Può il gestore di un bar essere ritenuto responsabile del reato di disturbo della quiete pubblica se non interviene per fermare gli schiamazzi dei clienti?
La Cassazione penale, sez. III, con la sentenza n. 29866 del 2025, ha risposto affermativamente, chiarendo i confini della responsabilità del titolare di un pubblico esercizio.
La vicenda nasce a Chieti, dove il gestore di una caffetteria non aveva fatto nulla per limitare i rumori notturni provocati dagli avventori che sostavano all'esterno del locale, disturbando i residenti. Condannato in primo grado, l'imputato aveva presentato ricorso.
Il riferimento è l'art. 659, primo comma, c.p., che punisce chiunque disturbi il riposo o le occupazioni delle persone con schiamazzi o rumori molesti. La giurisprudenza della Cassazione ha più volte affermato che il gestore di un pubblico esercizio ha un obbligo giuridico di vigilanza sul comportamento dei clienti, anche fuori dal locale, quando gli schiamazzi sono collegati alla frequentazione del bar. La condotta omissiva integra dunque una partecipazione nel disturbo della pubblica quiete.
Inoltre, dopo la riforma introdotta dal d.lgs. 150/2022, il reato è procedibile a querela, salvo che i fatti riguardino spettacoli o ritrovi pubblici.
Nel caso concreto, i rilievi dell'ARTA Abruzzo avevano certificato il superamento dei limiti di tolleranza acustica. L'inerzia del gestore è stata ritenuta penalmente rilevante: egli non aveva adottato alcuna misura, pur avendo a disposizione strumenti giuridici efficaci. La Cassazione ha ricordato che il barista non è obbligato ad affrontare da solo i clienti molesti, ma deve attivarsi almeno in due modi:
chiedere l'intervento della forza pubblica;
esercitare lo ius excludendi, cioè il potere di allontanare i soggetti disturbatori dal locale.
Poiché nel processo mancava la querela di parte, la Cassazione ha comunque annullato senza rinvio la condanna, applicando il principio della nuova procedibilità a querela più favorevole all'imputato.
La decisione in esame chiarisce che il gestore di un bar non può restare passivo davanti a rumori eccessivi: ha il dovere giuridico di intervenire. Tuttavia, in assenza di querela, il procedimento non può proseguire.
Cosa ci portiamo a casa? Se sei titolare di un locale, non basta servire caffè o birre: devi vigilare anche sui tuoi clienti, altrimenti rischi di trovarti imputato per disturbo della quiete pubblica.
Cassazione penale, sez. I, sentenza 11/03/2025 (dep. 28/08/2025) n. 29866
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27 settembre 2024 il Tribunale di Chieti, in composizione monocratica, ha dichiarato Pa.An. responsabile del reato di cui all'art. 650 cod. pen. e lo ha condannato, per l'effetto, alla pena di Euro 200 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. Pa.An. ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso con cui invoca l'annullamento della sentenza, affidandosi a tre motivi.
2.1. Col primo, denuncia violazione di legge in relazione all'art. 659 cod. pen., reato divenuto, a seguito del D.Lgs. 150/2022, procedibile a querela, nella specie inesistente, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità, nelle sole ipotesi, previste dal primo comma, in cui la contravvenzione costituisce un reato contro la persona, essendo l'offesa diretta verso "le persone" e, in particolari, verso beni personali facenti capo a individui determinati: le loro occupazioni (intellettuali o manuali) e il loro riposo (ad esempio nelle ore notturne), come nella concreta fattispecie in esame.
2.2. Col secondo motivo denuncia violazione di legge, in relazione all'art. 659 cod. pen.
Assume il ricorrente che l'istruttoria ha dimostrato che la segnalazione circa i rumori molesti era pervenuta da un solo nucleo familiare, e in particolare da una sola coppia, come confermato, anche, dal teste di polizia giudiziaria ascoltato in dibattimento.
La contravvenzione è integrata quando il disturbo delle occupazioni e del riposo sia subito da un numero indeterminato di persone, anche se soltanto una di esse se ne lamenti, di tal che è stato ribadito che sono irrilevanti e di per sé insufficienti le lamentele di una o più singole persone, e precisato che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso andrebbe operata in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui tale fenomeno si verifica.
2.3. Col terzo motivo lamenta mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.
La difesa, in sede di discussione orale, aveva invocato espressamente la concessione dei benefici di legge, tra cui l'istituto invocato, di cui sussisterebbe i presupposti attese le caratteristiche intrinseche alla contestazione ed alla concreta condotta dedotta in imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti in cui si dirà.
1.Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, che dà atto della segnalazione di rumori molesti da parte di cittadini residenti nei fabbricati prospicienti o limitrofi all'esercizio commerciale Bar Caffetteria S.Alfonso, il reato è contestato come disturbo alla quiete.
E in tal senso risultano gli accertamenti delegati ed effettuati da ARTA Abruzzo, che ha rilevato il superamento del limite di tolleranza (in diurno ed in notturno) a prescindere da eventuale riproduzione musicale sonora.
Intende, perciò, il Collegio ribadire il principio affermato da Sez. 3, n. 24397 del 20/01/2022 Ud. (dep. 24/06/2022) Rv. 283239 - 01, secondo cui "Integra la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen., la condotta del gestore di un pubblico esercizio (nella specie, di un bar) che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso all'Autorità od allo "ius excludendi", che la frequentazione del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica", principio ripreso successivamente, da ultimo da Sez. 3, n. 322 del 2024, secondo cui "in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l'attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995".
Pertanto, la violazione penalmente rilevante del secondo comma (ora terzo comma) dell'articolo 659 cod. pen., sussiste solo in caso di violazione di precise "disposizioni della legge" o "prescrizioni dell'Autorità", in assenza delle quali può sussistere la violazione del primo comma della disposizione in esame, laddove l'attività rumorosa ecceda la normale tollerabilità e offenda un numero potenzialmente indeterminato di persone, mentre in caso di mero superamento dei limiti di rumorosità troverà applicazione la sanzione amministrativa.
2. Nel caso in esame, dalla lettura dell'imputazione si deve ritenere che, in assenza di espliciti riferimenti alla violazione di precise "disposizioni della legge" o "prescrizioni dell'Autorità", la contestazione sia riferita al primo comma di cui all'articolo 659 cod. pen.
3. Tanto premesso consegue che si è al cospetto di un reato, procedibile di ufficio al momento della sua commissione, divenuto procedibile a querela, a decorrere dal 30 dicembre 2022, in virtù dell'entrata in vigore del D.Lgs. 150/22, giudicato nel settembre del 2024.
Deve escludersi che, nella specie, si versi nelle eccezioni al nuovo regime di procedibilità a querela di cui all'art. 659, ultimo comma, in particolare non essendosi in presenza di fatto "avente ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici" in relazione al quale soltanto il D.Lgs. n. 150/2022 ha inteso confermare il previgente regime di procedibilità di ufficio (cfr. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari").
La sopravvenuta procedibilità a querela di parte per la fattispecie in questione prevale sulla precedente procedibilità di ufficio in applicazione del principio contenuto nell'art. 2 cod. pen. in tema di successione di leggi nel tempo (nella successione delle leggi, pertanto, in considerazione della natura mista, sostanziale e processuale, dell'istituto della querela, deve applicarsi il disposto dell'art. 2, comma 2, cod. pen., per il quale "se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo").
Pertanto, poiché la modifica apportata al regime di procedibilità dell'articolo 659 cod. pen. dal decreto legislativo 150/2022 (mediante inserimento di un secondo comma), prevede, per l'ipotesi di cui al primo comma della disposizione, la procedibilità a querela, l'assenza della stessa -non presentata nel termine di legge a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 così come previsto dall'art. 85-, così come della costituzione di parte civile (cui la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto espressione di volontà querelatola), esclude la presenza della condizione di procedibilità.
3. La sentenza va pertanto annullata senza rinvio per mancanza della condizione di procedibilità.
Restano assorbiti gli altri motivi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l'azione penale non poteva essere proseguita per mancanza di querela.
Così deciso in Roma, l'11 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 28 agosto 2025.