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Pedopornografia nei fumetti costituisce reato?

Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.47187 del 18/10/2023 (dep. 24/11/2023)

La detenzione di fumetti riproducenti chiaramente rapporti sessuali tra adulti e minorenni costituisce reato?

È il quesito che si pone la Terza Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 47187 depositata il 24 novembre 2023.

Nel caso di specie, un uomo era stato condannato dalla Corte di Appello di Trieste per il reato di detenzione di materiale pornografico ex art. 600-quater Cp perché trovato in possesso di materiale pedopornografico consistente in immagini riproducenti rapporti sessuali incestuosi tra adulti e minorenni, di quelle illustrative di un racconto erotico (manga), nonché di due fotografie di minorenni che mostrano le parti intime.

La difesa ricorreva in Cassazione censurando la motivazione della Corte territoriale quanto ai fumetti e ai "manga", essendo stata accolta una nozione di pornografia virtuale che superava quella contenuta nell'art. 600-quater.1, reato mai contestato al ricorrente, perché le immagini non potevano indurre alcuno a ritenere reali le situazioni rappresentate.

La Suprema Corte ha tuttavia respinto il ricorso.

In primis la Cassazione ha considerato la rilevanza delle due fotografie che raffigurano due ragazze, poco più che bambine, come risulta dagli elementi rivelatori sottolineati dalla Corte d’Appello, quali la statura, il volto e i caratteri sessuali appena accennati (lo sviluppo mammario e pilifero).

Per quanto riguarda i fumetti ed i manga, i giudici di legittimità hanno sottolineato che ai fini del reato di materiale pedopornografico assumono rilevanza penale anche a disegni, pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l'idea che l'oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore.

Per questi motivi la Cassazione ha confermato la decisione di condanna anche con riferimento ai fumetti e alle illustrazioni del racconto erotico raffiguranti minori impegnati in atti incestuosi o altre attività sessuali.

Detenzione di materiale pedopornografico, disegni, pitture e altre rappresentazioni pornografiche di un minore, rilevanza penale

In tema di detenzione di materiale pedopornografico, va conferita rilevanza penale non solo alla riproduzione reale del minore in una situazione di fisicità pornografica, ma anche a disegni, pitture e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l'idea che l'oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore.

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Cassazione penale, sez. III, sentenza 18/10/2023, (dep. 24/11/2023) n. 47187

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/02/2022, la Corte d'Appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa con rito abbreviato dal Tribunale di Trieste, in data 15/01/2021, con la quale C.M. era stato condannato alla pena di giustizia in relazione ad una parte dell'imputazione a lui ascritta, relativa alla detenzione di materiale pedopornografico (in particolare, l'affermazione di penale responsabilità era stata limitata alla detenzione delle immagini riproducenti rapporti sessuali incestuosi tra adulti e minorenni, di quelle illustrative di un racconto erotico, nonché di due fotografie di minorenni che mostrano le parti intime).

2. Ricorre per cassazione il C., a mezzo del proprio difensore, deducendo:

2.1. Violazione del diritto di difesa nell'acquisizione della prova. Si censura l'acquisizione del materiale in sequestro, avvenuta senza alcuna cautela volta ad assicurare integrità e genuinità del materiale medesimo. Si lamenta la violazione degli artt. 244 e 247 c.p.p., con conseguente nullità, e la mancata applicazione dell'art. 360 c.p.p. con ogni conseguenza in punto di violazione dei diritti difensivi.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla alterazione del dato digitale e alla conseguente inattendibilità della prova. Si censura la intrinseca contraddittorietà della motivazione sul punto, e si lamenta l'alterazione dei contenuti digitali, rimasti per oltre un anno nella disponibilità.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'affermazione di penale responsabilità. Con riferimento alle due fotografie ritraenti ragazze minorenni, si reitera la censura di genericità dovuta al fatto che l'allegato 6 (pag. 122 segg.) era composto da sei fotografie, mentre il successivo all. 7 comprendeva in un'unica pagina due fotografie; si evidenzia inoltre l'illogicità del riferimento della Corte d'Appello alle "molte altre" foto, dal momento che, per queste ultime, il C., era stato assolto già in primo grado. La difesa censura poi la motivazione della Corte territoriale quanto ai fumetti e ai "manga", essendo stata accolta una nozione di pornografia virtuale che superava quella contenuta nell'art. 600-quater.1, mai contestato al ricorrente nel caso di specie, in cui le immagini non potevano indurre alcuno a ritenere reali le situazioni rappresentate. Si deduce comunque l'assenza dell'elemento soggettivo, per la non esigibilità di complesse esegesi interpretative.

2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Si censura la valorizzazione del comportamento processuale dell'imputato, che aveva del tutto legittimamente negato gli addebiti nel corso degli interrogatori cui si era sottoposto, e il mancato apprezzamento del fatto che l'addebito iniziale era stato pesantemente ridimensionato.

2.5. Con memoria ritualmente trasmessa, il difensore del ricorrente sviluppa i primi due motivi di ricorso, insistendo per l'accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato.

2. Per ciò che riguarda i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, deve osservarsi che la difesa reitera censure che sono state già esaminate e rigettate, dalla Corte territoriale, non solo per la loro infondatezza (cfr. pag. 6 in ordine al carattere meramente esplorativo della doglianza relativa ad una possibile alterazione del dato informatico, all'assenza di specifiche sanzioni per le disposizioni di cui agli artt. 247 e 260 c.p.p., e alla inapplicabilità nel caso concreto dell'art. 360 c.p.p.), ma anche per la preclusione direttamente riconducibile, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 428 c.p.p., comma 6-bis alla scelta del rito abbreviato.

E' infatti pacifico che "la inutilizzabilità cosiddetta ‘patologicà, rilevabile, a differenza di quella cosiddetta ‘fisiologicà, anche nell'ambito del giudizio abbreviato, costituisce un'ipotesi estrema e residuale, ravvisabile solo con riguardo a quegli atti la cui assunzione sia avvenuta in modo contrastante con i principi fondamentali dell'ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di difesa dell'imputato" (Sez. 3, n. 882 del 09/06/2017, dep. 2018, Bellissimo, Rv. 272258 - 01). Appare superfluo sottolineare che le questioni dedotte con i primi due motivi non appaiono in alcun modo riconducibili alle categorie della inutilizzabilità patologica, nel senso appena chiarito, né - tanto meno - a quelle della nullità assoluta.

3. Con riferimento al terzo ordine di doglianze, deve per un verso osservarsi che la censura di genericità prospettata dalla difesa (con riferimento alla indicazione, ritenuta insufficiente, delle fotografie per cui era stata affermata la penale responsabilità del C., nei due gradi di giudizio) appare a sua volta priva delle indispensabili connotazioni di specificità.

Nell'ultima parte del capo di accusa, contenente l'elencazione del materiale per cui il ricorrente era stato tratto a giudizio, si fa riferimento a "ulteriori sei fotografie raffiguranti minorenni nude e due fotografie di minorenni che mostrano le parti intime all'interno della medesima chiavetta USB" (chiavetta contenente anche le illustrazioni di un racconto erotico, per le quali pure il C. è stato riconosciuto colpevole). L'individuazione delle fotografie è stata effettuata, dal giudice di primo grado (pag. 4), con riferimento "alle pp. 122 e seguente (senza numero, allegato 06)", mentre la Corte territoriale ha ulteriormente precisato che "le due fotografie per cui è stata pronunciata condanna raffigurano - senza ombra di dubbio - (come peraltro molte altre) giovani ragazze, poco più che bambine; la statura (folio 122), il volto, i caratteri sessuali appena accennati (lo sviluppo mammario e pilifero) sono elementi rivelatori del fatto che trattasi di soggetti di età ampiamente inferiore ai diciotto anni" (pag. 7 della sentenza impugnata).

E' evidente che in tale complessivo contesto - in cui nel dispositivo risulta inequivoca la limitazione della condanna (quanto alle fotografie) alle due sole in cui le minorenni "mostrano le parti intime", e non anche alle altre sei "raffiguranti minorenni nude" - la difesa avrebbe dovuto dedurre, con la necessaria specificità, che anche le altre sei fotografie raffiguravano minorenni intente a mostrare le parti intime (e non semplicemente nude), e che dunque il criterio distintivo contenuto nel capo di imputazione, ed utilizzato in dispositivo, risultava sostanzialmente inutile. In assenza di siffatte puntualizzazioni, il motivo non può che essere ritenuto generico.

Per altro verso, deve condividersi il richiamo delle sentenze di merito alle pronunce di questa Suprema Corte che hanno conferito rilevanza penale non solo alla riproduzione reale del minore "in una situazione di ‘fisicità pornograficà, ma anche a "disegni, pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l'idea che l'oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore" (cfr. pag. 5 della sentenza di primo grado, nonché i richiami contenuti a pag. 7 della sentenza impugnata): elaborazione che consente di ritenere immune da censure la conferma della decisione di condanna sia per i fumetti, sia per le illustrazioni del racconto erotico raffiguranti minori impegnati in atti incestuosi o altre attività sessuali (cfr. pag. 7, city.

4. Anche la residua censura non può essere condivisa.

Il ricorrente si è invero limitato, per un verso, a censurare il riferimento alla negazione degli addebiti da parte del C. (circostanza certo inidonea ad essere valutata negativamente, ai fini che qui rilevano), ma non si è confrontato con le ulteriori osservazioni della Corte territoriale imperniate non solo sulla mancanza di resipiscenza, ma anche sulla particolare riprovevolezza della condotta posta in essere, anche in considerazione del intata-1 fatto che il ricorrente era un alto ufficiale della Guardia di Finanza.

Per altro verso, la difesa ha lamentato il mancato apprezzamento, da parte della Corte d'Appello (che aveva posto in rilievo l'assenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche), del fatto che i termini dell'originaria accusa erano stati ridimensionati. Tuttavia, il motivo di ricorso non evidenzia adeguatamente le ragioni per cui, dall'assoluzione in primo grado (pag. 7 seg.) per assenza di dolo dall'accusa di detenzione di centinaia di altre fotografie (perché cancellate dopo pochi minuti), e da una ulteriore analoga accusa (perché le foto non consentivano di evincere con certezza la minore età delle giovani), la Corte territoriale avrebbe dovuto evincere la sussistenza di un elemento positivamente valorizzabile ai fini che qui interessano.

5. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In considerazione della posizione del C., deve altresì disporsi, ai sensi dell'art. 154-ter disp. att. c.p.p., la comunicazione a cura della Cancelleria del presente dispositivo al Ministero dell'economia e delle finanze (amministrazione di appartenenza del ricorrente).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 154-ter disp. att. c.p.p., dispone che a cura della Cancelleria il presente dispositivo venga comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze, amministrazione di appartenenza del ricorrente. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2023.

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