Il centro per migranti di Gjader, in Albania, può essere equiparato a tutti gli effetti ai Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) previsti dall’art. 14 del D.lgs. 286/1998.
Lo ha affermato la Sezione Prima penale della Cassazione, con la sentenza n. 17510 depositata l'8 maggio 2025.
La vicenda
Il caso riguardava un cittadino marocchino, trasferito nel CPR di Gjader dopo un decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Napoli il 31 marzo 2025.
Il trattenimento iniziale, disposto presso il CPR di Palazzo San Gervasio, era stato convalidato dal Giudice di pace di Melfi.
Una volta condotto in Albania, il migrante ha presentato, il 17 aprile, una domanda di protezione internazionale: nello stesso giorno, il Questore di Roma ha disposto un nuovo trattenimento ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 142/2015, ritenendo la domanda strumentale.
Tuttavia, la Corte d’appello di Roma ha rigettato la convalida del trattenimento.
La decisione della Cassazione
Accogliendo il ricorso del Ministero dell’Interno, la Cassazione ha chiarito che la normativa vigente (L. 14/2024, come modificata dal D.L. 37/2025) non preclude il trattenimento presso il CPR albanese anche in caso di presentazione di una domanda d’asilo, se la persona vi si trova già legittimamente trattenuta ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 286/1998.
Il centro di Gjader è equiparato, a tutti gli effetti, ai CPR italiani: ciò significa che, anche dopo la presentazione della domanda di protezione internazionale, il trattenimento può proseguire, se vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda sia stata proposta al solo fine di ritardare o impedire l’esecuzione del rimpatrio (art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015).
La Corte ha inoltre sottolineato che il trasferimento da un CPR italiano a quello albanese non fa venir meno il titolo giuridico del trattenimento e non altera la procedura amministrativa in corso.
Il principio di diritto affermato
Secondo quanto stabilito dalla Cassazione, il migrante richiedente asilo che presenta domanda di protezione mentre si trova già trattenuto nel centro di Gjader, non deve essere automaticamente trasferito in Italia.
Al contrario, se il cittadino extracomunitario si trova già legittimamente nel centro albanese a seguito di un provvedimento di trattenimento convalidato da un giudice italiano, allora il suo trattenimento può proseguire anche dopo la richiesta di asilo. Questo vale in particolare nei casi in cui ci siano elementi per ritenere che la domanda sia stata presentata esclusivamente per ritardare l’espulsione.
In sostanza, la Suprema Corte ha affermato che il CPR di Gjader va considerato a tutti gli effetti come un CPR italiano, e dunque anche qui si applicano le regole previste dal nostro ordinamento in tema di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale.
Profili costituzionali e garanzie procedurali
La Corte ha anche preso atto della sentenza n. 39/2025 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità del rito camerale senza contraddittorio previsto dal D.L. 145/2024 in tema di convalida del trattenimento.
Ha pertanto ritenuto applicabile, per analogia, la procedura prevista per il mandato d’arresto europeo ordinario (art. 22, commi 3 e 4, L. 69/2005), che garantisce un confronto tra le parti e l’integrità delle garanzie difensive.
Contesto normativo e operativo
Il D.L. 37/2025 e il Protocollo Italia-Albania prevedono che nei centri situati in Albania possano essere trattenuti migranti irregolari in attesa di rimpatrio e richiedenti asilo per i quali sussistano motivi di trattenimento. Il CPR di Gjader è formalmente incluso tra le strutture analoghe a quelle italiane, anche per quanto riguarda le garanzie procedurali e i diritti fondamentali riconosciuti ai migranti.
La relazione illustrativa al decreto legge conferma che il trattenimento del richiedente asilo in Albania è ammesso se esistono motivi per ritenere strumentale la richiesta. Inoltre, le tutele sono garantite, dato che il centro è formalmente equiparato ai CPR italiani.
Conclusione
La pronuncia in esame segna un punto di svolta nella gestione dei rimpatri verso l’Albania. Rafforza l’efficacia dell’accordo Italia-Albania e chiarisce che il trattenimento può proseguire anche dopo una domanda d’asilo, purché non sia presentata in modo pretestuoso. Resta comunque imprescindibile la valutazione individuale del caso concreto e la tutela del diritto alla difesa nel rispetto del principio del giusto processo.
L'art. 3, comma 2, della L. 14/2024, come modificato dal D.L. 37/2025, non impedisce l'applicazione dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. 142 del 2015 nel caso in cui il cittadino extracomunitario (ospitato presso il CPR di Gjader in forza di provvedimento convalidato ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. 286/98), presenti domanda di protezione internazionale; conseguentemente, è legittimo il trattenimento del cittadino straniero presso detta struttura anche dopo la presentazione della domanda poiché detto centro va equiparato, a tutti gli effetti, ai centri previsti dall'articolo 14, comma 1, D.Lgs. 286/98.
Cassazione penale, sez. I, sentenza 08/05/2025 (dep. 08/05/2025) n. 17510
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe la Corte di appello di Roma, in composizione monocratica, non ha convalidato il trattenimento del cittadino extracomunitario Ha.Ac., disposto in data 17 aprile 2025 dal Questore di Roma, ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 142/2015, nel Centro Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Gjader (sito in Albania) a seguito della domanda di protezione internazionale proposta dal medesimo in pari data; per la stessa persona, in precedenza, era stato disposto un altro provvedimento di trattenimento ex art. 14 D.Lgs. 286/98 convalidato dal Giudice di pace di Melfi.
La Corte territoriale ha escluso di potere convalidare il trattenimento poiché il predetto cittadino extracomunitario - nel corso della sua permanenza presso il CPR di Gjader in attesa di essere espulso - aveva mutato la propria condizione giuridica avendo proposto una valida domanda di protezione internazionale, di talché egli non rientrava più nelle categorie di soggetti individuati dall'art. 3, comma 2, della 1.14/2024 e che possono essere condotti nelle aree di cui all'art. 1, paragrafo 1, lett. c) del Protocollo tra Italia ed Albania.
Quindi, secondo la Corte di appello, le aree di cui al citato Protocollo sono equiparate alle zone di frontiera o di transito, nelle quali sono consentiti l'ingresso e la permanenza dei migranti nel territorio albanese al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio, ma non anche il trattenimento ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 142/2015.
2. Avverso tale decisione il Ministero dell'Interno e la Questura di Roma, per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, hanno proposto ricorsi per cassazione affidati ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per il suo annullamento.
2.1. I ricorrenti lamentano, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della 1.14/2024, come modificata dal D.L. 37/2025 e dell'art. 6, comma 3, del D.Lgs. 145/2015. Al riguardo osservano che la Corte territoriale ha violato le ordinarie regole ermeneutiche poiché le disposizioni citate consento il trattenimento in Albania anche delle persone destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati ai sensi del citato art. 6, quale è Ha.Ac. che vi era stato trasferito a seguito della emissione nei suoi confronti di un provvedimento di trattenimento in pendenza della procedura di espulsione.
2.2. Inoltre, deducono che il citato art. 3, comma 2, si limita a delineare le categorie di soggetti "trasferibili" nei centri in Albania senza prevedere alcuna delimitazione sui titoli di trattenimento e che, in virtù del richiamo operato dall'art. 4, comma 1, L. 14/2024 (ratifica del Protocollo tra Italia e Albania), devono trovare applicazione su territorio albanese tutte le norme in materia di immigrazione e asilo, ivi compreso dunque l'articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 142/2015 (normativa, peraltro, citata espressamente). Pertanto, il richiedente asilo - sia che si trovi presso il centro di Gjader o presso altro CPR - rimane sempre e comunque in stato di trattenimento quando si hanno fondati motivi, come nel caso in esame, di ritenere che la domanda sia strumentale e miri ad impedire l'esecuzione del provvedimento di espulsione o respingimento.
3. Il sostituto Procuratore generale Gianluigi Pratola ha depositato memoria con la quale ha chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato.
4. L'avv. SALVATORE FACHILE, difensore di Ha.Ac., ha depositato articolata memoria (con allegati), concludendo per il rigetto dei ricorsi.
5. All'esito della udienza in camera di consiglio, le parti hanno concluso nei termini sopra trascritti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, in ordine alla procedura applicabile al presente procedimento, deve ricordarsi che la nuova disciplina del processo di cassazione sulla convalida del trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione internazionale, introdotta dal D.L. 145 del 2024, conv. con L. 187 del 2024, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima - con la recente sentenza n. 39/2025 della Corte costituzionale - nella parte in cui essa dispone che in detto giudizio trovi applicazione la norma, dettata per il processo di legittimità in materia di mandato d'arresto europeo consensuale, secondo cui la Corte di cassazione giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento delle parti.
Secondo la Consulta, la nuova disciplina, nella parte in cui estende al giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento un modello processuale - quale è, appunto, la procedura in materia di mandato d'arresto europeo consensuale - è strutturalmente inidonea ad assicurare alle parti un momento di confronto dialettico scritto o orale e sconfina nella manifesta irragionevolezza. L'inadeguatezza del rito delineato dalla novella deriva dalla eterogeneità, oggettiva e funzionale, tra il giudizio in materia di mandato d'arresto europeo consensuale, per il quale la procedura in questione è stata concepita, e il giudizio concernente la convalida del trattenimento dello straniero, al quale la stessa procedura è stata estesa.
Infatti, ha sottolineato il Giudice delle leggi, la particolare speditezza e semplificazione del procedimento in materia di mandato d'arresto europeo consensuale si giustifica, oltre che in ragione della garanzia dell'habeas corpus e della necessità di concludere la procedura di consegna entro i termini imposti dalla decisione quadro 2002/584/GAI, anche perché, per effetto del consenso prestato dall'interessato, l'oggetto del controllo giudiziale è più limitato.
1.1. Per converso, il giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento è caratterizzato dalla contrapposizione delle parti e può estendersi alla verifica di profili che eccedono la regolarità dell'adozione della misura restrittiva in sé considerata.
La Corte costituzionale ha, quindi, individuato nella disciplina procedurale sul mandato d'arresto europeo ordinario dettata dall'art. 22, commi 3 e 4, della L. n. 69 del 2005 il modello normativo utile alla ricostruzione del frammento precettivo rimosso.
In linea con la sua consolidata giurisprudenza, secondo la quale la soluzione normativa utile a porre rimedio alla violazione riscontrata deve essere in relazione di prossimità con la fattispecie in scrutinio - e, quindi, in linea con la logica in essa perseguita dal legislatore -, la Consulta ha ritenuto che il procedimento di legittimità in materia di mandato d'arresto ordinario costituisca il referente normativo più vicino alla disciplina dichiarata parzialmente illegittima.
Esso, infatti, condivide con il rito relativo al mandato d'arresto europeo consensuale, assunto a paradigma dalla disposizione censurata, la funzione e l'oggetto, pur distinguendosene per la maggiore ampiezza della cognizione riconosciuta al giudice di legittimità oltre che per un più articolato iter includente l'udienza camerale. La procedura di cui all'art. 22, commi 3 e 4, L. numero 69 del 2005, quindi, non solo costituisce un modulo processuale agile, semplificato e capace di assicurare la definizione del giudizio di legittimità entro un lasso temporale assai contenuto, ma, offrendo alle parti la possibilità di essere sentite, mantiene integro il nucleo essenziale delle garanzie giurisdizionali alle stesse riconosciute.
1.2. Ciò posto, il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
2. Anzitutto, l'art. 3, comma 2, della L. 14/2024 (come modificato dal D.L. n.37 del 28 marzo 2025) prevede che nelle aree di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del Protocollo possono essere condotte persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso nonché quelle destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati ai sensi dell'articolo 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Il quarto comma del medesimo articolo stabilisce poi che le strutture indicate alle lettere A) e B) dell'allegato 1 al Protocollo (tra cui il CPR di Gjader) sono equiparate a quelle previste dall'articolo 10-ter, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Il trasferimento effettuato dalle strutture di cui all'articolo 14, comma 1, del citato testo unico immigrazione, alla struttura di cui alla lettera B) dell'allegato 1 al Protocollo non fa venire meno il titolo del trattenimento adottato ai sensi del medesimo articolo 14, né produce effetti sulla procedura amministrativa cui lo straniero è sottoposto.
3. Con particolare riguardo alla posizione di Ha.Ac. dal provvedimento della Corte di appello di Roma (e dalla documentazione in atti) si evince che il predetto aveva fatto ingresso illegale nel territorio italiano in data 30 novembre 2021 dalla frontiera di Lampedusa e che nei suoi confronti era stato emesso decreto di espulsione dal Prefetto di Napoli il giorno 31 marzo 2025 ai sensi dell'art. 13, comma 2, lett. c), D.Lgs. 286/98 e, in pari data, trattenimento ai sensi dell'art. 14, comma 1, D.Lgs. 286/98 presso il CPR di Palazzo San Gervasio.
Il predetto trattenimento era stato poi convalidato dal Giudice di pace di Melfi il 2 aprile 2025 e, in data 11 aprile 2025, il cittadino extracomunitario era stato condotto in Albania e trasferito presso il CPR di Gjader, in attuazione del D.L. 37/2025; in data 17 aprile 2025 Ha.Ac. ha presentato domanda di protezione internazionale e lo stesso giorno il Questore di Roma ha disposto il suo trattenimento ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 142/2015 per il pericolo di fuga e la strumentalità della domanda stessa. La citata domanda di asilo è stata poi respinta dalla Commissione Territoriale di Roma con provvedimento del 18 aprile 2025.
4. Orbene, sulla base del tenore letterale delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie, deve ritenersi che il trattenimento disposto dal Questore di Roma - a seguito della domanda di protezione internazionale avanzata da Ha.Ac. - non era precluso dal fatto che in quel momento egli si trovasse già a Gjader, dato che la sua presenza presso tale CPR era legittima in quanto fondata sul trattenimento conseguente la procedura di espulsione e poiché non è vietato il trattenimento presso di essa del cittadino extra comunitario richiedente asilo. In sostanza, l'art. 3, comma 2, della L. 14/2024 (come modificato dal D.L. 37/2025) consente il trattenimento del cittadino extracomunitario presso il CPR albanese a seguito di domanda di protezione internazionale, qualora egli vi si trovi già in forza di un legittimo provvedimento emesso ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. 286/98, come verificatosi nel caso di specie, dato che tale centro è equiparato - a tutti gli effetti - agli altri centri di cui all'articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 286 del 1998 ed in quanto il trasferimento effettuato dalle strutture di cui all'articolo 14, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 alla struttura di cui alla lettera B) dell'allegato 1 al Protocollo non fa venire meno il titolo del trattenimento adottato ai sensi del medesimo articolo 14, né produce effetti sulla procedura amministrativa cui lo straniero è sottoposto.
4.1. Inoltre, l'art.1, comma 2, del D.L. 37/2025 consente anche il trasferimento presso la struttura indicata alla lett. B) del Protocollo (CPR di Gjader), degli stranieri destinatari di decisioni di rimpatrio, già trattenuti nei CPR nazionali ai sensi dell'art. 14, del D.Lgs. 286/98, e, quindi, già vagliati nelle singole posizioni personali in sede di convalida dalla competente Autorità giudiziaria.
4.2. Deve aggiungersi che il citato Protocollo Italia - Albania delinea la nozione di "migranti" come cittadini di Paesi terzi e apolidi per i quali deve essere accertata la sussistenza o è stata accertata l'insussistenza dei requisiti per l'ingresso, il soggiorno o la residenza nel territorio della Repubblica Italiana";
inoltre, in esso viene indicato che i Centri situati nel Paese terzo possono servire anche per l'"attesa" della decisione della protezione internazionale, nonché per la verifica del diritto alla "permanenza sul territorio italiano" (quindi non solo dell'ingresso" nel territorio nazionale) e, soprattutto, esplicita, in relazione all'Area B) vale a dire il CPR di Gjader, che la medesima sia destinata alla realizzazione delle strutture per l'accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti non aventi diritto all'ingresso e alla permanenza nel territorio italiano (Gjader), a ciò non ostando che quell'Area sia equiparata alle zone di frontiera o di transito italiane (cfr. allegato n.1 del Protocollo).
Deve pure escludersi che il D.L. 37/2025 si ponga in contrasto con il citato Protocollo e, in particolare, con l'art. 4, comma 3, di esso, poiché dal contenuto dello stesso non si evince alcuna preclusione al trattenimento del cittadino extracomunitario presso il CPR di Gjader, ma piuttosto la specificazione che in Albania possono essere condotti soltanto soggetti sottoposti alle procedure di frontiera e di rimpatrio (al quale è connesso il trattenimento) e non anche, ad esempio, soggetti in espiazione di pena e sottoposti a misure cautelari. Deve poi aggiungersi che, stante la incontestata equiparazione tra il citato CPR e quelli esistenti nel territorio italiano, le garanzie per il cittadino extra comunitario sono le medesime a prescindere dal CPR in cui si trova.
Per tali ragioni deve quindi ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.L. 37/2025 sollevata dal difensore poiché detta normativa non si pone in contrasto con il citato Protocollo.
4.3. Ne consegue che, trovandosi Ha.Ac. presso il CPR di Gjader in esecuzione di un provvedimento di trattenimento disposto nei suoi confronti ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. 286/1998 pendente la procedura di espulsione, la presentazione della domanda di protezione internazionale non impediva - di per sé sola - che il successivo trattenimento ex art. 6 D.Lgs. 142/2015 venisse eseguito presso tale struttura ove egli già si trovava legittimamente e che, come visto, è equiparato a tutti gli effetti ai centri di cui al comma 1 del citato art. 14.
4.4. Tale interpretazione della normativa, inoltre, trova conferma anche nella relazione illustrativa di accompagnamento del D.L. 37/2025, secondo cui: "Anche allo straniero, trasferito dalle strutture di cui all'articolo 14, comma 1, del citato
testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 alla struttura di cui alla lettera B) dell'allegato 1 annesso al Protocollo, si applica - in forza di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, della citata legge n. 14 del 2024 - l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, ai sensi del quale il richiedente protezione internazionale rimane nel centro quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda sia stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del rimpatrio. Pertanto, lo straniero trasferito da un centro di cui all'articolo 14 del citato testo unico permane nella struttura analoga di cui alla lettera B) dell'allegato 1 annesso al Protocollo, anche qualora presenti una domanda di protezione internazionale avente lo scopo sopra evidenziato".
5. Si impone, pertanto, l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di appello di Roma, in composizione monocratica, per nuovo giudizio in ordine alla convalida del trattenimento di Ha.Ac., disposto in data 17 aprile 2025 dal Questore di Roma, ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 142/2015, alla luce del seguente principio di diritto: " L'art. 3, comma 2, della L. 14/2024, come modificato dal D.L. 37/2025, non impedisce l'applicazione dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. 142 del 2015 nel caso in cui il cittadino extracomunitario (ospitato presso il CPR di Gjader in forza di provvedimento convalidato ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. 286/98), presenti domanda di protezione internazionale;
conseguentemente, è legittimo il trattenimento del cittadino straniero presso detta struttura anche dopo la presentazione della domanda poiché detto centro va equiparato, a tutti gli effetti, ai centri previsti dall'articolo 14, comma 1, D.Lgs. 286/98".
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, l'8 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria l'8 maggio 2025.