Pubblicato il

Stalking condominiale: in quali casi scatta il reato?

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.20386 del 01/04/2025 (dep. 03/06/2025)

In un contesto condominiale, quali sono i presupposti per configurare il reato di stalking?

Sulla questione è intervenuta la Cassazione,  sez. V penale, con la sentenza n. 20386 depositata il 3 giugno 2025.

La vicenda

Il caso nasce da un conflitto tra vicini: due imputati, marito e moglie, erano stati condannati nei gradi di merito per condotte aggressive, minacciose e moleste ai danni di diversi condomini. Le vittime si erano costituite parte civile e chiedevano il risarcimento del danno. Ma non tutte le richieste si basavano su prove specifiche. Da qui il nodo: il reato può dirsi consumato anche se l'evento tipico non si verifica in ciascuna delle persone offese?

La normativa in materia

Il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. è un reato abituale di evento, che si distingue dalle molestie e dalle minacce perché comporta un danno più rilevante:

  • un grave e perdurante stato d'ansia o di paura, oppure

  • un fondato timore per l'incolumità propria o di persone vicine, oppure

  • una forzata modifica delle abitudini di vita della vittima.

L'art. 612-bis c.p. richiede che questo evento sia specificamente provato per ciascun soggetto offeso, non essendo sufficiente un generico clima di disagio all'interno del condominio.

La decisione della Corte

Nel caso in esame, la Cassazione ha confermato la responsabilità penale dei ricorrenti solo nei confronti di tre condomini: le loro testimonianze avevano evidenziato con precisione gli effetti delle condotte persecutorie subite, come l’insorgere di stati di ansia, modifiche nelle abitudini quotidiane e timore per la propria sicurezza e quella dei familiari.

Al contrario, per gli altri condomini costituiti parte civile mancava la prova specifica dell'evento tipico richiesto dalla norma: la sola percezione di un clima di tensione nel condominio, anche se riferita dall’amministratore o dal portiere, non è sufficiente per configurare il reato.

La Corte ha quindi annullato senza rinvio la sentenza nella parte in cui riconosceva il reato anche nei confronti degli altri condomini, revocando le relative statuizioni civili.

Conclusione

In ambito condominiale, non basta dimostrare un disagio generale per configurare il reato di stalking: serve la prova concreta dell'evento di danno in capo a ciascun soggetto offeso.

Quindi, se la vicina urla ogni giorno, getta rifiuti dal balcone o insulta gli altri condomini, per configurare il reato non basta dire "abbiamo tutti paura". Occorre dimostrare, per ogni condomino, che ha cambiato abitudini, ha sviluppato ansia o teme per la propria incolumità.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione penale, sez. V, sentenza 1° aprile 2025 (dep. 03/06/2025) n. 20386

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Roma confermava la pronuncia di condanna di primo grado dei ricorrenti per il delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen.

2. Avverso la richiamata sentenza gli imputati hanno proposto ricorsi per cassazione, di identico tenore, con il comune difensore di fiducia, avv. C.D., articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano nullità dell'ordinanza istruttoria emessa all'udienza 12 aprile 2022 per inosservanza delle norme processuali ex art. 525, comma 2, cod. proc. pen., nonché degli artt. 468 e 493 del medesimo codice, per aver erroneamente dichiarato la tardività della lista integrativa depositata dalla difesa a seguito del mutamento del giudice.

2.2. Mediante il secondo motivo deducono motivazione apparente in ordine alla sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 612-bis cod. pne., con peculiare riguardo alla carente valutazione sull'inattendibilità delle dichiarazioni dei testi Se. e Me. poste a fondamento della sentenza di condanna.

In proposito evidenziano, in particolare, la mancata considerazione, nel vaglio di attendibilità di tali dichiarazioni, della grave inimicizia tra loro e i predetti testi in considerazione di problematiche relative all'utilizzo del garage. Aggiungono che le dichiarazioni, anche degli altri testi a carico, non sono supportate da adeguata documentazione, neppure fotografica, e talora sono inverosimili (come, ad esempio, le propalazioni del portiere in relazione all'episodio di aggressione da parte dell'imputato in danno dell'ambasciatore del Belgio).

Inoltre, sottolineano che, anche per effetto della riduzione delle liste testimoniali, non è emersa alcuna prova della circostanza che le ventiquattro parti civili costituite siano state vittime, in ragione delle loro assunte condotte, del delitto di atti persecutori, che è reato di evento.

2.3. I ricorrenti assumono, con il terzo motivo, in punto di affermazione della penale responsabilità dell'imputata Ma.Ba., inosservanza degli artt. 110 cod. pen. e 192 cod. proc. pen., nonché difetto di motivazione in relazione al ritenuto concorso della stessa nei reati contestati.

Secondo la prospettazione difensiva, infatti, l'imputata sarebbe stata ritenuta responsabile solo in forza del suo rapporto coniugale con l'Ag.Fr., potendole al più esserle attribuiti singoli episodi privi di rilevanza penale e non riconducibili, né sul piano oggettivo né su quello soggettivo, al delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen.

2.4. Con l'ultimo motivo i ricorrenti lamentano mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio con riferimento alla determinazione della pena, alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla sospensione condizionale della pena, nonché al diniego delle misure alternative alla detenzione espressamente richieste.

Inoltre, con specifico riguardo alla posizione della Ma.Ba., deducono inosservanza dell'art. 114 cod. pen. per la mancata applicazione della relativa circostanza attenuante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo non è fondato, nei diversi aspetti nei quali esso si articola.

1.1. Quanto all'assunto per il quale non sarebbe stata confermata l'ammissione, dopo il mutamento del giudice, dei testi Me. e Sacchi, come ha posto in rilievo la sentenza impugnata, nel disattendere l'analogo motivo di gravame (pag. 9), all'udienza del 12 aprile 2022, il Tribunale, rinnovando l'apertura del dibattimento, non disponeva la rinnovazione dell'attività istruttoria già compiuta con i predetti testi poiché nessuna delle parti lo aveva richiesto.

Nell'utilizzare le dichiarazioni di tali testi ai fini della decisione, la pronuncia si è posta, dunque, correttamente nel solco delle indicazioni promananti dai principi espressi dalle Sezioni Unite nella pronuncia "Bajrami", la quale ha statuito che l'intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Bajrami, Rv. 276754).

Di conseguenza, se non vi è richiesta di rinnovazione delle prove dibattimentali dinanzi al nuovo giudice cui è demandata la decisione del processo, le dichiarazioni rese di fronte a quello precedentemente titolare del fascicolo sono utilizzabili ai fini della decisione.

1.2. I ricorrenti si dolgono, ulteriormente, della riduzione, operata dal Tribunale dopo il mutamento della composizione del collegio, delle liste

testimoniali per c.d. sovrabbondanza, ponendo in rilievo che, rispetto ai n. 91 testi indicati, solo n. 5 sono stati ammessi.

Anche sotto tale profilo la censura si presenta non fondata poiché - a prescindere dalla circostanza che non si può ravvisare alcuna violazione del principio della parità delle armi tra le parti che connota il giusto processo ex art. 111 Cost., in ragione della contestuale riduzione, sempre in numero di 5, della lista dei testi presentata dal Pubblico Ministero - ancora una volta la Corte territoriale, nel rigettare le analoghe censure formulate in appello, ha rispettato i principi sanciti dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite "Bajrami", che, invero, ha sottolineato che restano fermi i poteri di valutazione del giudice, modificata la composizione dell'organo giudicante, demandati allo stesso dall'art. 190 cod. proc. pen. e, dunque, anche in ordine al vaglio circa la manifesta superfluità della prova (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Bajrami, Rv. 276754, cit.).

1.3. Quanto all'assunta illegittimità del provvedimento con il quale è stata dichiarata tardiva la lista dei nuovi testi presentati dopo l'intervenuto mutamento dell'organo giudicante, è corretta la decisione censurata, laddove ha posto in rilievo l'onere delle parti, non tempestivamente assolto, di contestare, all'udienza del 12 aprile 2022, nella quale il difensore delle stesse era presente, il rigetto dell'istanza di esame dei testi indicati nella lista integrativa presentata dopo il mutamento dell'organo giudicante.

2.Il secondo motivo, nella sua prima parte - rinviandosi al par. 4 l'esame delle doglianze con le quali si contesta la prova del delitto rispetto a tutte le parti civili costituite - è inammissibile, poiché mediante lo stesso, a fronte di una congrua motivazione di entrambe le decisioni di merito circa l'attendibilità delle dichiarazioni dei testi Me. e Sacchi, tende ad ottenere in questa sede di legittimità un'inammissibile rivalutazione delle prove (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).

Occorre ricordare che le Sezioni Unite, nella sentenza "Bell'Arte", hanno chiarito che le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste in via esclusiva a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214).

E, se è vero che in motivazione la stessa pronuncia delle Sezioni Unite ha puntualizzato che in un'ipotesi, come quella in esame, nella quale le persone offese si siano costituite parte civile, può essere opportuno corredare il vaglio di attendibilità con riscontri esterni, ciò è puntualmente avvenuto nella fattispecie concreta.

Infatti, nel caso in discussione, la Corte territoriale ha confermato tale valutazione evidenziando come le testimonianze acquisite si contraddistinguano per coerenza, linearità e perfetta sovrapponibilità in ordine alle aggressioni, alle minacce, all'occupazione deli spazi condominiali poste in essere dai ricorrenti nel corso degli anni. Talché le propalazioni della Sacchi e del Me. sono state ampiamente corroborate, come si ritrae dal logico incedere della motivazione della decisione impugnata in parte qua (spec. pag. 9-10), da quelle dei tecnici Gugliotti e Malfatti, del portiere dello stabile e dell'amministratore di condominio.

3. Il terzo e il quarto motivo, nella sua seconda parte, investono la posizione della ricorrente Ma.Ba. in punto, in via principale, di assenza di riscontri processuali quanto alla sua concorrente responsabilità penale con il coniuge e, in subordine, di mancato riconoscimento alla stessa della circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen.

Sotto il primo aspetto la censura è inammissibile poiché le pronunce di merito hanno puntualmente individuato le condotte persecutorie poste in essere dalla Ma.Ba., come confermate da plurime testimonianze quanto, ad esempio, all'aggressione nei confronti del Me., agli insulti rivolti alla Sacchi, alle minacce riferite dal portiere, al costante lancio di rifiuti e acqua sporca dal terrazzo, al riversamento di quantitativi ragguardevoli di immondizia nel piazzale antistante il condominio.

Sotto il secondo, correlato aspetto, è evidente che le riportate, plurime condotte, caratterizzate anche da una peculiare gravità, come l'aggressione in danno del Me., non possano far ritenere che ella abbia semplicemente concorso al delitto commesso dal coniuge fornendo un minimo contributo nella preparazione e nell'esecuzione del reato al fine di poter beneficiare della circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen.

Giova ricordare, invero, che, in forza della consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di concorso di persone nel reato, per l'integrazione dell'attenuante della minima partecipazione di cui all'art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale del crimine commesso (ex multis, Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, Malfarà, Rv. 284771; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254051).

4. Sennonché, pur a fronte del rigetto di queste parti dei motivi formulati dai ricorrenti, coglie nel segno, invece, l'assunto difensivo per il quale la sentenza impugnata ha, in sostanza, condannato gli stessi quali responsabili del delitto di atti persecutori nei confronti di tutte le numerose parte civili costituite senza che sia emersa in giudizio la relativa prova nei confronti di alcune di esse.

4.1. Occorre a riguardo premettere che la prospettazione accusatoria è nel senso che le condotte dei ricorrenti avrebbero configurato veri e propri atti persecutori non già nei confronti di singoli condomini bensì del condominio complessivamente inteso, salva la puntualizzazione, nel medesimo capo di imputazione, che le condotte stesse si riferivano a quattordici condomini e ai loro familiari.

A seguito di tale editto accusatorio, nei gradi di merito il delitto ascritto è stato ritenuto accertato nei confronti di tutti i condomini (in numero di ventiquattro) che si sono costituiti parte civile, condannando i ricorrenti al pagamento del risarcimento del danno nei confronti degli stessi.

4.2. Ciò posto, il collegio ritiene di dover effettuare alcune puntualizzazioni.

4.2.1. A riguardo va considerato, innanzi tutto, che, come più volte

affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi componenti (v., da ultimo, Sez. U civ., n. 10934 del 18/04/2019, Rv. 653787). Invero, il condominio negli edifici si risolve semplicemente nella "proprietà comune" di alcune parti degli stessi, poste a servizio di altre e a queste ultime legate da un rapporto necessario e perpetuo di accessorietà e di complementarietà a senso unico. Così configurato, il condominio è una comunione meramente strumentale rispetto all'esercizio dei singoli diritti di proprietà esclusiva sui diversi appartamenti: i quali, dal canto loro, seguono "un proprio destino individuale e autonomo", al di fuori della disciplina speciale del condominio e in armonia con la definizione generale della proprietà come diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo ai sensi dell'art. 832 cod. civ. (Sez. 2 civ., n. 29251 del 13/11/2024, Rv. 673521).

Occorre, dunque, interrogarsi se, sul versante penalistico, la natura del condominio quale ente di gestione privo di una personalità giuridica autonoma distinta da quella dei condomini spieghi efficacia, con peculiare riguardo - per quel che rileva in questa sede - al delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen.

4.2.2. In proposito, se è vero che le condotte suscettibili di essere ricondotte a tale reato possono riferirsi anche all'utilizzo di beni condominiali o a condotte che interessano l'intero stabile, ciò non comporta, ex se, che le stesse siano suscettibili di determinare, nei confronti di ciascun condomino, uno o più degli eventi indicati dalla norma incriminatrice ai fini della configurabilità del reato medesimo.

Infatti, come è noto, il delitto di atti persecutori è un reato abituale di evento, che differisce da quelli di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di "danno" consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita (che, tuttavia, non è integrata dalla percezione di transitori disagi e fastidi nelle occupazioni di vita della persona offesa, ma deve consistere in una costrizione qualitativamente apprezzabile delle sue abitudini quotidiane: Sez. 5, n. 1541 del 17/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280491) o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (ex alis, Sez. 3, n. 9222 del 16/01/2015, G., Rv. 262517).

4.2.3.Deve dunque essere affermato il principio per il quale il delitto di atti persecutori si può configurare nei riguardi di un intero condominio - laddove si voglia, beninteso, utilizzare la relativa espressione per ragioni di carattere descrittivo, in quanto il condominio non è un ente dotato di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini che ne fanno parte - soltanto qualora i fatti costitutivi dello stesso, tanto sul piano oggettivo, anche in relazione agli eventi del reato, quanto su quello soggettivo, si realizzino nei confronti di ciascuno dei condomini, rispetto ai quali detti fatti devono essere oggetto di puntuale accertamento da parte del giudice di merito, e ciò anche nell'ipotesi in cui tra le condotte persecutorie ascritte alcune siano correlate all'utilizzo di parti comuni dello stabile condominiale.

Per altro verso, è opportuno chiarire, per ragioni di completezza, che, anche nell'ipotesi in cui la condotta persecutoria si correli all'uso di beni condominiali, il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. non deve configurarsi necessariamente nei confronti di condomini, intesi come soggetti che, quali proprietari di immobili o parti di essi situati nel condominio, sono titolari pro quota di diritti di proprietà sui beni comuni, potendo la condotta persecutoria evidentemente riverberarsi su un qualsivoglia soggetto che si trovi, per effetto della stessa, a subire uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

4.3. Nella fattispecie concreta, in virtù dell'enunciato principio, la sentenza impugnata risulta immune da manifesti vizi logici soltanto nella parte in cui ha

affermato la sussistenza della responsabilità penale dei ricorrenti nei confronti delle parti civili costituite Ia.Sq., La.Sa. ed Me..

Vi è infatti che, innanzi tutto, con motivazione congrua, il delitto di atti persecutori è stato ritenuto configurato nei confronti dello Squillante ponendo in rilievo come dalla testimonianza dello stesso sia emerso che le condotte della Ma.Ba., la quale soleva lanciare rifiuti e acqua sporca sul suo terrazzo, avevano ingenerato nel medesimo un forte stato di ansia e paura, con particolare riferimento alle figlie, che assistevano a tali continue angherie. Del pari, con motivazione adeguata, la Corte territoriale ha confermato la statuizione di responsabilità già resa in primo grado nei confronti dell'imputato Ag.Fr., valorizzando logicamente le puntuali dichiarazioni dello stesse Squillante in ordine alle ripetute vessazioni subite quanto all'uso degli spazi condominiali, che lo avevano indotto a modificare le proprie abitudini di vita (e, in particolare, a non usare più i propri posti auto e a smettere di invitare ospiti, per il timore che potessero essere coinvolti nelle vicende del condominio).

Con motivazione altrettanto congrua, la decisione censurata ha ritenuto, poi, di affermare la responsabilità penale dei ricorrenti nei confronti delle parti civili Me. e Sacchi.

Quest'ultima, in particolare, con dichiarazioni ritenute, con motivazione immune da manifesti vizi logici, attendibili, ha riferito che lei e i suoi familiari erano profondamente turbati dalle condotte dei ricorrenti, specie dopo che il coniuge era stato aggredito dalla Ma.Ba., e di conseguenza evitavano di parcheggiare le proprie autovetture nel condominio per paura di subire danneggiamenti, la figlia aveva timore di subire aggressioni se usciva di casa e i coniugi si controllavano reciprocamente dal balcone per il timore di altre aggressioni.

Analogamente, quanto al Me., la decisione impugnata ha congruamente posto in rilievo sia la conferma delle condotte vessatorie dei ricorrenti in suo danno quanto lo stress conseguentemente subito da questi, specie per la paura che la moglie e la figlia subissero anch'elle aggressioni.

4.4. Alla luce del superiore principio di diritto affermato, al contrario, la decisione impugnata deve essere annullata senza rinvio, nella misura in cui ha ritenuto configurato a carico degli imputati il delitto di atti persecutori anche rispetto alle altre parti civili costituite solo per la ragione che le preoccupazioni erano diffuse all'interno del condominio, per come genericamente riferite dall'amministratore dello stesso, nel senso che le persone avevano paura di incontrare l'Ag.Fr., e dal portiere dello stabile.

Elementi, questi, che non consentono, peraltro, di ipotizzare neppure altri reati, differenti da quello contestato, in danno delle predette parti civili costituite.

5.Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione a tutte le parti civili costituite diverse da La.Sa., Me. e Ia.Sq. perché il fatto non sussiste.

Conseguentemente devono essere revocate anche le statuizioni civili nei confronti delle parti civili diverse dagli stessi La.Sa., Me. e Ia.Sq.

6. Poiché il trattamento sanzionatorio dei ricorrenti è stato determinato dalla pronuncia impugnata avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del reato nei confronti di tutte le parti civili costituite, la stessa pronuncia deve essere annullata, con riferimento a tale profilo, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto.

7. Gli imputati devono essere condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili La.Sa., Me. e Ia.Sq., liquidati in complessivi Euro 4.500,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione a tutte le parti civili costituite diverse da La.Sa., Me. e Ia.Sq. perché il fatto non sussiste;

Annulla altresì la medesima sentenza con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto;

Rigetta nel resto i ricorsi;

Revoca le statuizioni civili in favore delle parti civili diverse da La.Sa., Me. e Ia.Sq.;

Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili La.Sa., Me. e Ia.Sq., che liquida in complessivi Euro 4.500,00 oltre accessori di legge.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472