È legittimo trattenere uno straniero in un Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) dopo la mancata convalida del provvedimento di trattenimento, per le 48 ore necessarie all’adozione di un nuovo decreto del Questore?
È il dubbio della Cassazione penale che, con ordinanza n. 30297 depositata il 4 settembre 2025, ha sospeso il giudizio e rimesso gli atti alla Corte costituzionale.
Il caso riguarda un cittadino straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione del Prefetto di Pescara.
Dopo un primo trattenimento disposto dal Questore di Ancona e non convalidato dalla Corte di appello di Roma, lo straniero è rimasto nel CPR fino a un nuovo decreto del Questore di Bari, fondato anche sulla sua pericolosità sociale per gravi precedenti penali.
Quel secondo provvedimento è stato convalidato, ma la difesa ha impugnato in Cassazione, sollevando la questione di costituzionalità.
La disposizione contestata è l’art. 6, comma 2-bis, d.lgs. 142/2015, introdotto dal d.l. 37/2025 conv. in l. 75/2025. Essa prevede che, se il primo provvedimento non è convalidato, il richiedente asilo permane nel CPR fino alla decisione sulla convalida di un nuovo decreto del Questore, purché adottato entro 48 ore.
La Cassazione ritiene che la norma possa violare:
artt. 3, 11, 13, 14, 24, 111 e 117 Cost.;
art. 5 CEDU;
art. 3 Dichiarazione universale dei diritti umani;
art. 9 Patto internazionale sui diritti civili e politici;
art. 6 Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Il punto critico è la privazione della libertà personale sine titulo, cioè senza un provvedimento valido dell’autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza.
La Cassazione rileva che:
il cittadino straniero è rimasto ristretto dal 4 al 5 luglio 2025 senza un titolo valido, dopo la mancata convalida del primo decreto e prima dell’adozione del secondo;
la norma introduce una forma di trattenimento ex lege, priva di controllo giurisdizionale immediato, in contrasto con l’art. 13 Cost.;
la soluzione è irrazionale ai sensi dell’art. 3 Cost., perché tratta in modo diverso chi si trova già ristretto rispetto a chi è libero ma comunque soggetto a nuovo provvedimento del Questore;
non è possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, dato l’uso del verbo “permane”, che indica la volontà del legislatore di escludere la liberazione immediata;
la norma si pone in conflitto anche con il diritto UE: la direttiva 2008/115/CE e la direttiva 2013/33/UE prevedono che lo straniero debba essere rilasciato immediatamente se manca un titolo legittimante;
la disciplina in esame vanifica la tutela giurisdizionale già ottenuta dallo straniero, che aveva conseguito la decisione di non convalida, compromettendo così l’effettività del diritto di difesa ex art. 24 Cost.
La Cassazione ha inoltre richiamato la recente sentenza n. 96/2025 della Consulta, che ha ribadito come ogni forma di trattenimento in CPR incida sulla libertà personale e debba rispettare l’art. 13 Cost., senza eccezioni per gli stranieri.
La questione di costituzionalità è stata dichiarata rilevante e non manifestamente infondata.
La Consulta dovrà stabilire se il comma 2-bis dell’art. 6 d.lgs. 142/2015 sia conforme ai principi costituzionali e sovranazionali in materia di libertà personale.
È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, introdotto dall’art. 1, comma 2-bis, lett. a), d.l. 28 marzo 2025, n. 37, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2025, n. 75, nella parte in cui, nel caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 del medesimo art. 6 nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all’art. 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, prevede che il richiedente permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del provvedimento di trattenimento eventualmente adottato dal Questore, per violazione degli artt. 3, 11, 13, 14, 111 e 117 della Costituzione, quest’ultimo con riferimento all’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, all’art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e all’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Cassazione penale, sez. I, ordinanza 04/09/2025 (dep. 04/09/2025) n. 30297
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con provvedimento del 28 aprile 2025, convalidato dal Giudice di pace di Bari in pari data, il Questore di Ancona ha disposto, ai sensi dell'art. 14, comma 1, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 - in vista dell'esecuzione di un provvedimento di espulsione emesso il 20 maggio 2016 dal Prefetto di Pescara - il trattenimento presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Bari, a carico del cittadino straniero Nd.Mo.
1.1. Questi, il successivo 9 maggio 2025, è stato trasferito presso il C.P.R. di Gjader, in Albania e - giunto nella zona di transito di Schengjin, equiparata alle zone di transito o frontiera - ha formalizzato domanda, in data 14 giugno 2025, di riconoscimento della protezione internazionale; tale domanda è stata disattesa dalla Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, con decisione del 30 giugno 2025.
1.2. In pari data, il Questore di Roma ha chiesto la convalida del provvedimento di trattenimento dello straniero, a norma dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2025, n. 142.
1.3. La Corte di appello di Roma, con provvedimento assunto il 4 luglio 2025, non ha convalidato il suddetto provvedimento di trattenimento emesso dal Questore di Roma, osservando che - pur avendo la legge 23 maggio 2025, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 marzo 2025, n. 37, recante disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare) apportato modifiche all'art. 6, comma 3 decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, recante norme sul trattamento dei richiedenti asilo - permangono "dubbi di compatibilità tra la normativa nazionale e quella comunitaria"; la Corte territoriale, dunque, si è orientata nel senso del rigetto della richiesta di convalida del trattenimento, "non potendo ipotizzarsi una sospensione del presente giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della pronuncia della CGUE".
1.4. Il 2 luglio 2025, la Commissione Territoriale di Roma ha disatteso la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, presentata dal cittadino straniero presso il C.P.R. di Gjader (provvedimento rispetto al quale, alla data del presente ricorso, erano ancora pendenti i termini per la relativa impugnazione).
1.5. Con provvedimento del 5 luglio 2025 (notificato in pari data alle ore 12:15), il Questore di Bari ha emesso un nuovo provvedimento di trattenimento dello straniero presso il C.P.R. di Bari, a norma dell'art. 6, commi 2 e 2-bis D.Lgs. n. 142 del 2015, per un periodo di sessanta giorni prorogabile, evidenziando come - dall'esame delle condotte serbate dal richiedente - fosse possibile desumerne la pericolosità sociale, risultando a suo carico, altresì, condanne per tentato omicidio e plurime violazione della legge in materia di cessione di sostanze stupefacenti ed ha trasmesso, quindi, la richiesta di convalida di tale provvedimento alla Corte di appello di Bari.
1.5. Quest'ultima ha adottato la decisione di convalida emettendo il provvedimento indicato in epigrafe, respingendo - senza motivare sul punto - la questione di legittimità costituzionale che la difesa aveva sviluppato con riferimento all'art. 6, comma 2-bis, D.Lgs. n. 142 del 2015 (introdotto dall'art. 1, comma 2-bis, lett. a), decreto-legge 28 marzo 2025, n. 37, convertito con modificazioni dalla L. 23 maggio 2025, n. 75).
La Corte territoriale evidenziava, in particolare, come il Questore di Bari avesse disposto il trattenimento in ragione della sussistenza di profili di pericolosità per l'ordine e la sicurezza in capo allo straniero. Nel decreto viene poi sottolineato come rilevino, al riguardo, non solo i precedenti penali richiamati nel provvedimento della Questura di Bari, bensì anche quelli ulteriormente elencati dalla Commissione Territoriale di Roma con la decisione di rigetto della domanda di asilo; da quest'ultima emergono - in aggiunta alla condanna per tentato omicidio risalente al 2006 - anche precedenti per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, nonché un ordine di carcerazione emesso il 5 ottobre 2021 dalla Procura Generale presso la Corte d'Appello di L'Aquila inerente a un cumulo di pena, rideterminato il 20 ottobre 2023, per reato continuato di produzione e traffico di sostanze stupefacenti, nonché di furto (delitti che, nel loro insieme, sarebbero idonei a suffragare la tesi della sussistenza di una radicata attitudine dello straniero a contravvenire alla legge e, correlativamente, a tenere condotte atte a costituire sicuro pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica).
Secondo la Corte d'Appello, dunque, ricorre la fattispecie prevista dall'art. 6, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 142 del 2015, potendo derivare dal non trattenimento del richiedente un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica (a escludere il quale - secondo la Corte distrettuale - a nulla rileva né che il trattenuto intrattenga una relazione sentimentale in Italia e intenda sposarsi, né che non sussista prova che il medesimo abbia ricevuto adeguata informazione, circa il suo diritto a presentare domanda di protezione internazionale, non vertendosi nell'ipotesi di trattenimento cagionato dalla presentazione di domanda di tenore pretestuoso ed essendo già stata rigettata la relativa domanda).
Prosegue la Corte di appello, precisando come non sia prospettabile la lamentata violazione del diritto al ricongiungimento familiare, non essendo stata fornita alcuna prova in ordine alla presenza in Italia di familiari del trattenuto, tale non potendo essere qualificata la donna italiana alla quale egli dichiara di essere sentimentalmente legato e rispetto alla quale è stato evidenziato un eventuale e futuro progetto di vita comune. Risulta allegato agli atti, inoltre, il certificato attestante la compatibilità delle condizioni di salute dello straniero con le restrizioni connesse alla permanenza nel Centro per i rimpatri; aggiunge la Corte territoriale, infine, che non sussiste la possibilità di applicare le misure alternative previste dal comma 1 -bis dell'art. 14 D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (consegna del passaporto o di altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza; obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, laddove il soggetto possa essere agevolmente rintracciato; obbligo di presentazione - in giorni ed orari stabiliti - presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente), per essere lo straniero privo di passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, oltre che senza fissa dimora.
2. Ricorre per cassazione Nd.Mo., a mezzo dell'avv. Salvatore Fachile, deducendo cinque motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, la difesa deduce la violazione dell'art. 13 della Costituzione e ripropone, ulteriormente argomentata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2-bis D.Lgs. n. 142 del 2015 già formulata in sede di convalida.
Il prospettato incidente di costituzionalità attiene al fatto che la norma sospettata di illegittimità prevede che il richiedente asilo - in caso di mancata convalida del trattenimento - piuttosto che essere posto in libertà, debba permanere nel centro per le successive quarantotto ore. L'art. 13 della Costituzione, però, stabilisce che la libertà personale possa essere eccezionalmente limitata in forza di provvedimento dell'autorità di pubblica sicurezza, comunicato all'autorità giudiziaria entro quarantotto ore, a patto che detto provvedimento sia convalidato entro le successive quarantotto; la norma denunciata, invece, introduce un trattenimento senza titolo amministrativo o giudiziario che può estendersi fino a quarantotto ore, essendo imposta la permanenza del centro fino all'eventuale adozione da parte del Questore, entro il termine di quarantotto ore, di un nuovo provvedimento di trattenimento, così ponendosi in contrasto con la disposizione costituzionale.
Secondo il ricorrente, quindi, la Corte di appello avrebbe dovuto sollevare la questione di legittimità costituzionale e sospendere il giudizio, contestualmente ordinando anche la liberazione del soggetto, anche alla luce del rinvio pregiudiziale disposto dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 23105 del 2025, in merito alla possibilità di disporre il trattenimento ovvero disporre la conduzione dei migranti già trattenuti nelle aree di cui all'articolo 1, par. 1, lett. c) del protocollo tra il governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023.
La difesa sottolinea, altresì, come il nuovo provvedimento di trattenimento sia stato assunto il 5 luglio, risalendo la non convalida del precedente trattenimento al giorno precedente. Tale violazione si riverbererebbe non soltanto sulla legittimità della privazione della libertà personale, protrattasi tra il 4 e il 5 luglio, ma andrebbe a inficiare irreversibilmente anche il successivo provvedimento di trattenimento che su detta privazione della libertà personale si poggia.
In punto di rilevanza della questione - continua l'atto di impugnazione - la difesa aveva già fatto presente che "la questione di legittimità costituzionale è rilevante ai fini della decisione della presente richiesta di convalida, dal momento che il sig. Nd.Mo., in seguito alla non convalida del suo trattenimento da parte della Corte di Appello di Roma, è stato trattenuto di fatto per un giorno, in applicazione dell'art. 6 co. 2bis D.Lgs. 142/2015, prima che sia stato adottato nei suoi confronti un nuovo provvedimento di trattenimento. Pertanto, la legittimità della sua privazione della libertà personale (applicata di fatto già dal 4.07) è stata sottoposta per la convalida all'autorità giudiziaria ben oltre le 48 ore previste dall'art. 13 Cost."
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso si duole della violazione dell'art. 6, commi 2 e 2-bis, nonché 5, del D.Lgs. n. 142 del 2015 e 24 Cost., per avere la Corte di appello convalidato un provvedimento di trattenimento privo di motivazione, lamentando anche l'esercizio - da parte del giudice - di un potere attribuito dalla legge alla pubblica amministrazione. Il provvedimento adottato dal Questore è privo di motivazione, come la difesa aveva fatto specificamente presente alla Corte territoriale mediante la memoria del 08/07/2025.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 142 del 2015 e 125, comma 3, cod. proc. pen., per non avere il giudice condotto un esame concreto e rapportato all'attualità, circa l'aspetto della pericolosità sociale del cittadino straniero. L'esame in punto di pericolosità, al contrario, si è basato esclusivamente sull'esistenza di un lontano precedente per tentato omicidio, la cui pena è stata peraltro espiata dal ricorrente che in carcere ha tenuto una condotta esemplare, oltre che sull'asserita irrilevanza di legami familiari in Italia.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorso denuncia la violazione degli artt. 2,13,14 D.Lgs. n. 286 del 1998, oltre che dell'art. 8 della direttiva 2013/32/UE e dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per non avere il giudice tenuto conto dell'illegittimità degli atti presupposti rispetto al trattenimento; tale illegittimità originava dalla violazione dell'obbligo di fornire la dovuta informativa in ordine alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale.
Non si è considerata la illegittimità del provvedimento di espulsione, a causa della non corretta informazione in ordine alla possibilità di presentare domanda di protezione internazionale, in un momento antecedente rispetto all'adozione del provvedimento di convalida. Il sindacato demandato al giudice della convalida è, infatti, estremamente ampio e si estende alla sussistenza dei presupposti del trattenimento. L'obbligo di informativa è prodromico all'esercizio del diritto di asilo e, quindi, rappresenta il presupposto necessario di ogni provvedimento volto all'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale. Grava sull'amministrazione, infine, l'onere di dimostrare di aver fornito la suddetta informativa.
2.5. Con il quinto motivo, la difesa lamenta la violazione degli artt. 13 e 29 Cost. e 8CEDU, ponendo una questione di legittimità costituzionale, per violazione della riserva di legge ex artt. 13 e 29 Cost., in relazione alla mancata previsione legislativa delle modalità di esercizio del diritto all'unità familiare. Vengono violati, a detta del ricorso, i suddetti parametri costituzionali, con riferimento al diritto all'unità familiare nei contesti di trattenimento ammnistrativo. Non si è adeguatamente valutato, infatti, come che il ricorrente vanti una stabile relazione - seppur non formalizzata in una convivenza o in un matrimonio - con una cittadina italiana, con la quale condivide una progettualità di vita comune. La disciplina vigente, in tema di possibilità di ricevere visite nel centro di rimpatrio, è retta da norme di rango costituzionale, così risultando violata la riserva assoluta di legge di cui agli artt. 13 e 29 della Costituzione.
La difesa, in conclusione, chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale, per mancata previsione del diritto di accesso e visita di familiari e congiunti ai cittadini stranieri trattenuti presso i C.P.R. e, conseguentemente, invoca la sospensione del procedimento e la immediata liberazione del ricorrente.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ad avviso del Procuratore generale di questa Corte, il sindacato giurisdizionale, quanto al provvedimento di trattenimento del cittadino straniero, deve necessariamente limitarsi alla verifica della sussistenza delle condizioni giustificative dell'adozione della misura, essendo ammesso il ricorso per cassazione solo per il vizio di violazione di legge; occorre poi anche confrontarsi con le conclusioni della sentenza n. 96 del 9 giugno 2025, che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale che erano state sollevate con riferimento alla normativa in materia di trattenimento.
Infondata è anche la doglianza in ordine alla mancata valutazione - in concreto e all'attualità - della personalità del ricorrente, essendo stati richiamati i precedenti penali che questi annovera e le reiterate sue inottemperanze ai decreti di espulsione. Trattandosi di obbligo previsto a pena di nullità della procedura, inoltre, solo in caso di migranti irregolari giunti alla frontiera o salvati in mare (art. 10-ter del T.U. imm.), non sussiste alcuna violazione di legge, per l'asserita e comunque indimostrata inottemperanza dell'obbligo di fornire - in un momento antecedente, rispetto a quello dell'adozione del provvedimento di espulsione o di trattenimento - l'informativa sulla possibilità di inoltrare domanda di riconoscimento della protezione internazionale.
L'asserita relazione stabile del ricorrente con una cittadina italiana, oltre che costituire un dato in contraddizione con le sue dichiarazioni - rese alle autorità nelle varie sedi - di essere senza fissa dimora, appare irrilevante, in quanto inidonea a determinare la sussistenza di un diritto tutelabile all'unità familiare.
4. L'Avvocatura generale dello Stato, in persona dell'avv. Ilia Massarelli, in difesa ex lege del Ministero dell'Interno - Questura di Bari - in persona del Ministro p.t., ha depositato la documentazione trasmessa dalla Questura competente.
5. Ciò premesso, il Collegio ritiene che la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa, a mezzo del primo motivo di ricorso, sia rilevante e non manifestamente infondata; sollecitando tale questione rilievi apprezzabili, nell'ottica di un incidente di legittimità costituzionale, essa deve essere analizzata in via prioritaria rispetto alle doglianze ulteriori contenute nel ricorso e accolta, con assorbimento delle stesse.
6. Il quadro normativo di riferimento.
Il decreto-legge 28 marzo 2025, n. 37 (Disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28/03/2025 e convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 2025, n. 75 (in Gazzetta Ufficiale 23/05/2025, n. 118) ha novellato - in virtù dell'art. 1, comma 2-bis, lett. a) - l'art. 6 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), introducendovi, tra l'altro, il comma 2-bis, nel testo che di seguito si riporta: "La mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, non preclude l'eventuale successiva adozione di un provvedimento di trattenimento ai sensi del comma 2, qualora ne ricorrano i presupposti. Quando il provvedimento ai sensi del comma 2 è adottato immediatamente o, comunque, non oltre quarantotto ore dalla comunicazione della mancata convalida di cui al primo periodo, il richiedente permane nel centro fino alla decisione sulla convalida del predetto provvedimento".
Questa norma è sospettata dalla difesa di illegittimità costituzionale.
7. L'esposizione della questione di legittimità costituzionale e il tema della sua non manifesta infondatezza.
7.1. Pacifico è, in primo luogo, il fatto che l'intero sistema del trattenimento di persone straniere cristallizzato dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), prevedendo l'intervento di atti che incidono sulla libertà personale, concretizzi una forma di restrizione che presenta connotazioni del tutto analoghe, rispetto a quelle dettate, appunto, nella materia della libertà personale; la sostanziale assimilabilità fra i due moduli restrittivi, dunque, rappresenta un dato ormai acquisito, nella giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenza n. 96 del 2025) e di legittimità (fra tante, si richiamano Sez. 1, n. 9556 del 07/03/2025, I., Rv. 287568 - 03; Sez. 1, 15751 del 22/04/2025, n. Rv. 287812 - 01; Sez. 1, n. 15747 del 22/04/2025, Y., Rv. 287838; Sez. 1, n. 15757 del 22/04/2025, B., Rv 287844 - 03; Sez. 1, n. 15746 del 22/04/2025, O., Rv. 287810 - 01; Sez. 1, n. 15754 del 22/04/2025, D., Rv. 287842 - 02).
7.2. La norma sospetta di incostituzionalità è l'art. 6 comma 2-bis, D.Lgs. n. 142 del 2015, nella parte in cui stabilisce che "Quando il provvedimento ai sensi del comma 2 è adottato immediatamente o, comunque, non oltre quarantotto ore dalla comunicazione della mancata convalida di cui al primo periodo, il richiedente permane nel centro fino alla decisione sulla convalida del predetto provvedimento".
I dedotti profili di incostituzionalità attengono, nello specifico, alla porzione di tale disposizione in cui viene prevista la permanenza dello straniero all'interno della struttura deputata all'accoglienza in vista del rimpatrio, pure una volta che sia intervenuta la decisione di non convalida del trattenimento e, dunque, nelle more dell'eventuale adozione di un ulteriore provvedimento di trattenimento; quest'ultimo, dopo esser stato adottato (entro il lasso di tempo massimo rappresentato dalle quarantotto ore successive alla mancata convalida del primo trattenimento) dovrà essere convalidato non oltre le successive quarantotto ore.
La denunciata frizione fra tale dettato normativo e le regole costituzionali concerne il fatto che - intervenuta la decisione di non convalida del primo trattenimento - lo straniero non venga immediatamente liberato, ma sia ristretto nel Centro fino a un massimo di quarantotto ore e in assenza di un provvedimento - di carattere provvisorio amministrativo, ovvero di natura giudiziale - che sia atto a costituire titolo legittimante il trattenimento.
Nella concreta fattispecie, il cittadino straniero - già dal 4 luglio e sino alle ore 12.15 del 5 luglio - risulta esser stato privato della libertà personale in forza della disposizione di legge sopra richiamata, senza che sia stato adottato un atto motivato dell'Autorità giudiziaria ovvero un provvedimento provvisorio dell'autorità di Pubblica sicurezza (quest'ultimo da convalidarsi a opera del giudice, ai sensi dell'art. 13, secondo comma, Cost.).
7.3. È opportuno premettere, per consentire una completa ricognizione del panorama normativo interno, Euro unitario e internazionale, che la Relazione su novità normativa, inerente al decreto-legge n. 37 del 2025, redatta dall'Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte, si è soffermata sul tema della conformità di tale normativa (là dove stabilisce una detenzione senza titolo) alle regole costituzionali, rilevando un possibile contrasto anche con i principi del diritto derivato, così come interpretati dalla Corte di giustizia (si veda il punto 8, a pagina 39).
La Relazione ricorda, infatti, quanto segue: "Si prevede, dunque, la possibilità di adozione successiva del provvedimento di trattenimento, precedentemente non convalidato, per i richiedenti rimasti nei centri di cui all'articolo 14 del T.U. imm. nel caso disciplinato dal comma 3 dell'art. 6 del D.Lgs. n. 142 del 2015, ovvero se vi sono fondati motivi per ritenere che la loro domanda sia stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione dell'espulsione o del respingimento. Vengono, pertanto, ampliate le ipotesi nelle quali il richiedente, anche in caso di mancata convalida di cui al primo periodo dell'art. 6, comma 2-bis, permanga nel centro, alle condizioni indicate nell'ultimo periodo del nuovo comma 2-bis. In ossequio alla disposizione in esame, può osservarsi come, all'esito di un giudizio di non convalida del trattenimento non segua l'immediata liberazione della persona trattenuta, ma una sua "permanenza del centro". A tal proposito, non pare inutile ricordare che la Corte di giustizia, in merito al diritto della persona trattenuta di poter verificare i presupposti di legittimità del trattenimento, ha affermato che le norme generali e astratte che stabiliscono, quali norme comuni dell'Unione, i presupposti del trattenimento sono contenute all'art. 15, parr. 1 e 2, secondo comma, parr. 4, 5 e 6, della direttiva 2008/115/CE, all'art. 8, par. 2 e 3, all'art. 9, par. 1, 2 e 4, della direttiva 2013/33 e all'art. 28, par. 2, 3 e 4, del regolamento n. 604/2013 e che il cittadino di un paese terzo interessato non può essere trattenuto qualora una misura meno coercitiva possa essere efficacemente applicata, e laddove appaia che i presupposti di legittimità del trattenimento individuati non siano stati o non siano più soddisfatti, l'interessato deve, come del resto espressamente indicato dal legislatore dell'Unione all'articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, e paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE, nonché all'articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2013/33/UE, essere liberato immediatamente (sentenza dell'8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, cause riunite C-704/20 e C-39/21, punti 78 e 79)". Il citato art. 1, comma 2-bis, del D.L. n. 37 interviene, inoltre, sul comma 3 dell'articolo 6 introducendo un ulteriore periodo in virtù del quale la disciplina dettata dal primo periodo è estesa anche ai casi in cui centri siano situati in zone di frontiera o di transito".
L'Ufficio del Massimario prosegue illustrando le: "9. Modifiche in tema di trattenimento ex art. 6-bis del D.Lgs. 142 del 2015. L'art. 1, comma 2-bis, lett. b) del D.L. n. 37 esclude anche i richiedenti di cui ai commi 2-bis e 3 del D.Lgs. n. 142 del 2015 dall'applicazione dell'art. 6-bis e, dunque, dalla possibilità di essere trattenuti al solo scopo di accertarne il loro diritto di entrare nel territorio dello Stato durante lo svolgimento della procedura accelerata di frontiera, ai sensi dell'art. 28-bis, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 25 del 2008. La norma in commento sostituisce il riferimento all'"art. 28-bis, comma 2, lettere b) e b-bis)" con l'indicazione dell'articolo "28-bis, comma 2-bis".
Tuttavia, conclude la Relazione: "Con riferimento alla peculiare tipologia di trattenimento prevista dall'art. 6-bis del D.Lgs. n. 142 del 2015, non sembra inutile ricordare che, ai sensi dell'art. 8, lett. c), della direttiva 2013/33, un richiedente protezione internazionale può essere trattenuto solo in presenza di alcuni tassativi presupposti e finalità, tra le quali "c) per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio".
7.4. Per completezza di analisi e di esposizione, è utile riportare il testo delle norme indicate nella suddetta Relazione, partendo dall'art. 15 della Direttiva 2008/115/CE, inserito nel Capo IV della stessa e dedicato alle procedure per il trattenimento ai fini dell'allontanamento, che prevede quanto segue: "1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio. 2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:
a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,
b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso. Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.... 4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata. 5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi. 6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa: a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi".
La Direttiva 2013/33/CE, poi, costruisce il seguente quadro, all'art. 8 parr. 2 e 3: "... 2. Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive. 3. Un richiedente può essere trattenuto soltanto: a) per determinarne o verificarne l'identità o la cittadinanza; b) per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero ottenersi senza il trattenimento, in particolare se sussiste il rischio di fuga del richiedente; c) per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio; d) quando la persona è trattenuta nell'ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l'opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione della decisione di rimpatrio; e) quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico; f) conformemente all'articolo 28 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. I motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale...." e all'art. 9, parr. 1, 2, 3 e 4, laddove sono cristallizzate le garanzie stabilite per i richiedenti trattenuti, stabilendosi che: "1. Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed è mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all'articolo 8, paragrafo 3. Gli adempimenti amministrativi inerenti ai motivi di trattenimento di cui all'articolo 8, paragrafo 3, sono espletati con la debita diligenza. I ritardi nelle procedure amministrative non imputabili al richiedente non giustificano un prolungamento del trattenimento. 2. Il trattenimento dei richiedenti è disposto per iscritto dall'autorità giurisdizionale o amministrativa. Il provvedimento di trattenimento precisa le motivazioni di fatto e di diritto sulle quasi si basa... 3. Se il trattenimento è disposto dall'autorità amministrativa, gli Stati membri assicurano una rapida verifica in sede giudiziaria, d'ufficio e/o su domanda del richiedente, della legittimità del trattenimento. Se effettuata d'ufficio, tale verifica è disposta il più rapidamente possibile a partire dall'inizio del trattenimento stesso. Se effettuata su domanda del richiedente, è disposta il più rapidamente possibile dopo l'avvio del relativo procedimento. A tal fine, gli Stati membri stabiliscono nel diritto nazionale il termine entro il quale effettuare la verifica in sede giudiziaria d'ufficio e/o su domanda del richiedente. Se in seguito a una verifica in sede giudiziaria il trattenimento è ritenuto illegittimo, il richiedente interessato è rilasciato immediatamente. 4. I richiedenti trattenuti sono informati immediatamente per iscritto, in una lingua che essi comprendono o che ragionevolmente si suppone a loro comprensibile, delle ragioni del trattenimento e delle procedure previste dal diritto nazionale per contestare il provvedimento di trattenimento, nonché della possibilità di accesso gratuito all'assistenza e/o alla rappresentanza legali....".
8. Tanto premesso, questa Corte ritiene che dall'art. 6 comma 2-bis D.Lgs. n. 142 del 2015 derivi una evidente lesione del bene primario della libertà personale - bene che è espressione della dignità personale e che spetta a chiunque, si tratti di cittadino o di straniero - in quanto si prevede che un provvedimento di trattenimento che venga dichiarato dal giudice quale illegittimamente assunto (e che, per questa specifica ragione, risulti non convalidato dall'Autorità giudiziaria) non venga seguito dalla immediata liberazione dell'interessato, bensì possa avere la residua attitudine a legittimare la permanenza del migrante stesso all'interno del Centro per i rimpatri, per un successivo arco temporale anche ampio; ciò in attesa che il Questore si risolva, eventualmente, ad adottare un nuovo decreto di trattenimento.
8.1. In punto di non manifesta infondatezza della dedotta questione, la norma che si esamina appare contrastare, in primo luogo, con l'art. 13 Cost., in quanto la privazione della libertà personale non può essere disposta direttamente dalla legge, bensì - sulla base dei presupposti tipizzati dal legislatore, ossia in determinati casi e secondo modalità prestabilite - a mezzo di atto motivato dell'autorità giudiziaria (così il primo comma della disposizione costituzionale), ovvero sulla base di provvedimenti provvisori, assunti dall'autorità di pubblica sicurezza e sottoposti, entro rigorosi limiti temporali, al controllo dell'autorità giudiziaria.
Si tratta di una soluzione che consente, in ogni caso, il necessario sindacato in punto di riconducibilità della situazione concreta alle fattispecie paradigmaticamente previste dalla legge ordinaria.
Diversamente opinando, l'attuazione della generale volontà della legge, che ordina la permanenza nel centro di rimpatrio, sarebbe destinata a rimanere priva di qualunque verifica concreta tanto che la libertà personale ne sarebbe sacrificata solo per volontà diretta del legislatore, in assenza di qualunque controllo o verifica giudiziaria.
8.2. La norma denunciata, inoltre, appare manifestamente irrazionale per contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto determina la privazione della libertà personale, pur in assenza di un provvedimento esplicito dell'autorità; la permanenza - successiva alla mancata convalida del decreto di trattenimento di cui al comma 3 dell'art. 6 - rappresenta un mero fatto materiale, non governato da alcun atto amministrativo (atto amministrativo l'emanazione del quale rappresenta, si ribadisce, una mera eventualità, legata alla ritenuta esistenza dei presupposti di cui al secondo comma dell'art. 6 D.Lgs. n. 142 del 2015), sicché viola il principio di uguaglianza e il sotteso canone di ragionevolezza della previsione normativa, poiché consente la limitazione ex lege della libertà personale di un individuo solo perché si trovi già in un centro di rimpatrio - peraltro in forza di un provvedimento giudicato illegittimo e, perciò, non convalidato dall'autorità giudiziaria -, a differenza di chi, invece, sia libero o sia stato liberato, ma suscettibile di essere sottoposto a un provvedimento di trattenimento del Questore.
Tale costrutto normativo è sicuramente censurabile, del resto, anche sotto il profilo della ragionevolezza, trattandosi di norma che limita un diritto fondamentale della persona, così confliggendo con il principio di eguaglianza, in quanto arbitraria e irrazionale e, pertanto, lesiva dell'art. 3 Cost.
Nel caso di specie, esclusa l'ipotesi dell'adozione "immediata" del provvedimento cui si riferisce la convalida impugnata dinanzi a questa Corte, si ha la conferma che il ricorrente è stato trattenuto dal 4 luglio 2025 in forza della cesurata previsione di legge - in assenza di qualunque provvedimento amministrativo o giudiziario - sino all'emanazione del successivo decreto ex art. 6, comma 3 D.Lgs. cit. adottato in data 5 luglio 2025.
8.3. Giova richiamare anche alcuni fondamentali passaggi della recente sentenza Corte cost. n. 96 del 2025, laddove - per ciò che attiene alla normativa unionale - è precisato che "... la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea chiarisce che la nozione di "trattenimento" di un cittadino di un paese terzo - che avvenga in forza della direttiva 2008/115/CE, nell'ambito di una procedura di rimpatrio a seguito di soggiorno irregolare, sulla base della direttiva 2013/33/UE nell'ambito del trattamento di una domanda di protezione internazionale, oppure in forza del regolamento (UE) 2013/604 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide - implica il confinamento dello straniero in un luogo determinato, che lo priva della libertà personale. Tenuto conto della gravità di tale ingerenza nel diritto alla libertà sancito all'art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, una misura di trattenimento può, allora, essere disposta o prorogata solo nel rispetto delle norme generali e astratte che ne fissano le condizioni e le modalità (in tal senso, Corte di giustizia UE, grande sezione, sentenza 8 novembre 2022, cause riunite C-704/20 e C-39/21, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid e X, paragrafo 75). Ancora, come affermato dalla Corte di Lussemburgo, Grande Sezione, sentenza 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 e C-925/19, FMS e altri, l'art. 15 della direttiva 2008/115/CE deve essere interpretato nel senso che osta, in primo luogo, a che un cittadino di un paese terzo sia trattenuto per il solo fatto che è oggetto di una decisione di rimpatrio e che non può sovvenire alle proprie necessità; in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga una siffatta misura e senza che siano state esaminate la sua necessità e proporzionalità; in terzo luogo, alla mancata previsione di un controllo giurisdizionale della legittimità della decisione amministrativa che dispone il trattenimento; in quarto luogo, a che tale stesso trattenimento possa oltrepassare i diciotto mesi ed essere mantenuto anche se il rimpatrio non è più in corso o se non ha avuto luogo un espletamento diligente delle sue modalità.... La disciplina del trattenimento è, inoltre, certamente soggetta alle garanzie convenzionali relative alla privazione della libertà personale di cui all'art. 5 CEDU e agli altri diritti convenzionali che possano essere incisi nel corso del trattenimento, compreso il diritto a un ricorso effettivo di cui all'art. 13. La Corte EDU, grande camera, sentenza 15 dicembre 2016, Khlaifia e altri contro Italia, in relazione al trattenimento presso centri di primo soccorso e hotspot, ha a suo tempo ravvisato la violazione degli artt. 5, paragrafi 1, 2 e 4, e 13 CEDU in combinato disposto con l'art. 3 della medesima Convenzione, in relazione ai profili di legalità della detenzione amministrativa e, perciò che qui rileva, per l'assenza nell'ordinamento italiano di un ricorso giurisdizionale attivabile dai migranti avverso le condizioni di accoglienza".
Prosegue la Consulta ricordando che "La giurisprudenza di questa Corte ha affermato più volte che la misura del trattenimento dello straniero presso centri di permanenza e assistenza comporta una situazione di "assoggettamento fisico all'altrui potere". Tale condizione "è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale" (sentenze n. 212 del 2023, n. 127 del 2022 e n. 105 del 2001). Il trattenimento dello straniero, dunque, in quanto misura incidente sulla libertà personale, non può essere adottato al di fuori delle garanzie dell'art. 13 Cost., essendo da ricondurre alle "altr(e) restrizioni) della libertà personale", di cui pure si fa menzione nel secondo comma di tale articolo. In questo senso inequivocamente depone l'art. 14, comma 7, t.u. immigrazione, secondo cui "(i)l questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede, nel caso la misura sia violata, a ripristinare il trattenimento mediante l'adozione di un nuovo provvedimento di trattenimento". Come osservava la sentenza n. 105 del 2001, "(s)i determina dunque nel caso del trattenimento, anche quando questo non sia disgiunto da una finalità di assistenza, quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale. Né potrebbe dirsi che le garanzie dell'art. 13 della Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti". Gli interessi pubblici incidenti sulla materia dell'immigrazione non possono, infatti, scalfire il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani.
8.4. L'art. 6 comma 2-bis D.Lgs. n. 142 del 2015, dunque, è censurabile sotto il profilo della legittimità costituzionale, laddove non prevede che alla non convalida del provvedimento di trattenimento debba fare seguito l'immediata liberazione dell'interessato e, anzi, ne prevede la permanenza - in assenza di qualsivoglia titolo legittimante, di natura amministrativa o giudiziale - all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri.
9. Quanto ai parametri violati, in conclusione, l'art. 6 comma 2-bis D.Lgs. n. 142 del 2015 è - ad avviso di questo Collegio - fortemente sospettabile di contrasto con i principi fissati:
a) dall'art. 3 della Costituzione, quanto all'aspetto del principio di uguaglianza e di irragionevolezza della previsione della permanenza in forza di un atto dotato di forza di legge, in assenza di qualsivoglia sindacato, demandato sia all'autorità amministrativa, sia a quella giudiziaria; il che implica, per i soggetti indicati dalla norma, una indiscriminata e totale negazione di rilievo al principio della riserva di giurisdizione nella materia della libertà personale;
b) dall'art. 13 della Costituzione, laddove è stabilita la inviolabilità della libertà personale; deve escludersi ogni forma di restrizione della stessa che discenda direttamente dalla legge e che non sia sorretta da atto motivato dall'autorità giudiziaria assunto nei casi e dei modi dettati dalla legge, essendo consentito l'intervento in via provvisoria dell'autorità di pubblica sicurezza in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge e soggetti a successiva convalida dell'autorità giudiziaria; e nella stessa prospettiva dell'esistenza di un atto sindacabile da parte dell'autorità giudiziaria che giustifichi la sussistenza delle ragioni previste dalla legge per la privazione della libertà personale e in cui si individua una specifica direziona di rilevanza della riserva di giurisdizione,
c) dall'art. 117 Cost., in relazione:
- all'art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (adottata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, in Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24 settembre 1955 ed entrata in vigore per l'Italia il 26 ottobre 1955), essendo colà stabilito il diritto di ogni persona alla libertà e alla sicurezza, inviolabile se non in casi e modi specificamente previsti dalla legge. In particolare, si stabilisce che: "Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:... (f) se si tratta dell'arresto o della detenzione regolari... di una persona contro la quale è in corso un procedimento d'espulsione.... La previsione convenzionale, dunque, richiede che l'arresto e la detenzione disposte nel corso di un procedimento di espulsione siano "regolari", cioè conformi alle disposizioni convenzionali che attribuiscono soltanto all'autorità giudiziaria e, nei casi di urgenza, all'autorità di polizia, il potere di arrestare e detenere una persona. Orbene, ferma la necessità del controllo giurisdizionale dell'arresto o della detenzione operati dalla polizia, ciò che è convenzionalmente necessario è che la privazione della libertà personale sia prevista dalla legge (conforme alla Convenzione), ma non già ordinata dal legislatore, quanto piuttosto disposta da un giudice;
- all'art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata e proclamata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in forza del quale "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona", in relazione all'art. 8 della stessa Dichiarazione quanto alla tutela giurisdizionale;
- dall'art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione 2200A (XXI) del 16 dicembre 1966 (entrata in vigore internazionale il 23 marzo 1976; autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge 25 ottobre 1977, n. 881, in Gazzetta Ufficiale, n. 333 del 7 dicembre 1977), a mente del quale "Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può esser privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge";
- dall'art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, anche in relazione all'art. 11 Cost., che sancisce il diritto di ogni individuo alla libertà e alla sicurezza.
E ciò in disparte il decisivo rilievo rappresentato dal fatto che la disciplina in esame rende non effettiva, dunque illegittima secondo le previsioni degli atti e accordi internazionali sopra richiamati, nonché a mente degli artt. 13,24 e 111 Cost., la tutela giurisdizionale vittoriosamente ottenuta dal ricorrente, nel momento in cui egli ha ottenuto la decisione giurisdizionale di non convalida del decreto di trattenimento adottato ai sensi dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. 142 del 2015, là dove la Corte costituzionale, in varie prospettive, ha costantemente ribadito che sussiste un vulnus all'art. 24 Cost. quante volte il legislatore operi una sostanziale vanificazione della via giurisdizionale, intesa quale mezzo al fine dell'attuazione di un preesistente diritto (Corte cost., sent. n. 159 del 2023, 186 del 2013 e n. 364 del 2007)
10. Non è immaginabile, infine, alcuna forma di interpretazione costituzionalmente orientata della norma, a ciò ostando il dato letterale di essa che è di univoca significazione, come evincibile agevolmente dall'utilizzo del verbo "permane".
Trattasi di una precisa opzione del legislatore, indicativa della volontà di stabilire l'assenza di qualsivoglia soluzione di continuità della restrizione della libertà personale, all'indomani della decisione giudiziale di tenore negativo.
Non è possibile, in sostanza, accedere a una diversa lettura della disposizione censurata che possa essere tale da elidere la denunciata torsione rispetto ai parametri costituzionali invocati e, così, renderla compatibile con gli stessi (quanto al profilo della manifesta inammissibilità, che risulti cagionata dal mancato esperimento di interpretazioni delle disposizioni impugnate conformi alla Costituzione, la giurisprudenza di codesta Corte è ricavabile dalle ordinanze nn. 212 del 2011, 102 del 2012 e 322 del 2013).
11. La rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel caso sottoposto al vaglio del Collegio.
11.1. Si deve premettere che - secondo quanto sopra già ampiamente chiarito - il titolo di restrizione è costituito dal decreto del Questore, il quale trova la propria legittimazione nel rigetto della precedente richiesta di convalida, senza che a tale decisione reiettiva abbia fatto seguito la liberazione del cittadino straniero; non potendosi neppure ipotizzare un "trattenimento di fatto" (per l'espletamento di pratiche burocratiche), il dettato normativo finisce per delineare una impropria forma di "trattenimento ex lege", finalizzato a consentire all'autorità amministrativa di valutare l'eventualità di procedere all'emissione di un decreto di trattenimento secondario, a seguito della domanda di protezione (trattenimento consentito in rari casi dalla Direttiva).
11.2. Occorre allora interrogarsi specificamente circa il fatto che la sopra sviscerata questione di compatibilità con il sistema costituzionale rifluisca in maniera decisiva, o meno, sulla soluzione del giudizio a quo -, ciò anche solo con riferimento all'incidenza che il dubbio di costituzionalità prospettato possa rivestire, in relazione al percorso argomentativo necessario ai fini della presente decisione (decisione che attiene all'impugnazione "del decreto della Corte di Appello di Bari del 09/07/2025, adottato nel procedimento RG 1129/2025, comunicato in pari data, di convalida del trattenimento ex art. 6 co. 2-bis D.Lgs.142/2015, disposto dal Questore di Bari in data 05/07/2025").
È necessario chiedersi, in altri termini, se la (eventuale) illegittimità costituzionale della disposizione denunciata si possa andare a riverberare - in maniera circoscritta - solo sulla legittimità della privazione della libertà personale del cittadino straniero nell'arco temporale tra il 4 e il 5 luglio, oppure se essa abbia una più ampia latitudine di effetti e possa inficiare irrimediabilmente anche il provvedimento ora impugnato.
11.2.1. Soccorre, anzitutto, l'approccio interpretativo sviluppatosi negli ultimi anni nella giurisprudenza di costituzionalità, che ritiene sufficiente un mero sindacato esterno, quanto al giudizio di rilevanza.
A puro titolo esemplificativo, si sono di recente espresse:
- la sentenza n. 129 del 2025, in tema di mancata previsione della sentenza di non luogo a procedere, nei confronti dello straniero per cui sia pendente altro procedimento penale e verso cui non sia stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio, laddove è stato chiarito che "Per costante giurisprudenza costituzionale, ai fini dell'ammissibilità delle questioni è sufficiente che la norma censurata sia applicabile nel giudizio a quo e che la pronuncia di accoglimento possa influire sull'esercizio della funzione giurisdizionale (tra le altre, sentenze n. 247 e n. 215 del 2021), quantomeno per il profilo del percorso argomentativo che sostiene la decisione del processo principale (ex multis, sentenze n. 164 del 2023, n. 249 e n. 154 del 2021; ordinanza n. 194 del 2022). Il giudizio sulla rilevanza, quindi, è riservato al rimettente e, rispetto a esso, questa Corte effettua un controllo meramente esterno, limitato ad accertare che la motivazione non sia implausibile, non sia palesemente erronea e non sia contraddittoria (sentenze n. 160 e n. 139 del 2023, n. 199 e n. 192 del 2022 e n. 32 del 2021), senza spingersi fino a un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni, potendo sindacare tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento";
- la succitata sentenza n. 96 del 2025, attinente alle modalità di trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri, nella cui parte motiva può leggersi quanto segue: "... ai fini dell'ammissibilità delle questioni, il censurato art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 286 del 1998, ove si tratteggiano alcune delle modalità con cui lo straniero è trattenuto nel CPR, è una disposizione il cui contenuto normativo rileva certamente anche in relazione all'adozione della convalida (tra le tante, sentenze n. 103 del 2023 e n. 231 del 2018; ordinanza n. 184 del 2017)";
- la sentenza n. 95 del 2025, relativa al reato di abuso di ufficio, nella quale è precisato quanto segue: "Prendendo le mosse dal primo gruppo di eccezioni, va preliminarmente ribadito che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, ex plurimis, sentenze n. 45 del 2024, punto 2 del Considerato in diritto, e n. 164 del 2023, punto 4 del Considerato in diritto), ai fini della rilevanza delle questioni è sufficiente che la disposizione censurata sia applicabile nel giudizio a quo e che la pronuncia di accoglimento possa influire sull'esercizio della funzione giurisdizionale quantomeno sotto il profilo del percorso argomentativo della decisione nel processo principale (ex plurimis, sentenze n. 25 del 2024 , punto 2.2. del Considerato in diritto, n. 249 del 2021, punto 6 del Considerato in diritto, n. 154 del 2021, punto 2.1. del Considerato in diritto; ordinanza n. 194 del 2022), specificamente - in materia penale - con riguardo alla formula di proscioglimento da adottarsi nel dispositivo, anche ove non muti l'esito assolutorio per l'imputato (sentenza n. 148 del 1983, punto 3 del Considerato in diritto, con principio successivamente ribadito, ex multis, dalla sentenza n. 394 del 2006, punto 6.3. del Considerato in diritto; sentenza n. 28 del 2010, punto 7 del Considerato in diritto; sentenza n. 223 del 2015, punto 4.3. del Considerato in diritto)"; - la sentenza n. 25 del 2024, relativa all'art. 95 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che si è posizionata sulla seguente direttrice interpretativa: "La costante giurisprudenza di questa Corte afferma, tuttavia, che il giudizio di rilevanza esige soltanto la dimostrazione della necessità, da parte del rimettente, di fare applicazione della norma censurata nel processo e non richiede invece la dimostrazione che l'accoglimento della questione sia effettivamente a quo suscettibile di incidere sull'esito del processo medesimo. Ciò che è essenziale è, piuttosto, la dimostrazione che un eventuale accoglimento inciderebbe quanto meno sull'iter motivazionale che conduce alla decisione (sentenze n. 88 e n. 19 del 2022 e n. 202 del 2021)".
11.2.2. Attenendosi a tale (ormai consolidato) filone esegetico tracciato dalla Corte costituzionale, non può che ritenersi sussistente il necessario profilo di rilevanza della sopra esposta questione.
È vero, infatti, che il provvedimento di trattenimento del quale si controverte postula la verifica dei presupposti indicati dal comma 2 dell'art. 6 D.Lgs. n. 142 del 2015; è anche vero, però, che esso trova il proprio ancoraggio normativo nella disposizione di cui all'art. 6, comma 2-bis, D.Lgs. cit.
Sarebbe a dire che, intanto il Questore può adottare un nuovo provvedimento di convalida, dopo la non convalida del trattenimento del richiedente asilo, in quanto ciò è espressamente previsto dal comma 2-bis in esame, tant'è che - nella concreta fattispecie - il provvedimento del Questore di Bari in data 5 luglio 2025 è stato disposto ai sensi dell'art. 6 comma 2-bis D.Lgs. cit.
Il provvedimento amministrativo, insomma, trova la sua scaturigine normativa all'interno della procedura introdotta proprio dalla disposizione oggetto del dubbio di costituzionalità che si poggia, con un inscindibile legame funzionale e strutturale, sulla (illegittima) permanenza del trattenimento in precedenza disposto e non convalidato.
L'imperativo legale, che impone la permanenza del trattenimento "di fatto" derivante dalla mancata convalida del precedente titolo, costituisce l'elemento essenziale, sia dal punto di vista strutturale, sia da quello funzionale, sul quale si poggia il potere del Questore di disporre un nuovo trattenimento.
Sul versante della coerenza sistematica, in definitiva, può ritenersi che il comma 2-bis dell'art. 6 D.Lgs. cit. crei una chiara saldatura logica e, quindi, una correlazione di tipo funzionale, tra il trattenimento previsto ex lege (che segue alla mancata convalida del trattenimento disposto ai sensi del comma 3) e la successiva (eventuale) adozione di un decreto di trattenimento ai sensi del secondo comma della medesima disposizione.
Il comma 2-bis ha, infatti, cura di precisare, nel primo periodo, che la mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 - nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 - non preclude l'eventuale successiva adozione di un provvedimento di trattenimento assunto ai sensi del comma 2, in presenza dei relativi presupposti; nel secondo periodo, inoltre, la norma denunciata istituisce un preciso vincolo di carattere procedimentale, nel senso che impone la permanenza del soggetto all'interno del Centro, sino alla decisione sulla relativa convalida, "quando il provvedimento ai sensi del comma 2 è adottato immediatamente o, comunque, non oltre quarantotto ore dalla comunicazione della mancata convalida di cui al primo periodo".
La scelta operata dal legislatore impone, pertanto, di individuare un modulo procedimentale distinto e separato, rispetto a quello "ordinario" indicato nel comma 2 dell'art. 6 D.Lgs. cit., in quanto esso affianca - agli ordinari requisiti postulati dal citato comma 2 - anche la permanenza "di fatto", ma legalmente imposta, del richiedente nella suddetta struttura.
Tale permanenza è evidentemente connotata, nella mente del legislatore, in termini di stringente necessità, in presenza del presupposto negativo costituito dalla mancata convalida del trattenimento; essa, tuttavia, non trova fondamento in un provvedimento dell'autorità amministrativa, bensì nella volontà stessa del legislatore e in una situazione di fatto (la restrizione dello straniero nel Centro), peraltro in spregio alle previsioni unionali (articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, e paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE; articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2013/33/UE).
Del resto, non vi è chi non rilevi come - pur nel silenzio dei lavori preparatori (si precisa come l'emendamento in analisi (n. 1.234) sia stato inserito dal relatore nell'esame in Commissione alla Camera, senza alcuna illustrazione; i dossier degli uffici studi di Camera e Senato non hanno esaminato specificamente la problematica) - la collocazione topografica della norma, oltre che la sua strumentalità alla pratica attuazione del successivo provvedimento di trattenimento, valgano a rendere palese che la permanenza del soggetto nel C.P.R. è teleologicamente prevista dalla legge in vista della esecuzione dell'ulteriore ed eventuale decreto del questore.
11.3. Ne discende, secondo l'interpretazione che questa Corte ritiene di dare alla disciplina in esame, che la valutazione in ordine alla legittimità di siffatta permanenza - ossia, per maggior precisione, della norma che l'autorizza -costituisce oggetto del giudizio di convalida del successivo provvedimento di trattenimento (ci si può rifare al principio della non implausibilità dell'interpretazione fornita dal giudice remittente, tema che resta tendenzialmente non sindacabile dal giudice delle leggi, come spiegato dalla sopra richiamata sentenza della Corte cost. n. 129 del 2025).
Questo Collegio reputa dunque - posizionandosi nel senso della certa sussistenza della rilevanza della sopra esposta questione - che la convalida del trattenimento (oggetto di ricorso), proprio in quanto si va ad innestare su una "nuova" procedura unica (detenzione ex lege e nuovo trattenimento), non possa legittimare (inammissibilmente) ex post la restrizione della libertà personale determinata dalla ingiustificata permanenza nel centro in forza del trattenimento non convalidato, sicché anche il provvedimento di trattenimento, che si poggia su tale illegittimo stato di privazione della libertà personale, deve ritenersi illegittimamente adottato.
Si deve concludere, allora, nel senso della sicura rilevanza della questione.
Un tema particolarmente sensibile come quello della (ritenuta) illegittima restrizione della libertà personale, peraltro, non può che essere immediatamente sottoposto al vaglio della Corte costituzionale, là dove si ravvisi una torsione rispetto alle norme della Costituzione; ciò deve avvenire, inoltre, appena se ne individui la necessità, in presenza dei presupposti essenziali.
12. La sussistenza del sopra enucleato profilo di rilevanza e, correlativamente, la necessità di sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla Corte costituzionale, infine, pongono la problematica attinente alla necessità, o meno, di ordinare la liberazione del ricorrente.
Indicazioni utili - ai fini della tipologia di decisione da assumere - possono esser tratte da Corte cost. 41 del 2022 e da Corte cost. 54 del 1993. In tali casi, l'interessato era stato rimesso in libertà per la palese impossibilità di rispettare i termini di cui all'art. 391, comma 7, c.p.p. e, dunque, si era valorizzata l'esistenza di termini perentori; nel caso di specie, al contrario, non vi sono termini perentori entro i quali assumere la decisione.
In carenza di fonti normative che consentano di collegare un immediato riflesso della decisione di ricorrere all'incidente di costituzionalità alla perdurante efficacia del trattenimento del ricorrente - essendo l'efficacia dello stesso determinata dalla legge, oltre che, sul versante pratico e attuativo, dallo specifico provvedimento non caducato - non è possibile per questa Corte adottare decisioni al riguardo e, così, procedere alla liberazione del soggetto, rimanendo però intonsa la possibilità di intervento dell'autorità amministrativa, in conformità al vigente contesto legislativo.
13. Va dato pure atto che questa Corte ha recentemente sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) - le seguenti questioni: "1) se la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e, in particolare, gli articoli 3, 6, 8, 15, 16 ostino all'applicazione di una disciplina interna (articolo 3, comma 2, della L. 21 febbraio 2024, n. 14) che consente di condurre nelle aree di cui all'articolo 1, par. 1, lett. c) del protocollo tra il governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, persone destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati ai sensi dell'articolo 14 D.Lgs. 286 del 1998, in assenza di qualunque predeterminata e individuabile prospettiva di rimpatrio; 2) in caso di risposta negativa a tale questione, se l'articolo 9, par. 1 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, osti ad un'applicazione della disciplina interna (I. 21 febbraio 2024, n. 14) che consente di disporre, in ragione del ritenuto carattere strumentale della domanda di protezione, il trattenimento, in una delle aree di cui all'articolo 1, par. 1, lett. c) del Protocollo tra il governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, del migrante destinatario di provvedimento di espulsione, che, condotto in queste ultime, abbia presentato tale domandai (Sez. 1, n. 23105 del 29/05/2025, S., non mass.).
13.1. Ciò premesso, non si ritiene di dover rinviare la trattazione del presente procedimento in attesa della decisione di tale questione.
Il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia, infatti, attiene a una questione interpretativa concernente una norma comunitaria e al possibile conflitto fra quest'ultima e una norma interna. Il rinvio pregiudiziale, dunque, ha la funzione di verificare la legittimità di una determinata disposizione normativa nazionale, rispetto al diritto dell'Unione Europea e di chiarire se la legislazione interna sia pienamente rispettosa dei diritti fondamentali della persona, quali risultanti dall'evoluzione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo e recepiti dal Trattato sull'Unione Europea.
Il giudice nazionale - anche di ultima istanza - non è però soggetto all'obbligo di attendere l'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, circa una questione inerente alla interpretazione di una norma comunitaria, allorquando ritenga di essere in presenza di un atto che si presenti di univoca lettura e di pacifica interpretazione, ferma restando la riscontrata tensione rispetto ai principi costituzionali.
13.2. Nella concreta fattispecie la questione oggetto del giudizio presenta una valenza assorbente, anche rispetto al tema dei dubbi relativi alla conciliabilità fra il Protocollo sopra citato e la disciplina unionale; l'applicazione della disposizione sulla quale si addensa il dubbio di legittimità costituzionale, infatti, è di portata preliminare rispetto a ogni questione di compatibilità con le regole sovranazionali poiché attiene direttamente allo status libertatis e all'habeas corpus, principi di rilievo costituzionale primario che devono trovare immediata tutela.
Del resto, dato atto del diverso ambito di intervento della proposta questione pregiudiziale, non resta che prendere atto che la limitazione della libertà personale della quale oggi si discute è prevista dall'art. 6, comma 2-bis, D.Lgs. n. 142 del 2015, in patente violazione dei precetti costituzionali fondanti l'ordinamento, spettando al giudice comune di provocare, mediante il potere diffuso che gli è attribuito dalla Costituzione, l'intervento della Corte costituzionale su una norma interna dell'ordinamento che, palesemente, non trova neppure alcun appiglio nel diritto unitario.
14. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve sollevarsi incidente di costituzionalità, nei termini sopra specificati; il giudizio viene dunque sospeso, in attesa della relativa decisione.
La Cancelleria provvederà alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, oltre che alla comunicazione della presente ordinanza alle parti in causa nel giudizio di cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l'annotazione di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il "codice in materia di protezione dei dati personali".
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2-bis, D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142.
P.Q.M.
introdotto dall'art. 1, comma 2-bis, lett. a), decreto-legge 28 marzo 2025, n. 37, convertito con modificazioni dalla L. 23 maggio 2025, n. 75, nella parte in cui, nel caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 del medesimo art. 6 nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, prevede che il richiedente permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del provvedimento di trattenimento eventualmente adottato dal Questore, per violazione degli artt. 3, 11, 13, 24, 111 e 117 della Costituzione, quest'ultimo con riferimento all'art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'art.3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, all'art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e all'art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione e al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina, altresì, che l'ordinanza venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 4 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2025.