Nullità dell'atto di citazione a giudizio e notificazione dell'atto introduttivo: le questioni rimesse alle Sezioni Unite

Corte di Cassazione, sez. I Penale, Ordinanza n.9038 del 31/01/2023 (dep. 02/03/2023)

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La Prima Sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 9038 depositata il 2 marzo 2023, ha rimesso alle Sezioni Unite le seguenti due questioni su cui è presente un contrasto giurispudenziale:

1) se il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara la nullità dell'atto di citazione a giudizio - nella specie quello con cui il Giudice di pace ha dichiarato la nullità dell'autorizzazione alla presentazione immediata dell'imputato davanti al Giudice di pace ex art. 20-bis D.Lgs., 28 agosto 2000, n. 274 - per vizi relativi alla sua notificazione e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero sia abnorme perché avulso dal sistema processuale e comunque idoneo a determinare la stasi del procedimento oppure costituisca espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento;

2) se debba procedersi alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ai sensi degli artt. 157 ed eventualmente 159 c.p.p., oppure effettuarsi la notificazione allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. nell'ipotesi in cui imputato elegga domicilio presso il difensore d'ufficio, quest'ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., introdotto della L. 23 giugno 2017, n. 103, e l'imputato non provvede ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio.

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Cassazione penale, sez. I, Ordinanza 31/01/2023 (dep. 02/03/2023) n. 9038

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza indicata nel preambolo il Giudice di Pace di Livorno, per quel che rileva in questa sede, ha dichiarato la nullità dell'atto di citazione a giudizio emesso nelle forme di cui al D.Lgs., 28 agosto 2000, n. 274 art. 20-bis nei confronti di M.K. e S.A., imputati, a vario titolo, di violazioni della normativa in materia di immigrazione e ha disposto la trasmissione degli atti al locale Procuratore della Repubblica per quanto di competenza.

A ragione della decisione ha osservato che l'atto di citazione a giudizio era nullo per essere stato notificato presso i difensori di ufficio di entrambi gli imputati nella qualità di domiciliatari, nonostante gli stessi, avvisati in occasione della redazione del verbale di cui agli artt. 161 e 349 c.p.p. della volontà degli indagati di eleggere domicilio presso i loro rispettivi studi professionali, non avevano, tuttavia, dato assenso alla domiciliazione. Mentre il rifiuto del difensore di E.K.O. era stato verbalizzato, quello del difensore di S.A., nonostante l'annotazione di segno diverso nel verbale redatto dalla polizia giudiziaria, era parimenti dimostrato dalle dichiarazioni rese in udienza dal professionista interessato e dall'indicazione del domicilio dell'indagato, contenuta nel medesimo verbale, del tutto incompatibile con la scelta del domicilio eletto.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Livorno che ha eccepito l'abnormità dell'ordinanza, chiedendo il suo annullamento sulla base di un unico motivo diversamente articolato per i due imputati.

2.1. Con riferimento a E.K., rileva che il decidente ha dichiarato nullo il decreto di citazione a giudizio ingiustificatamente discostandosi dal prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in caso di rifiuto del difensore di ufficio all'elezione di domicilio presso il suo studio e alla conseguente reiterazione della medesima indicazione da parte dell'indagato, privo di idoneo domicilio, la notifica deve essere comunque effettuata al difensore ex art. 161, comma 4, c.p.p..

La declaratoria di nullità risulta non solo erronea ma anche abnorme perché determina una irrimediabile stasi del procedimento. Il pubblico ministero cui sono stati trasmessi gli atti non avrebbe altra scelta che rinnovare la notificazione del decreto di citazione e giudizio presso il difensore domiciliatario ex lege o servendosi di altre modalità di notifica comunque passibili di essere dichiarate, anch'essa, nulle.

2.2. Con riferimento a S., rileva che la notifica della citazione a giudizio è stata regolarmente eseguita presso il difensore di ufficio che, secondo il contenuto del verbale di identificazione, aveva espresso il consenso ad assumere il ruolo di domiciliatario dell'imputato. La natura fidefacente fino a querela di falso del verbale di elezione di domicilio non può essere messa in discussione da una mera rappresentazione alternativa fatta dal difensore in udienza. L'ordinanza impugnata si configura, anch'essa, come un atto abnorme per avere determinato una indebita regressione del procedimento.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento senza rinvio osservando, attraverso il richiamo di numerose sentenze anche a Sezioni Unite (in particolare Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552; Sez. U. n. 22807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999, che fa riferimento in particolare all'ipotesi dell'indebita restituzione degli atti al p.m. per il rinnovo della citazione; Sez. U, n. 10 del 09/07/1997, Baldan, Rv. 208220; Sez. U, n. 8 del 24/03/1995, Cirulli, in motivazione; Sez. U, n. 19 del 18/06/1993, Garonzi, Rv. 194061), che l'atto impugnato aveva dato luogo ad una ipotesi di c.d. regressione anomala del procedimento ad una fase anteriore, nonostante la valida instaurazione del rapporto processuale fra le parti necessarie. La regressione indebita del procedimento va inquadrata all'interno dell'abnormità funzionale che ricorre ogni qual volta (ELIMINARE risultato) l'attività "si esplica oltre ogni ragionevole limite, al di là dei casi consentiti e delle ipotesi previste, pur essendo, in astratto, manifestazione di un potere legittimo, venendo in questo caso stravolto il profilo funzionale (Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, in motivazione)".

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite ex art. 618, comma 1, c.p.p., poiché pone due questioni sulle quali si riscontra un contrasto di soluzioni giurisprudenziali sino ad ora rimasto irrisolto:

- se il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara la nullità dell'atto di citazione a giudizio - nella specie quello con cui il Giudice di pace ha dichiarato la nullità dell'autorizzazione alla presentazione immediata dell'imputato davanti al Giudice di pace ex art. 20-bis D.Lgs., 28 agosto 2000, n. 274 - per vizi relativi alla sua notificazione e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero sia abnorme perché avulso dal sistema processuale e comunque idoneo a determinare la stasi del procedimento oppure costituisca espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento;

- se debba procedersi alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ai sensi degli artt. 157 ed eventualmente 159 c.p.p., oppure effettuarsi la notificazione allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. nell'ipotesi in cui imputato elegga domicilio presso il difensore d'ufficio, quest'ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., introdotto della L. 23 giugno 2017, n. 103, e l'imputato non provvede ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio.

Si tratta di questioni rilevanti per la definizione del giudizio: la prima condiziona in radice l'impugnabilità dell'ordinanza oggetto del ricorso, posto che, in base all'art. 586 c.p.p., le ordinanze dibattimentali, non incidenti sulla libertà personale, sono direttamente ricorribili per cassazione, solo a questa condizione; ove sia configurabile una ipotesi di abnormità, dalla decisione della seconda questione dipende l'accoglimento o il rigetto del ricorso.

2. La questione relativa al carattere abnorme dell'ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero per vizi inerenti alla notificazione dell'atto di citazione a giudizio è oggetto di risposte contrastanti da parte della giurisprudenza di legittimità con riferimento al rito ordinario e, soprattutto, con riferimento al rito dei procedimenti di competenza del Giudice di pace.

2.1 La tesi accolta dal Procuratore ricorrente si uniforma all'indirizzo interpretativo, nettamente prevalente, che reputa l'ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero affetta da abnormità se ha come presupposto l'accertamento di nullità di qualsiasi tipo relative alla notificazione della citazione a giudizio. Secondo tale indirizzo interpretativo, in questo caso, a differenza dell'ipotesi in cui ad essere rilevato è un vizio del decreto di citazione a giudizio, l'ordinanza di trasmissione degli atti oltre ad essere illegittima - perché in contrasto con le norme del codice di rito che attribuiscono al giudice del dibattimento il dovere di disporre la rinnovazione della citazione o della notificazione, a norma del combinato disposto degli artt. 484, comma 2-bis, 420-quater, comma 1 e 420, comma 2, c.p.p., anticipandone l'esercizio già alla fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'art. 143 disp. att. c.p.p. - si colloca al di fuori del sistema processuale, determinando una indebita regressione del procedimento.

Il giudice del dibattimento ha il dovere di porre rimedio all'irritualità della notificazione, ma non il potere di restituire gli atti al pubblico ministero, imponendogli di rinnovarla (il principio è stato enunciato da Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999-01 e confermato dalla successiva giurisprudenza Sez. 1, n. 43486 del 30/09/2021, Cacciarru, n. m.; Sez. 3, n. 28779 del 16/05/2018, Ingrassia, Rv. 273059-01; Sez. 1, n. 43563 del 10/10/2013, confl. comp. in proc. Brognara, Rv. 257415-01; Sez. 1, n. 5477 del 13/01/2010, Mofrh, Rv. 246056-01; Sez. 3, n. 35189 del 25/06/2009, Di Maula, Rv. 244599-01; Sez. 2, n. 34571 del 08/05/2009, Di Girolamo, Rv. 245232-01; Sez. 1, n. 41733 del 06/10/2004, confl. comp. in proc. Varroni, Rv. 229857-01; Sez. 1, n. 29191 del 19/06/2003, Pushkar, Rv. 225065-01; Sez. 5, n. 22950 del 07/04/2003, Perotti, Rv. 224545-01).

Secondo lo stesso orientamento, sussiste, invece, l'abnormità nel caso limite in cui l'ufficio del pubblico ministero ometta del tutto l'attività di notificazione; in questo caso infatti "la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento avviene in violazione dell'art. 553 c.p.p. e si giustifica la restituzione degli stessi al pubblico ministero perché curi lo svolgimento dell'attività indebitamente omessa, senza però che ciò comporti anche la dichiarazione di nullità del decreto di citazione" (Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, in motivazione; nello stesso senso Sez. 5, n. 51402 del 09/04/2013, P.M. in proc. Garzone, Rv. 257889 - 01; Sez. 5, n. 52255 del 05/11/2014, P.M. in proc. Buzzotta, Rv. 262105 - 01).

2.2. I principi sin qui delineati sono stati ritenuti interamente applicabili al procedimento dinanzi al Giudice di pace da recente pronuncia della Prima Sezione penale, la n. 20772 del 04/03/2022, PMT c/ Toure' Mohamed, Rv. 283389-01, e ciò a prescindere dalle formalità di esercizio dell'azione penale e dell'instaurazione del dibattimento, se compiute ai sensi dell'art. 20 o dell'art. 20-bis del D.Lgs. n. 274 del 2000.

In particolare si è affermato che "e' abnorme il provvedimento con cui il giudice di pace, dichiarata non rituale la citazione a giudizio per nullità della notificazione, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero perché vi adempia, posto che determina una indebita regressione del procedimento, in quanto rientra nei poteri del giudice ordinare, in tal caso, la rinnovazione della citazione" sul rilievo, ritenuto decisivo, che "laddove l'art. 29, comma 3 D.Lgs. cit. stabilisce che, all'udienza di comparizione, "nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni", vi provveda il giudice stesso, anche d'ufficio "replica lo schema procedimentale riguardante il processo ordinario".

2.3. Un orientamento minoritario ritiene, invece, di escludere dal perimetro dell'abnormità anche i provvedimenti che dispongono la restituzione degli atti al pubblico ministero come conseguenza dell'accertamento della nullità del procedimento notificatorio del decreto di citazione per la sussistenza di vizi radicali, tali da compromettere la vocatio in ius.

Muovendo dal principio, enunciato da Sez. U n. 25957 del 26/03/2009, dep. 22/06/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590-01 e ribadito dalla successiva giurisprudenza prevalente (Sez. 1, n. 23347 del 23/03/2017, P.M. in proc. Ebrima, rv. 270273-01; Sez. 5, n. 1399 del 14/11/2016, dep. 2017, RM. in proc. Chen, rv. 269080-01; Sez. 2, n. 3738 del 13/01/2015, P.M. in proc. Besio, rv. 262374-01; Sez. 6, n. sez. 6, n. 5159 del 14/01/2014, P.M. in proc. Morra, Rv. 258569-01; Sez. 4, n. 14579 del 25/03/2010, P.M. in proc. Gulino e altro, Rv. 247030-01; contra per l'abnormità Sez. 5 n. 37323 del 22/02/2019, P.m. in proc. Orrù, Rv. 277534-01; Sez. 2, n. 27935 del 3/05/ 2019, Pmt in proc. Betancur Caravajal, Rv. 276214-01; Sez. 2, n. 10358 del 14/01/2020, Pmt in proc. Romanov, Rv. 278427-01), si è affermato che il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata l'invalidità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415-bis c.p.p., in realtà ritualmente eseguita, dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero non è abnorme, in quanto non possono essere qualificati "anomali" i provvedimenti che costituiscono espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento e non determinano la stasi del procedimento. Invero, in tale situazione di errato esercizio da parte del giudice del potere/dovere di verifica della regolarità della citazione il pubblico ministero può disporre la rinnovazione della notificazione dell'atto irritualmente compiuto o omesso, mentre l'abnormità dell'atto è confinata all'ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo.

In quest'ultima prospettiva, è stato precisato che non sono affetti da abnormità i provvedimenti con cui il tribunale dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero a seguito dell'accertamento della nullità della notificazione all'imputato del decreto di citazione per pregressa nullità della dichiarazione di irreperibilità (Sez. 6, n. 9571 del 16/10/2019, dep. 2020, P., Rv. 278622 - 01) o dell'omissione della notifica del decreto di citazione a giudizio al solo difensore (Sez. 2, 24633 del 17/07/2020, PMT C/ Bonculescu Nina, Rv. 279668 - 01) o dell'omessa traduzione nella lingua conosciuta dall'imputato della dichiarazione di elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio (Sez. 1, n. 2263 del 14/05/2014, dep. 2015, P.M. in proc. Tahiri, Rv. 261998 - 01).

Tutte le citate pronunce sottolineano che l'illegittimità di un provvedimento non giustifica di per sé la sua impugnabilità in nome della categoria dell'abnormità, atteso che, diversamente, si svuoterebbe di portata precettiva il principio di tassatività dei casi e dei mezzi di impugnazione esperibili di cui all'art. 568 c.p.p. (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715-01), e che, indipendentemente dalla corretta o meno applicazione dell'art. 143 disp. att. c.p.p., la trasmissione degli atti è comunque espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento processuale, quello di dichiarare la nullità anche delle notificazioni, e non determina la stasi del procedimento posto che l'indebita regressione, le relative conseguenze "sono rimediabili con attività propulsive legittime" del pubblico ministero.

2.4. In questo secondo orientamento - che accede ad una nozione più restrittiva della nozione di abnormità strettamente ancorata alle norme che disciplinano i poteri del giudice procedente nella fattispecie concreta, ritenendo indebita solo la regressione disposta in carenza di potere in astratto o che eccede ogni ragionevole limite connesso all'esercizio dei poteri riconosciuti dall'ordinamento o comunque capace di pregiudicare lo sviluppo successivo del procedimento imponendo atti impossibili o adempimenti che concretizzerebbero atti nulli - si pone l'indirizzo interpretativo che ritiene non abnormi le ordinanze con le quali il giudice di pace, rilevata la irritualità della notificazione della citazione a giudizio nelle forme della presentazione immediata a norma dell'art. 20-bis D.Lgs. n. 274 del 2000, ne disponga la rinnovazione tramite la polizia giudiziaria, restituendo gli atti al pubblico ministero (Sez. 1, n. 30504 del 15/06/2010, P.M. in proc. Balozi, Rv. 248476 - 01; Sez. 1, n. 180 del 01/12/2010, dep. 2011, P.M. in proc. EI Basuni, Rv. 249433 - 01; Sez. 1, n. 587 del 10/12/2010, dep. 2011, P.M. in proc. Misski Rv. 249442 - 01).

Ritengono queste pronunce che, alla luce dei moduli procedimentali previsti per il procedimento dinnanzi al giudice di pace dagli artt. 20-bis e 20-ter del D.Lgs. n. 274 del 2000, il regresso disposto per nullità della notificazione dell'atto introduttivo sia fisiologico, non costringa il pubblico ministero a procedere ad atti impossibili o in violazione di norme previste a pena di nullità e non produca alcuna irreversibile situazione di stallo.

Le citate disposizioni "ricalcano il modello del giudizio direttissimo per l'imputato a piede libero o detenuto dinanzi al Tribunale... sicché, come per le ipotesi di giudizio direttissimo, deve di conseguenza ritenersi che, se non c'e' la presentazione a giudizio, attuata mediante la conduzione o la notificazione, il Giudice di pace non può procedere al giudizio speciale. D'altronde l'art. 32-bis, che regola lo svolgimento del giudizio a presentazione immediata e detta le regole particolari per termini a difesa e presentazione di testimoni (persona offesa e consulenti) prima ricordate, richiama soltanto l'art. 32 e non anche l'art. 29, che al comma 3 prevede la rinnovazione della citazione o delle relative notificazioni a cura del giudice di pace. Mentre il collegamento sistematico delle varie disposizioni non può che condurre alla conclusione che il legislatore ha anzi chiaramente inteso escludere l'applicabilità di detto articolo, che reca previsioni tutte incompatibili con i tempi e le scansioni nei procedimenti speciali instaurabili ex artt. 20-bis e 20-ter"(Sez. 1, n. 30504 del 15/06/2010, P.M. in proc. Balozi, Rv. 248476 - 01).

3. Nella giurisprudenza di questa Corte ha ricevuto soluzioni opposte anche la questione relativa alle modalità di esecuzione della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio nell'ipotesi in cui il difensore d'ufficio non accetti la veste di domiciliatario, come consentitogli dal comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., introdotto della L. 23 giugno 2017, n. 103, e l'imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio.

3.1. Secondo un primo orientamento, richiamato dal pubblico ministero ricorrente a sostegno della prospettazione favorevole alla validità degli atti compiuti, in tale ipotesi si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile (Sez. 2, n. 27935 del 03/05/2019, PMT C/ Betancur Caravajal, Rv. 276214-01; Sez. 2, n. 10358 del 14/01/2020 PMT C/ Romanov Roman, Rv. 278427-01).

Le citate sentenze ritengono che il quadro delineato dalle norme che regolano le modalità e gli effetti dell'elezione di domicilio (gli artt. 161, comma 1, 162, comma 4-bis, e 164, comma 4, c.p.p.) sia rimasto immutato anche a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 103 del 2017. Pertanto, l'imputato che ha esercitato la facoltà di eleggere domicilio presso il difensore di ufficio, ha ancora l'onere di conservare, entro il limite della esigibilità della condotta diligente, i rapporti con il domicilio eletto, mentre il rifiuto della persona indicata quale domiciliataria di svolgere tale funzione rende l'elezione inidonea a perseguire lo scopo cui è finalizzata (cfr. Sez. 5, n. 8825 del 1/10/1997, Pollari, Rv. 208612-01) e legittima, pertanto, il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell'atto al difensore, sia esso di fiducia o d'ufficio, a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p. (Sez. 5, n. 33882 del 04/05/2017, Moros Vega, Rv. 271609-01; Sez. 1, n. 4783 del 25/01/2012, Roman, Rv. 251863-01; Sez. 4, n. 31658 del 20/05/2010, Rei, Rv. 248099-01).

3.2. Secondo l'orientamento contrapposto, invece, la linea interpretativa sopra riassunta non può essere seguita, perché finisce per rendere inoperante la disposizione di cui al comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p. e per eluderne la finalità sicché, qualora il difensore d'ufficio non abbia accettato la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell'art. 162 c.p.p., e l'imputato non abbia provveduto ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica secondo le prescrizioni dettate dagli artt. 157 e 159 c.p.p. (Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, PMT C/ Joseph Austin, Rv. 281198 - 01; Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, Stroe.

In favore di questa soluzione milita la ratio che ha portato all'introduzione dell'innovativo comma 4-bis dell'art. 162 "di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parte di soggetto indagato ed assistito da difensore d'ufficio in dipendenza della designazione, operata dall'autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria che procede e che, non derivando da una scelta fiduciaria dell'interessato, di cui il legale sia consapevole, non assicura quei contatti e quelle comunicazioni, che sono necessari per garantire il pieno dispiegamento della difesa. Il legislatore ha inteso approntare un meccanismo che, al di là della regolarità formale dell'elezione di domicilio e delle conseguenti notificazioni, realizzi la possibilità per l'indagato di ricevere le notizie sul contenuto dell'accusa e sul processo e quindi di scegliere se presenziare o meno alla sua celebrazione" (Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, PMT C/ Joseph Austin).

La disposizione in esame, in altri termini, configura l'inefficace elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio non consenziente come causa di insussistenza di un domicilio scelto dall'interessato e non soltanto di inidoneità o insufficienza ai sensi e per gli effetti dell'art. 161, comma 4, c.p.p., tenendo in tal modo in considerazione la "condizione del soggetto che sia privo di difensore di fiducia e non sia nemmeno in grado di indicare un luogo ove ricevere le notificazioni degli atti processuali perché privo di fissa dimora" (Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, Stroe Constantin, Rv. 283566 - 01).

Così interpretata la modifica normativa si inserisce perfettamente in un contesto normativo non imperniato sul sistema presuntivo di conoscenza, legato alla mera regolarità formale del procedimento notificatorio, ma "orientato a garantire che l'assenza al processo dell'imputato sia ascrivibile ad una determinazione di rinuncia volontaria e non alle disfunzioni che possono crearsi nel rapporto professionale con un difensore d'ufficio, destinatario di un'elezione di domicilio rifiutata e resa priva di efficacia" in sintonia con le argomentazioni ed il principio di diritto formulato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 23948 del 28/11/2019, Ismail, Rv. 279420, per la quale: "Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa". Ne' di ostacolo a tale opzione ermeneutica risulta la prospettata verificazione di una situazione di stallo insuperabile del processo, che è meramente eventuale, non potendo escludersi a priori che le ricerche dell'indagato, condotte aì sensi degli artt. 157 e 159 c.p.p. successivamente ad un'elezione di domicilio non efficace, ne consentano il reperimento (Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, PMT C/ Joseph Austin).

8. In ragione dei rilevati contrasti, gli atti vanno rimessi alle Sezioni unite perché risolvano entrambe le questioni analiticamente indicate al paragrafo 1. della parte in diritto.

P.Q.M.

Rimette il ricorso alle Sezioni unite.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2023.

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