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Forza maggiore o caso fortuito? I chiarimenti della Cassazione

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.47550 del 09/11/2023 (dep. 27/11/2023)

Quali sono i confini fra i concetti di forza maggiore e caso fortuito?

La questione è stata affronta dalla Quinta sezione penale della Casazione con la sentenza n. 47550 depositata il 27 novembre 2023,

Nel caso di specie, la Corte d'appello di Roma aveva confermato la decisione di primo grado di condanna dell'imputato alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile del delitto, commesso in danno della convivente, di lesioni gravi, in quanto giudicate guaribili in cinquanta giorni.

Il difensore aveva formulato istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza, in quanto lo stesso "aveva patito un grave stato di insolazione con febbre alta", che non le aveva consentito di svolgere l'attività professionale, versando in stato di incoscienza.

Tuttavia, la Cassazione ha decretato l'inammissibilità del ricorso per tardività, negando quindi l'accesso alla richiesta di restituzione nel termine per impugnare.

Al cuore della decisione vi è l'interpretazione dei concetti di forza maggiore e caso fortuito, entrambi caratterizzati dalla loro inevitabilità, ma distinti rispettivamente dall'irresistibilità e dall'imprevedibilità.

La Corte precisa che:

  • la causa di forza maggiore consiste in quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, perciò, è irresistibile;
  • il caso fortuito ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo, caratterizzata dall'imprevedibilittà.

Significativamente, la sentenza sottolinea che l'onere della prova riguardo all'esistenza di un impedimento assoluto causato da forza maggiore ricade sul richiedente, che deve dimostrare come tale situazione abbia reso vano ogni sforzo umano.

La Cassazione chiarisce inoltre che un impedimento fisico limitato solo al giorno di scadenza del termine per impugnare (come nella specie) non può essere considerato né forza maggiore né caso fortuito, in quanto rientra nella responsabilità dell'individuo organizzare i propri impegni in modo da mitigare rischi di imprevisti dell'ultimo momento.

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Cassazione penale, sez. V, sentenza 09/11/2023 (dep. 27/11/2023) n. 47550

Ritenuto in fatto


1. Con sentenza del 24 febbraio 2023 la Corte d'appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato R.P. alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile del delitto, commesso in danno della convivente, di lesioni gravi, in quanto giudicate guaribili in cinquanta giorni.

2. Nell'interesse dell'imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Preliminarmente viene formulata istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza sopra ricordata. Precisato che il termine per proporre ricorso per cassazione scadeva in data 10 luglio 2023, si rappresenta che dal giorno 9 al giorno 11 luglio 2023 il difensore "aveva patito un grave stato di insolazione con febbre alta", che non le aveva consentito di svolgere l'attività professionale, versando in stato di incoscienza.

2.2. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, per avere la sentenza impugnata disatteso le richieste difensive correlate alla messa alla prova dell'imputato. In particolare, si osserva: a) che all'udienza del 1 ottobre 2015 era stata sollevata dinanzi al Tribunale questione di legittimità costituzionale dell'art. 456 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non prevede, a pena di nullità, la necessità di dare avviso all'imputato della facoltà di richiedere, entro quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato, la sospensione del giudizio, per accedere alla messa alla prova; b) che, dinanzi alla Corte d'appello, dopo avere reiterato la questione, si era invocata la nullità del decreto di giudizio immediato, essendo nel frattempo intervenuta la declaratoria di illegittimità della norma (Corte Cost., sent. n. 19 del 2020); c) che la valutazione di merito operata dalla Corte territoriale, quanto alla non accoglibilità della richiesta, non aveva colto che il tema della doglianza era la nullità del decreto di giudizio immediato; d) che la decisione della Corte d'appello, oltre a trascurare gli effetti ex tunc delle decisioni con le quali viene dichiarata l'illegittimità costituzionale di una norma, aveva anche pregiudicato il diritto dell'imputato a impugnare la decisione negativa, ai sensi dell'art. 464-quater c.p.p., comma 7.

2.3. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, per non avere la Corte d'appello considerato la rilevanza della condotta dell'imputato, con la quale era stato eliso il danno criminale.

3. All'udienza del 9 novembre 2023 si è svolta la discussione orale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per tardività, non potendosi accedere alla richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza della Corte d'appello di Roma.

Al riguardo, deve osservarsi che, in relazione ai concetti di forza maggiore e caso fortuito, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, perciò, è irresistibile, mentre si definisce caso fortuito ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo. Ciò che caratterizza, dunque, il caso fortuito è la sua "imprevedibilità", mentre nota distintiva della forza maggiore è l'elemento della "irresistibilità". Connotazione comune ad entrambi è la "inevitabilità" del fatto (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419 - 01) e tanto introduce il tema della ordinaria diligenza nell'affrontare l'esigenza di rispettare i tempi previsti dal legislatore per l'ordinato svolgimento delle attività processuali. Va, infatti, ribadito che, nel valutare se la mancata presentazione dell'impugnazione nei termini di legge, da parte dell'imputato o della difesa tecnica nel suo interesse, sia riconducibile a colpa o malizia, personale o professionale, della parte (intesa nella sua articolazione di imputato e difensore) ovvero a fattori esterni riconducibili alle nozioni di caso fortuito o forza maggiore, quando ricorrano peculiari o inusuali fattori esterni, il giudice deve in particolare dar conto dell'idoneità o meno di essi a consentire, con l'ordinaria diligenza un'utile ed efficace tempestiva presentazione dell'impugnazione.

Ora, alla stregua di siffatta cornice, s'intende che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, grava sul richiedente che adduce un'ipotesi di forza maggiore l'onere di provare il verificarsi di un impedimento assoluto, tale da rendere vano ogni sforzo umano, che derivi da cause esterne a lui non imputabili (Sez. 1, n. 12712 del 28/02/2020, Giglio, Rv. 278706 - 01).

Per queste ragioni, si è ritenuto che integra un'ipotesi di causa di forza maggiore che giustifica la restituzione in termini, ai sensi dell'art. 175 c.p.p., lo stato di malattia che sia di tale gravità da incidere sulla capacità di intendere e volere dell'interessato, impedendogli per tutta la sua durata (v. anche Sez. 6, n. 51912 del 03/12/2019, Costantino, Rv. 278063 - 0; Sez. 6, n. 2252 del 16/12/2010, dep. 2011, Cutrani, Rv. 249197 - 0) qualsiasi attività (Sez. 3, n. 23324 del 10/03/2016. Piazzi, Rv. 266826 - 01). Più in particolare, si è precisato che non integra un'ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore rilevante ex art. 175 c.p., comma 1, l'impedimento fisico limitato al giorno di scadenza del termine, giacché è imputabile alla parte l'incapacità di organizzare i propri impegni in modo da neutralizzare il rischio di imprevisti dell'ultimo momento. (Sez. 4, n. 11173 del 27/02/2014, Zanoni, Rv. 262088 01).

2. In ogni caso, il ricorso sarebbe inammissibile per manifesta infondatezza e assenza di specificità.

Con riguardo alla prima doglianza, si osserva che la motivazione della sentenza impugnata si muove nel solco argomentativo individuato dal primo giudice, quando ancora non era intervenuta Corte Cost., sent. n. 19 del 2020, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 456 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l'avviso della facoltà dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Il Tribunale, posto che la richiesta di sospensione era stata formulata, aveva osservato, nel merito, che essa non poteva essere accolta, per l'estrema gravità dei fatti contestati e per i precedenti penali dell'imputato, in tal modo esercitando i poteri valutativi attribuitigli dall'art. 464-quater c.p.p., comma 3.

Ora, all'indomani della citata pronuncia della Corte costituzionale, non vi era evidentemente più spazio per una valutazione di irrilevanza in senso tecnico, posto che la questione di legittimità era stata dichiarata fondata. Si trattava piuttosto di valutare le conseguenze, nel processo in corso, della dichiarazione di illegittimità.

Corte Cost., sent. n. 19 del 2020 ha puntualmente osservato che l'omissione dell'avviso del quale si discute integra una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), andando ad incidere sulle forme di "intervento" dell'imputato, ossia sulla partecipazione "attiva" alle vicende processuali.

Tuttavia, trattasi di invalidità non riconducibile alle nullità assolute, poiché questa ultime sono circoscritte, quanto all'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), all'omessa citazione dell'imputato o all'assenza del suo difensore nei casi nei quali ne è obbligatoria la presenza. Venendo, pertanto, in questione una nullità di ordine generale di cui all'art. 180 c.p.p., assume comunque rilievo il criterio dell'interesse di cui all'art. 182 c.p.p., nel suo risvolto del concreto pregiudizio sofferto dall'imputato. In questa prospettiva, la valutazione negativa, che la Corte territoriale ha ribadito, quanto alla prognosi di commissione di nuovi reati (v., ad es., Sez. 4, n. 8158 del 13/02/2020, Cattareggia, Rv. 278602 - 0), vale a confermare che la facoltà processuale al cui esercizio l'avviso era strumentale è stata non solo esercitata in concreto - ciò che emerge dagli atti e che esclude qualunque menomazione delle garanzie spettanti all'imputato - ma anche valutata nel merito.

In altri termini, le ordinanze del 1 ottobre 2015 e del 14 settembre 2018, alla luce del loro contenuto concreto, contengono un provvedimento di diniego, appellabile unitamente alla sentenza (Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237 - 01) e che, per quanto qui rileva, sono state oggetto di una argomentata conferma da parte della Corte territoriale: ne discende che anche il profilo del pregiudizio al potere di ottenere un "doppio sindacato" è privo di qualunque fondamento.

3. Del tutto generica è poi la censura che investe il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del ravvedimento operoso, che viene riproposta, anche in relazione alla ritenuta elisione del danno criminale nel quadro dei presupposti delineati dall'art. 62 c.p., n. 6, in termini meramente assertivi.

4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2023.

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