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Ricorso per cassazione senza specifico mandato a impugnare? Sì all’inammissibilità de plano

Corte di Cassazione, sez. II Penale, Ordinanza n.4800 del 15/01/2024 (dep. 02/02/2024)

Se il difensore, privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla pronuncia della sentenza, presenta un ricorso per cassazione, è possibile dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione con procedimento “de plano” ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis, c.p.p.

Lo ha stabilito la Seconda Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 4800 depositata il 2 febbraio 2024.

Il caso di specie riguardava una donna condannata per reati previsti dagli artt. 633 e 639-bis del codice penale, che aveva impugnato la sentenza di condanna tramite il proprio difensore. Tuttavia, il difensore non era in possesso del necessario mandato specifico, un requisito introdotto con l'art. 33, comma 1, lettera d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e applicabile per le impugnazioni presentate dopo il 30 dicembre 2022.

La norma richiede esplicitamente che, in caso di assenza dell'imputato, l'atto di impugnazione sia accompagnato da un mandato ad impugnare, con la specificazione che questo deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza. La Corte ha sottolineato come la mancanza di tale mandato si configuri come un difetto di legittimazione alla presentazione del ricorso, precludendo quindi la possibilità di un'efficace partecipazione al processo da parte dell'imputato.

Inoltre, è stato evidenziato che, anche se il processo di appello si fosse svolto in assenza dell'imputata, la nuova disposizione normativa trova applicazione, enfatizzando la necessità di garantire la consapevolezza e la volontà dell'imputato nel procedere con l'impugnazione.

La Corte ha deciso per l'inammissibilità del ricorso con procedimento "de plano", ovvero senza necessità di ulteriori formalità procedurali, basandosi sull'art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., che consente tale dichiarazione in casi specifici di difetto di legittimazione.

Ricorso per cassazione, difensore privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza, dichiarazione di inammissibilità con procedimento “de plano”, applicabilità

Nel caso di ricorso per cassazione proposto, in violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., da un difensore privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza, è possibile dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione con procedimento “de plano” ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.

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Cassazione penale, sez. II, ordinanza 15/01/2024 (dep. 02/02/2024) n. 4800

RITENUTO IN FATTO


1. Con sentenza del 25 settembre 2023 la Corte di appello di Milano confermava la decisione, emessa il 20 luglio 2022, con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato St.El. alla pena ritenuta di giustizia per il reato previsto dagli artt. 633 e 639-bis cod. pen.

2. Ha proposto ricorso l'imputata, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da un difensore non munito dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall'imputata dopo la pronuncia della sentenza di appello.

2. L'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, prevede che "Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l'atto d'impugnazione del difensore è depositato, a pena d'inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio".

In ragione della disposizione transitoria di cui all'art. 89, comma 3, del citato decreto, la nuova norma è applicabile alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto stesso (30 dicembre 2022), essendo irrilevante che la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima o dopo l'entrata in vigore della riforma.

Nel caso in esame l'imputata fu dichiarata assente nel primo grado di giudizio, il suo difensore impugnò la sentenza del Tribunale nella vigenza della precedente normativa e il giudizio di appello si svolse senza trattazione orale.

Si deve ritenere, pertanto, che anche nel giudizio di secondo grado, celebratosi con trattazione cartolare, l'imputata fu giudicata in assenza, considerato che, secondo quanto disposto dal comma 1 dello stesso articolo 89, "quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti".

Inoltre, all'epoca della presentazione dell'appello non era ancora in vigore l'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., cosicché il difensore impugnò la sentenza senza essere munito di mandato specifico ad impugnare, prima non richiesto, che avrebbe assicurato una sicura conoscenza del processo in capo alla ricorrente.

La fattispecie, dunque, è diversa da quella esaminata in una recente pronuncia di questa Corte, nella quale il giudizio di appello si era svolto con procedimento camerale non partecipato ma l'imputato era stato presente in primo grado, cosicché non poteva essere considerato "giudicato in assenza" e conseguentemente beneficiare dell'aumento di quindici giorni del termine per l'impugnazione previsto dall'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 49315 del 24/10/2023, L., Rv 285499-01).

3. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, la nuova causa di inammissibilità di cui al citato comma, nella parte in cui si riferisce alla necessità di depositare lo specifico mandato a impugnare, si applica anche al ricorso per cassazione, sicché, ove la sentenza impugnata sia stata pronunciata in data successiva al 30 dicembre 2022, è necessario lo specifico mandato per proporre ricorso per cassazione.

Ha osservato questa Corte che "l'intenzione del legislatore nel prevedere uno specifico mandato ad impugnare, deve ritenersi senz'altro applicabile al giudizio di cassazione non solo in ragione della collocazione sistematica della norma "Forme dell'impugnazione", nell'ambito del libro IX dedicato in generale alle impugnazioni, ma anche in considerazione della ratio sottesa alla Riforma che è quella di selezionare le impugnazioni, anche per il giudizio di cassazione, avendo comunque attenzione alla salvaguardia dei diritti delle parti e delle garanzie del giusto processo (in tal senso si muove la radicale rivisitazione del processo in absentia)" (così Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, Makhatar, Rv. 285444-01; in senso conforme, fra le pronunce massimate, v. Sez. 3 n. 46690 del 09/11/2023, Baum, Rv. 285342-01; Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525-01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 285324-02; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353-01; Sez. 2, n. 40824 del 13/09/2023, Karaj, Rv. 285256-02; Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305-01).

Va poi considerato che il d. lgs. n. 150 del 2022 ha modificato l'art. 629-bis cod. proc. pen., dando rilievo alla prova della mancata conoscenza della pendenza del processo, prima della pronuncia della sentenza, con riferimento anche al giudizio di appello, come si evince chiaramente dal disposto del comma 3, secondo il quale, se la richiesta viene accolta, la Corte di appello revoca la sentenza e "dispone la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità" (diversamente dal previgente testo dello stesso comma, che prevedeva la trasmissione degli atti al solo giudice di primo grado).

Questa e altre argomentazioni sono state correttamente utilizzate per sostenere l'applicabilità dell'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. anche al ricorso per cassazione. Numerose pronunce, poi, hanno escluso che questa disciplina vulneri i princìpi costituzionali e convenzionali in tema di giusto processo. Si è in presenza, dunque, di giurisprudenza costante e consolidata.

4. La questione nuova che il Collegio è chiamato a decidere riguarda la possibilità, nel caso di ricorso per cassazione proposto da un difensore privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, di dichiarare la inammissibilità dell'impugnazione con procedimento de plano ("senza formalità di procedura").

L'art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. stabilisce, nella prima parte in questa sede rilevante, che "Nei casi previsti dall'articolo 591, comma 1, lettere a), limitatamente al difetto di legittimazione, b), e), esclusa l'inosservanza delle disposizioni dell'articolo 581, e d), la corte dichiara senza formalità di procedura l'inammissibilità del ricorso".

Dispone l'art. 591, comma 1, del codice di rito che "L'impugnazione è inammissibile:

a) quando è proposta da chi non è legittimato o non ha interesse;

b) quando il provvedimento non è impugnabile;

c) quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 585 e 586;

d) quando vi è rinuncia all'impugnazione".

La mancanza di specifico mandato a impugnare rilasciato dall'imputato dopo la pronuncia della sentenza impugnata integra senza dubbio un difetto di legittimazione, al pari di un ricorso presentato personalmente dall'imputato o da un difensore non iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, ipotesi per le quali si procede sempre de plano.

Dal combinato disposto delle norme richiamate risulta che da una parte la dichiarazione di inammissibilità senza formalità di procedura sarebbe consentita ("limitatamente al difetto di legittimazione") e dall'altra sarebbe preclusa ("quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581...").

Ritiene il Collegio che il contrasto fra le due disposizioni, sulla base di una interpretazione sistematica, vada risolto dando prevalenza alla prima, che consente detta procedura nella ipotesi di difetto di legittimazione, potendosi ritenere che il riferimento all'art. 581 nella sua interezza, in detto comma, sia rimasto invariato solo per un difetto di coordinamento tra norme e quindi che debba intendersi escluso dal divieto di applicazione della procedura de plano il caso di inammissibilità previsto dal comma 1-quater dell'art. 581 cod. proc. pen., inserito dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.

Questa conclusione risulta coerente avuto riguardo alla radicalità del vizio (difetto di legittimazione), che impedisce ex se l'instaurazione di un corretto contraddittorio cui invece si darebbe spazio con la fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 611 del codice di rito.

4. All'inammissibilità dell'impugnazione proposta segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 15 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2024.

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