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Pene sostitutive: occorre sempre il consenso dell'imputato

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.31289 del 25/06/2025 (dep. 18/09/2025)

Il giudice può applicare una pena sostitutiva senza la richiesta o il consenso dell'imputato?

La Cassazione, V sez. penale, con la sentenza n. 31289 depositata il 18 settembre 2025, chiarisce che il consenso dell'imputato è un presupposto imprescindibile.

Il caso nasce da un ricorso contro la decisione della Corte d'appello di Torino che aveva confermato la condanna a sette mesi di reclusione per i reati di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e minaccia aggravata (art. 612, comma 2, c.p.), senza disporre alcuna misura alternativa.

La normativa in materia

La disciplina è delineata dal d.lgs. 150/2022 (riforma Cartabia) e dal successivo d.lgs. 31/2024 (correttivo Cartabia).

  • L'art. 598-bis c.p.p., come modificato, prevede che la pena detentiva non superiore a quattro anni possa essere sostituita con misure come la semilibertà, la detenzione domiciliare o il lavoro di pubblica utilità.

  • Tuttavia, è richiesto che l'imputato formuli un'istanza o esprima un consenso esplicito.

  • Le Sezioni Unite (sent. Punzo, 2017) avevano già escluso la possibilità per il giudice di applicare le pene sostitutive d'ufficio, proprio per il carattere volontario di tali misure.

La decisione della Corte

Nel caso esaminato, l'imputato non aveva avanzato alcuna richiesta di sostituzione, né in appello né con memorie successive. La Cassazione ha quindi confermato la correttezza della decisione della Corte d'appello, sottolineando che imporre una misura alternativa non richiesta violerebbe la logica della riforma.

Il legislatore, infatti, ha voluto che l'imputato partecipasse attivamente alla scelta, data la natura "trattamentale" delle pene sostitutive. Ad esempio, il lavoro di pubblica utilità incide direttamente sulla vita personale e relazionale del condannato, e non può essere imposto senza la sua adesione.

La Cassazione ribadisce che il giudice non può disporre d'ufficio la sostituzione della pena detentiva: occorre sempre il consenso dell'imputato, espresso in modo chiaro e tempestivo.

Conclusione

La pronuncia ci conferma che la domanda di pena sostitutiva va formulata fin dal primo grado o comunque nei termini previsti, altrimenti la possibilità di accedervi è preclusa.

In altre parole: senza la richiesta dell'imputato, la porta delle pene alternative resta chiusa. Meglio non dimenticarselo, soprattutto in appello.

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Cassazione penale, sez. V, sentenza 25/06/2025 (dep. 18/09/2025) n. 31289

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26 settembre 2024, la Corte d'Appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Vercelli che aveva ritenuto Ca.Sa. responsabile del reato di cui all'art. 494 (capo a) e del reato di cui all'art. 612, comma 2, cod. pen. (capo b), condannandolo alla pena di sette mesi di reclusione.

2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione con cui prospetta un'unica censura, con la quale denuncia il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 56, 56-bis della legge n. 689 del 1981, e dell'art. 598-bis, comma 4-ter cod. proc. pen. Ad avviso del ricorrente, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31 (cd. Correttivo Cartabia), l'attuale art. 598-bis cod. proc. pen. consentirebbe al giudice di appello di rilevare d'ufficio la sostituzione delle pene, anche senza il preventivo consenso o richiesta dell'appellante, allorché ritenga che ricorrano i presupposti per applicare le pene sostitutive di cui agli artt. 53 e seguenti della L. n. 689 del 1981. Nella specie la Corte territoriale non avrebbe dato applicazione a tale disposizione, omettendo di valutare se, essendo stata irrogata al Cassano una pena mite, poteva essere applicata una pena sostitutiva di quella detentiva.

3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il comma 4-ter dell'art. 598-bis cod. proc. pen., introdotto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 31 del 2024, stabilisce che "quando, per effetto della decisione sull'impugnazione, è applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni, la corte, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva".

Secondo quanto si legge nella Relazione ministeriale illustrativa al citato decreto, tale disposizione contempla la possibilità per il giudice d'appello di sostituire direttamente la pena detentiva quando, per effetto della decisione sull'impugnazione, ovvero su richiesta dell'appellante o per effetto dell'esercizio dei poteri officiosi di cui al comma 5 dell'art. 597 cod. proc. pen. la pena sia determinata in misura non superiore a quattro anni. In tal caso, se sia già stato acquisito il consenso dell'imputato, la Corte vi provvede direttamente; altrimenti, depositato il dispositivo, dovrà acquisire detto consenso, assegnando un termine perentorio a tal fine e fissando udienza per integrare o confermare il dispositivo. Nel caso in cui, pur essendo acquisito il consenso, non è possibile decidere immediatamente, dovrà essere fissata apposita udienza, ai sensi del comma 1-bis.

L'intento perseguito dal legislatore attraverso la disposizione in esame è dunque quello di consentire l'applicazione nel giudizio di appello di pene sostitutive di cui in precedenza non ricorrevano i presupposti in ragione dell'entità della pena irrogata. Nel riconoscere tale possibilità, tuttavia, si è voluto mantenere fermo il principio affermato dalle Sezioni unite Punzo, le quali hanno escluso la possibilità per il giudice di applicare le pene sostitutive d'ufficio se nell'atto di appello non è formulata alcuna richiesta; ciò in ragione del carattere tassativo delle ipotesi in cui l'art. 597, comma 5, cod. proc. pen. prevede il potere officioso del giudice dell'appello in deroga al principio devolutivo (Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125 – 01).

Il comma 4-ter dell'art. 598-bis, ha introdotto la possibilità per il giudice di appello di sostituire la pena detentiva con una pena sostitutiva nell'ipotesi in cui, a seguito della decisione sull'impugnazione, anche per effetto del potere officioso riconosciuto al giudice di secondo grado (ad es. per l'avvenuto riconoscimento di una o più circostanze attenuanti, o per effetto del giudizio di comparazione ex art. 69 cod. pen.), ovvero su richiesta dell'imputato nei termini di cui ai commi 1-bis e 4-bis dell'art. 598-bis cod. proc. pen., la pena venga rideterminata in misura non superiore a 4 anni, stabilendo che anche in tal caso è comunque indispensabile acquisire il consenso dell'imputato.

3. Applicando tali principi al caso di specie, si osserva innanzitutto che la nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 31 del 2024 è applicabile ratione temporis, atteso che il giudizio di appello si è svolto successivamente all'entrata in vigore della stessa (4 aprile 2024).

Ciò posto, è tuttavia pacifico che il ricorrente non aveva avanzato richiesta di applicazione di una pena sostitutiva, né aveva espresso il relativo consenso con l'atto di appello, né con i motivi nuovi o le memorie ai sensi dell'art. 598-bis, comma 1-bis, cod. proc. pen. Inoltre, la sentenza impugnata ha confermato la pena già irrogata in primo grado nella misura di mesi sette di reclusione, mentre la Corte territoriale non ha esercitato alcuno dei poteri officiosi contemplati dall'art. 597, comma 5, cod. proc. pen.

Ne consegue che non ricorrevano i presupposti perché il giudice d'appello procedesse alla sostituzione della pena detentiva ai sensi del comma 4-ter dell'art. 598-bis cod. proc. pen.

4. Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così è deciso in Roma, il 25 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2025.

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