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Imputato detenuto, appello ammissibile anche senza dichiarazione o elezione di domicilio

Corte di Cassazione, sez. II Penale, Sentenza n.38442 del 13/09/2023 (dep. 20/09/2023)

In tema di impugnazioni, l'obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata per notificare il decreto di citazione a giudizio vale anche per l'imputato detenuto?

Sulla questione la Seconda Sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 38442 depositata il 20 settembre 2023, risponde negativamente.

La Suprema Corte ricorda che l’adempimento, previsto dal comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p., è stato introdotto con la Riforma Cartabia (Dlgs n. 150 del 2022). con l'obiettivo di garantire la speditezza e la celerità del giudizio di appello. Questa modifica ha esonerato l'autorità giudiziaria dal dovere di effettuare ricerche per individuare il luogo della notifica del decreto di citazione a giudizio.

I giudici di legittimità ritengono che l'interpretazione logica e sistematica della norma dovrebbe circoscrivere la sua applicabilità solo ai casi in cui l'imputato non è detenuto. Ciò perché, solamente in queste situazioni, ha senso la dichiarazione o l'elezione di domicilio. Questa disposizione ha infatti la finalità di evitare che la notifica del decreto di citazione a giudizio possa rallentare la celebrazione del giudizio di impugnazione.

Pertanto, quando l'imputato è detenuto per il reato per cui si procede, deve trovare applicazione la norma generale, che prevede la notifica personale all'imputato.

La Cassazione aggiunge che richiedere tale adempimento per l’imputato detenuto comporterebbe una violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia, un principio fondamentale sancito dall’art. 6 CEDU.

Impugnazioni, imputato detenuto al momento della proposizione del gravame, onere di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio, esclusione

In tema di impugnazioni, nel caso in cui l’imputato sia detenuto al momento della proposizione del gravame, non opera, nei suoi confronti, la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell’imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 6 CEDU.

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Cassazione penale, sez. II, sentenza 13/09/2023 (dep. 20/09/2023) n.38442

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Torino con ordinanza del 21/3/2023 dichiarava inammissibile l'appello proposto da T.I. avverso la sentenza del Tribunale di Torino del 19/1/2023, in assenza della dichiarazione o elezione di domicilio prevista dall'art. 581 c.p.p., comma 1-ter.

2. L'imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), Rileva come la Corte territoriale abbia errato nell'applicare la disciplina prevista dall'art. 581 c.p.p., comma 1-ter, nonostante l'imputato fosse detenuto per il reato per cui si procede, evidenziando che nel caso di specie l'elezione di domicilio sarebbe stata del tutto superflua, stante la necessità della notifica personale al detenuto, ai sensi dell'art. 156 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1 L'art. 581 c.p.p., comma 1-ter, nell'ottica di garantire la speditezza e la celerità del giudizio di appello, così esonerando l'autorità giudiziaria dall'effettuare ricerche volte ad individuare il luogo della notifica del decreto di citazione a giudizio - stabilisce che "con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio".

La questione oggetto di scrutinio riguarda l'applicabilità di detta disposizione anche nelle ipotesi in cui l'imputato sia detenuto - e tale condizione emerga dall'atto di impugnazione - ovvero se, in tal caso, debba prevalere la modalità di notifica prevista dall'art. 156 c.p.p..

Ritiene il Collegio che l'interpretazione logica e sistematica della norma porti a circoscriverne la portata ai soli casi in cui l'imputato sia libero, atteso che solo in tali ipotesi ha senso la dichiarazione o l'elezione di domicilio, che - come esplicitato dalla norma - è funzionale ad evitare che, per notificare il decreto di citazione a giudizio, si rallenti la celebrazione del giudizio di impugnazione.

Del resto, da un lato, l'art. 161 c.p.p., comma 1, stabilisce che "il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuti o internati, li invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'art. 157, comma 1, o un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, artt. 456, 552 e 601", con ciò evidentemente escludendo dall'ambito di applicazione dell'invito a dichiarare o eleggere domicilio l'imputato detenuto (in altri termini, a mente dell'art. 161 c.p.p., è richiesta una condizione negativa perché l'imputato possa eleggere o dichiarare domicilio, vale a dire che non sia detenuto, né internato); dall'altro, l'art. 156 c.p.p., comma 1, dispone che "le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona".

Dunque, laddove il soggetto risulti detenuto per il reato per cui si procede, deve trovare applicazione la norma generale che prevede la notifica personale all'imputato (in tali sensi, Sezione 2, n. 33355 del 28/6/2023, Quattrocchi). Siffatto principio, peraltro, è stato affermato - prima della novella del D.L. 10 ottobre 2022, n. 150 - dalla giurisprudenza di legittimità nella sua composizione più autorevole (Sezioni Unite, n. 12778 del 27/2/2020, S., Rv. 278869 - 01) anche con riferimento all'imputato detenuto per altra causa, pur in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, con ciò considerandola superflua. E' stato, invero, osservato che si privilegia la consegna della notificazione alla "persona", in quanto, essendo certa la reperibilità del detenuto, la notificazione è agevole; che, in secondo luogo, la notifica a mani proprie si spiega con la necessità di portare personalmente a conoscenza del detenuto gli atti processuali, al fine di consentirgli di esercitare la facoltà di una consapevole difesa, tanto più necessaria stante il grave status derivante dalla detenzione. In buona sostanza, il legislatore ha voluto evitare il rischio che il domiciliatario, nonostante il rapporto fiduciario, possa non comunicare al detenuto la notifica di atti che lo riguardano e privarlo così della possibilità di partecipare al processo e di difendersi in modo tempestivo ed adeguato.

Se così e', sarebbe del tutto illogico far discendere la inammissibilità dell'impugnazione dalla mancata presentazione di un atto (la dichiarazione o elezione di domicilio) che l'imputato detenuto non è tenuto a compiere (se non all'atto della scarcerazione, ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 3, non verificatasi nel caso di specie) e che resterebbe comunque privo di ogni effetto ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, che andrebbe in ogni caso effettuata ai sensi dell'art. 156 c.p.p. a mani proprie dell'imputato detenuto.

L'applicazione di una sanzione processuale di tale gravità, posto che incide pesantemente sui diritti dell'appellante, non può avere luogo in mancanza di una adeguata ratio giustificatrice.

Peraltro, l'applicazione dell'art. 581 c.p.p., comma 1-ter, anche all'imputato detenuto violerebbe, oltre che l'art. 3 Cost., art. 6 della CEDU, che impone il pieno rispetto del diritto di accesso effettivo alla giustizia per le decisioni relative al "merito di qualsiasi accusa penale" anche nel giudizio di appello e che - pur ammettendo che il diritto di presentare un ricorso possa essere subordinato a determinate condizioni previste dalla legge - richiede che i giudici nell'applicare le relative norme procedurali evitino un eccessivo formalismo che pregiudicherebbe l'equità del procedimento (Corte Europea dei diritti dell'uomo, 26 luglio 2007, Walchli c. Francia). In particolare, è stato più volte affermato che l'applicazione da parte delle Corti nazionali di determinate formalità da osservare per proporre un ricorso rischia di violare il diritto di accesso alla giustizia quando l'interpretazione eccessivamente formalistica della legge ordinaria impedisce di fatto l'esame nel merito del ricorso proposto dall'interessato (Corte Europea dei diritti dell'uomo, 12 luglio 2016, Reichman c. Francia; 5 novembre 2015, Henrioud c. Francia).

Per contro, ove all'atto della notifica l'impugnante abbia riacquistato la libertà, il giudicante dispone dell'elezione del domicilio effettuata all'atto della scarcerazione, obbligatoria ai sensi dell'art. 161 comma 3 c.p.p., elemento che consente l'efficienza processuale che il nuovo art. 581 c.p.p., comma 1 ter intende perseguire.

Deve, dunque, essere ribadito il principio di diritto secondo il quale "la nuova disposizione di cui all'art. 581 c.p.p., comma 1-ter, (introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2023, art. 33, comma 1, lett. d), ed in vigore per le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del citato D.Lgs. n.) - che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto d'impugnazione, della dichiarazione od elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio - non opera anche nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto" (Sezione 2, n. 33355/2023 cit.)

La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Torino per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Torino per l'ulteriore corso.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2023.

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