evento non si sarebbe verificato, senza, peraltro, suffragare tale affermazioni con argomenti di tipo medico provenienti dagli esperti sentiti nel corso del processo.

4.2. La Corte di Appello, nel confermare la affermazione di responsabilità, ha richiamato le valutazioni compiute dal Tribunale in merito alla condotta colposa di entrambi gli imputati. La prescrizione di Eutirox aveva determinato un peggioramento del quadro clinico della paziente e aveva innescato la tireotossicosi, mentre la sovrapponibilità degli esami effettuati il (Omissis) con quelli effettuati il 5 settembre si doveva spiegare con il fatto che il nuovo farmaco introdotto dalla d.ssa P. necessitava di un congruo periodo di tempo per esplicare i suoi effetti, sicché doveva ritenersi che la condotta di F. avesse avuto rilievo causale determinante rispetto all'evento. Allo stesso modo la mancata effettuazione degli esami ematochimici da parte di V., che era tenuta ad approfondire anche in assenza di indicazioni della paziente il quadro anamnestico e la sintomatologia, era stata concausa dell'evento morte, in quanto aveva impedito un accertamento tempestivo della chetoacidosi.

5.In linea generale, in tema di colpa medica, per l'esistenza del nesso di causa, in base al disposto degli artt. 40 e 41 c.p., occorrono due elementi: il primo, positivo, secondo il quale la condotta umana deve aver posto una condizione dell'evento; il secondo, negativo, per cui il risultato non deve essere conseguenza dell'intervento di decorsi causali alternativi di per se soli sufficienti a determinare l'evento. In particolare, in ambito medico vengono in rilievo condotte poste in essere in violazioni di regole cautelari da parte del titolare della posizione di garanzia in relazione alla salute del paziente, in quanto investito della sua cura. Il ricorso alle cognizioni scientifiche, nello studio degli eventi che si verificano in ambito sanitario, soddisfa i principi di tassatività e di certezza giuridica, in quanto consente di imputare all'uomo un evento che può essere scientificamente considerato conseguenza della sua azione od omissione (Sez. 4, n. 17491 del 29/03/2019, Azienda U.L.S.S., Rv. 275875, in motivazione). Il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, che deve risolvere una serie di problemi che riguardano da un lato l'affidabilità, l'imparzialità delle informazioni che i tecnici veicolano nel processo e dall'altro attengono alla logica correttezza delle inferenze che vengono elaborate facendo leva, appunto, sulle generalizzazioni esplicative elaborate dalla scienza. La sentenza Sez. 4, 43786 del 17/09/2010, Cozzini, Rv 248943 precisa che "tali momenti topici dell'indagine fattuale vengono discussi nella dialettica processuale e conducono infine al giudizio critico che il giudice di merito è chiamato ad esprimere sulle valutazioni tecniche compiute nel processo. La razionale ponderazione, naturalmente, trova il suo momento di obiettiva emersione nella motivazione della sentenza, in cui occorre in primo luogo dar conto del controllo esercitato sull'affidabilità delle basi scientifiche del giudizio. Si tratta di valutare l'autorità scientifica dell'esperto che trasferisce nel processo la sua conoscenza della scienza; ma anche di comprendere, soprattutto nei casi più problematici, se gli enunciati che vengono proposti trovano comune accettazione nella comunità scientifica. Da questo punto di vista il giudice è effettivamente, nel senso più alto, peritus peritorum: custode e garante della scientificità della conoscenza fattuale espressa dal processo. Le indicate modalità di acquisizione ed elaborazione del sapere scientifico all'interno del processo rendono chiaro che esso è uno strumento al servizio dell'accertamento del fatto e, in una peculiare guisa, parte dell'indagine che conduce all'enunciato fattuale. Ne consegue con logica evidenza che la Corte di legittimità non è per nulla detentrice di proprie certezze in ordine all'affidabilità della scienza, sicché non può essere chiamata a decidere, neppure a Sezioni Unite, se una legge scientifica di cui si postula l'utilizzabilità nell'inferenza probatoria sia o meno fondata. Tale valutazione, giova ripeterlo, attiene al fatto, è al servizio dell'attendibilità dell'argomentazione probatoria ed è dunque rimessa al giudice di merito che dispone, soprattutto attraverso la perizia, degli strumenti per accedere al mondo della scienza. Al contrario, il controllo che la Corte Suprema è chiamato ad esercitare attiene alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito esprime."

6.Come detto, il percorso argomentativo dei giudici di merito deve essere censurato in rapporto alla utilizzazione della prova scientifica. Sia il Tribunale, sia la Corte di Appello nel recepire in toto la motivazione del giudice di primo grado, hanno superato le difformi conclusioni dei consulenti del Pubblico Ministero e del Consulente di parte (in relazione al rapporto di causalità per quanto riguarda F. e anche in rapporto alla condotta colposa per quanto riguarda V.), facendosi essi stessi dispensatori di sapere scientifico: i giudici hanno sconfessato le affermazioni dei tecnici, definendole come "contraddittorie", ovvero "infondate", sulla base del loro personale sapere e si sono fatti essi stessi creatori della legge scientifica, in tal modo contravvenendo ai principi su indicati per i quali il giudice è custode e garante della scientificità della conoscenza espressa dai tecnici nel processo, ma non già egli stesso portatore di una propria conoscenza, rispetto a temi che richiedono cognizioni di saperi diversi da quello giuridico. I giudici, dunque, hanno apoditticamente affermato la rilevanza casuale della condotta colposa degli imputati, senza adeguatamente soffermarsi, come sarebbe stato doveroso, sulle difformi valutazioni degli esperti e senza approfondire in maniera adeguata (eventualmente attraverso un accertamento peritale), da un lato, se la prescrizione da parte di F. del farmaco errato avesse determinato un processo causale inarrestabile e, dall'altro, l'incidenza causale della mancata diagnosi di diabete da parte di V., a fronte del quadro già compromesso e della morte sopraggiunta solo 24 ore dopo.

In tal senso la Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che in tema di responsabilità medica, il giudice di merito che intenda discostarsi dalle conclusioni del perito d'ufficio è tenuto ad un più penetrante onere motivazionale, illustrando accuratamente le ragioni della scelta operata, in rapporto alle prospettazioni che ha ritenuto di disattendere, attraverso un percorso logico congruo, che evidenzi la correttezza metodologica del suo approccio al sapere tecnico- scientifico, a partire dalla preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni scientifiche disponibili ai fini della spiegazione del fatto (Sez. 4, n. 37785 del 11/12/2020, T., Rv. 280165; Sez. 5, n. 9831 del 15/12/2015, dep. 2016, Minichini, Rv. 267566). Si tratta di principio che deve valere anche nel caso in cui, in difetto di accertamento peritale, i giudici si discostino dalle concordi conclusioni dei consulenti del Pubblico Ministero e della difesa, ovvero dalle conclusioni di coloro che hanno veicolato nel processo il sapere scientifico.

7. Conclusivamente la sentenza deve essere annullata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione.

Ai sensi dell'art. 622 c.p.p. la sentenza deve, altresì, essere annullata agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui deve essere rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2023

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